E’ così che in questo periodo mi trovo a leggere un ottimo libro di Marco Maltraversi (SEO e SEM | Guida avanzata al web marketing) e mi sono saltate all’occhio alcune frasi:
1) il mercato online conosce molto spesso meglio i prodotti delle aziende che li producono;
2) se è una cosa è buona o cattiva, i clienti comunque lo dicono a tutti;
3) le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto;
4) le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati;
5) le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’ di senso dell’umorismo.
Queste sono le linee guida che definiscono il Cluetrain Manifesto, un insieme di 95 tesi presentate come invito all’azione per tutte quelle imprese che si propongono di operare in un mercato interconnesso (vi rimando alla descrizione di Wikipedia per approfondimenti).
Voi direte: “Mbeh? Che c’è di nuovo? Sono anni che andiamo dicendo queste cose!”
Ecco. Il problema è proprio questo. Il Cluetrain Manifesto è stato presentato nel 1999, ovvero 14 anni fa.
Quasi neanche mi ricordo cosa succedeva 14 anni. Ah sì. Wikipedia me l’ha ricordato: nasceva l’euro, una grande annata insomma.
Ma torniamo a noi.
Gli argomenti trattati all’interno di questo manifesto sono oggi più attuali che mai.
1) il mercato online conosce molto spesso meglio i prodotti delle aziende che li producono;
Il perché credo sia evidente. Da un lato vige l’obiettività del consumatore capace di valutare senza alcun tipo di influenza le potenzialità e i limiti del prodotto. Dall’altro la forza della rete che amplifica la diffusione di opinioni, considerazioni e commenti, siano essi positivi o negativi.
Questo fenomeno è visibile oggi più che mai grazie ai vari portali quali ciao.it, tripadvisor.it oltre che naturalmente grazie ai blog e ai social networks.
In questo panorama le aziende devono essere brave a monitorare le conversazioni e ad ascoltare i feedback, al fine di dialogare direttamente con gli utenti elaborando modelli valutativi che consentano di migliorare di fatto le debolezze del prodotto.
2) se è una cosa è buona o cattiva, i clienti comunque lo dicono a tutti;
Chiariamo una cosa: è finita l’epoca del “bene o male, l’importante è che se ne parli”. Casi di una brand reputation gestita male ce ne sono a bizzeffe.
Il web non perdona.
Se un’azienda si comporta male nei confronti di un consumatore e questo ne parla sui social media, all’interno di un portale o sul proprio blog, questo evento rimarrà di fatto una macchia indelebile sul “curriculum vitae” di quell’azienda.
Chi segue questi fenomeni si ricorderà certamente il caso Mosaico Arredamenti, risalente al 2008, dove un giovane blogger si lamentò sul proprio blog per un disservizio causato dall’azienda in questione. In tutta risposta l’amministratore delegato della società presentò denuncia chiedendo un risarcimento di 400.000 mila euro e minacciando pubblicamente chiunque avesse scritto qualunque cosa che fosse diffamatorio nei confronti della società che rappresentava (per chi vuole approfondire, segnalo questo articolo che presenta un’ottima analisi del caso).
A raccontarlo ora, a distanza di 4 anni, sembra una barzelletta. Eppure gli effetti di questa vicenda sono ancora oggi ben visibili in Google (provate a cercare Mosaico Arredamenti).
Si tratta certamente di un caso estremo. Rimane il fatto che un qualsiasi giudizio su un prodotto o servizio, pubblicato sul web, è in grado di influenzare almeno in parte la scelta di acquisto di qualunque utente che incroci il cammino di quel post, tweet o commento.
3) le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto;
Diversi mesi fa mi è capitato di fare un appuntamento in un’azienda e assistere a un dialogo surreale che più o meno suonava così: “Voglio che la mia azienda sia sui social e che abbia un blog. Però non voglio che nessun altro oltre a me sia in grado di scrivere o commentare sul mio blog, sulla mia pagina Facebook o altro. A me non interessa cosa pensano gli utenti. Sono io che faccio la moda, sono io che creo la tendenza”.
Per poco non collasso
Al di là dell’atteggiamento presuntuoso che sta dietro a un’affermazione del genere. Santo cielo, stiamo parlando di social.. SOCIAL! Se proprio non ti interessa interagire con la tua utenza - e probabilmente non hai ben chiari quelli che sono i fondamenti del web marketing, ma probabilmente nemmeno quelli del marketing – allora tieniti il tuo bel sito vetrina in ASP con la tua area delle news e tanti saluti!
Forse si tratta di un caso isolato. Rimane il fatto, che nel mercato attuale, un’azienda può rimanere tale solo se vende. E un’azienda per vendere ha necessariamente bisogno di coltivare le relazioni con i clienti. Direi che un’azienda è fatta dalle relazioni con i clienti.
Oggi più che mai.
Quindi meno presunzione e più umiltà nell’approcciarsi al mercato, che è quello che da la pagnotta a tutti.
4) le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati;
E’ vero. Molte aziende tendono a dare un peso estremo alle Pubbliche Relazioni: Pubbliche Relazioni con la stampa, Pubbliche Relazioni con i giornali; Pubbliche Relazioni con gli investitori; Pubbliche Relazioni con gli sponsor; Pubbliche Relazioni con i partner; ..
Ma le Pubbliche Relazioni con il Pubblico?
E’ vero, sono quelle più difficili da intrattenere. Sono quelle più rischiose. Sono quelle dove ogni singolo giudizio fatto dal pubblico si basa sulla spontaneità e sulla mancanza di filtro (proprio perché non ci sono interessi economici).
Tuttavia sono anche quelle che danno più soddisfazione e spesso più ritorno, non dimentichiamocelo.
5) le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’ di senso dell’umorismo.
Take it easy!
Non so voi, ma a me capita molto spesso di scontrarmi con affermazioni del tipo:
a) “…e se ricevo un commento negativo?”
b) “… e se metto pubblica questa idea sul mio sito e il mio concorrente me la ruba?”
c) “… e se mando questa proposta al cliente e poi il cliente va a farsela fare da un mio concorrente?”
Dite la verità, a quanti di voi non è mai balenato un pensiero di questo tipo per la mente?
a) Per ciò che riguarda i commenti negativi ci sono n. modi per gestirli pubblicamente.
Partiamo da un presupposto. Ogni critica va presa come un suggerimento costruttivo (gratuito) sulla base del quale potete migliorare il vostro prodotto o servizio e riposizionarlo sul mercato ottimizzato.
In secondo luogo. Monitorate le conversazioni e contattate – nei limiti del possibile – ogni singolo utente che dichiara un disservizio o perplessità nei confronti della vostra azienda o dei vostri prodotti.
Risolvetegli il problema.
Con tutta probabilità posterà un nuovo commento decantando l’efficienza con la quale l’avete contattato e vi siete presi cura delle sue necessità! Un cliente insoddisfatto che diventa soddisfatto è un potenziale evangelista del vostro brand. Non dimenticatelo.
Spesso, inoltre, l’ironia e la capacità di sdrammatizzare faranno in modo che il cliente legga il problema o il suo disagio da un altro punto di vista (in questo articolo di Davide Licordari viene fatto un ottimo esempio).
b) Per ciò che riguarda il timore di pubblicare materiale o idee sul vostro sito Internet con il rischio che qualcuno “li rubi” o “prenda ispirazione”, posso dirvi con certezza che ciò che non può essere “preso” da voi può essere “preso” da altri (per così dire).
Il web è una fonte immensa di ispirazione. Qualsiasi idea voi abbiate probabilmente qualcun altro nel mondo – o magari in un luogo nemmeno troppo distante da dove vi trovare – l’ha già avuta e forse messa in pratica. E qualora non fosse così avete il vantaggio di averla pensata, testata, ottimizzata e magari di offrire un servizio e un’assistenza qualitativamente migliore ai vostri competitors.
Invece di pensare a cosa “perdete” nel pubblicarla provate a ragionare sul cosa “guadagnate” nel pubblicarla. Nel farla conoscere alla vostra clientela. Pensate alle numerose opportunità mancate per il fatto che non l’avete adeguatamente promossa.
E’ giusto ed è dovere di chiunque si occupi di marketing dare una sbirciata nel giardino del vicino, ciò che non bisogna fare è però dimenticarsi di curare e far crescere il proprio orto per il timore che cresca anche quello del concorrente di turno.
c) E sul timore di inviare una proposta completa e dettagliata – ai limiti della consulenza – per paura che il cliente vada da un concorrente a farsi fare la stessa quotazione.. beh, dovesse davvero accadere potete stare tranquilli che quello non è un buon cliente. Perché il cliente che non bada alla qualità, alla competenza e all’accuratezza che gli state offrendo, ma solo unicamente alla migliore offerta economica, è un cliente che prima o poi vi causerà problemi!
Anche qui vi invito a ragionare sulle occasioni che potreste perdere nel proporvi in modo vago per timore di offrire troppi spunti senza che vi vengano pagati.
E voi? Cosa ne pensate? Vi siete mai trovati a dover “combattere” con pensieri di questo tipo?