L’arrivo della bimba ha fatto scoprire a me e Sunofyork una marea di cose di cui ignoravamo l’esistenza. E non parlo del senso materno o paterno, o dell’infinito amore per i figli, o del senso del sacrificio e balle varie.
Parlo dell’esistenza delle 4 di mattina. Fino a sei mesi fa, le “4 di mattina” erano una leggenda metropolitana. Si, si sapeva che c’erano, probabilmente l’orologio le coglieva ad un certo punto della notte, ma io personalmente non le avevo mai vissute nè viste da sveglio.
Ecco, la bimba ci ha fatto conoscere non solo le quattro, ma anche le tre, le due, le sei e le cinque. Cinquina secca sulla ruota del quartiere Savena.
Passate a cambiare pannolini, a scaldare il latte, ad allattare, a cullare, le ore notturne adesso le conosciamo benissimo, e le sentiamo nel naso e anche nella gola.
Per carità, occorre dire che rispetto ai racconti da tregenda di altri genitori, a noi è andata anche bene. La bimba in fin dei conti ha cominciato a dormire ben presto a larghi intervalli di risveglio, e nei magici terzo e quarto mese è stata capace, complici le vacanze natalizie in casa dei nonni, di dormire di filato dalle 10 di sera alle 7 di mattina.
Dal 5 mese in poi, però, la bimba ha cominciato a dar segni di nervosismo serale. Dapprima si è attaccata alla droga lattacea materna, e questo per un po’ ha messo una pezza alle bizze serali.
Dal 6 mese in poi anche il latte materno ha smesso di avere quelle magiche proprietà narcotiche, e ci siamo ritrovate una bimba che alle 9 e mezzo di sera è stanchissima, incazzosissima, sgusciante come un’anguilla e infastidita dal mondo. I motivi, valli a sapere. Saranno i dolori dei dentini che stanno a spuntare, le preoccupazioni per l’ingovernabilità del paese o la delusione per il calo del ritmo narrativo nella terza stagione di The Walking Dead, fatto sta che ogni sera è una lotta.
Sunofyork, dio la benedica, fino ad adesso si è scoppolata buona parte delle operazioni di messa a letto, anche perchè, per quanto mi sia messo di impegno, la montata lattea in me non è sopraggiunta. Ma adesso che l’addormentamento è divenuto indipendentemente dall’allattamento, anche il padre è chiamato a mettere a letto questa sorta di invasata opossum che ho per erede.
Ieri sera, in particolare, complice una serata di complicata gestione di questa piccola sovversiva, verso le 23, mentre nel lettino la bimba si dimenava senza sosta come un piccolo carnoso contenitore di tritolo, Sunofyork è giunta in soggiorno con lo sguardo delle grandi decisioni da prendere, ha puntato i piedi e messo le braccia conserte, in posizione Mastro Lindo: “Come maledizione facciamo a mettere a letto nostra figlia in modo sempre uguale, creando in lei delle abitudini e lasciandoci vivere almeno un pezzettino di sera in sua assenza?”
Sempre prodigo di soluzioni, ho accennato ad un “non saprei”.
Lei nel frattempo si era preparata sull’argomento, avendo consultato migliaia di siti e di forum che contenevano preziosi indicazioni, rimedi miracolosi, soluzioni estemporanee, incluse macumbe e riti vodoo.
“La soluzione più caldeggiata è metterla a letto da sola, e tornare di tanto in tanto per consolarla, ad intervalli di tempo sempre più lunghi, e sopratutto tutti sconsigliano di farla dormire spesso nel lettone”.
“Mi sta bene, giusto”.
“Cominciamo adesso allora!”, mi ha detto con decisionismo futurista.
“Ok, tra quanto tempo dobbiamo intervenire?”, mentre dall’altra stanza provenivano urletti, gorgoglii, accenni di piagnisteo e folli risatine tutte arrotolate in un’unica espressione vocale.
“Tra tre minuti.”
Da buon arbitro, avvio il cronometro dell’orologio ed osservo Sunofyork. Il suo sguardo, nel sentire da lontano sua figlia abbandonata a se stessa per 3 minuti, si oscura, poi si commuove, poi mi implora, poi avvampa di rabbia impotente e non si trattiene:
“Quanto è passato?”
“Dieci secondi”.
“Mio dio, è terribile!”
“Quindici secondi”.
“Smettila, è uno stillicidio!”
“Venti.”
Dopo manco un minuto e mezzo si è già scaraventata ai piedi del lettino per prendere in braccio il giovane Werther che si lamenta della sua condizione esistenziale.
Dopo una decina di minuti torna. La bimba non si è addormentata, blatera sul lettino.
“Bene, dopo tocca a te, quando comincia a lamentarsi calcola tre minuti e poi vai”.
La bimba comincia a piangere moderatamente. Io aspetto. La bimba piange sempre di più. Io attendo placido. Sunofyork mi prende quasi di peso e mi manda in camera: “Ma non la senti che piange!! Vai!”
“Ma veramente, i tre minut..”
“VAI!”
La bimba mi attende nel lettino piangente, con un lampo di speranza negli occhi. Mi siedo a fianco, e comincio a massaggiarle piano il pancino e a cantare una ninna nanna improvvisata. Niente. Rispolvero il mio repertorio scout. Nada. Le parlo piano implorando pietà. Ormai strilla. Saranno passati 40 secondi e vedo un’ombra torreggiare avanzando nel chiaro-scuro della zona notte. In mezzo secondo la porta si spalanca e vedo Sunofyork in tutto il terrore che sa provocare intimarmi di farmi da parte:
“Togliti dalle palle! La consolo io mia figlia! Fammela allattare!”
“Ma abbiamo deciso di…..le teorie sui forum….si deve addormentare da sol..”
“Me ne sbatto di tutte queste stronzate, dammi mia figlia, rimango con lei, buonanotte!”
Me la batto di filata, temendo per la mia sorte.
Più tardi torno per dormire. La bimba dorme come un papa nel lettone, Sunofyork si sveglia e la trasferisce nel lettino, dove continua beato il sonno. Alle 4 di mattina la bimba si sveglia e Sunofyork mi invita gentilmente a cedere il mio posto:”Ehi, te ne vai?” Manco mi sono alzato che la piccola Caracalla è già distesa in mezzo a noi come su un triclinio con l’uva in mano.
Potrei obiettare su teorie e inviti pedagogici, ma alle 4 di mattina Sunofyork è pericolosa come un grizzly. Con un gesto di assenso silenzioso, vado in esilio nell’altra camera da letto.
La giovane imperatrice dorme beata tra due guanciali, troneggia sui nostri buoni propositi, e se la ride dei nostri teoremi educativi.