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Il complesso d’Edipo, chiave universale dei processi psichici (Freud e l’Uomo dei lupi) – Parte terza

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Il complesso d’Edipo, chiave universale dei processi psichici (Freud e l’Uomo dei lupi) – Parte terza

Sergei Pankejeff - Autoritratto


1. L’antefatto2. La “deviazione” di Freud dal caso dell'’Uomo dei lupi"

L’impressione che si ha, leggendo queste prime pagine del resoconto sull’Uomo dei lupi, è che Freud voglia deviare l’indagine da una “scena reale” per ricondurla verso una presunta “scena immaginaria”. Questo spostamento di indagine garantisce a Freud la possibilità di “fissare lo sguardo” altrove, in un campo che non comprometta lo statuto morale della famiglia patriarcale. Intendo dire, se le cose sono da indagare su un piano puramente fantasmatico o immaginario, ovviamente non c’è alcun “responsabile” da inchiodare. Per Freud si tratta di “liberare” il paziente da un “senso di colpa universale”, come fa la religione quando parla di un presunto peccato originale. Nella prospettiva freudiana, il bambino si porta dentro un “senso di colpa” risalente alla fase edipica.

Proprio come il peccato originale, il complesso d’Edipo da un lato “deresponsabilizza” l’individuo, mentre, dall’altro, lo “colpevolizza”: lo deresponsabilizza, in quanto avere impulsi ambivalenti nei confronti dei genitori fa parte della natura (o della cultura) umana. Ma lo colpevolizza perché la nevrosi è una conseguenza di un non risolto complesso d’Edipo.In una nota (71) al terzo saggio sulla Teoria della sessualità (1905), Freud è esplicito: «Ogni essere umano si vede imporre il compito di vincere in sé il “complesso d’Edipo”; e s’egli fallirà a questo compito, sarà un nevropatico. La psicanalisi ci ha insegnato a valutare sempre più l’importanza fondamentale del “complesso d’Edipo”; e possiamo dire che avversari e partigiani della psicoanalisi sono separati precisamente dall’importanza che i secondi annettono a questo complesso». Il riconoscimento dell’importanza del “complesso d’Edipo” come etiologia delle nevrosi rappresenta per Freud un vero e proprio spartiacque, il Mar Rosso della psicoanalisi, un dogma, un articolo di fede. Chi non crede in questo dogma è fuori dalla grazia psicoanalitica.Le ossessioni e le fobie di cui il bambino sarà affetto nel corso degli anni sono da rintracciare in un complesso edipico non risolto. Quindi tutto il materiale che Freud raccoglierà e selezionerà, nel corso dell’analisi, non dovrà fare altro che confermare questo schema. Alla fine del resoconto sull’Uomo dei lupi, Freud scrive: «Casi del genere sembrano fatti apposta per convincerci dell’effettiva esistenza di questi schemi». Tutti gli sforzi, che Freud compierà nel corso del trattamento analitico, saranno concentrati nell’individuare e selezionale gli elementi che possano confermare i suoi sospetti.Anche alla base del caso dell’Uomo dei lupi ci deve essere  un confitto edipico non risolto. Tuttavia, nonostante anni di trattamento analitico, le sue fobie per gli animali, la sua ossessione a sfondo religioso, che hanno segnato la vita del paziente sino a otto anni, pare che non trovino soluzioni. Naturalmente, Freud attribuisce al paziente la responsabilità di questo impasse: «Il paziente [in esame] si trincerò per parecchio tempo dietro un atteggiamento di docile indifferenza. Stava a sentire, capiva, ma restava inattingibile» [p. 16]. Se la cura non dava i risultati sperati ciò era dovuto allo scarso spirito di collaborazione del paziente, o alle sue “comprensibili” resistenze. In quattro anni, insomma, Freud, a quanto pare, non viene mai sfiorato dal dubbio che forse la mancanza di risultati concreti fosse da addebitare al fatto che la sua indagine andava in una direzione sbagliata.Secondo Freud, soltanto quando il paziente fu sottoposto alla pressione di porre fine al trattamento, ponendo un termine inderogabile, egli fu nelle condizioni di superare ogni resistenza e di fornire all’analista il materiale necessario per interpretare le sue nevrosi. Nell’ultima fase dell’analisi, finalmente il paziente rivela la famosa “scena primaria” che Freud aspettava da tempo in grado di fornire la chiave per incastrare tutti i pezzi della sua storia.In realtà, viene da chiedermi, la scarsa collaborazione del paziente era dovuta alla “resistenza” o ad altro? Freud stesso riconosce che il paziente era dotato di un’estrema intelligenza. Leggendo con attenzione il resoconto freudiano, posso ipotizzare a cosa fosse dovuto questo scarso spirito collaborativo di cui l’analista di lamenta. Sergei ha capito in quale direzione Freud porterà avanti l’indagine. Ha intuito in quale ragnatela concettuale imbriglierà il suo caso. Ho l’impressione infatti che Sergei nel suo animo abbia compreso che Freud investigherà sempre e in un’unica direzione, e che, allo stesso tempo, finirà lui stesso con il condividere questa direzione, se ne farà complice, o si dichiarerà “soddisfatto” delle soluzioni che Freud gli proporrà. Per l’Uomo dei lupi l’aspetto più importante del rapporto con Freud è il processo di Transfert. Perciò egli comunicherà con l’inconscio di Freud. È come se Sergei sapesse che, al di là delle soluzioni “razionali” che Freud avanzerà sul suo caso, egli può instaurare con il suo analista una “comunicazione segreta”, o una vera e propria “seduzione”; o che lo voglia “iniziare” a qualcosa il cui senso sfuggirà allo stesso Freud.Sarà proprio questa “iniziazione” segreta che Freud ci consegnerà inconsapevolmente con il suo resoconto. Mentre i suoi esegeti si lasciano “affascinare” dalla trappola concettuale allestita da Freud per ingannare se stesso e il suo paziente, io rivolgerò la mia attenzione a questa “iniziazione segreta” tra l’Uomo dei lupi e il suo analista. Perciò mi servirò soltanto del materiale che lo stesso Freud ha fornito sul caso.continua...[Cito questo caso nella versione: Sigmund Freud, Casi clinici, 7, L’Uomo dei lupi. Dalla storia di una nevrosi ossessiva. 1914, Boringhieri, Torino 1977].

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