Povero Aronica, che sfortuna, lo vorrei consolare. E’ afflitto da sensi di colpa per aver fatto il miglior assist che Sansone, attaccante del Toro, abbia mai ricevuto e sfruttato al meglio in vita sua. “Mi sento come Niccolai” ha detto il difensore del Napoli paragonandosi allo stopper del Cagliari dello scudetto, Comunardo Niccolai, che era specializzato non in gol ma in autogol. Tale è lo sconforto di Aronica che il fatale passaggio sbagliato e il conseguente rammarico hanno già un nome: il complesso di Aronica. Eppure, a parte il particolare non irrilevante che un assist all’avversario non è un autogol – l’autorete è la realtà dell’irrazionale o, con Aristotele, un “accidente”, mentre l’assist all’avversario è quasi la norma che, però, diventa decisivo quando è fatto davanti al portiere - che cosa dovrebbero dire Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro, Umberto Bossi che sono stati bravissimi, quanto altri mai, a mandare in gol i loro avversari?
Il vero complesso di Aronica è soprattutto politico, prima che calcistico, e ha conseguenze sociali ben più gravi del pareggio di Sansone e di tutti i filistei. La lista è molto lunga: Claudio Scajola che, per i suoi assist, si è dovuto dimettere due volte da ministro; Pietro Marrazzo che combinò quel che combinò lasciando così il posto alla Polverini che con er Batman e il Consiglio del Lazio ha ricambiato alla grande l’assist ricevuto non combinando nulla; quindi Roberto Formigoni che con le sue camicie a fiori non si accorgeva delle relazioni pericolose dei suoi uomini e persino Antonio Bassolino che “passo dopo passo” ci ha portati dritti dritti nel disastro in cui ancora siamo con i suoi eredi, Caldoro e De Magistris, che ci propinano i buchi nell’acqua dell’America’s Cup. Tutti sono vittime del complesso di Aronica ma non lo danno a vedere, anche perché le vere vittime siamo noi.
L’ex presidente del Consiglio, che ha chiesto scusa agli italiani per il suo flop politico che stava affondando un intero Paese, è riuscito a rilanciare il suo diretto storico avversario, il Pd(s), come nemmeno l’uscita di scena di Prodi e le rottamazioni del giovane Walter e dello stratega D’Alema sono riusciti a fare. L’ex pm di Mani Pulite, che impugnando le violazioni della legge sul finanziamento dei partiti distrusse il pentapartito, relegò Forlani ai servizi sociali e Craxi in esilio – Di Pietro diceva “latitanza” -, è riuscito non solo a dissanguare il suo partito in favore del Movimento antipolitico di Beppe Grillo, ma anche a vendicare l’onore di Forlani e Craxi, dei democristiani e dei socialisti, proprio con l’uso improprio dei rimborsi elettorali all’Italia dei valori e le sue multiproprietà. E il Senatur? Diceva ai suoi: “Riuscirete a dire no ai soldi e alle poltrone?”. E’ finito con la famosissima cartellina The Family e Bobo Maroni che gli ha soffiato il posto.
Salvatore Aronica, allora, non somatizzi più di tanto. In fondo Sansone passava da quelle parti quasi per caso, un po’ come Schnellinger che segnò il gol del pareggio nella storica Italia – Germania solo perché ormai si avviava negli spogliatoi.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 7 novembre 2012