Esce il 16 giugno in DVD Il concerto, pregevole opera di Radu Mihaileanu, di cui si ricorda il commovente Train de vie. Si tratta di una favola, il cui prezioso messaggio è nascosto ora dal registro grottesco, ora da una pungente ironia.
La trama segue le vicende di un direttore d'orchestra, caduto in disgrazia ai tempi di Breznev, nella realizzazione (improbabile) di un sogno interrotto trenta anni prima dall'idiozia totalitarista. Andreï Filipov, rimosso dal suo incarico di direttore dell'orchestra del Bolschoi, è ormai ridotto a fare le pulizie nel teatro che lo vide trionfatore e i membri della sua orchestra conducono da trenta anni vite altrettanto umilianti. L'occasione è quella di sostituirsi all'orchestra del Bolschoi per un concerto a Parigi. Andreï, come in tutte le fiabe che si rispettino, dovrà superare alcune prove, ritrovare i musicisti, organizzare il viaggio e riuscire a suonare a Parigi senza aver provato un solo minuto. Eppure l'improbabile orchestra è unita da un filo invisibile, il portare a termine un concerto interrotto trenta anni prima, così come invisibile è il filo che lega la solista Anne-Marie Jacquet al destino di questo stesso concerto. E' un segreto e nobile compito di dignità e di umana pietà, quello che si danno i nostri musicisti; a ben vedere ciò che li muove non è la ricerca di una rivincita ma la ripresa di un discorso interrotto. Ogni orchestrale può dare il proprio contributo, la vita li ha resi brutti, meschini, egoisti, ubriaconi: tutti saranno redenti perchè uniti - nonostante tutto - dalla ricerca del bello, dell'assoluto. Non è questione di tecnica, ma di cuore, ed è grazie a questo che Andreï riuscirà nella sua personale catarsi e Anne-Marie, attraverso la musica, troverà una nuova consapevolezza di sè.
Il film è anche l'occasione per una feroce critica alla miopia dei totalitarismi; raramente abbiamo assistito ad un affondocosì penetrante nei confronti del regime sovietico, oggi rappresentato in modo quasi gattopardesco dai magnati del gas. Mihaileanu sembra dirci che nessuna epoca può dirsi realmente al sicuro: i nemici dell'arte e del bello si nascondevano ieri in un regime stolido, oggi li ritroviamo nelle pacchianate da miliardari senza cultura.
Gli interpreti:
Mélanie Laurent: l'abbiamo già apprezzata in Bastardi senza gloria di Tarantino ed ha veramente i numeri. E' una perfetta Anne-Marie Jacquet, di cui rende con sincerità la spocchia "parigina" prima ed il sentimento di solitudine e fragilità dell'orfana poi.
Aleksei Guskov: è un magnifico protagonista. Dignitoso ed elegante quasi malgré soi, interpreta con classe un uomo che pare sconfitto dalla vita, ma che in realtà non riesce a rinunciare al valore assoluto.
Citazione d'obbligo per Miou-Miou, un pezzo di storia del cinema francese: interpreta la madre putativa di Anne-Marie ed è semplicemente monumentale, soprattutto nella misura. I veri grandi non strafanno!
Un film come questo non si giudica dai costumi, tuttavia segnaliamo la elegantissima mise di Mélanie Laurent nella scena della cena, ed il vestito bianco che indossa al concerto.
Bellissimo l'arredamento della casa della violinista, una vera maison d'artista!
In mezzo a un film che non rinuncia a prendere in giro perfino sè stesso (i personaggi parlano con un accento russo a dir poco fumettistico), Mihaileanu ci regala due scene di grande cinema: la cena in cui Andreï non riesce a comunicare la verità ad Anne-Marie e quando Sacha, il violoncellista, chiede alla stessa Anne-Marie di non rinunciare al concerto in nome di un valore: la bellezza.
Pietà, dignità, bellezza. Non sono parole di cui capita di scrivere spesso, eppure il film ci dà speranza: chissà che di qui a trenta anni qualcuno non riesca nuovamente ad allestire un concerto per ridare giustizia a valori che a volte covano sotto la cenere, ma non si spengono!