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Il conflitto israelo-palestenise. Seconda tappa: la Palestina fra le due guerre mondiali

Creato il 13 ottobre 2013 da Diego Gavini

Proseguiamo nel nostro rapido viaggio di ricostruzione del conflitto israelo-palestinese nel ’900. Dopo aver visto le premesse che portarono alla fine dell’Ottocento ad un incremento dell’emigrazione ebraica in Palestina, e il passaggio di quest’ultima dal controllo Ottomano a quello inglese, vediamo in questa seconda tappa il periodo che intercorse fra le due guerre mondiali e che pose le basi per la nascita dello stato di Israele

  1. L’ondata di antisemitismo che percorse l’Europa fra le due guerre mondiali produsse un incremento dell’emigrazione ebraica. Questo incremento andò ovviamente ad ingrossare le fila delle crescenti comunità che si stavano radicando in Palestina. Per dare un’idea del flusso migratorio, basti pensare che la popolazione ebraica passò in questi vent’anni dalle 85mila unità alle circa 460mila. La popolazione ebraica rimaneva pur sempre minoritaria nella regione (quella araba superava il milione di abitante), ma la pressione demografica si faceva comunque sempre più evidente.
  2. Al crescere della popolazione si accompagnò un acquisto sempre maggiore di terre da parte dell’yishuv (che ricordiamo essere il nome della comunità ebraica). Benché pur sempre minoritari rispetto ai proprietari arabi, gli ebrei arrivarono a controllare fasce fette importanti dei terreni fertili. In particolare gli acquisti si concentrarono nelle zone più appetibili della fascia costiera, dove gli ebrei arrivarono a controllare in alcuni distretti quasi il 50% dei terreni (la percentuale crollava invece nelle zone dell’entroterra, in particolare nella zona meridionale, dove le terre erano ancora saldamente in mano degli arabi).
  3. Sottoposti alla pressione demografica ebrea e al controllo da parte inglese, gli arabi diedero vita a partire dal 1936 ad una rivolta che col passare del tempo acquisì dimensioni tali da farla ricordare come la Grande Rivolta Araba del 1936-39. Partita secondo i dettami della disobbedienza civile, la rivolta assunse presto contorni violenti. Peraltro alla componente palestinese si andarono ad aggiungere elementi provenienti dalle regioni arabe confinanti, dando alla rivolta due importanti caratteristiche: da un lato si presentò quale primo vero esempio di nazionalismo organizzato; dall’altro esemplificava la crescita del movimento pan-arabo. Alla fine la rivolta si spense, sia per le contraddizioni interne al movimento sia per la feroce repressione inglese.
  4. Il piano proposto dalla Commissione Peel

    Il piano proposto dalla Commissione Peel

    Durante la rivolta, gli inglesi promossero (nel 1937) l’istituzione di una Commissione che individuasse proprio i motivi della ribellione e cercasse soluzioni per sanare la situazione. A presiedere la Commissione fu chiamato Williamo Roger Peel. La Commissione elaborò un piano (che non avrebbe mai visto la luce) di risistemazione geopolitica della regione. Questo piano (illustrato nell’immagine qui accanto che potete cliccare per ingrandire) prevedeva tre elementi basilari: la creazione di una grande regione araba denominata Transgiordania; la destinazione della fascia settentrionale costiera della Palestina alla formazione di uno stato ebraico; il mantenimento sotto il controllo inglese della fascia comprendente Gerusalemme. Sempre secondo il piano vi sarebbe dovuto essere un trasferimento di grandi fasce di popolazione araba fuori dallo stato ebraico, in modo tale da evitare un forte contrasto demografico.

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