Il convivio

Creato il 26 marzo 2011 da Sogniebisogni

Frammenti della Tabula Cortonensis III Sec. a.C.
L’attenzione generale dei media questa settimana oscillava pigramente tra la constatazione del placido scorrere del sangue in Liba, appena coperto dal ronzio costante di contraddittorie chiacchiere governative e l’ansia repressa delle radiazioni di Fukushima che ci ammazzeranno tutti se non arriva prima la polvere di uranio impoverita dispersa nei Balcani. Nel rimbombo un po’ vacuo neppure un cenno su cosa stanno facendo in Giappone con tutti quei morti e feriti o sulla gravissima situazione in Siria. In un empito di resipiscenza ho voluto redimermi l’animo e il cervello recandomi a Cortona.
Non solo un set da film americano sugli italiani-brava-gente né solo refugium peccatorum del Jovanotti nazionale che vi alligna. Centinaia di studenti stranieri si trovano nel paesello a studiare storia dell’arte, fotografia, pittura. Aprono i codici dell’antica biblioteca, come il Laudario di Cortona e ne studiano le rilegature e le miniature. Hanno laboratori per fondere il bronzo e scolpire il marmo. Producono libri d’arte a partire dalla polpa di carta. Visionano i reperti etruschi, i dipinti di Signorelli, le opere di Pietro da Cortona. Gli italiani stanno nei loro negozietti a trafficare anticaglie e ceramiche, altri fanno il vino (che è ottimo). Mi dicono che un tentativo di scambio culturale con le scuole superiori è presto fallito per via di burocrazie, litigi e invidie varie. Così la tradizione italiana continua a parlare a questi giovani stranieri, ma loro rimangono un mondo a parte per la nostra società. Questa mancanza di permeabilità mi pare una metafora perfetta di questi ultimo ventennio, anni in cui il paese si è chiuso su se stesso.
A pranzo, seduto con persone provenienti da tutto il mondo dichiaro: «Il nostro ministro dell’economia ha detto che con la cultura non si mangia…». Mi guardano per un attimo con la benevolenza che il viaggiatore riserva all’anfitrione locale anche se eccentrico. «Eppure noi siamo qui che la mangiamo» commenta uno dei commensali, indicando i pici all’aglione.


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