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IL COPISTA, il primo romanzo di Riccardo Alberto Quattrini

Creato il 04 novembre 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

IL COPISTA, il primo romanzo di Riccardo Alberto QuattriniI got no perspective

On the things that you lack

Baby I don’t care

Just lie on your back

Riprese a cantare Robbie Williams. «Vediamo se mi può aiutare», disse la giovane donna, mentre apriva la borsa e ne cavava una cartella rossa trattenuta da un elastico cui l’uomo diede una rapida occhiata. Tuttavia in quel momento, inspiegabilmente, si sentiva più attratto dallo sguardo di quella giovane donna, senza riuscire a spiegarsene il motivo. Non che fosse stato colpito per la sua particolare bellezza. Era magrissima, molto alta, i capelli neri, ben pettinati, un cappotto chiaro chiuso alla vita da una cintura che ne rimarcava ancora di più la snellezza. Teneva la testa in una certa posizione, leggermente inclinata verso destra, come se volesse percepire meglio tutti i suoni circostanti e, gli occhi, che sembravano l’ombra di un colore precedente, pareva avessero sofferto. «Ecco», disse mostrandogli dei fogli con dei puntini strani impressi sulla pagina. «Le dico subito che non è una scrittura primitiva; è solamente scritto in braille perché io sono cieca», lo disse come se per lei l’essere cieca fosse una cosa naturale. Ecco spiegato il motivo del perché la osservasse con un particolare e incomprensibile interesse. Mi dispiace Stava per dire, ricorrendo a uno dei più semplici termini che una persona possa usare, di fronte ad una circostanza infelice. Lei fu prontissima a zittirlo.

«La prego», disse portandosi un dito sulle labbra, «non dica niente, non mi compatisca più di quanto già la gente faccia, ogniqualvolta che sente della mia invalidità. Parliamo piuttosto di quello per cui sono venuta da lei. Va bene?» gli chiese, accentuando l’inclinazione della testa. L’uomo, viste le premesse riprese dunque con un tono professionale.

«Certamente. Mi dica allora cosa devo fare per soddisfarla.»

«Non penso sia così complicato accontentarmi», disse la giovane donna, posando i polpastrelli esperti e agili, su quei segni e li fece scorrere sicura. «“Ombre nere sulla Laguna”», disse guardandolo con quegli occhi che sembravano capaci di vedere. «Questo è il titolo del romanzo che ho scritto», e vi posò sopra la mano aperta, «vorrei che lei me lo ribattesse a macchina.»

«Vuole dire che io dovrei…», disse l’uomo mentre guardava quei fogli, con qui puntini indecifrabili, che sapevano tanto di misterioso per chi non li sapeva decrittare, «dovrei ribatterlo al computer?».

«Esatto. Perché lei un computer l’ha, non è vero?» gli chiese piegando appena la testa da un lato.

«Certo che ho un computer. Anzi, più di uno se è per questo», e girò lo sguardo verso i due computer sistemati lungo il piano del bancone. Non gli era mai capitata una simile richiesta da quando aveva aperto quella copisteria, quattro anni prima, per cercare di raddrizzare per la seconda volta la sua vita. Gli avevano richiesto di ribattere tesi, tesine, o semplici ricerche su vari temi di studio, ma si era trattato sempre di persone vedenti. Gli avevano lasciato i loro manoscritti, i loro appunti e lui aveva provveduto a riscriverli in bella copia, senza errori e null’altro.

«Allora cosa mi dice? Perché la sento indeciso», disse mentre la biglia sopra la porta lanciò il suo suono stonato. Entrò una donna giovane, con i capelli corti e neri, sovrastati da qualche ciocca bianca che le ricadeva sulla fronte ampia. Indossava un camice bianco, non perfettamente pulito, sotto al quale, era evidente, non portasse nient’altro che un reggiseno e un paio di slip. Guardò la donna con occhi interessati e indagatori, per poi posarli sull’uomo, come a cercare risposte che non giunsero, mentre lui, posando una mano sulle risme impilate, le tamburellò nervosamente.

«Ciao Luca», disse la giovane parlando a bassa voce, come a voler porre l’accento che aveva intuito d’aver recato disturbo, entrando così incautamente.

«Che c’è? Che vuoi?» chiese Luca con un tono freddo, dondolando la testa e scrutandola con occhi che esprimevano disappunto per l’inopportuna visita. «Scusate! Scusatemi se vi ho interrotto», disse muovendo la mano in un saluto frettoloso, «ci vediamo più tardi», disse, fece dietrofront e uscì, rilasciando una scia di lacca e coloranti. La donna alzò lievemente la testa e annusò l’aria.

«Parrucchiera?» domandò.

«Esatto», disse Luca. «È una shampista, viene spesso a trovarmi.»

«Perché lo dice con quell’inflessione seccata?»

«Perché è appiccicosa», disse Luca a giustificazione.

«Non è appiccicosa. È forse innamorata di lei», disse. Luca batté una manata sulla risma di carte e rise.

«Lei crede?» le domandò. La donna annuì e sorrise appena. Luca si schiarì la voce, «sarà», disse e subito proseguì, volendo chiudere quel pettegolezzo. «Allora, ricapitoliamo. Lei ha scritto un romanzo con quel bel titolo», e schioccò le dita nel tentativo di ricordarselo.

«“Ombre nere …”.» La giovane donna rise e scosse il capo.

«“Ombre nere sulla Laguna”», lo corresse.

«Ecco», disse Luca, «quello lì. Che, badi bene è bellissimo. Sì perché anch’io amo scrivere», disse gettando lì la frase come se gli fosse scivolata dalle labbra.

«Ah, bene. E ha già pubblicato?» gli chiese.

«Eh, magari. Oddio, un racconto in verità mi è stato pubblicato qualche anno fa su un giornale locale.»

«Lo vede. È già più avanti di me», disse sorridendo e mostrando una fossetta sulla guancia sinistra. «Per me, invece, è il primo romanzo.

E non so nemmeno se sarà pubblicato. Si figuri».

«Ma lei lo ha almeno terminato, e le assicuro che posso immaginare la fatica che le sarà costata.» La donna annuì con la testa e passò una mano sui fogli cui erano impressi quegli strani e incomprensibili puntini. «C’è un solo problema», le disse mentre prendeva una sigaretta da un pacchetto che aveva cavato da una tasca della giacca. «Fuma?» le chiese. La donna scosse la testa. «Le dà fastidio se fumo?» le domandò. Lei alzò le spalle dicendo: «Penso che se accetterà di ribattere il manoscritto, non potrò certamente impedirle di fumare. E dunque…» Luca stirò le labbra. «Ma quale sarebbe il problema dunque?» gli chiese.

«Il problema è che non potremo lavorare durante l’apertura del negozio. Potremo farlo nell’intervallo, o dopo la chiusura serale.»

Luca osservò la giovane donna mentre rimetteva via i fogli. «C’è qualche problema?» domandò. «Non le piace che si resti soli in negozio?

Ha forse un marito o un fidanzato geloso?» disse ironico.

«O no. Assolutamente no, non è per questo», disse scuotendo la testa assumendo un’espressione seria, «non faccia delle ipotesi

sconsiderate, la prego», disse. A Luca gli sembrò esagerata la sua reazione, a quella che voleva essere solamente una battuta.

«Mi scusi, ma stavo semplicemente scherzando, non mi permetterei», disse Luca gettando il fumo verso il soffitto. Quando era seria come ora, aveva il viso magro ma le labbra erano ampie, carnose ben disegnate.

«L’avevo capito», disse e sorrise quel tanto che bastò per formarle nuovamente quella fossetta sulla guancia sinistra che Luca trovò molto seducente, «ma non c’è nessun marito né tantomeno un fidan zato geloso», disse e il sorriso le scomparve dalle labbra diventando seria, come a voler ricacciare via un ricordo spiacevole. Luca pensò che fosse meglio evitare altre frasi inopportune. Lei, guardandolo con quegli occhi senza luce disse: «Per me andrebbe bene lavorare negli intervalli. Non la sera. Abito a Codogno e per arrivare qua devo prendere il pullman. Non mi piace viaggiarci la sera tardi. Mi capisce vero?»

«Codogno?» domandò Luca.«E come mai è venuta sino a Lodi? A Codogno non ci sono copisterie?».

«Lo sapevo che me lo avrebbe chiesto. Sì, ci sono copisterie. Ma non volevo restare in quella cerchia e far sapere i fatti mie. Le basta? » disse un po’ asciutta.

«Certamente», disse Luca spegnendo il mozzicone nel posacenere già bel colmo.

«Un’ultima cosa. Sa dirmi, all’incirca, quanto mi verrà a costare tutta la stesura?».

«Oh, non si preoccupi per quello ci metteremo d’accordo. Anzi, non sa quanto sono contento. Avrò così modo di scoprire come si scrive un romanzo.» Lei scosse la testa.

«C’è ben poco da scoprire. Non ci sono segreti nella stesura di un romanzo. Se però, vorrà farmi delle domande, sarò ben lieta, nei miei limiti, di darle delle risposte.»

Incipit tratto da IL COPISTA di Riccardo Alberto Quattrini, Editore Neftasia, 2012.

Sinopsi: “Mai avrei creduto che nella mia vita mi potesse succedere una cosa simile, essere sbattuta in una fossa putrida  e maleodorante facente parte  di una vecchia porcilaia, usata fino a qualche anno prima, per la raccolta di sterco e urina  dei  maiali per  concimare  i  campi”.

Parla  così  Margherita  Ferri,  una ragazza sui trent’anni, che vive in un tranquillo paesino in provincia di Lodi. Resa  cieca,  dopo  un  incidente  stradale,  accadutole  anni  prima.  Novella scrittrice, per sopperire al dramma. Il suo primo romanzo, tuttavia, la condurrà in una spirale senza fine.

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Nota redazionale: Mi fa molto piacere dare nota di questa uscita del primo libro di Riccardo che, da tempo, è uno dei collaboratori di Rosebud. Nell’augurare a lui e al suo romanzo il successo che meritano, riporto in calce i dati della prossima presentazione del testo.

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L’Assessorato alla Cultura in collaborazione con la Libreria Arcadia presentano il libro “Il copista” (Neftasia) dell’autore Riccardo Alberto Quattrini.

L’autore sarà presente

sabato 10 novembre dalle ore 16,00 alle 18,00

presso la Libreria Arcadia (via M. Della Libertà n. 5, Melzo).

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Featured image copertina de IL COPISTA.

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