Senza una grande paura non si può avere un grande coraggio. Parlando di coraggio, la nostra mente sviluppa subito l’immagine di un eroe greco dei tempi antichi, o di Supereroi, quelli della Marvel e Co. per intenderci, che con i loro superpoteri neutralizzano il nemico che terrorizza e minaccia l’umanità.
Dicevamo dunque che la paura è una componente fondamentale del coraggio. In un mondo come il nostro dove la televisione e i giornali ci fanno vedere continuamente guerre e devastazioni e si susseguono notizie sulla scoperta di una nuova malattia che può infettare con il solo respiro e sull’aggravarsi senza freni dell’economia mondiale (più che altro statunitense e europea), la paura è continuamente nelle nostre vite. Ogni giorno usiamo una grande dose di coraggio per affrontare la nostra vita. Ci confrontiamo con la paura di perdere il lavoro, che chissà se c’è mai piaciuto davvero, la paura di perdere la casa, quella casa che abbiamo preso perché era una buona occasione ma che in fondo non abbiamo mai sentito davvero nostra, la paura che il partner ci lasci, proprio quel partner che si c’è piaciuto ma in realtà era solo una passione che si è trasformata in una routine senza fine alla quale ci siamo ritrovati morbosamente attaccati. Tutti timori legati più alle nostre identificazioni sociali che alla nostra vera natura di esseri umani. A mio avviso è necessario fare uno scatto di “coraggio” per superare un’insicurezza che è radicata dentro di noi per non rischiare di vivere una vita all’insegna della codardia.
Luigi Pirandello (1867 – 1936) drammaturgo, scrittore e poeta, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1934
Per affrontare la vita ci vuole coraggio, ma quanto coraggio ci vuole per capire che la vita a cui stiamo dando tutte le nostre energie non è la vita che veramente vogliamo? Pirandello in “Uno, Nessuno e Centomila” descriveva perfettamente il comportamento umano dentro la nostra società. Nessuno sa chi veramente è, perché abituato a farsi accettare dalla maggior parte delle persone che conosce anche, o potremmo dire soprattutto, attraverso comportamenti o idee che sa nel profondo non essere proprie, ma di altri. Questa insicurezza fa sì che la maggior parte degli esseri umani percorrano per tutta la vita una strada non loro, proseguano su una strada tracciata da altri, con altri sogni e ambizioni che non li porteranno mai alla felicità che avrebbero trovato seguendo la propria rotta. Il mondo ci propina le storie delle vite dei personaggi famosi, vite spesso senza limiti. Le persone non vedono un tipo di vita felice al di fuori di quella che si può avere con la fama e il danaro. La gente comune molto spesso non riconosce la felicità nelle piccole cose della propria vita, pensa che sia insufficiente, che avrebbe diritto ad averne di più.
Una frase che mi ricorderò sempre di mia nonna dice: “Noi da ragazzi eravamo felici nella nostra povertà perché non sapevamo cosa volesse dire essere ricchi, io un ricco da ragazzina non l’ho mai visto”. Questa frase, a parer mio, racchiude una grande verità della nostra società moderna. Quando la società era ancora basata sulla vita nei campi, non c’era bisogno di volere di più di quello che si aveva, perché tanto tutti gli altri avevano più o meno le stesse cose, quindi essere se stessi era “normale”, difficilmente si invidiava qualcosa o qualcuno. Non c’era una televisione che mostrava come vivevano felici i miliardari sulle loro barche in mezzo all’oceano, non c’era un gioco a premi che faceva vedere come la vita può cambiare solo grazie a due o tre risposte esatte o perché ci si è resi abbastanza ridicoli da meritare un premio, non c’era la vita dello sportivo superpagato che si esprime male, perché se si hanno i soldi non c’è nemmeno bisogno di saper parlare. Questa visione di vite senza limiti ha portato la società a chiedere sempre di più quando in realtà di più non si possa avere.
Fino a qualche anno fa, questo stile di vita fatto di eccessi poteva era possibile anche nei ceti medio bassi, ma con l’avvento dell’euro e della crisi finanziaria questa possibilità è rimasta appannaggio dei veri ricchi. Tutte quelle persone che si erano mascherate da agiati ora si trovano in grosse difficoltà, devono difendere la loro maschera da altri finti ricchi altrimenti “chissà cosa diranno o penseranno i vicini”. Per l’abitudine a indossare questa maschera della ricchezza senza limiti, fatta propria da tutta la società, non troviamo più la felicità nelle cose che hanno un limite: un partner che, anche se non assomiglia a un divo della tv, ci rende felici lo stesso, una casa grande in campagna invece di uno sgabuzzino nel quartiere in della città, i pic nic al parco con gli amici, i sabato sera in casa in compagnia…la lista potrebbe andare avanti ancora per molto passando dai vestiti alle ferie.
Questa voglia di andare sempre oltre per paura di non essere più accettati nella società ha reso necessario ritrovare il coraggio per capire che quello che facciamo nella nostra vita di tutti i giorni probabilmente non è davvero nostro. E’ necessario un momento di lucidità e totale franchezza con se stessi per capire se si
sta percorrendo la propria strada, la propria vita, oppure quella di un altro, un altro essere molto lontano da noi, che vive la sua vita senza maschere e possiede u
na vera felicità, che invidiamo e cerchiamo di raggiungere emulandolo.
Aveva ragione Benjamin Mee: “A volte tutto ciò di cui hai bisogno sono venti secondi di coraggio folle. Letteralmente, venti secondi di audacia imbarazzante. E ti assicuro che ne verrà fuori qualcosa di grande”. Magari si scopre che non si è fatti per essere tutti ricchi o famosi, magari si capisce che la propria vita felice è nella povertà più assoluta o nell’aiutare gli altri senza cercare di scavalcarli ma accompagnandoli, magari si capisce che, sì, i soldi ci vogliono nella vita, ma non è importante averne tanti.
Quella vocina è il coraggio che bussa dentro di noi, nella nostra anima, ci dice che stiamo per fare qualcosa di non nostro, che stiamo per indossare una maschera, una maschera molto pericolosa che non ci farà vivere veramente le nostre vite ma che accrescerà un sistema malato sul consumo sfrenato, prima delle cose, poi delle persone e alla fine di noi stessi . Ci vuole coraggio, bisogna sentirsi un po’ Ercole e un po’ Superman per liberarsi da questa maschera e capire che abbiamo dei limiti e che se li comprendiamo possiamo vivere una vita molto più felice, sana e lunga. E magari diventiamo degli Eroi.