Che parole sono queste, parole da scolpire nei cuori, parole che non sono retorica, ma che piuttosto impongono scelte, esigono comportamenti, sottraggono la possibilità della quiete interessata, che sa ma preferisce non sapere, che piuttosto distoglie lo sguardo.
Non sono retorica, per lo meno non lo sono state, perché proprio queste parole un tempo sono state grido che ha smosso le coscienze, chiamato all'esercizio della responsabilità, ripristinato il sentimento della giustizia. Sono tratte dal J'accuse di Emile Zola, uno dei più grandi esempi della cultura che sceglie il coraggio e la verità. Di uno scrittore che scorge e riconosce il punto di svolta, il crinale oltre il quale le cose non saranno più come prima. Che scende in campo perché sa che salvare un uomo - nel caso Alfred Dreyfus, l'ufficiale francese vittima di un'atroce macchina accusatoria - significa salvare un'intera civiltà.
Mi sa che in un paese normale le pagine di Zola sarebbero coltivate come patrimonio universale, da insegnare nelle scuole, assieme per esempio alla lettera sulla compassione di Rosa Luxemburg. E invece, sarà un caso che in Italia da molti anni non fossero ristampate?
Ci ha pensato ora la Giuntina: e queste sono le cose che ti fanno pensare a quanto possano essere preziose piccole case editrici senza ambizioni da classifiche di best seller. Con la prefazione - sarà anche questo un caso? - di Roberto Saviano:
Esistono storie, come questa, che quando le incontri non puoi cacciarle da te. Emile Zola mi ha insegnato che quando una storia ti entra dentro, tutto cambia. E non puoi riferirla, raccontarla, scriverne senza che i tuoi lettori sappiano tu da che parte stai
Parole da tenere di conto. Parole buone per un intero paese.