Cari lettori e lettrici, eccoci giunti all'ultima parte del racconto a puntate intitolato "Il corsetto". Spero vi sia piaciuto; per chi volesse commentare sarò lieta di leggere le vostre opinioni. Questo è un piccolo lavoro senza molte pretese che mi andava di condividere con voi tutti. Ringrazio chi l'ha letto e chi, d'ora in avanti, passando dal blog, lo farà. Per chi si fosse perso le puntate precedenti i link di riferimento sono: Qui per la prima, Qui per la seconda, Qui per la terza e Qui per la quarta.Buona lettura! IL CORSETTO(parte V)
Marianne scese la scala curva e sinuosa reggendo la gonna ampia per alzarne l’orlo. Era bellissima con lo strascico amaranto che si intonava al corsetto dello stesso colore e con il pizzo bianco che richiamava la gonna e il nastro tra i capelli. Jane la seguiva silenziosa, come se stesse rivivendo una scena già vissuta diciotto anni prima. Quando furono davanti alla grande porta della maestosa sala da ballo, la ragazza si fermò esitante e la cameriera udendo il chiacchiericcio e il tramestio sommesso al di là della porta, si affrettò a dire:«Signorina, siete davvero sicura di voler entrare con indosso quel corsetto. Vostro padre potrebbe non esserne felice.»«Jane, ne abbiamo già parlato. Questo corsetto è l’unica possibilità che ho di farlo ragionare. Non voglio sposare Lord Woodhouse. Questo debutto in società è una farsa.
Mio padre ha già deciso di darmi in moglie a quel rammollito del suo socio, da quando è diventato il padrone di alcuni possedimenti. Vedermi con questo corsetto gli ricorderà fino a che punto è stata infelice mia madre in questa casa e spero non voglia lo stesso destino per me.» disse risoluta, poi la sua mano si posò sulla maniglia ed entrò decisa nella sala da ballo.Dopo quasi vent’anni da quel ballo dato in onore della sua nascita, Marianne si ritrovò nella stessa sala, tra visi invecchiati e nuovi amici. Tutto era esattamente come allora.
Sembrava che il suo destino seguisse gli stessi intrecci di quello materno, così come i lacci del corsetto seguivano lo stesso percorso di incroci sovrapposti sulla sua schiena, ma lei avrebbe fatto di tutto pur di non rimanerne imprigionata.
Da principio indossare l’indumento con cui sua madre si era tolta la vita le aveva fatto una certa impressione, ma quando fu avvolta dal raso vellutato e inondata dalla sua bellezza, una nuova fiducia le era penetrata sotto la pelle e nelle ossa.Le infinite discussioni con suo padre su chi dovesse sposare l’avevano spossata e fatta piangere.Lei amava Arthur, un giovane borghese, che viveva in una delle case costruite negli ultimi anni oltre il vicino fiume. Si erano conosciuti quando, in un soleggiato pomeriggio di maggio, era uscita con le sue amiche aristocratiche, per fare un picnic nei verdi prati circostanti.
Arthur passeggiava di lì quel giorno, insieme al suo cagnolino e le sue amiche l’avevano
Lo amava come non aveva mai amato nessuno e lui amava lei. Sir Cavendish aveva appreso la notizia di questa nuova conoscenza della figlia e da allora aveva preso a parlare insistentemente di matrimonio. Lei voleva proporre ad Arthur una fuga, ma suo padre aveva iniziato a sorvegliarla e a impedirle di uscire. Non le rimaneva che il corsetto e il passato della madre come arma. Quel corsetto valeva per Marianne i riccioli scuri di Arthur, i suoi occhi nocciola, il suo corpo muscoloso e i suoi caldi e dolci baci. Valeva la sua libertà d’amare. Così, Marianne, nelle sue angosciose ore di tormento, aveva deciso di osare o di morire come la sua sciagurata madre. Non aveva altra scelta, non poteva in nessun modo piegare il capo all’egoistica volontà paterna.
Nessuno in sala fiatò. Allora, forte del suo ascendente, Marianne proseguì: «Padre, questo vestito, questo corsetto, dà fastidio soltanto a voi e alla vostra coscienza. Nel dolore che vi ha arrecato la donna che un giorno lo indossò avete avuto me. Se mi amate, se mi amate davvero, lasciatemi libera di sposare chi voglio, non spingetemi verso lo stesso abisso da cui Isabel Murray è precipitata. Fatelo per me, non condannatemi a una vita d’infelicità, come mia madre non lo sopporterei. La ricchezza non è una barriera abbastanza resistente quando si decide di morire, dovreste saperlo.» concluse portando una mano sul rubino rosso che le pendeva dal petto, infine abbassò il capo.
Trascorsero alcuni attimi di silenzio prima che Sir Cavendish, evidentemente scosso da quelle parole, si avvicinasse a sua figlia e ponendole le mani sulle esili spalle, la costrinse a guardarlo negli occhi. Marianne fissò la linea della sua bocca e i suoi baffi striati d’argento e sentì il cuore sciogliersi quando le sottili labbra del padre annunciarono:«Sei una ragazza coraggiosa Marianne, me ne hai appena dato prova. Hai ragione, sei la mia unica figlia e la tua felicità, la tua vita, sono più importanti di nuovi possedimenti e di una posizione elevata. Se è davvero questo che vuoi, lo avrai.» si fermò per osservare gli occhi scuri della figlia, limpidi di commozione e colmi di sollievo e gratitudine, poi si voltò verso il maggiordomo alle sue spalle, in piedi nella sua uniforme da cerimonia e nel silenzio dei presenti ancora attoniti ordinò:«Paul, manda qualcuno al quartiere residenziale e fa condurre qui il giovane Arthur Nicols, è atteso per la sua festa di fidanzamento.» Antonella Iuliano
FINE