Il cristogramma del Monte di Pietà di Maglie

Creato il 12 aprile 2011 da Cultura Salentina

© Trigramma bernardiniano, Maglie - Monte di Pietà (ph. V. D'Aurelio)

A Maglie, tra le poche testimonianze architettoniche del XVI-XVII sec. sfuggite alle demolizioni dell’800, resiste ancora, lungo via Giannotta, una costruzione del 1578 nella quale è ubicato l’antico Monte di Pietà.

Secondo un’epigrafe, posta al lato dell’altare dedicato a San Giovanni Battista nella Matrice, la fondazione è attribuita a Donato Pappuli nel 1621. Il fondatore, dottore in diritto civile e canonico oltre che maestro di sacra teologia, appartiene a una delle famiglie più antiche e ricche di Maglie, già menzionata nel catasto del 1578 e, ora, estinta.

Osservando gli ornamenti dell’edificio, di netta tendenza rinascimentale, diversi elementi meritano di essere studiati perché testimoniano un passato cittadino di enorme interesse storico. La presenza a Maglie di un Monte di Pietà è segno della necessità di creare nel ‘600 uno strumento utile a combattere la pratica del prestito ad usura. La nascita in Italia dei monti e la lotta all’usura, dal XV sec., si deve particolarmente all’opera francescana che, a tal fine, trova massima espressione nei famosi sermoni di San Bernardino da Siena e nell’impegno caritatevole del Beato Bernardino da Feltre. A Maglie, la pratica del prestito a interesse illecito coinvolge non solo la ricca borghesia ma, dagli studi di Emilio Panarese, gli stessi frati Conventuali che qui arrivano e si stabiliscono dal 1585.

Un sole raggiante con al centro incise le lettere «I.h.S.», dove l’asta dell’«h» è tagliata a metà da una linea a formare una croce, appare sul Monte dei Pegni di Maglie e questo elemento decorativo testimonia il legame della predicazione francescana con la città. Difatti, questo trigramma, ampiamente noto come cristogramma, è ben conosciuto quale abbreviazione della parola greca “Jhesus” che poi, nell’interpretazione latina, diventa acronimo di  “Iesus Hominum Salvator”. L’ideatore è proprio San Bernardino da Siena il quale, disegnandolo su tavolette, lo espone al pubblico quale segno della benedizione di Cristo. I suoi sermoni, specialmente quelli sul tema dell’usura, sono infuocati e raccolgono tantissimi uditori tanto che il suo trigramma ben presto si diffonde tra le file dei cattolici. Tanto è il successo dell’immagine, quale modo per far vedere il Cristo agli uomini, che lo stesso Santo senese invita la popolazione ad esporne uno simile su ogni entrata di casa e di ufficio pubblico.

©Epigrafe, Chiesa Matrice Maglie (ph. V. D'Aurelio)

Il monte di pietà magliese, per la sua funzione di pubblica utilità ispirata al tema della pietà popolare e della carità cristiana nonché quale strumento di lotta all’usura e per la stessa formazione culturale del fondatore, riassume il sodalizio dell’uomo con Cristo e ciò spiega chiaramente la presenza del trigramma bernardiniano. Tuttavia, le fattezze del trigramma magliese differiscono dall’originale, ed è anche ben differente da quello diffusamente utilizzato dalla Compagnia di Gesù, ma si tratta di una “pura licenza artistica” poiché si hanno testimonianze storiche circa l’influenza serafica, e specialmente bernardiniana, nel Salento. Difatti, il Santo senese, nella prima metà del ‘400, percorre le contrade salentine e predica in modo particolare contro l’usura. A Nardò, la predicazione del Senese è testimoniata da un dipinto su marmo che orna il pulpito della Cattedrale, da un affresco della fine del Quattrocento nella navata sinistra e da un ricordo lapideo nella stessa basilica. Nell’anno 1433 san Bernardino, invitato dal protopapa Nicola Teodoro, predica nell’antica Collegiata greca di Galatone. Quando nel 1450, sei anni dopo la morte, il frate sarà canonizzato da papa Niccolò V, è eretta una cappella a lui dedicata, il cui promotore è il galatonese magister Jacobus de Placentia, per ricordare la presenza del santo in Galatone. Essa è poi abbattuta nel 1591.

La testimonianza del trigramma sul Monte di Pietà di Maglie quindi, getta nuova luce sulla fondazione e l’ispirazione di questa istituzione aggiungendo, di conseguenza, elementi utili alla ricostruzione storica della figura e dell’opera di don Donato Pappuli sul quale Luigi Maggiulli, prima, e il prof. Emilio Panarese, poi, si sono ampiamente interessati.

E’ nostra speranza che questa testimonianza architettonica sia preservata, iniziando col togliere quell’orrendo filo elettrico che attualmente taglia in due il trigramma, affinché la nostra storia non si dilegui nel buio della memoria dimenticata.


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