Il Crocifisso che salvò Vallo di Nera da una strage

Creato il 03 aprile 2012 da Berenice @beneagnese

Dopo la firma dell'armistizio del settembre 1943 tra il Governo italiano e l'alleanza anglo-americana, la seconda Guerra Mondiale continuò a mietere vittime. Dal carcere della Rocca di Spoleto, nell'ottobre e nel novembre dello stesso anno evasero novantaquattro detenuti politici italiani e jugoslavi che raggiunsero le montagne del Coscerno  dando origine a una formazione partigiana - slava comandata da Tozo Svetozar.

Rastrellamenti, rappresaglie e guerriglie si alternarono con crudeltà, come la strage di Mucciafora del 30 novembre del 1943 dove nove civili furono massacrati dai nazifascisti.

Era l'alba del 30 marzo del 1944, quando nel piccolo borgo umbro di Vallo di Nera arrivò una truppa germanica a bordo di autoblindo e motociclette.

Quattro mitragliatrici, pronte a scagliare fuoco su chi fosse stato trovato in possesso di armi o avesse osato dare rifugio ai "ribelli" Partigiani, furono posizionate nei punti strategici dell'abitato.

"I soldati tedeschi Irruppero in ogni casa - raccontano i testimoni ancora in vita - perquisirono ogni stanza, rovesciando e spalancando porte e sportelli. Portavano via cibo, animali, ma cercavano soprattutto armi e nascondigli.

Poi cominciarono ad afferrare con forza a uno a uno tutti gli uomini  trascinandoli nella chiesa di Santa Maria, dove li rinchiusero prigionieri.

Furono scene di vero terrore. I soldati tedeschi non si fermavano di fronte a niente: spinsero giù dal letto un malato di polmonite e lo riempirono di botte alla schiena perché non riusciva a camminare per le strade del paese. Non si fermarono neppure di fronte al sangue che gli usciva a fiotti dalla bocca per lo sforzo".

Ogni uomo adulto o ragazzo venne catturato e rinchiuso nella chiesa situata nella parte bassa del paese, di fronte a una delle quattro mitragliatrici. Anche l'anziano parroco don Pietro Briotti fu arrestato insieme agli altri, insieme ai vecchi, insieme  ai bambini di dodici - tredici anni.

La strage si faceva vicina, inevitabile: sugli abitanti di Vallo di Nera pendeva la pesante accusa di proteggere i Partigiani. Quei Partigiani che avevano il loro quartier generale nella montagna sopra il paese, che da poco avevano sottratto i fucili alla stazione dei Carabinieri di Sant'Anatolia di Narco e che avevano distrutto in Municipio le liste di leva dei giovani chiamati alle armi della Repubblica di Salò. Partigiani che da poco avevano ucciso.  

La rappresaglia prevedeva il rapporto di dieci a uno, dieci civili per un camerata morto.Tutti gli individui di sesso maschile, ormai prigionieri nella chiesa, sarebbero stati fucilati l'indomani. Vallo di Nera avrebbe fatto parte dei luoghi dove la memoria ancora oggi piange le nefandezze della Guerra.  

Ma verso sera, le disperate preghiere rivolte al Crocifisso dell'altare, venerato come miracoloso dalla popolazione, sembrarono sortire il loro effetto. Un colonnello, di cognome Sereni, sfollato nel paese e con padronanza della lingua tedesca, riuscì a convincere la Wehrmacht che i Vallani erano estranei alla lotta armata e alle uccisioni.

Al colloquio seguì una lunga consultazione, ma alla fine il portone della chiesa fu riaperto e gli uomini poterono tornare a casa.   

Da quel giorno ogni anno a Vallo di Nera il 30 marzo in segno di ringraziamento si festeggia il santo Crocifisso. Al ternine della funzione religiosa in segno di fratellanza vengono consumate le tradizionali "pagnottelle benedette", sfilatini di pane croccante farcito con salumi locali e innaffiate da buon vino rosso, frutto di una questua tra la popolazione.

Il Crocifisso quarant'anni fa è stato rubato ed è stato sostituito con un altro nella nicchia illuminata dalle lampadine, ma in fondo alla chiesa di santa Maria una lapide ricorda ai più giovani la scampata tragedia: "Il giorno 30 marzo 1944 / gli uomini di Vallo di Nera / dalla furia della guerra /strappati ai focolari / e in questo sacro luogo reclusi / presaghi di funesto domani / per divina grazia / qui trovarono asilo e salvezza.  A Dio grati / e ai santi tutelari / della loro cara terra / in memoria."