Il cuore grande delle ragazze – Pupi Avati

Creato il 07 ottobre 2014 da Maxscorda @MaxScorda

7 ottobre 2014 2 commenti

Meraviglioso Avati. Egli viaggia sull’onda dei ricordi come fossero racconti leggendari dove magia e verita’ si confondono e si mescolano, sussurrando una storia che sa di favola. E’ il sentirsi protetti in un abbraccio infantile, antico ma che si ricorda benissimo, ognuno stretto nelle proprie dolcezze che il regista bolognese sa evocare cosi’ bene.
La voce di uno dei protagonisti ormai anziano lo spiega, e’ la storia della sua famiglia, ricordi da mettere su carta e da lasciare ai posteri perche’ certe avventure sono talmente straordinarie da non poter essere disperse.
Storia di una famiglia quindi, padre, madre, due fratelli e una sorella, uno zio, sua moglie e tutto l’intorno. Mezzadri ai tempi del fascismo ma poco conta quando negli uomini di famiglia scorre un sangue caldissimo che si trasmette di generazione in generazione e quando a Cesare Cremonini, il fratello piu’ grande, quello bello al quale nessuna sa dire di no pur non essendo una cima, viene imposto il matrimonio di una delle figlie racchie del padrone, i guai si faranno molto seri.
Film brillante, a tratti esilarante venato comunque da quella leggera malinconia propria di Avati, perche’ come accade nella vita di tuti i noi, niente e’ assoluto, come un dipinto a colori sfumati raramente uniformi.
Ancora una volta il regista bolognese gioca la carta della sorpresa arruolando un outsider, turno che tocca a Cremonini. Operazione riuscitissima per quanto e’ da dire, dandogli il ruolo di un belloccio non particolarmente brillante, lo fai giocare in casa. Idem per Andrea Roncato, controparte anziana di Cremonini perfetto ad incarnare le disavventure che Avati ha scritto per lui. Cavina ormai e’ una specie di totem, nella vecchiaia unico e meraviglioso, perfetto nei tempi e nella misura. Varrebbe il film da solo eppure nel complesso e’ una delle tante figure bellissime. Meritati gli applausi per la protagonista femminile Micaela Ramazzotti ma ancor piu’ ho preferito Manuela Morabito nel ruolo della madre. Non nuova alla regia di Avati, e’ di una bravura sconcertante, al punto che sarebbe ora di tributarle i giusti onori. Ad ogni modo il discorso e’ sempre quello, sotto le mani di Avati i mediocri diventano grandi e i grandi giganti, non e’ una novita’, non sorprende ma e’ bene ricordarlo ogni volta, cosi’ come e’ bene ricordare che Avati resta il migliore regista italiano vivente e unico erede di un cinema ormai scomparso nelle sale ma non nei ricordi.

Scheda IMDB


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