Il delitto di Perugia

Creato il 25 febbraio 2014 da Lundici @lundici_it

L’università per stranieri di Perugia. Molti incontri tra ragazzi di paesi diversi. Qualcuno finirà in tragedia.

Perugia: città che evoca immagini tutte umbre e italiche, origini pure di popoli autoctoni, echi di poesie e leggiadre fanciulle, misticismo cristiano che gronda un po’da ovunque a farle da contorno. In realtà sull’Umbria gravano da tempo dicerie legate ad aspetti più foschi e secolari, come pure chiacchiere sul tipo di aggregazione che la storica Università per stranieri metterebbe in movimento. La storia è vecchia, ma iniziative come l’Erasmus hanno ingarbugliato ancor di più il tessuto sociale. Così accadeva, prima del 2007, di sentirne parlare come di una specie di Malibu senza mare, tutta sex, drugs and rock ‘n’roll e poi, “chissà se si studia davvero, da quelle parti”.

Ammassare molte energie giovanili in un posto angusto, come un’abitazione, genera certamente situazioni intriganti, come nel film “L’appartamento spagnolo”, ma pure dissidi e discordie che chi ha dovuto attraversare ben conosce. In particolare sembra che a scornarsi di più siano le ragazze, i maschi essendo storicamente e geneticamente di massima tetragoni alle ambasce casalinghe.

Così accade che in una casetta pittoresca della città cuore d’Italia si trovino a vivere, oltre a due italiane assenti nella giornata fatale, due ragazze, che in comune in fondo hanno solo la lingua madre, l’inglese. Meredith Kercher, 22 anni, è britannica di madre asiatica, e vuole specializzarsi in studi europei; Amanda Knox, ventenne di buona famiglia, faccia d’angelo, di Seattle, la città del grunge e delle nuove tendenze (vi nacque Kurt Cobain), è l’americanina in trasferta che crea subito problemi. A Perugia da poco tempo, per studiare scrittura creativa e lingue, ha già questionato col titolare del bar dove lavora (il congolese Patrick Lumumba, su cui torneremo) e frizionato con la coinquilina londinese che la accusa di trascuratezze domestiche (ma Amanda ha sempre sostenuto che erano in buoni rapporti). Inoltre, si è subito “fidanzata” con un biondino originario del barese e della borghesia agiata, Raffaele Sollecito, prossimo ingegnere dall’italiano incerto, come si vedrà in alcune interviste.

E’ appunto il 2007, la notte successiva ad Halloween, la festa “importata” che si aggiunge a tutte le altre che spingono a stravolgersi e “trasgredire” (ma cosa, se ormai lo fanno tutti?). Un po’ di gente l’ha passata per locali, si immagina a far che. Nella notte seguente invece i movimenti degli attori del dramma non sono ancora ben chiariti, se non, forse, che Meredith era stata a trovare delle amiche.

Quel mattino i fidanzati italoamericani, la coppietta glam, sono in giro a passeggiare (si dice, a comprare biancheria per lei); di seguito, li ritroviamo sotto la casa del delitto, inquadrati e consapevoli, mentre si scambiano effusioni con lo sguardo erotizzato. Insieme, dichiarano di essere stati a casa di lui a dormire, ma un negoziante smentisce e inchioda lei, dichiarando di averla notata innanzi al suo esercizio nel periodo in cui in teoria avrebbe dovuto stare a letto tra le braccia dell’amato; Raffaele, da parte sua, in separata sede corregge il tiro e, confondendo ulteriormente le acque, afferma di aver lavorato al pc a casa propria, anche se i tecnici informatici si pronunceranno al contrario, per loro quel computer è stato fermo tutta notte. Amanda tuttora giura di non credere che l’amato abbia sconfessato il suo alibi, cercando di separare la propria posizione da quella di lei.

Meredith Kercher, britannica, 22 anni al momento della morte.

La vicenda è nota, a Meredith è stata tagliata la gola: viene ritrovata in uno scenario stravolto e caotico, dove anche solo muoversi risulterà difficile, senza alterare qualche elemento di prova.

Vogliamo partire da quest’ultima circostanza, che fa molto riflettere il cittadino medio: se viene denunciato un possibile omicidio, il primo ad arrivare come deve muoversi? Benchè coperto come un chirurgo o un astronauta, non volerà e, anche solo camminando verso la vittima per eventualmente verificarne la morte, oppure trovarla ancora viva e soccorrerla, il suo primo impulso è la velocità di intervento.

Le continue accuse alle forze dell’ordine, di avere la grazia di un elefante e poca competenza, ci inducono a ricordare sempre che molti delitti nel mondo rimangono irrisolti, perchè preservare la scena del crimine intatta sarebbe prerogativa di essere incorporei e gli umani non lo sono. Quello che fa, o dovrebbe fare la differenza, sono le tecniche di indagine, in aggiunta a tutti i DNA che vogliamo, impronte, capelli e quant’altro può aver lasciato l’assassino, ma pure il primo carabiniere che entra e muove un passo. Noi ci sentiamo di assolvere in questo caso gli uomini della Scientifica, visto che si sono perfino presi la briga di prelevare delle feci da uno scarico.

Infatti, in base a questo come ad altri “reperti”, fu inguaiato l’ivoriano Rudy Guede, un ragazzo naturalizzato italiano per strane vicende, problematico e, dicono, noto per un passato di furti in appartamento e una certa protervia nei rapporti. Il poco astuto africano non troverà di meglio che scappare in Germania e, da lì, inviare ai pochi amici ben intenzionati a difenderlo, immagini da telefonino della sua faccia intenta a smorfie e sberleffi, col risultato di farsi acciuffare in un baleno.

Ma torniamo alla vicenda. E’ arduo ricostruire come fu scoperto il crimine, perchè tra tabulati, telefonini ritrovati in giardino, vetri di una finestra rotti non si sa come, testimonianze di vicini, non si è ancora capito chi veramente si insospettì per primo dando l’allarme, e gli orari discordano (meno male che c’è la tecnologia…).

Amanda Knox, 20 anni al momento dell’omicidio. Americana e di buona famiglia.

Sia come sia, i due innamorati vengono divisi e interrogati. Amanda, probabilmente non certa della tenuta del suo ragazzo, punta il dito contro il proprio datore di lavoro, il già citato Lumumba, un giovane dal viso rotondo e l’aspetto innocuo, con compagna italiana e figlio, che ricordiamo ammanettato e con lo sguardo spaurito mentre viene arrestato tra lo sgomento generale. Meno male che ha un plotone di testimoni a fornirgli alibi: verrà rilasciato con tante scuse e ottomila euro di risarcimento, di cui peraltro non si accontenta (il suo avvocato ha fatto appello per aumentarli) e diverrà il più accanito accusatore dell’americana che, dice, nel bar aveva appena redarguito perchè, più che servire i clienti, civettava.

La Knox, dal canto suo, condannata per diffamazione (in un processo a parte) si difende sostenendo che la Polizia l’avrebbe torchiata malamente e lei, inesperta ancora della nostra lingua, per sottrarsi al martellamento, avrebbe accusato il primo che le è venuto in mente …o è stata fraintesa…In seguito farà sapere che in carcere sarebbe stata molestata e falsamente informata di essere sieropositiva, per intimorirla e farle pesare il suo passato di ragazza “allegra” (l’interessata ridimensiona tutto e ricorda che qualche intemperanza giovanile è normale).

L’altro colpevole-non colpevole. Raffaele Sollecito.

Va registrato anche un intervento di Lumumba in televisione: ci informa che Amanda aveva ribadito l’accusa contro di lui nell’interrogatorio davanti al magistrato, assistita da un legale, in una situazione in cui avrebbe già potuto smentire la menzogna sparata in questura, e dopo avergli addirittura sorrriso, incrociandolo, illudendolo che lo avrebbe scagionato. Per lui la ex dipendente è colpevole senza se e senza ma, anche perchè la sua attitudine a mentire spudoratamente, di per sé, ne farebbe la principale sospettata.

Chissà se la Knox, cittadina dello “stato degli evasi”, (ultimo territorio prima del confine canadese, laddove i ricercati dovevano per forza fermarsi e spesso restavano per sempre), come più o meno veniva chiamato il Washington di cui Seattle è la città più famosa, già contava sull’appoggio incondizionato del suo paese d’origine, che puntuale arriva. Infatti, se il nostro Chico Forti viene dimenticato dalle autorità italiane in una cella di Miami, da dove si grida innocente dall’accusa di omicido per cui sconta l’ergastolo, gli States compatti montano una buriana mediatica, anzi una gazzarra vera e propria: sui tabloid, in televisione, si grida alla persecuzione italiana verso il povero angioletto che quella notte, al massimo, poteva essersi limitata, dicono per difenderla, a fare sesso col suo grande amore incontrato pochi giorni prima e a fumarsi canne (precedenti che di norma, nella nostra sempre amata Amerika, impediscono finanche di candidarsi ad assessore alla veterinaria, ma, secondo questa vulgata yankee, renderebbero ipso facto la connazionale innocente).

L’unico colpevole. Sedici anni per concorso in omicidio.

Rudy, consigliato dal legal star Biscotti (non così carico di successi processuali, in verità) patteggia e accetta sedici anni, per omicidio in concorso. Con chi? Amanda e Sollecito (difeso da un’altra celebrity delle aule, Giulia Bongiorno, che era anche una parlamentare finiana, ma vedevamo più spesso in tribunale impegnata al fianco del suo assistito) vengono indicati come complici, condannati in primo grado, con tanto di rifiuto di libertà provvisoria, ma assolti in appello, poi nuovamente richiamati alla sbarra per decisione della Cassazione. Lei, involata da tempo verso il suo paese, garantisce che in Italia non tornerà, qualunque cosa accada.

Notiamo subito che la Corte di Cassazione, ormai sempre più spesso, entra in merito ai dispositivi delle sentenze, anzichè limitarsi, come in teoria dovrebbe, a rilievi formali. Invece, sul fronte umano, siamo colpiti dall’abbagliamento mediatico che provoca Amanda, per cui tifa molta della giovane opinione pubblica maschile, incantata da quel faccino da vergine dissoluta; siamo colpiti anche da Raffaele, protetto da un padre avveduto e da una zia amorosa (è orfano di madre), in contrasto con la scarsa o nulla attenzione per la riservata famiglia Kercher. Di più, negli anni si è fatta strada la controffensiva di prammatica: nemmeno la vittima era una santa, era una girovaga notturna… Per non dire poi di Rudy Guede: appare solo peggio di un cane, che quantomeno lo aiuti a fornire una mezza giustificazione alla sua vita, già storta prima dell’evento criminoso.

L’americana spopola nel suo paese e scrive un libro a fronte di un lauto compenso (sostiene di dover rifondere sostanziose spese legali per cui la famiglia ha chiesto prestiti a mezzo Washington, ed è probabile). I due, ormai ex, si rivedono anche negli States (ma da amici, specificano sempre), Sollecito si laurea ingegnere e fa vacanze ai Caraibi, ma è un suo diritto e di questo certo non ci scandalizziamo. Egli fa notare che è tornato anche se avrebbe potuto restarsene all’estero. Noi ci permettiamo di rilevare che a molti, per accuse più lievi, viene tolto il passaporto. Il pugliese ci tiene anche a sottolineare di non aver mai frequentato Guede, che non poteva certo appartenere al suo giro di frequentazioni (a quello della sua ragazza sì, però…)

Quello che ancora non abbiamo capito e forse mai sapremo, è cosa sia realmente accaduto. Tutto ruota sulle impronte sopra un coltello e un gancetto del reggiseno della vittima…ma è possibile che ci si sia ridotti ad accapigliarsi su due oggetti, uno dei quali a stento visibile, tanto da farne campo di battaglia da anni?

In prima battuta la condanna dei tre si basava sul teorema dell’orgia sessuale finita in tragedia. Assolta la coppia, rimaneva Guede in preda a raptus erotico: guarda i due (Amanda era una sua conoscente) che fanno l’amore, si eccita e si butta adddosso all’unica altra ragazza presente, diventa omicida perché rifiutato da Meredith, quando sembrava invece già avviato il rapporto fisico con lei. Ma se Sollecito ha dichiarato che in quella casa non c’era, se vogliamo credergli e lasciarlo libero, dobbiamo ipotizzare che ci fosse invece Amanda, la quale si colloca viceversa insieme al suo moroso…niente da obiettare, detectives?

Si lascia in piedi la circostanza che l’africano avesse avuto complici, a questo punto sconosciuti; d’altronde Guede, patteggiando, per noi profani, avrebbe ammesso comunque una responsabilità, ma si dichiara innocente, ribadendo la sua versione: lui e Meredith sono concordemente arrivati a casa per trascorrere momenti intimi ma, mentre lui è chiuso in bagno, qualcuno entra per uccidere l’amica e lui, uscendo dalla toilette, avrebbe solo scorto una sagoma in fuga e poi tentato di salvare lei, da qui le tracce e le impronte che gli appartengono, trovate un po’ dappertutto.

La tomba di Meredith Kercher. Sapremo mai la verità?

Ammonticchiate tutte le dichiarazioni dei protagonisti, ne esce una versione reale di “Sesso bugie e videotape”, ma senza un registratore a mostrarci l’accaduto. Dobbiamo dunque accontentarci di così poco, oppure approfondire? Lasciar perdere e assolvere tutti (almeno nei nostri cuori) o pretendere la verità, ben sapendo quanto possa essere inafferrabile? Tutto è ancora in una nebulosa. Un consiglio ai giovani, che stiano più attenti a chi frequentare in giro per il mondo? Siamo stati giovani a nostra volta e sappiamo che non servirebbe.


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