La saga è composta da tre cicli: quattro volumi per il primo ciclo, sei per il secondo, quattro per il terzo (iniziato dalla Smith ma proseguito, dopo il licenziamento dell’autrice, dalla ghostwriter che l’ha sostituita) più degli spin-off che raccontano i fatti antecedenti (due serie da tre volumi ciascuna, per il momento).
Duole dirlo, ma la cosa più emozionante di tutta questa epopea è la vicenda editoriale che l’ha accompagnata. Ad un certo punto, in dissenso con le linee guida indicate dalla casa editrice, Lisa Jane Smith viene estromessa dalla sua stessa opera senza possibilità di rivalersi. Quando firmò il suo contratto nel 1990, infatti, la scrittrice cedette tutti i diritti, mai pensando che la sua storia potesse avere un tale, travolgente successo, con il risultato che ora i libri li scrive un ghostwriter (più bravo di lei, a quanto dicono). Incredibile, ma vero.
Detto ciò, passiamo ad analizzare la saga dal punto di vista letterario. Sconcertata dalla bizzarra sequenza di avvenimenti narrata nel primo volume (che, confesso, comprai per una felice combinazione tra la bella copertina, il gradevole effetto delle pagine bordate di rosso, il titolo accattivante e un prezzo accessibile), ho proseguito la lettura perché non amo lasciare le cose a metà e perché speravo di smentire la sensazione di inutilità che il libro mi aveva lasciato. Tuttavia, le mie buone intenzioni sono state sbaragliate e dopo l’ottavo volume ho dovuto smettere per forza. Vampiri, streghe, licantropi, spiriti, demoni… Tutta roba già vista ma soprattutto, nel caso della Smith, mal scritta.
Il ciclo è esagerato, la trama è banale (per non dire assente), disseminata di trovate assurde e di vicende deliranti (cito i kitsune, tanto per fare un esempio). La protagonista, la bellissima “occhi di lapislazzuli” Elena Gilbert, è seccante, prevedibile e stereotipata, gli altri personaggi (con qualche vano colpo di coda del tenebroso Damon Salvatore) sono altrettanto insipidi e privi di spessore psicologico. Il tutto condito da dialoghi insulsi, descrizioni inutili e nessuna azione, i fatti sono esposti con stile semplicistico, piatto e infantile. Ho letto qua e là che le cose sembrano migliorate in mano al ghostwriter, ma sinceramente non so se avrò la forza di verificare.
Molto più avvincenti sono le vicende narrate nella serie televisiva, giunta alla quarta edizione, che poco ha a che fare con la versione cartacea e narra una storia meno noiosa, popolata da personaggi meno piatti e scontati e soprattutto meno antipatici. Chiunque voglia avvicinarsi a questa saga dopo aver visto la fiction, lo faccia senza troppe aspettative. Per quanto mi riguarda, vado a rileggermi una storia sui vampiri “veri”, come Il battello del delirio di Martin, Intervista col vampiro di Anne Rice o il classico e intramontabile Dracula di Bram Stoker.
Monica Serra
Lisa Jane Smith, Saga de Il diario del vampiro, Newton Compton Edizioni