Il difficile rapporto col denaro: da Francesco, santo, a Franco, non ancora.

Creato il 09 settembre 2015 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

Pecunia non olet.
Questa affermazione, che letteralmente significa: "Il denaro 
non puzza",
è attribuita a Vespasiano, imperatore dei romani.
L'immagine è invece di Grozs, sempre di denaro si tratta, ma qui puzza.

Palanche
Scrisse Francis Bacon che il denaro è come il letame: non serve se non è sparso. Concordo, ma in modo oculato, e non deve accumularsi nelle tasche di pochi fortunati, sul tipo dei volgari neo-ricchi brianzoli del film “Il capitale umano”, di Virzì.  
Infatti, così come l'amore eccessivo per esso è causa e radice di mali perniciosi, altrettanto lo è la sua mancanza, anche se le mie preferenze vanno ad un uomo senza denaro, piuttosto che non al denaro senza un uomo.  L'amore del denaro come possesso deve essere ben distinta  da quello per il denaro come mezzo per sperimentare le realtà della vita. Tra  i pregi del denaro, si pone anche il fatto che le barzellette dei ricchi fanno sempre ridere, come quelle, finissime e raffinatissime, di Berlusconi.  E forse, riescono, i ricchi, a passare persino per la famigerata cruna di un ago.   Se guardiamo, poi, ai nostri governanti, possiamo citare, in proposito, il grande profeta G.G. Belli: “Pe' nnoi, rubbi Simone o rubbi Giuda, magni Bartolommeo, magni Taddeo, sempr'è tutt'uno, e nun ce muta un gneo: er ricco gode e 'r poverello suda.”  Io non disprezzo affatto i soldi, solo, li preferisco se accompagnati a ben altro.  Shakespeare faceva dire a Grumio, ne “La bisbetica domata”: “Nothing comes amiss, so money come withal”. Ma, da millenni, quasi tutti si sono comportati nel modo che Dante condanna nel suo Inferno: “Fatti v'avete Dio d'oro e d'argento: e che altro è da voi all'idolatre, se non ch'elli uno, e voi n'orate cento?” Per quanto riguarda l'uso che si fa del  denaro, non nego il diritto a possederlo, quanto piuttosto che si possa utilizzarlo in chiave egoistica, in quanto ribadisco la funzione sociale di tutto ciò che i singoli possiedono.  Assegno al denaro un diritto secondario, inseparabile dal dovere primario di porlo al servizio del bene comune, secondo i principi di sussidiarietà e di solidarietà. Ho sempre considerato i miei emolumenti come scaturenti dal contributo di milioni di rivoli, irrigati, seppur in un minima parte, da tutti i miei simili, ognuno con il proprio lavoro, sa tutto l'orbe terracqueo; per cui, non ho mai voluto rappresentare la fase finale di un uadi, che insabbia le sue acque nel deserto.  Ogni mia spesa ha tenuto conto di ciò, in modo responsabile, di fronte al mio prossimo. Perciò non ho mai sperperato, mai sono stato scioccamente prodigo, nei miei acquisti, dalla spesa alimentare quotidiana, alle mie ferie, all'acquisto di un'auto.  Chi spende e spande, getta via non solo del suo, ma le gocciole del sudore della fronte di tanti suoi simili. Franco Bifani