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Il diniego dell’identità: “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia

Creato il 24 giugno 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Albert Nobbs è un film di Rodrigo Garcia (regista) oppure di Glenn Close (produttrice, interprete principale, co-sceneggiatrice, attrice delle versione teatrale)?

Partiamo da questa considerazione extradiegetica e profilmica per delimitare il confine autoriale di fare un certo cinema americano off-hollywood.

Glenn Close ha portato sulle scene teatrali off- brodway la storia di questa donna, che si traveste e vive da uomo nell’Irlanda della fine del XIXo secolo, fin dagli anni Ottanta del secolo scorso. È un progetto che ha fortemente voluto e cercato per molti anni e si è circondata dal lato produttivo da molte donne scelte da lei, che hanno faticato a trovare i finanziamenti per portare in scena un film che affronta le tematiche della divisione in classi non solo tra ricchi e poveri, ma anche tra uomini e donne. Rodrigo Garcia è stato scelto da Glenn Close, certo. E quindi  automaticamente sembrerebbe solo un semplice operativo prezzolato della volontà della diva. Ma Rodrigo Garcia (figlio del premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez) è anch’egli un autore con una certa sensibilità e voce personale attento al mondo femminile e una scrittura filmica fatta di sottrazioni e di messa in scena del quotidiano umano (ricordiamo su tutti Le cose che so di lei e 9 vite da donna).

Quindi? Quindi possiamo dire che Albert Nobbs è, in questo caso, un’opera collettiva come solo il cinema può esprimere, opera di una donna intelligente fortemente motivata e attenta al corpo attoriale e all’identità femminile e a un regista che  in questo caso è il vero metteur en scene dell’idea e della scrittura cinematografica in immagini. È Rodrigo Garcia che traduce e trasforma in oggetto visivo filmico una sceneggiatura che mai come in questo caso è “una struttura che vuol essere altra struttura” come la intendeva Pasolini(1).

Accertata questa premessa, diventa ancora più forte il tema portante di un’opera come Albert Nobbs che mette in scena la divisione di classe e la divisione di genere, il diniego dell’identità femminile e la sconfitta di una società moderna basata sul sopruso dei pochi detentori del potere economico-sociale sulla massa e soprattutto di una cultura maschilista fatta di dominio e sopruso dell’identità femminile fino al suo annullamento e sostituzione.

Il diniego dell’identità: “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia

Mimesi e Classismo. La soppressione della sessualità femminile

Già dalle prime sequenze del film assistiamo a “come la classe dei lavoratori è definita dall’espropriazione organizzata del lavoro di alcuni a vantaggio di altri, così il sesso femminile è determinato dall’espropriazione organizzata della sessualità di alcuni per il vantaggio di altri”(2).

Esattamente fin dalla  prima sequenza del film -  dove scorrono in sovraimpressione i titoli di testa del film – lo spettatore viene introdotto nel microcosmo del Morrison ‘s Hotel nella Dublino del 1898 in cui assistiamo all’attività quotidiana di Albert Nobbs – maggiordomo – e a quella dei suoi colleghi camerieri, cameriere, cuoche e serve e delle interazioni con gli ospiti e la proprietaria dell’hotel, rappresentante della classe dominante e ricca, per lignaggio e posizione sociale che non hanno nessun ruolo attivo particolare nella società se non quella di essere “possidenti” (di ricchezze, di potere, di decisione della vita e della morte delle altre persone). Nella seconda sequenza abbiamo una zoomata diegetica con la rappresentazione della camera dove vive Nobbs, del conteggio del denaro delle mance (e lo spettatore capisce già il carattere dissimulante del personaggio con il nascondiglio del denaro accumulato negli anni da Nobbs ) e la foto della madre. Nella terza sequenza vediamo la cacciata del garzone Jo Micks da un altro albergo, solo perché sotto la neve gli sono cadute le valigie e ha sporcato le scarpe del ricco di turno che con estremo cinismo e crudeltà lo fa licenziare; mentre nella quarta abbiamo la messa in scena  dell’intera servitù a colazione nella cucina del Morrison e della sue interazioni sociali con un montaggio interno molto elegante ed efficace, fatto di primi piani e leggeri movimenti di macchina all’interno di un’inquadratura in campo medio interna che delimita la socialità e liberta di questi personaggi della servitù (che in questo caso non possono essere nemmeno considerati classe sociale con presa di coscienza della propria condizione come quella operaia, visto che sono letteralmente invisibili agli occhi degli ospiti se non per le necessità di base -  dei veri e propri paria).

Queste prime sequenze sono introduttive al primo snodo diegetico e drammaturgico delle tre sequenze successive – dalla quinta alla settima – dove allo spettatore vengono successivamente introdotti: Jo Mackis come caldaista, Hubert Page come imbianchino e Nobbs come primario interlocutore dei due personaggi. In un montaggio alternato e parallelo, mentre Jo aggiusta la caldaia, riscalda finalmente l’hotel, Page dovrà passare la notte nella camera di Nobbs e scoprirà che quest’ultimo è in realtà una donna. Nobbs, nel momento che viene scoperta donna da Page – uomo e imbianchino quindi doppiamente dominante sia per genere che per condizione sociale – porta Albert a umiliarsi supplicando di non rivelare la propria vera identità. Page rassicurerà Nobbs che non dirà nulla ma la caldaia rimessa in funzione da Jo è la metafora dell’accensione di nuove emozioni in Nobbs causate dall’incontro con Page. La sesta sequenza è di raccordo e di confluenza emotiva, dove la mattina dopo in cucina assistiamo a una nuova colazione, all’incontro con Page con Nobbs che ancora non si fida di quello che farà l’imbianchino e all’introduzione di Jo nella “famiglia” della servitù del Morrison’s Hotel. Arriviamo alle settima sequenza – primo vero nodo drammaturgico del film – strettamente collegata alla quinta, dove come nell’altra abbiamo la rivelazione che Nobbs è una donna, così in questa abbiamo la confessione che anche Page è una donna che vive come un uomo. È emblematico come in entrambi i casi ciò avviene attraverso la visione del seno, ma se in Nobbs è appena intravisto e abbiamo l’esclamazione di Page che Nobbs è una donna, Page in questa sequenza il seno lo mostra, come im-segno per eccellenza della dichiarazione di femminilità nascosta. Già in questo abbiamo anche la distinzione tra Page e Nobbs, dove il primo è cosciente di quello che è e di quello che fa, mentre Nobbs subisce lo stato per pura sopravvivenza in una società oppressiva e sessista. In questa sequenza Page racconterà a Nobbs (e allo spettatore) come sia arrivata a questa condizione: un marito violento e ubriacone che la picchiava e maltrattava e lei per vendicarsi lo ha lasciato e indossato letteralmente i vestiti dell’ex-marito imbianchino. E rivela a Nobbs di essere felicemente sposata con un’altra donna. Questa sequenza è giustapposta poi a quella in cui Nobbs farà un viaggio al villaggio di Page per conoscere la moglie di Page, per vedere come vivono, come è la vita di coppia tra una donna e una donna che interpreta un uomo. E qui Nobbs racconterà a Page come è stata costretta a diventare un uomo dopo uno stupro di gruppo all’età di quattordici anni e come per levarsi dalla strada si sia travestita da cameriere per poter sopravvivere – donna povera in una società di uomini e uomini ricchi .  E’ certo che in questo punto è palesemente espresso come “donne e uomini sono già intrinsecamente corpi artificiali perché su di essi si dispiegano segni e discorsi sociali. Un luogo paradigmatico in cui osservare lo scambio dialogico (…) è il genere sessuale, una costruzione socioculturale che parte da un dato biologico ma lo trascende”(3).

Sia Nobbs che Page (ma tutte le figure femminili in Albert Nobbs) sono all’interno di una società repressiva sessualmente e socialmente, il cui dominio maschile le costringe a rinnegare la propria identità femminile per pura sopravvivenza. Non c’è una rivendicazione del proprio ruolo e identità da parte delle donne, ma un subire continuo, dove Page abbraccia il ruolo maschile e lo fa suo, mentre Nobbs lo subisce .

Il diniego dell’identità: “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia

Del resto, Page è quella che ha ben chiaro la coscienza del proprio corpo in cui “sembrano delinearsi  due poli dell’espressione corporea: da un lato, il corpo come luogo di pulsioni passionali ed estetiche; dall’altro, il corpo come simbolo dell’ordine costituito, il corpo ingabbiato in un ruolo”(4). Infatti, lei è il personaggio-icona dell’ordine costituito, accettazione dei modelli culturali maschile per poter sopravvivere con tanto di casa, lavoro professionale nella scala gerarchica sociale e moglie, mentre Nobbs è il personaggio-icona ingabbiato in un ruolo, trasceso dalla sua identità femminile.

A conferma di questo suo stato ci sono diversi elementi cinemici.

I primi sono le inquadrature (almeno tre nella prima parte del film) dove vediamo Nobbs che siede a un tavolino su un pianerottolo tra il primo e il secondo piano dell’albergo ogni qualvolta ha il timore che venga messa in discussione al sua identità di genere. Questo è una chiara metafora cinematografica di un personaggio che sta tra due piani- maschile e femminile -, un corpo ibrido, una maschera, un’ icona, il cui genere non è più identificato né qualificato da parte sua.

Il secondo elemento a supporto della nostra tesi lo abbiamo sempre alla fine dell’importante settima sequenza, dove alla domanda di Page: “Come vi chiamate?” Nobbs risponde: “Albert”. “Il nome vero” insiste Page. E Nobbs sentenzia: “Albert!”. Dove la negazione dell’identità femminile è completa, ma a livello appunto di mascheramento del proprio genere per paura e timore.

Il terzo elemento lo abbiamo nella sequenza del ballo in maschera – la nona – che si svolge presso il Morrison Hotel. Qui, il dottor Horrigan dice a Nobbs che lui – vero medico – si è travestito da medico e chiede a Nobbs perché anche lui non sia in maschera. Nobbs risponde che lui è il cameriere e Horrigan ribatte che tutti sono travestiti, lui da dottore e Nobbs da cameriere. Qui “il corpo non è mai solamente corpo biologico, nuda vita, ma è sempre un prodotto delle interazioni sociali, dei programmi culturali e dei sistemi di rappresentazione”(5). Quindi viene confermato il ruolo sociale in cui Albert è ingabbiato, la sua incorporeità, la perdita di identità sessuale – maschile, femminile, ibrida -  e la sua riduzione a pura maschera nella rappresentazione sociale messa in atto.

Desideri indotti e modelli gerarchici: rappresentazione della violenza sociale, economica, psicologica e fisica sulla donna

Albert Nobbs  dopo la visita alla casa di Page inizia a desiderare una vita migliore: una tabaccheria, una casa e soprattutto una moglie. “Si crede che il desiderio abbia un’essenza naturale o che sia impulso presociale, mentre è in realtà il frutto delle relazioni sociali e, nello specifico, delle relazioni gerarchiche(6). Il desiderio di Nobbs è all’interno di un modello gerarchico maschile-femminile senza alternative apparenti.

Tutta la rappresentazione della ricerca di realizzare il proprio sogno sarà il tema portante della seconda parte del film di Garcia/Close che ha inizio dal 55’ quando Nobbs decide di corteggiare la giovane cameriera Dawson.

Da questo momento in poi non sarà altro che un susseguirsi di sequenze di un approccio schematico e didattico di quello che Nobbs concepisce come corteggiamento e del suo scontrarsi con l’altra figura maschile – il giovane tuttofare Jo – che nel frattempo è diventato l’amante di Dawson in una relazione di tipico sfruttamento maschile del potenziale femminile.

Jo (anch’egli vittima di violenze da parte del padre) spinge la sua amante ad accettare la corte di Albert solo per ottenere denaro e regali per lui, in una messa in scena dello sfruttamento sessuale per ottenere controllo e potere. La giovane è un’altra donna che vive la sua identità femminile senza possibilità di presa di coscienza di poter ricoprire un altro ruolo che non sia imposto dalle ferree leggi economico-sociale della società patriarcale dominante.

Il diniego dell’identità: “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia

Una sequenza significativa è il momento in cui scoppia un’epidemia di tifo. Nobbs si ammala, l’albergo viene messo in quarantena e Dawson confessa a Jo di essere incinta. La reazione di Jo è sconnessa perché non  vuole il bambino, perché gli impedisce di scappare da quella situazione per andare in America (altro sogno in un’altra società i cui meccanismi non sono differenti dalla società irlandese-europea). La rivelazione di Dawson durante la malattia sembra quasi a voler trasformare metaforicamente lo stato di gravidanza della giovane come a uno stato di malattia: una malattia sociale perché la rende una paria di fronte alle regole morali imperanti, di donna non sposata, considerata “una sgualdrina” a cui togliere il figlio e gettare in mezzo alla strada. Del resto questo suo stato viene esplicitato alla fine del film con la minaccia costante da parte della padrona del Morrison che la sfrutta costringendola a lavorare gratuitamente.

Quando Nobbs guarirà, farà un’altra visita al villaggio di Page e scoprirà che la moglie è morta a causa dell’epidemia di tifo. In questa parte finale del film assistiamo alla seconda sequenza importante, dove entrambe le donne indossano dopo anni dei vestiti femminili. Vestiti cuciti dalla moglie defunta di Page. Vuole essere un modo di riaffermazione della propria identità sessuale , ma risulta essere una affermazione effimera perché causata dalla morte della moglie di Page (sembra quasi che l’unico stato in cui si possa essere liberi è quello di  non essere più).

Inoltre,  il fatto di indossare vestiti femminili non fa recuperare la loro identità sessuale e dal punto di vista visivo sembrano due uomini che indossino dei costumi (si ritorna al ballo in maschera del Morrison nella prima parte del film).

Del resto, poi non possono che esibirsi sulla spiaggia, davanti al mare, solo a beneficio di sé stesse e anche in questo caso, Alberto Nobbs, dopo una breve corsa liberatoria, cade rovinosamente in mezzo alla sabbia. La sua caduta è il preludio alla caduta che lo porterà alla sua morte.

Quando tornerà all’albergo, Nobbs durante un feroce alterco tra Jo e Dawson,dove il primo la abbandonerà definitivamente per scappare in America, sbatterà il capo per difendere la ragazza durante una colluttazione con il giovane. Nobbs si rifugerà nella sua camera e morirà, con in mente l’ultima immagine del salotto che aveva sognato per la tabaccheria. Solo la mattina dopo sarà scoperto dal dottor Holloran, solo dopo la sua morte scoprirà che Albert è in realtà una donna. La rottura della testa è metaforicamente la rottura della maschera, definitiva, un’altra morte, ancora l’unico stato di liberazione dalla gabbia del ruolo (e materialmente il dottore la libererà dai legami del busto che Nobbs indossa per nascondere il seno).

Nella sequenza finale, dopo mesi dalla morte di Nobbs, Hubert Page ritornerà al Morrison per imbiancare l’albergo e nello specifico assistiamo alla reiterazione del consolidamento delle strutture gerarchiche in atto nella società classista. La padrona dell’albergo si è appropriata del denaro di Nobbs e con quello pagherà Page, in uno sfruttamento doppio sia di Nobbs sia di Dawson (come avevamo accennato in precedenza). Uno sfruttamento di due donne che va al di là della vita e della morte, in una maniera cinica e totalizzante.

Page in questo caso si approprierà dei panni di Nobbs e del suo desiderio: prima appunto ricevendo il denaro in pagamento per il lavoro che dovrà effettuare; poi occupando la stanza che in precedenza era di Albert; qui troverà la fotografia della madre di Albert che prenderà con sé; e infine si impossesserà del desiderio di avere come moglie la giovane Dawson che nel frattempo ha avuto il bambino a cui ha messo nome Albert Joseph.

Page vivrà per procura  i desideri di Nobbs, costruendo una parvenza di famiglia in una gerarchia maschile, come a simboleggiare che in questa società non ci sono altre strade per una donna se non quelle di indossare i panni maschili per la propria sopravvivenza.

E nella inquadratura finale, vediamo Page e Dawson seminascosti in mezzo a delle lenzuola stese nel cortile del Morrison, metafora del loro mascheramento e della loro reiterazione di un modello di sopravvivenza, in una dissolvenza in bianco, colore che respinge tutti gli altri colori e quindi in qualche modo respinge la pulsione scopica di chi vuole guardare chi o cosa siano veramente le due donne.

Il diniego dell’identità: “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia

Albert Nobbs è un film che parla di negazione di identità di genere, di diseguaglianze sociali, di povertà, di dominio della ricchezza in tutte le sue espressioni, ma soprattutto è un film sulla diseguaglianza sessuale dove la rappresentazione filmica della società irlandese di due secoli fa non si discosta molto nelle dinamiche sottese dalla società contemporanea del XXIo secolo. Al di là della formale uguaglianza raggiunta, tutt’ora le donne risultano vivere condizioni di disagio, soprusi (violenti e non) e di diseguaglianza sociale ed economica(7).

Sotto l’aspetto metafilmico Albert Nobbs  è la metafora della rappresentazione dello sguardo, di un unico punto di vista, dove “il cinema attraverso l’interazione fra gli sguardi che lo attraversano (del narratore, dei personaggi e degli spettatori) finisce per erotizzare il corpo femminile, normalizzando in questo modo la figura maschile dello spettatore che guarda (…)l’apparato cinematografico, dunque impone  un unico punto di vista che è maschile”(8). Questo vuol dire che anche la donna in quanto spettatrice deve indossare uno sguardo maschile per comprendere appieno certe realtà filmiche messe in scena dal Cinema. In qualche modo le spettatrici sono costrette a utilizzare una maschera e l’identificazione in questo caso è con Glenn Close/Albert Nobbs rispetto a Rodrigo Garcia/Macchina da Presa.

La pulsione scopica nel cinema quindi è principalmente maschile: “Il cinema, in quanto pratica significante destinata a produrre immagini, tende a riprodurre la donna come luoghi di sguardi, come icona, come immagine fatta per essere guardata, come figura del movimento della narrazione. (…) Lo spettatore maschile è un soggetto attivo e rappresenta l’atto del vedere, mentre l’oggetto filmico è passivo ed è femminile e rappresenta l’atto dell’essere visto” (9).

E Albert Nobbs non fa altro che mettere in scena questo vulnus metafilmico sul punto di vista che diventa un momento di riflessione sulla presa di coscienza dell’identità di genere, come affermazione della persona in quanto essere umano neutro nella nostra società delle immagini in continua mutazione.

Antonio Pettierre

 

Note.

(1)   Vedere Pier Paolo Pasolini, Empirismo Eretico, Garzanti, Milano, 1991, pp 188-197. Nel saggio di Pasolini è ben spiegato cosa si intenda per sceneggiatura come tecnica, cioè come elemento descrittivo di un opera da farsi che è il film. In Albert Nobbs questo aspetto della sceneggiatura è significativo e preponderante proprio per la storia della sua realizzazione, cioè di farsi film.

(2)   Katharine A. MacKinnon, Le donne sono umane?, Editori Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 10.

(3)   Francesca De Ruggieri, Matrix and the City. Il corpo ibrido nel cinema e nella cultura visuale, edizioni ETS, Pisa, 2006, p.11.

(4)   Francesca De Ruggieri, Op.cit., pp.58-59.

(5)   Francesca De Ruggieri, Op.cit., p. 11.

(6)   Katharine A Mackinnon, Op.cit., p. 10

(7)   Per chi volesse approfondire può vedere a questo proposito il rapporto del Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici dell’ONU, The World’s Women 2010, Trends and Statistics, reperibile  in Internet.

(8)   Francesca De Ruggieri, Op.cit., p. 55.

(9)   Ibidem.


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