Il disagio della nostra civiltà

Creato il 11 settembre 2012 da Pim

In Il disagio della civiltà, scritto nel 1929, Freud tracciava un quadro lucidamente pessimista sulla condizione del genere umano, in balia del conflitto tra pulsione di vita e pulsione di morte. In particolare si interrogava sul futuro, poiché il progresso tecnologico consentiva ora agli uomini di sterminarsi a vicenda. Gli avvenimenti storici non tardarono dargli ragione. Per questo motivo l’opera ebbe grande risonanza, provocando reazioni sia da parte degli psicoanalisti che di un pubblico più vasto, soprattutto dopo la catastrofe di Hiroshima e la successiva corsa agli armamenti nucleari.

Certo, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda lo scenario politico globale è mutato, ma la conseguenza è che oggi appare più confuso. Se, come sosteneva Hanna Segal, negli scorsi decenni si pensava che un’altra guerra mondiale fosse impossibile perché i governanti avevano troppa paura di una distruzione totale, il crollo dell’equilibrio sostanziale tra Est e Ovest è coinciso con la fine drammatica del mito dell’invulnerabilità americana. L'attacco terroristico alle Twin Towers, unica azione bellica subita dagli Usa entro i propri confini, ha promosso l’Islam nuovo nemico ufficiale. L’idea paranoide di un ulteriore scontro tra civiltà ha riprodotto una catena di tensioni e conflitti sparsi a macchia di leopardo, per questo difficilmente gestibili.

Dice ancora la Segal: “Credo che l’11 settembre sia stato fortemente simbolico. Siamo stati scaraventati in un universo di frammentazione e, talvolta, di disintegrazione totale e di terrore psicotico, e anche nella più gran confusione: chi sono i nostri amici? Chi sono i nostri nemici? Da quale parte saremo attaccati?... E ancora, abbiamo dei nemici all’interno? Si tratta del terrore più primordiale del nostro sviluppo personale, non di una morte comune, ma della visione di una disintegrazione personale deteriorata dall’ostilità. E la situazione è ancora peggiore quando Dio interviene nell’equazione. Il monito dell’Armageddon dei fondamentalisti cristiani è oggi paragonabile a quello dei fondamentalisti islamici. La nostra salute mentale è minacciata da un universo interiore caratterizzato da un delirio di potenza illimitata, di male assoluto e di santità…”.

Sul destino del genere umano, Freud lasciò aperta la questione senza fornire soluzioni e neppure consolazione. La crisi economica in cui siamo precipitati non fa che rafforzare il turbamento. La verità è che dobbiamo smettere di chiederci chi sono i nemici, uscire cioè da una logica schizoparanoide (avrebbe detto Melanie Klein), di scissione tra buoni e cattivi in cui i buoni siamo naturalmente noi. Si tratta di un’operazione anzitutto mentale, interiore, in cui, sosteneva Bobbio, il nemico viene pensato come interlocutore. Avere un orientamento comprensivo, riconoscere psicologicamente e culturalmente l’altro, farsi consapevoli dei propri sentimenti distruttivi, assumersi le proprie responsabilità… Questi sono alcuni degli elementi appartenenti a una cultura di pace e solidarietà.

Se devo essere sincero, nemmeno io sono troppo ottimista.

(Citazioni tratte da Leggere Freud, di J.M. Quinodoz, Borla ed.)

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