Certo, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda lo scenario politico globale è mutato, ma la conseguenza è che oggi appare più confuso. Se, come sosteneva Hanna Segal, negli scorsi decenni si pensava che un’altra guerra mondiale fosse impossibile perché i governanti avevano troppa paura di una distruzione totale, il crollo dell’equilibrio sostanziale tra Est e Ovest è coinciso con la fine drammatica del mito dell’invulnerabilità americana. L'attacco terroristico alle Twin Towers, unica azione bellica subita dagli Usa entro i propri confini, ha promosso l’Islam nuovo nemico ufficiale. L’idea paranoide di un ulteriore scontro tra civiltà ha riprodotto una catena di tensioni e conflitti sparsi a macchia di leopardo, per questo difficilmente gestibili.
Dice ancora la Segal: “Credo che l’11 settembre sia stato fortemente simbolico. Siamo stati scaraventati in un universo di frammentazione e, talvolta, di disintegrazione totale e di terrore psicotico, e anche nella più gran confusione: chi sono i nostri amici? Chi sono i nostri nemici? Da quale parte saremo attaccati?... E ancora, abbiamo dei nemici all’interno? Si tratta del terrore più primordiale del nostro sviluppo personale, non di una morte comune, ma della visione di una disintegrazione personale deteriorata dall’ostilità. E la situazione è ancora peggiore quando Dio interviene nell’equazione. Il monito dell’Armageddon dei fondamentalisti cristiani è oggi paragonabile a quello dei fondamentalisti islamici. La nostra salute mentale è minacciata da un universo interiore caratterizzato da un delirio di potenza illimitata, di male assoluto e di santità…”.
Sul destino del genere umano, Freud lasciò aperta la questione senza fornire soluzioni e neppure consolazione. La crisi economica in cui siamo precipitati non fa che rafforzare il turbamento. La verità è che dobbiamo smettere di chiederci chi sono i nemici, uscire cioè da una logica schizoparanoide (avrebbe detto Melanie Klein), di scissione tra buoni e cattivi in cui i buoni siamo naturalmente noi. Si tratta di un’operazione anzitutto mentale, interiore, in cui, sosteneva Bobbio, il nemico viene pensato come interlocutore. Avere un orientamento comprensivo, riconoscere psicologicamente e culturalmente l’altro, farsi consapevoli dei propri sentimenti distruttivi, assumersi le proprie responsabilità… Questi sono alcuni degli elementi appartenenti a una cultura di pace e solidarietà.
Se devo essere sincero, nemmeno io sono troppo ottimista.
(Citazioni tratte da Leggere Freud, di J.M. Quinodoz, Borla ed.)