Il discorso di napolitano: un’analisi

Creato il 23 aprile 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 

di Simone Provenzano

Sapevo del discorso di Napolitano. Sapevo che sarebbe stato epocale. Avevo questa consapevolezza per le modalità con cui siamo arrivati alla sua storica, in quanto unica, rielezione.

Ma non sono un commentatore politico, quindi non aspettatevi una lucida analisi delle possibilità di governo future piuttosto che scenari di nuove elezioni.

Ciò che mi ha colpito è l’uomo. Quell’ingobbito canuto che di fronte ad una platea di ragazzi capricciosi richiama tutti all’ordine, restituisce dignità e distribuisce responsabilità.

Ci sono dei passaggi del discorso del presidente che vale la pena riportare e sottolineare. La prima cosa che mi ha colpito è quanto questo anziano signore si sia immedesimato con l’istituzione politica che rappresenta. La sua voce si piega e si incrina di emozione solo in un paio di momenti in cui ripensa al tempo che è passato e poi al tempo che gli è rimasto e che, sicuramente, avrebbe voluto passare diversamente. Passati questi due momenti il presidente torna ad essere posseduto da quel demone che lo mantiene eretto, che lo rende forte, che gli fa tenere testa ai capricci di più fazioni e a circa sessanta milioni di persone. Una possessione da parte di un Dio in puro stile ellenistico. Difficile capire se sia più Apollo, con le sue doti profetiche, piuttosto che Ermes con la sua capacità di instaurare dialogo, ma qualcuno di numinoso in quel corpo c’è.

E quel dio che ha dentro rende il vecchio canuto ed ingobbito un anziano saggio. Indifferentemente dalle soluzioni che troverà, indifferentemente dalla fazione politica che faciliterà.

C’è stato un problema, nessuno sapeva risolverlo ed ecco che appare il vecchio saggio. Viene chiamato a gran voce da tutti, anche da chi non lo vuole, ma che in fin dei conti ne ha bisogno.

Così funzionano gli archetipi, cosi funziona la mente umana.

Il vecchio presidente ha una pila di fogli in mano, la mano non trema più, è pronto.

Spiega  a tutti il perché si trovi lì in quel momento, cosa si impegna a fare e come lo vuole fare. Spiega con toni istituzionali che ora hanno rotto i coglioni. Tutti quanti.

Spiega che serve guardare oltre il gioco della politica e arrivare al senso più profondo e nobile della stessa.

Toglie tutti gli alibi e si riserva di sputtanare chi non si impegna a dovere per un bene superiore a quello di tenere calda una poltrona.

La sala applaude. Lui gli spiega che sono stati cattivi bambini, che non sono stati in grado di fare niente e loro applaudono.

Applaudono perché non possono fare altro. È il fuoco sacro del cambiamento che vorremmo, che coinvolge e fa sognare tutti (non proprio tutti).

Il discorso finisce, se potete guardate cosa succede dopo. Napolitano si siede. Guardate come.

Il modo in cui si mette sulla sedia non è sedersi, è crollare.

Crolla sulla sedia che quasi la testa rimbalza sul poggiatesta. È tornato uomo.

Il suo discorso vale la pena di essere letto e riletto con attenzione. È un manifesto di ciò che è accaduto e di ciò che potrà accadere. Ed in ogni caso è il frutto di una figura che ieri è stata archetipica.

Chiudo sperando che alle parole, prima o poi, si possano sostituire anche un po’ di fatti.

Ecco il link per leggersi il discorso del presidente Napolitano :

http://www.ilpost.it/2013/04/22/testo-discorso-napolitano-giuramento/

Per saperne di più consulta l'articolo originale:

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