Postato il gennaio 26, 2012 | TEATRO | Autore: Giuseppe Floriano Bonanno
Nato dalla penna di Jean Poiret nel 1973, portato sulle scene a Broadway nel 1983 per la firma di Jerry Herman e Harvey Fierstein, ed immortalato al cinema dalla coppia Ugo Tognazzi – Michel Serrault nel 1978, arriva ora sul palco del Teatro EuropAuditorium l’acclamato “La cage aux folles”, da noi meglio conosciuto come “Il vizietto”. La grande attesa non è andata certo delusa, per quasi tre ore l’intera sala è rimasta prigioniera di questo divertente spettacolo che ha portato in scena il buon umore e la trasgressione, non esulando però dal regalare motivi di riflessione sulla morale della società contemporanea e sulla dinamica dei rapporti sociali. In Costa Azzurra Albin (Massimo Ghini) e Renato (Cesare Bocci), coppia omosessuale, gestiscono un night di successo in cui si esibiscono travestiti e transessuali, ma, soprattutto, vivono un ménage di coppia quanto mai dinamico e problematico. Il delicato equilibrio tra i due rischia di andare in frantumi quando il figlio di Renato, Laurent (Cristian Ruiz), allevato premurosamente dai due, annuncia il suo prossimo matrimonio con una ragazza il cui padre è un politico moralista ed omofobo e la visita dei futuri suoceri. La cage aux folles incarna in pieno i nuovi dettami dello show business, ovvero mettere insieme due grandi attori, un gruppo di professionisti di primo livello e mixare, con grazia ed intelligenza, recitazione, danza e canzoni, tutte rigorosamente dal vivo. E, devo ammetterlo, questa mi sembra la strada giusta per portare a teatro spettatori di ogni età e cultura, ammiccando ora agli uni ora agli altri, ma soprattutto per porsi come credibile competitor rispetto al cinema e alla pay TV. Il rapporto che si instaura infatti tra gli artisti in scena e il pubblico in platea è un qualcosa di speciale che varia di sera in sera, di città in città, perpetrando così uno spettacolo che è sempre uguale, ma perennemente in evoluzione.
Colpisce la bravura di Massimo Ghini, chiamato, dopo i trionfi al cinema ed in TV, a mettersi in gioco interpretando un ruolo complesso e pericoloso, qual è quello di Albin, una vera sfida, quella di essere credibile in calze a rete e paillettes, vinta a 360° come testimoniato dal gradimento convinto dell’uditorio. Il grande merito di Bocci e Ghini è proprio quello di essere riusciti a portare in scena due personaggi complessi e tutt’altro che banali non cadendo nel rischio del grottesco e della caricatura, ma dando loro uno spessore ed una credibilità che si sposano perfettamente nel costruire un ménage assolutamente “normale”, che riporta sotto i riflettori il tema delle coppie di fatto e dell’affido a genitori omosessuali dei figli, che continua ad accendere coscienze e dibattiti scomodando sociologi e moralisti dell’ultima ora.
Belle le scene ed i costumi, bravissimi gli attori che sul palco interpretano i travestiti del night, visti non solo nelle loro manifestazioni esteriori, naturalmente sopra le righe, ma anche e soprattutto nelle loro debolezze e umanità, che regalano autentici momenti di grande spettacolo, vuoi nel canto, vuoi nel ballo (strepitoso l’immancabile e coinvolgente can-can con l’intera sala invasa dai ballerini con i loro abiti fruscianti). Alla fine gli applausi scroscianti, prolungati e partecipi, di una sala completamente in piedi, sono il meritato tributo ad una performance assolutamente di grande livello, che ha regalato sorrisi e pezzi di autentica bravura, con quel pizzico di sale in più, dato dai temi trattati, che ha reso il prodotto finale assolutamente da consigliare.
Gli scatti inseriti nell’articolo sono stati gentilmente concessi dal Teatro EuropAuditorium di Bologna