Il dolore degli angeli

Creato il 11 marzo 2014 da Salone Del Lutto @salonedellutto

La fascinazione per i cimiteri – piccoli o grandi, sconosciuti o famosi – mi arriva da lontano, quando ero un bambino e insieme ai miei genitori andavo in vacanza in un pittoresco paesino della Val d’Intelvi. La meta della passeggiata serale era proprio il piccolo cimitero del paese. Insolito e strano per un bambino (d’altri tempi), quel luogo mi divenne una sorta di ossessione felice e stimolante. I “giardini delle ombre” mi hanno dunque sempre attirato per via delle loro innumerevoli suggestioni: piccole storie che compongono la Storia, Amore e Morte che vivono lungo i viali alberati, e non ultima l’Arte, sublimazione del dolore, che si risolve in incredibili palpiti di vita.

Passeggiare in un cimitero, contrariamente a quello che la maggior parte delle persone pensa, ha qualcosa di magico e piacevole. Soprattutto i Monumentali, con le loro straordinarie sculture che esulano dalla classica arte funeraria per diventare Arte senza etichette. Per me è liberatorio, terapeutico e, parlando da fotografo anche un’inesauribile fonte di creatività. È ricercare, attraverso la fotocamera, la vita immobile e la poesia sottile e sensuale della “carne di marmo”.

Non conosco il nome né l’autore di questa scultura. È tra i primi miei scatti. Ricordo solo che, tornato a casa, rimasi colpito da queste mani che paiono vere, tanto che qualcuno, vedendo la foto, pensò che si trattasse di un vivo…

La mia ossessione. L’angelo di Monteverde, tomba Oneto. Meraviglioso, lo sguardo perso nel vuoto: «Nessuna redenzione», sembra dire, gli occhi che vagano in uno spazio indefinito. Decadenza e resurrezione.

Un altro angelo, un altro volto di marmo che vive in silenzio. La tomba è quella di Bernardo Figari, scultore Giacomo Moreno.

La tomba Ammirato, di Edoardo de Albertis. Simbolismo inquieto, tra le mie preferite.

Questa scultura corrosa dal tempo è in una galleria che non avevo mai visto prima: non so più dove. Una maternità in nero.

La pelle di marmo, un angelo che indica l’altrove. L’ombra che diventa luce.

La tomba Rossi, dello scultore Giuseppe Benetti. Altra ineffabile magia. Un piccolo angelo guardiano che contempla addolorato il destino del suo protetto.

Tomba Rebora, Giacinto Pasciuti. Il marmo che fluisce e prende la forma della Bellezza. L’intrico di mani e di volti. Liberty allo stato puro.

La famosa tomba Ribaudo di O. Toso, 1910. Utilizzata dai Joy Division per la copertina di “Love will tear us apart”. Anche gli angeli provano dolore.

Foto e testo di Marco Casiraghi
Sono nato a Milano dove attualmente vivo. Non so se definirmi fotografo nel senso pieno del termine. Sicuramente la fotografia è il mezzo di espressione che sento più vicino al mio modo di essere. Prediligo la ritrattistica, di ricerca e artistica, non necessariamente in ordine. Fotografare è liberarsi dei propri fantasmi.


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