Calvin Ayre, fondatore del marchio Bodog.com, ha commentato con stupore l’azione giudiziaria restrittiva nei confronti del brand affermando che BodogBrand.com è una società titotale di regolare licenza ed ha sede legale fuori gli Stati Uniti. Il brand ha lasciato il mercato US l’anno scorso e il domincio .com posto sotto sequestro è stato sospeso per un periodo addirittura più lungo. Gli accordi di licenza del marchio vengono chiusi solo al di fuori del mercato US e il dominio in questione non è stato utilizzato o verrà utilizzato in nessun accordo commerciale.
Calvin Ayre ha inoltre rassicurato che altre attività e società del gruppo non saranno in nessun modo interessate dal sequestro.
Il marchio Bodog.com non è stato operativo per un bel pò di tempo e non è stato utilizzato per fini commerciali, dentro e fuori il mercato US. Questo rende l’azione restrittiva del Department of Homeland Security molto strana e apparentemente senza motivo, salvo quello di ripulire la concorrenza (attiva e non) dal mercato del gambling online negli Stati Uniti.
Il sequestro del dominio Bodog.com evidenzia l’attività intimidatoria delle autorità statunitensi (forse) tesa a lasciare campo libero ai colossi del gambling online del Nevada, piuttosto che alla tutela dei consumatori e al rispetto della norma.
Avere un dominio .com o .net è ormai cosa periocolosa per gli opertori del gambling online e nonostante alcune società (BetUS.com e LockPoker.com) operano apparentemente con domini .com, questi utilizzano effettivamente domini più US frendly quali BetUS.com.pa nell’intento di aggirare il problema.
Il sequestro del dominio Bodog.com è stata dunque un’azione inaspettata e molti esperti del settore credono che ci saranno altre vittime della pulizia concorrenziale attualmente in corso per lasciare campo libero al dominio del Nevada ( e dei suoi licenziatari) del mercato federale del poker online.
Il mercato gioco d’azzardo online sta attraversando un periodo di profonda trasformazione in Europa e USA e Governi nazionali (italia, Francia, Belgio e Spagna) e Lobby stanno affilando le armi, e in alcuni casi già combattendo, per assicurarsi la parte maggiore dell’entrate fiscali che la legalizzazione del settore garantirà.