Eugenio Montale
Una poesia composta da due quartine appena, molto famosa e popolare, forse la poesia più conosciuta di Eugenio Montale; quella che a scuola i ragazzi hanno sempre imparato a memoria alle Medie, e alle Superiori, ai Licei soprattutto, l’hanno sempre studiata con un certo entusiasmo e una certa passione, forse, a volte, anche in modo del tutto inconscio perchè ogni verso della poesia, tra le molte qualità, ha anche quella di avere un suono onomatopeico che si presta molto all’ ascolto. SPESSO IL MALE DI VIVERE è il titolo del componimento poetico che fa parte della raccolta OSSI DI SEPPIA di Eugenio Montale. Il male di vivere è un concetto del tutto moderno dell’esistenza. Quando Montale ha scritto questa poesia e le ha dato questo titolo, forse nemmeno immaginava le implicazioni e il suffragarsi nella realtà di ciò che ha voluto esprimere nei suoi versi; ma ogni poeta, si sa, è spesso un veggente, nel senso che può intuire, creare o descrivere concetti e realtà che non hanno nessun riscontro nel suo tempo perchè è troppo presto o perchè i tempi non sono ancora maturi, e lo avranno invece fra decenni o fra un secolo o addirittura dopo alcuni secoli. Mai come alla fine del XX secolo e agli inizi del XXI, il male di vivere è divenuto qualcosa di reale, di palpabile; quasi un substrato endemico che pervade ogni piega e struttura della società nella quale viviamo. Nella poesia, Montale enumera una serie di cose, animate e inanimate, nelle quali ha ravvisato questo concetto nuovo di “male di vivere”: nel fiume che gorgoglia perchè in piena, sul punto di straripare o già straripato e che trascina, perciò, nella sua furia tutto quello che incontra al suo passaggio; nella foglia secca caduta a terra che si accartoccia su se stessa perchè riarsa dal caldo o dall’uragano; nel cavallo stramazzato al suolo e ormai morente. Gli esseri e le cose allora diventano simboli evidenti di un male profondo che sta sotto la superficie dell’esistenza intera. Il poeta, percependo ciò, non riesce più a vedere il divino nella realtà che lo circonda, e l’indifferenza sembra quasi prenderne il posto nell’immagine della statua, immobile e consumata, al tramonto; nella nuvola distante nel cielo; nel falco che vola alto ed è lontano da ciò che accade al suolo. Mai come oggi, in questo primo decennio del XXI secolo, appunto, il male di vivere è così tangibile, presente e ormai radicato ovunque. Il male di vivere colpisce oggi colui che ha perso il lavoro e protesta nelle piazze e per le strade delle città del mondo affinché lo Stato di diritto gli garantisca di che vivere, per sè e la propria famiglia. Il male di vivere è oggi la guerra che uccide per lo più innocenti: donne, bambini, vecchi come se fosse del tutto normale. Il male di vivere è oggi la mancanza di valori, di ideali, di solidarietà reciproca, di affetti, di sentimenti positivi e il denaro che sostituisce i riferimenti umani e naturali più indispensabili per l’uomo e trasforma la vita in un gigantesco sistema di compra – vendita. Oggi il male di vivere è anche l’ abbandono dei più deboli: anziani, malati, animali, soprattutto nel periodo di Ferragosto durante le ferie estive, condannandoli all’inedia, o peggio, alla morte per una inutile corsa all’ effimero e al divertimento più sfrenato, che non danno nulla e non portano da nessuna parte. E tutto ciò nella totale “divina indifferenza”. Potremmo citare ancora molte e molte altre realtà che sembrano normalissime e invece mostrano il male che viene loro inflitto e al quale, da qualunque parte, si è assuefatti. Ma non è la sede propria per farlo, e anche volendo farlo ci dilungheremmo troppo e inutilmente. E allora, dal quadro che emerge, la situazione è proprio disperata? Forse. Ma al Male, qualsiasi forma esso assuma e ovunque sia, bisogna sempre opporre resistenza, in tutti i modi possibili e immaginabili; una resistenza talvolta anche “passiva o armata”, di lotta o di repulsione pacifica. Perchè, anche se il Male è molto potente sulla Terra, c’ è forse qualcosa che riesce a contrastarlo, qualcosa che gli si oppone con tutte le proprie forze, e questo qualcosa è l’amore, gli affetti reciproci, i moti del cuore quali: la compassione, il senso di fratellanza e di unità che possono spazzare via, in un sol colpo, l’indifferenza assurta a divinità nella mentalità distorta di noi tutti.
Francesca Rita Rombolà
SPESSO IL MALE DI VIVERE
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’ accartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodiggio
che schiude la divina indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Eugenio Montale da Ossi di Seppia