IL DONO – TESTIMONIANZA DI CHINIQUY EX-PRETE CATTOLICO ROMANO
Nacqui nel 1809 e fui battezzato cattolico romano. Nel 1833 fui consacrato sacerdote nel Canadà. Ora ho 74 anni e da quando ho ricevuto la dignità nella Chiesa di Roma sono trascorsi quasi cinquant’anni. Fui sacerdote in quella Chiesa per venticinque anni. Vi dico francamente che amavo la Chiesa di Roma, e questa amava me. Avrei sparso fino all’ultima goccia del mio sangue per la mia Chiesa, ed avrei dato mille volte la mia vita per poter estendere il suo potere e la sua dignità sul continente americano e su tutto il mondo. La mia ambizione era quella di convertire i protestanti e portarli nella Chiesa di Roma, perché mi era stato detto, ed io lo predicavo, che fuori della Chiesa di Roma non vi era salvezza, ed ero addolorato al pensiero che tutte quelle moltitudini di protestanti dovessero essere perdute.
Pochi anni dopo la mia nascita la mia famiglia andò a vivere in un paese dove non vi erano scuole. Così mia madre fu la mia prima maestra e il primo libro sul quale m’insegnò a leggere fu la Bibbia. Quando giunsi all’età di otto o nove anni leggevo con incredibile diletto il Sacro Libro. Il mio cuore era avvinto dalla bellezza della parola di Dio. Mia madre stessa sceglieva i capitoli che desiderava che io leggessi. Era tanta l’attenzione che mettevo nella lettura, che molte volte rifiutavo di andar a giuocare fuori con gli altri bambini, per avere il piacere di leggere il Santo Libro. Alcuni capitoli mi piacevano più degli altri, ed io li imparavo a memoria. Ma dopo la morte di mia madre, la Bibbia sparì da casa, forse per mezzo del prete, che già nel passato aveva tentato di entrarne in possesso. Ebbene, questa Bibbia è la base di tutto quello che è narrato in questa storia. E’ la luce che fu messa nell’anima mia quando ero giovane e, grazie a Dio, quella luce non si è mai spenta. E’ rimasta nel mio cuore. E’ a quella cara Bibbia che, per grazia di Dio, devo oggi l’ineffabile gioia di sentirmi fra i redenti, fra coloro che hanno ricevuto la luce, e si dissetano alla pura fonte della verità.
Forse sarete propensi a dire: “Ma i sacerdoti cattolici romani non permettono ai fedeli di leggere la Bibbia?”. Si, e ringrazio Dio che sia così. E’ un fatto che oggi in quasi tutto il mondo, la Chiesa Romana accorda il permesso di leggere la Bibbia, e la troverete nelle case dei cattolici romani.
Ma dicendo questo, dobbiamo anche dire tutta la verità. Quando il sacerdote mette la Bibbia nelle mani dei suoi fedeli, o quando un prete riceve la Bibbia dalla sua Chiesa, vi è una condizione: il sacerdote e i fedeli possono leggere la Bibbia, ma non devono mai, in nessuna circostanza, interpretare una singola parola secondo la loro coscienza o la loro intelligenza, o secondo il loro proprio modo di vedere.
Quando fui consacrato giurai che avrei interpretato le Scritture soltanto secondo il consenso unanime dei Santi Padri.
Amici, andate oggi dal cattolico romano e domandategli se gli è stato dato il permesso di leggere la Bibbia. Egli vi dirà: “Si, la posso leggere”. Ma chiedetegli: “Avete il permesso d’interpretarla?”. Egli vi risponderà: “No”. Il sacerdote dirà certamente ai fedeli, e la Chiesa dirà certamente al sacerdote, che essi non possono interpretare una sola parola della Bibbia secondo la loro intelligenza e secondo la loro coscienza, e che è un grave peccato assumersene la interpretazione, sia pure di una sola parola. In effetto il sacerdote dice ai fedeli: “Se cercate di interpretare la Bibbia secondo il vostro intendimento siete perduti. E’ un libro molto pericoloso. Potete leggerlo, ma è meglio non farlo, perché non lo potete capire”.
Qual’è il risultato di questo insegnamento? Esso è che, mentre fedeli e sacerdoti hanno in mano la Bibbia, essi non la leggono. Leggereste un libro se foste convinti di non poterne capire neppure una parola? Sareste così sciocchi da sciupare il tempo a leggere un libro di cui non potete comprendere neppure una riga? Allora, amici miei, questa è la verità sulla Chiesa di Roma. Troveremo Bibbie sul tavolo dei sacerdoti e dei laici cattolici, ma fra diecimila preti non ve ne sono due che leggano la Bibbia dal principio alla fine, e che la prendano in considerazione.
La voce misteriosa
Nella Chiesa Romana la Bibbia è un libro sigillato. Però non fu così per me. Lo trovai prezioso per il mio cuore quando ero un ragazzino, e quando diventai sacerdote di Roma lo leggevo perché mi fortificasse e mi rendesse capace di discutere per la mia Chiesa.
Il mio grande scopo era quello di confondere i ministri protestanti d’America. Mi procurai una copia dei “Santi Padri” e li studiai giorno e notte, insieme alle Sacre Scritture, per prepararmi alla grande battaglia che volevo combattere contro i protestanti.
Ma, benedetto sia Iddio, ogni volta che leggevo la Bibbia una voce misteriosa mi diceva: “Non vedi che nella Chiesa di Roma non segui gli insegnamenti della Parola di Dio, ma soltanto le tradizioni degli uomini?”. Nelle ore silenziose della notte, quando udivo quella voce, piangevo e lacrimavo, ma la voce si ripeteva con la forza del tuono. Volevo vivere e morire nella santa Chiesa Cattolica Romana e pregavo Dio di far tacere quella voce, ma la sentivo sempre più forte.
Quando leggevo la sua Parola, Egli cercava di spezzare le mie catene, ma io non volevo spezzarle. Egli veniva a me con la sua luce salutare, ma io non la volevo.
Non nutro alcun cattivo sentimento contro i sacerdoti cattolici romani. Alcuni di voi possono credere il contrario. Vi sbagliate. Talvolta piango per loro, perché so che i poveretti, proprio come facevo io, combattono contro il Signore, e sono infelici come lo ero io allora. Se vi narro una delle lotte delle quali parlo, comprenderete ciò che vuol dire essere sacerdoti cattolici romani e pregherete per loro.
La predica sulla Madonna
A Montreal vi è una magnifica cattedrale capace di contenere quindicimila persone. Vi predicavo molto spesso. Un giorno il Vescovo mi chiese di parlare sulla Vergine Maria, ed io ne fui molto contento.
Dissi a quella gente ciò che allora credevo fosse la verità, e ciò che i sacerdoti predicano ovunque. Ecco il sermone che pronunciai:
“Cari amici, quando un uomo si è ribellato al suo re, quando egli ha commesso un grave delitto contro l’imperatore, andrà egli stesso a parlare a lui? Se egli ha da chiedere una grazia al suo re, oserà egli, nella sua condizione, comparire di persona alla sua presenza? No, il re lo rimproverebbe e lo punirebbe. Allora cosa farà? Invece di andare di persona, sceglierà uno degli amici del re, uno dei suoi ufficiali, talvolta la sorella o la madre del re, e metterà la sua supplica nelle loro mani. Essi andranno e parleranno in favore del colpevole. Chiederanno il suo perdono, calmeranno la sua ira, e spesso il re accorderà a questa gente la grazia che avrebbe rifiutato al colpevole”.
“Ora – dissi – noi siamo tutti peccatori, tutti abbiamo offeso il Re grande e potente, il Re dei re. Abbiamo inalberato la bandiera dei ribelli contro lui. Abbiamo calpestato le sue leggi, e certamente egli è adirato con noi. Cosa possiamo fare oggi? Possiamo andare a lui con le mani piene delle nostre iniquità? No. Ma grazie a Dio abbiamo Maria, la madre di Gesù, nostro Re, che sta alla sua destra. Siccome un figlio rispettoso non rifiuta mai un favore ad una madre diletta, così Gesù non rifiuterà mai una grazia a Maria. Egli non ha mai rifiutato nessuna supplica presentatagli da lei mentre era sulla terra. Qual’è il figlio che vorrebbe spezzare il cuore di una madre amorevole, quando potrebbe rallegrarla accordandole quello che desidera? Ebbene, io dico che Gesù, il Re dei re, non è soltanto il Figlio di Dio, ma è anche il Figlio di Maria e ama sua Madre. E siccome non ha mai rifiutato nessuna richiesta di Maria quando era sulla terra, Egli non le rifiuterà nessuna grazia oggi. Cosa dobbiamo fare allora? Oh! non possiamo presentarci davanti al gran Re, coperti come siamo delle nostre iniquità. Presentiamo le nostre richieste alla sua santa Madre; ella andrà ai piedi di Gesù; andrà lei stessa a Gesù, suo Dio, suo Figlio, e certamente riceverà le grazie che ella domanderà, chiederà il nostro perdono e l’otterrà, ella chiederà un posto nel Regno di Cristo, e voi l’otterrete. Ella chiederà a Gesù di dimenticare le vostre iniquità, di accordarvi il vero pentimento, ed Egli vi darà qualsiasi cosa che sua Madre gli avrà chiesto”.
I miei uditori furono così felici all’idea di avere un simile avvocato ai piedi di Gesù, che intercede per loro giorno e notte, che si commossero fino alle lacrime.
A quel tempo pensavo che questa non solo era la religione di Cristo, ma che era la religione del buon senso, e che non si poteva dire niente contro di essa. Dopo il sermone, il Vescovo venne da me e mi benedisse e mi ringraziò dicendomi che il sermone avrebbe fatto un gran bene a Montreal.
La voce di tuono nella notte
Quella notte m’inginocchiai e presi la mia Bibbia. Il mio cuore era pieno di gioia perché quella mattina avevo fatto un buon sermone.
Apersi il Libro e lessi in Matteo cap. 12:46 le seguenti parole:
“Mentre Gesù parlava ancora alle turbe, ecco sua madre e i suoi fratelli che, fermatisi di fuori, cercavano di parlargli. E uno gli disse: Ecco, tua madre e i tuoi fratelli son là fuori che cercano di parlarti. Ma egli, rispondendo, disse a colui che gli parlava: Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? E, stendendo la mano sui suoi discepoli, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e sorella e madre”.
Quando ebbi letto queste parole sentii in me una voce che mi parlava, ed era terribile, più di quella di un gran tuono, e mi diceva: “Chiniquy, questa mattina hai predicato una menzogna quando hai detto che Maria ha sempre ricevuto le grazie che ella ha chiesto a Gesù. Non vedi che in questo passo Maria viene a chiedere un favore, chiede cioè di vedere suo Figlio, perché egli l’aveva lasciata per molti mesi per predicare il Vangelo, ed essa si era sentita sola? Quando Maria ebbe raggiunto il posto dove Gesù stava predicando, il luogo era così affollato che ella non potè entrare. Cosa farà? Farà ciò che qualunque madre avrebbe fatto al suo posto. Alzerà la voce e gli chiederà di venire a vederla. Ma mentre Gesù ode la voce della madre e la vede con i suoi occhi divini, esaudisce la sua richiesta? No. Egli chiude gli orecchi alla sua voce e indurisce il cuore contro la sua preghiera. E’ un rimprovero pubblico, ed ella lo sente profondamente. La gente è stupita, meravigliata, quasi scandalizzata. Si rivolgono a Cristo e gli dicono: “Perché non vai a parlare a tua madre?”. Egli non dà altra risposta che questa: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” e, guardando i suoi discepoli, Egli dice: “Ecco mia madre, ecco i miei fratelli, e le mie sorelle”. In quanto a Maria è lasciata sola ed è pubblicamente rimproverata”.
La voce mi parlò allora di nuovo con la potenza di un tuono, e mi disse di leggere in Marco cap. 3:31. Troverete lo stesso incidente raccontato tanto in Marco che in Luca 8:19. Invece d’esaudire la sua richiesta, Gesù risponde in modo tale da riprendere pubblicamente sua madre.
Allora la voce mi parlò con potenza spaventosa, dicendomi che finchè fu un piccolo fanciullo Gesù obbedì a Giuseppe e a sua madre, ma appena si presentò al mondo come Figlio di Dio, come il Salvatore del mondo, come la gran luce dell’umanità, Maria doveva scomparire. E’ solo a Gesù che gli occhi del mondo devono rivolgersi per avere luce e vita.
Allora, amici miei, la voce mi parlò tutta la notte: “Chiniquy, Chiniquy, tu hai detto una menzogna questa mattina, tu hai predicato una serie di falsità e di sciocchezze”.
Io piansi e pregai, ma quella fu una notte insonne.
Il Vescovo tremante
La mattina seguente andai a mangiare dal mio superiore che mi aveva invitato a colazione.
Egli mi disse: “Rev. Chiniquy, avete l’aria di uno che abbia trascorso la notte in lacrime. Cosa avete?”
Io dissi: “Avete ragione. Eminenza, sono afflitto oltre misura”.
“Che cosa c’è?” mi chiese.
“Oh, non posso dirvelo qui – gli dissi.-
Vorreste concedermi un colloquio privato? Vi dirò un mistero che vi metterà nell’imbarazzo”.
Dopo colazione uscii con lui e dissi:
“Ieri mi faceste un gran complimento per il sermone nel quale provavo che Gesù aveva sempre esaudito le richieste fattegli da sua madre. Ma, Eminenza, questa notte udii una voce più forte della vostra, e il mio tormento è questo: io credo che quella voce fosse la voce di Dio. Essa mi ha detto che noi, cattolici romani, sacerdoti e vescovi, predichiamo una falsità ogni qualvolta diciamo alla gente che Maria ha sempre il potere di ricevere dalle mani di Gesù le grazie che ella gli domanda. Questa è una menzogna, Eminenza, questo, temo, è un errore diabolico e dannoso”.
Il Vescovo allora mi disse: “Rev. Chiniquy, che intendete? Siete forse protestante?”.
“No – dissi – non sono protestante”. (Molte volte ero stato chiamato protestante, perché amavo la Bibbia). “Ma dico apertamente che temo di aver predicato una menzogna e che, Eminenza, ne predicherete una anche voi la prossima volta che direte che dobbiamo invocare Maria, sotto il pretesto che Gesù non ha mai ricusato nessuna grazia a sua Madre. Questo è falso”.
Il Vescovo disse: “Rev. Chiniquy, voi andate troppo lontano!”.
“No, Eminenza, non serve discutere. Ecco il Vangelo: leggetelo!”.
Misi il Vangelo nelle mani del Vescovo, ed egli lesse con i suoi propri occhi ciò che avevo già citato. Ebbi l’impressione che egli leggesse quelle parole per la prima volta. Il pover’uomo fu tanto sorpreso che rimase muto e tremante. Finalmente mi domandò: “Cosa significa questo?”.
“Ebbene – dissi – questo è il Vangelo; vedete che qui Maria è venuta a chiedere una grazia a Gesù Cristo, ed Egli non solo l’ha rimproverata, ma si è rifiutato di considerare Maria come sua madre. Egli fece questo pubblicamente, affinchè potessimo conoscere che Maria è la madre di Gesù come uomo; e non di Gesù come Dio”.
Il Vescovo era fuori di sé. Non potè rispondermi.
Allora gli chiesi se mi permetteva di fargli alcune domande. Dissi: “Eminenza, chi è che ha salvato voi e me sulla croce?”.
Egli rispose: “Gesù Cristo”.
“Chi pagò i vostri debiti e i miei spargendo il suo sangue, fu Maria o Gesù?”.
Egli disse: “Gesù Cristo”.
“Ebbene, Eminenza, quando Gesù e Maria erano sulla terra, chi amava di più i peccatori, Gesù o Maria?”.
Di nuovo egli rispose che era Gesù.
“Andò mai nessun peccatore da Maria per essere salvato mentre lei era in vita?”.
“No”.
“Ricordate che qualche peccatore sia andato a Gesù per essere salvato?”.
“Si, molti”.
“Sono stati rimproverati?”.
“Mai”.
“Ricordate che Gesù abbia mai detto ai peccatori: – Andate a Maria ed ella vi salverà?”.
“No” rispose.
“Ricordate che Gesù abbia detto ai poveri peccatori: – Venite a me?”.
“Si, Egli l’ha detto”.
“Ha Egli mai ritrattato queste parole?”.
“No”.
“Chi era allora più potente per salvare i peccatori?” chiesi.
“Oh! fu Gesù!”.
“Ora, Eminenza, da quando Gesù e Maria sono in cielo, potete dimostrarmi, con le Scritture, che Gesù abbia perduto qualche cosa del suo desiderio e della sua potenza di salvare i peccatori, o che Egli abbia trasferito questo potere a Maria?”.
E il Vescovo rispose: “No”.
“Allora, Eminenza, – chiesi – perché non andiamo a Lui, e soltanto a Lui? Perché invitate i poveri peccatori ad andare a Maria, quando, per la vostra propria confessione, ella è niente, comparata a Gesù, in potenza, in grazia, in amore e in pietà per i peccatori?”.
Allora il povero Vescovo prese l’aspetto di un condannato a morte. Tremava davanti a me, e siccome non poteva rispondermi disse che aveva da fare, e mi lasciò. La “verità” era che non poteva rispondermi.
L’atto di sottomissione
Ma io non ero ancora convertito. Vi erano molti legami che mi tenevano attaccato ai piedi del Papa.
In quei giorni però, benchè fossi turbato, non avevo perduto il mio zelo per la Chiesa. I vescovi mi avevano dato un gran potere ed una grande autorità. Il Papa mi aveva innalzato al di sopra di molti altri sacerdoti, ed io nutrivo la speranza, insieme a tanti altri che, a poco a poco, avremmo potuto riformare la Chiesa in molte cose.
Nel 1851 andai nell’Illinois per fondare una colonia francese. Presi con me circa 15.000 franco-canadesi, e mi stabilii nelle magnifiche praterie dell’Illinois, prendendone possesso in nome della Chiesa di Roma. Dopo che ebbi cominciato la mia grande opera di colonizzazione diventai ricco. Comperai molte Bibbie, e ne diedi una a quasi ogni famiglia.
Il Vescovo fu molto adirato con me per questo, ma io non me ne curai. Non avevo nessuna idea di rinunziare alla Chiesa di Roma, ma volevo guidare la mia gente meglio che potevo nelle vie nelle quali Cristo voleva che la conducessi.
Il Vescovo di Chicago fece in quel tempo una cosa che, noi francesi, non potemmo tollerare. Era un gran delitto. Ne scrissi al Papa, e lo feci dimettere. Fu mandato un altro Vescovo al suo posto, che delegò il suo Gran Vicario a visitarmi.
Il Gran Vicario mi disse: “Rev. Chiniquy, siamo stati molto contenti che abbiate fatto dimettere il Vescovo precedente, perché era un uomo cattivo, ma in molti luoghi si sospetta che voi non apparteniate più alla Chiesa di Roma. Si sospetta che siate eretico e protestante. Non vorreste darci un documento col quale possiamo provare a tutti che, voi e la vostra gente, siete ancora buoni cattolici romani?”.
Io dissi: “Non ho nessuna difficoltà”.
Egli aggiunse: “Il nuovo Vescovo, autorizzato dal Papa, desidera di avere questo documento da voi”.
Presi allora un foglio di carta. Mi sembrò che quella fosse una bella occasione per far tacere la voce che mi parlava giorno e notte, e che turbava la mia fede. Volevo persuadermi con questo mezzo che nella Chiesa Cattolica Romana noi seguivamo veramente la Parola di Dio, e non soltanto la tradizione degli uomini.
Misi giù queste parole:
“Eminenza, noi, franco-canadesi della colonia dell’Illinois, vogliamo vivere nella santa Chiesa Apostolica Romana, fuori della quale non vi è salvezza, e per dare prova di questo a V. E. promettiamo di obbedire alla Vostra autorità, secondo la Parola di Dio, come la troviamo nel Vangelo di Cristo”.
Firmai la dichiarazione e la passai alla mia gente, perché la firmasse, e poi la consegnai al Gran Vicario chiedendogli cosa ne pensasse. Mi assicurò che il Vescovo l’avrebbe accettata, e tutto sarebbe andato bene.
Quando il Vescovo ebbe letto l’atto di sottomissione anch’egli lo trovò giusto, e con lacrime di gioia disse: “Sono lieto che abbiate fatto il vostro atto di sottomissione, perché temevamo che voi e la vostra gente diventaste protestanti”.
Amici miei, per mostrarvi la mia cecità, devo confessare, a mia vergogna, che ero contento di aver fatto pace col Vescovo, cioè con un uomo, quando non ero ancora in pace con Dio. Il Vescovo mi dette una “lettera di pace”, nella quale egli dichiarava che io ero uno dei suoi migliori sacerdoti, e tornai dai miei coloni con la decisione di restare con loro.
La “lettera di pace” distrutta
Il Vescovo, dopo la mia partenza, andò al telegrafo e comunicò con telegramma il mio atto di sottomissione agli altri vescovi, chiedendo cosa ne pensassero. Lo stesso giorno risposero unanimi: “Non vedete che Chiniquy è un protestante mascherato? Non è a voi che egli si sottomette, egli si sottomette alla Parola di Dio. Se non distruggete quell’atto di sottomissione siete voi stesso un protestante”.
Dieci giorni dopo ricevetti un invito dal Vescovo. Andai da lui, ed egli mi chiese di mostrargli quella “lettera di pace” che mi aveva consegnata. Gliela mostrai. La prese, e quando vide che era proprio la lettera che voleva, corse al caminetto e la gettò nel fuoco. Rimasi stupito. Cercai di salvare la lettera dalle fiamme, ma era troppo tardi. Era distrutta.
Mi volsi allora al Vescovo e gli dissi: “Eminenza, come avete osato di strapparmi dalle mani un documento che mi appartiene, e distruggerlo senza il mio consenso?”.
Egli rispose: “Rev. Chiniquy, io sono il vostro superiore e non ho da rendere conto a voi di quel che faccio”.
“Veramente siete il mio superiore, Eminenza, ed io non sono che un povero sacerdote, ma c’è un Dio grande, che è molto al di sopra di voi e di me, e questo Dio mi ha concesso dei diritti ai quali non rinunzierò mai per compiacere a qualsiasi uomo. Alla presenza di quel Dio protesto contro la vostra cattiveria”.
“Ebbene – egli disse – siete venuto qui per farmi un rimprovero?”.
Risposi: “No, Eminenza, ma io vorrei sapere se mi avete fatto venire qui per insultarmi”.
“Rev. Chiniquy – egli disse – vi ho fatto venire qui perché mi avete dato un documento che non era un atto di sottomissione, lo sapete bene”.
Allora io risposi: “Quale atto di sottomissione richiedete da me?”.
Egli disse: “Dovete cominciare col togliervi queste parole: “secondo la Parola di Dio, come la troviamo nel Vangelo di Cristo”, e dire invece semplicemente che promettete di obbedire alla mia volontà, incondizionatamente, e che promettete di fare tutto quello che vi dirò”.
La rottura
Allora mi alzai in piedi e dissi: “Eminenza, voi non chiedete da me un atto di sottomissione, ma un atto di adorazione, ed io ve lo rifiuto”.
“Ebbene – egli disse – se non potete fare questo atto di sottomissione, non potete più essere un sacerdote Cattolico Romano”.
Levai allora le mani a Dio e dissi: “Possa l’Onnipotente Iddio essere benedetto in eterno”. Presi il cappello e lasciai il Vescovo.
Andai all’albergo dove avevo fissato una camera e mi chiusi dentro.
Caddi in ginocchio per esaminare, alla presenza di Dio, quello che avevo fatto. Vidi allora, per la prima volta, che la Chiesa di Roma non poteva essere la Chiesa di Cristo. Vidi che non potevo rimanere in essa, se non rinunziando alla Parola di Dio in un documento formale. Vidi che avevo fatto bene a rinunziare alla Chiesa di Roma. Ma, amici cari, quale nube nera mi avvolse! Nelle mie tenebre gridai: Dio mio, Dio mio, perché mai l’anima mia è così circondata da questa oscura nube?
Piangendo, gridai a Dio che mi mostrasse la via, ma per un certo tempo non mi fu concessa nessuna risposta. Avevo rinunziato alla Chiesa di Roma, avevo rinunziato al mio ufficio, agli onori, ai miei fratelli e alle mie sorelle, a tutto ciò che mi era caro! Vidi che il Papa, i vescovi e i sacerdoti mi avrebbero attaccato con la stampa e dal pulpito. Vidi che avrebbero spazzato via il mio cuore, il mio nome, forse la mia vita. Vidi che era cominciata una guerra a morte tra me e la Chiesa di Roma, e cercai di vedere se mi restavano degli amici per aiutarmi nella battaglia, ma neppure uno ne restò. Vidi che persino i miei più cari amici erano costretti a maledirmi e a considerarmi un infame traditore. Vidi che la mia gente mi avrebbe respinto e che il mio amato paese, dove avevo tanti amici, mi avrebbe maledetto, insomma ebbi la percezione che sarei divenuto un oggetto di orrore nel mondo.
Cercai di ricordare se avessi amici tra i protestanti, ma siccome avevo predicato e scritto contro di loro tutta la mia vita, non ne avevo tra di loro neppure uno. Ero solo a combattere la battaglia. Mi sembrava impossibile di poter uscire da quella stanza per entrare in un mondo freddo, dove non avrei trovato una mano tesa che stringesse la mia, o un volto sorridente che mi guardasse. Avrei trovato soltanto coloro che mi consideravano un traditore.
La luce celeste
Mi sembrava che Dio fosse lontano, invece Egli era molto vicino. Ad un tratto mi si affacciò alla mente questo pensiero: “Hai il tuo Vangelo, leggilo e troverai la luce. In ginocchio, con mano tremante, aprii il libro. Io l’aprii materialmente, ma Dio mi guidò: infatti il mio sguardo cadde sulla prima Epistola ai Corinti, al capitolo 7, versetto 23: “Voi siete stati riscattati a prezzo; non diventate schiavi degli uomini”.
Con queste parole ebbi luce, e per la prima volta vidi il gran mistero della salvezza, così come può vederlo l’uomo. Dissi a me stesso: “Gesù mi ha comperato, e se Gesù mi ha comperato, Egli mi ha salvato. Gesù è il mio Dio!”. Tutte le opere di Dio sono perfette! Sono allora perfettamente salvato. Gesù non poteva salvarmi a metà. Sono salvato per il sangue dell’Agnello, sono salvato per la morte di Gesù! Queste parole erano per me così dolci che sentivo una gioia ineffabile, come se la fonte della vita fosse aperta, e torrenti di luce nuova si riversassero nella mia anima. Mi dissi: “Non sono salvato, come credevo, per essere andato a Maria, non sono salvato per mezzo del purgatorio o per mezzo delle indulgenze, delle confessioni o delle penitenze. Sono salvato solo per Gesù!”.
Tutte le false dottrine si dileguarono dalla mia mente, caddero come cade una torre colpita alla base. Sentivo una gran gioia, una gran pace, e mi pareva che gli angeli di Dio potessero essere così felici come ero io. Il sangue dell’Agnello scorreva sulla mia povera anima peccatrice. Con un gran grido di gioia esclamai: “Oh! Gesù, lo sento, lo so, Tu mi hai salvato! Oh! “Dono” di Dio, Ti accetto! Prendi il mio cuore e fallo Tuo per sempre. Dimora in me e rendimi puro e forte, dimora in me per essere sul mio cammino, per essere la mia luce, la mia vita; concedimi di dimorare con Te, ora ed in eterno! Però, caro Gesù, non salvare me soltanto; salva la mia gente; concedimi di mostrare anche a loro il dono! Oh! che essi possano accettare Te e sentirsi ricchi e felici come ora lo sono io”.
Fu così che trovai la luce e il gran mistero della nostra salvezza, che è così semplice. bello, sublime, e grande. Ero ricco con quel dono. La salvezza, amici miei, è un dono; voi non avete niente da fare, ma dovete solo accettarlo, amarlo e amare il Donatore.
Migliaia di credenti
Arrivai nella mia colonia un sabato mattina. La gente era estremamente eccitata, e corse verso di me e mi chiese notizie. Quando tutti furono riuniti in chiesa, parlai loro del dono. Mostrai loro quello che Dio mi aveva fatto vedere, il dono del Figlio suo, il perdono dei miei peccati per mezzo di Gesù e il dono della vita eterna. Poi, non sapendo se avrebbero ricevuto o no il dono, dissi loro: “E’ tempo che io mi separi da voi, amici miei. Ho lasciato la Chiesa di Roma per sempre. Ho preso il dono di Cristo. Ho troppo rispetto per voi per impormi a voi. Se credete che sia meglio per voi seguire il Papa piuttosto che Cristo, invocare il nome di Maria piuttosto che quello di Gesù per essere salvati, alzatevi in piedi”.
Con mia grande sorpresa tutti rimasero al loro posto. La chiesa risuonava di pianti e singhiozzi. Credevo che qualcuno di loro mi avrebbe detto di andarmene, ma nessuno lo fece. E mentre aspettavo, vidi che si operava un cambiamento, un meraviglioso cambiamento, che non può essere spiegato a parole.
Dissi loro con un grido di gioia: “L’Onnipotente Iddio, che mi ha salvato ieri, può salvare oggi voi. Attraverserete con me il Mar Rosso per andare nella Terra Promessa. Accetterete con me il gran dono, sarete ricchi e felici con quel dono. Vi presento questa cosa in un altro modo: Se credete che sia meglio per voi seguire Cristo piuttosto che il Papa, se credete che sia meglio invocare soltanto il nome di Gesù piuttosto che quello di Maria, che sia meglio confidare nel sangue dell’Agnello sparso sulla croce per i nostri peccati piuttosto che nel falso purgatorio di Roma, per essere salvati dopo la nostra morte, e se credete che sia meglio che io vi predichi l’Evangelo di Cristo piuttosto che un sacerdote vi predichi le dottrine di Roma, ditemelo alzandovi in piedi: io sono l’uomo che fa per voi!”.
Allora tutti, senza eccezione, si alzarono e, con le lacrime agli occhi, mi pregarono di rimanere.
Il dono, il grande ineffabile dono, era per la prima volta apparso ai loro occhi in tutta la sua bellezza: l’avevano trovato prezioso, l’avevano accettato. Le parole non possono esprimere la gioia di quella gente. Come me, si sentivano ricchi e felici per quel dono. I nomi di un migliaio di anime, credo, furono quel giorno scritti nel libro della vita.
Sei mesi dopo eravamo duemila convertiti, un anno dopo eravamo circa quattromila. Ed ora siamo in quasi venticinquemila che abbiamo lavato e imbiancato le nostre vesti nel sangue dell’Agnello.
La notizia che il Padre Chiniquy, il sacerdote più apprezzato e conosciuto nel Canadà, aveva lasciato la Chiesa di Roma alla testa di una nobile schiera di uomini, si sparse rapidamente in tutta l’America, in Francia, in Inghilterra. Dovunque arrivava la notizia il nome di Gesù era benedetto, e spero che anche voi benedirete con me oggi il Salvatore misericordioso, poiché è mio privilegio l’avervi detto quello che Egli ha fatto per l’anima mia.
Pregate per i Cattolici Romani d’America e di ogni paese, affinchè io possa essere lo strumento della grazia di Dio per loro, perché essi possano ricevere con voi l’ineffabile dono, possano amare e glorificare il dono
durante il tempo del nostro pellegrinaggio quaggiù e per tutta l’eternità. Amen
Ai Cattolici romani viene detto che con le preghiere, le elemosine, le indulgenze, le opere buone e soprattutto con la messa essi concorrono a pagare i debiti che le anime dei defunti devono espiare in purgatorio. Il frutto di queste opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il nome di suffragio, perché suffraga, cioè allieva le pene delle anime del Purgatorio e ne affretta la liberazione’.
Questo suffragio è molto sentito dai Cattolici romani soprattutto il 2 Novembre che è la festa dei morti; una festa che ha mille anni essendo stata istituita nel 998 da Odilone abate di Clunì il quale si contraddistingueva per il suo zelo nel pregare per le anime del purgatorio.
Il cosiddetto suffragio è una impostura in quanto non esiste il purgatorio (esistono infatti solo due luoghi nell’aldilà dove vanno le anime dei morti, che sono l’inferno e il paradiso, a secondo che sono perduti o salvati), ma nello stesso tempo è fonte di denaro per i preti e la curia romana in genere.
Per farvi capire a che punto sono arrivati taluni preti di questa chiesa chiamata falsamente cristiana pur di fare pagare le messe ai loro parrocchiani voglio ora trascrivere l’eloquente testimonianza di un nostro fratello di nome Chiniquy morto un secolo fa circa, che prima di convertirsi era stato per lunghi anni sacerdote della chiesa cattolica romana.
Ecco le sue parole: ‘Alle quattro circa della mattina delle grida pervennero al mio orecchio. Riconobbi la voce di mia madre. ‘Che cosa è successo cara mamma? ‘Oh, mio piccolo bambino, tu non hai più un padre! Egli è morto! Dicendo queste parole ella perse coscienza e cadde sul pavimento! Mentre un amico che aveva passato la notte con noi le diede la conveniente attenzione, io mi affrettai al letto di mio padre. Lo strinsi al mio cuore, lo baciai, lo coprii con le mie lacrime, mossi la sua testa, gli strinsi le mani, cercai di sollevarlo sul suo cuscino: non potevo credere che egli era morto (…) Mi inginocchiai a pregare Dio per la vita di mio padre. Ma le mie lacrime e le mie grida furono inutili. ‘Egli era morto!’ Era già freddo come il ghiaccio! Due giorni dopo che egli fu seppellito mia madre era così oppressa dal dolore che non poté seguire la processione funeraria. Io rimasi con lei come il suo unico aiuto terreno. Povera mamma! (…) Nonostante fossi allora molto giovane, io potevo capire la grandezza della nostra perdita, e mescolai le mie lacrime con quelle di mia madre. Quale penna può descrivere che cosa avviene nel cuore di una donna quando Dio le toglie improvvisamente via il marito nel fiore della sua vita, e la lascia sola, immersa nella miseria, con tre piccoli bambini di cui due sono persino troppo piccoli per conoscere la loro perdita! Come sono lunghe le ore del giorno per la povera vedova che è lasciata sola, e senza mezzi, tra gli stranieri! Come sono dolorose le notte insonni per il cuore che ha perso ogni cosa! Come è lasciata vuota una casa dall’eterna assenza di colui che era il suo capo, il suo supporto e il suo padre! (…) Oh, come sono amare le lacrime che sgorgano dai suoi occhi quando il suo più piccolo bambino, che ancora non capisce il mistero della morte, si getta nelle sue braccia e le dice: ‘Mamma, dov’è papà? Perché non torna? Io mi sento solo!’ La mia povera mamma passò quelle prove. Io sentivo i suoi singhiozzi durante le lunghe ore del giorno, e anche durante le ancor più lunghe ore della notte. Molte volte l’ho vista cadere sulle sue ginocchia per implorare Dio di essere misericordioso verso lei e i suoi tre infelici orfani. Non potevo fare altro che confortarla, amarla, pregare e piangere con lei! Erano passati solo pochi giorni dal seppellimento di mio padre quando vidi arrivare a casa nostra Mr. Courtois il parroco (quello che aveva cercato di portarci via la Bibbia). Egli aveva la reputazione di essere ricco, e dato che noi eravamo poveri e infelici da quando mio padre era morto, il mio primo pensiero fu che egli fosse venuto a confortarci e ad aiutarci. Potei vedere che mia madre aveva le stesse speranze. Ella lo accolse come un angelo dal cielo. (…) Dalle sue prime parole però potei comprendere che le nostre speranze non sarebbero state realizzate. Egli cercò di essere comprensivo, e disse persino qualcosa circa la fiducia che noi dovevamo avere in Dio, specialmente nei periodi di prova; ma le sue parole erano fredde e aride. Voltandosi verso di me, disse: ‘Continui a leggere la Bibbia, mio piccolo ragazzo? ‘Sì, signore,’ risposi, con una voce tremante di ansietà, perché temevo che egli avrebbe fatto un altro tentativo per portarci via quel tesoro, e io non avevo più un padre per difenderlo. Poi, rivolgendosi a mia madre, egli disse: – Io ti dissi che non era giusto per te e per il tuo bambino leggere quel libro’. Mia madre abbassò gli occhi e rispose solo con le lacrime che scorrevano giù dalle sue guance. La domanda fu seguita da un lungo silenzio, e il prete dopo continuò: ‘C’è qualcosa da dare per le preghiere che vengono cantate, e i servizi che tu hai richiesto siano offerti per il riposo dell’anima di tuo marito. Ti sarei molto grato se tu mi pagassi quel piccolo debito.’ ‘Mr. Courtois’, rispose mia madre, ‘mio marito non mi ha lasciato nient’altro che debiti. Io ho solo il lavoro delle mie mani per procurare da vivere ai miei tre bambini, di cui il più grande è davanti a lei. Per amore di questi piccoli orfani, se non per il mio, non ci prendere quel poco che ci è rimasto. ‘Ma tu non rifletti. Tuo marito è morto improvvisamente senza nessuna preparazione; egli è quindi nelle fiamme del purgatorio. Se tu vuoi che egli sia liberato, devi necessariamente unire i tuoi personali sacrifici alle preghiere della Chiesa e alle messe che noi offriamo’. ‘Come ti ho detto, mio marito mi ha lasciato assolutamente senza mezzi, ed è impossibile per me darti del denaro’, replicò mia madre. (…) ‘Ma le messe offerte per il riposo dell’anima di tuo marito devono essere pagate’, rispose il prete. Mia madre si coprì la faccia con il suo fazzoletto e pianse. Per quanto mi riguarda, io questa volta non mischiavo le mie lacrime con le sue. I miei sentimenti non erano di dolore, ma di rabbia e di indescrivibile orrore. I miei occhi erano fissi sul volto di quell’uomo che torturava il cuore di mia madre (…) Dopo un lungo silenzio mia madre alzò gli occhi, arrossati con le lacrime, sul prete e disse: ‘Vedi quella mucca nel prato, non lontano da casa nostra? Il suo latte e il suo burro che facciamo da essa formano la parte principale del cibo dei miei bambini. Io spero che tu non ce la porterai via. Se comunque, un tale sacrificio deve essere fatto per liberare dal purgatorio l’anima del mio povero marito, prenditela come pagamento delle messe da offrirsi per spegnere quelle fiamme divoranti’. Il prete si alzò all’istante dicendo: ‘Molto bene’, e uscì. I nostri occhi lo seguirono ansiosamente; ma invece di incamminarsi verso il piccolo cancello che era davanti alla casa, egli si diresse verso il campo, e guidò la vacca davanti a lui nella direzione di casa sua. A quella vista io gridai dalla disperazione: ‘O mamma mia! egli sta portando via la nostra mucca! Che sarà di noi?’ Il signor Nairn ci aveva dato quella splendida mucca quando essa aveva tre mesi (…) Io la nutrivo con le mie proprie mani, e avevo spesso diviso il mio pane con lei. Io l’amavo come un bambino ama sempre un animale che egli ha cresciuto. Sembrava anche che essa mi comprendesse e mi amasse. Da qualsiasi distanza essa mi poteva vedere, correva verso di me per ricevere le mie carezze e qualsiasi cosa io potessi avere da darle. Mia madre stessa la mungeva; e il suo ricco latte era così delizioso e sostanzioso per noi. (…) Anche mia mamma gridò dal dolore come vide il prete portare via gli unici mezzi che il cielo le aveva lasciato per nutrire i suoi bambini. Gettandomi nelle sue braccia, io le domandai: ‘Perché hai dato via la nostra mucca? Che sarà di noi? Noi moriremo sicuramente di fame’. ‘Caro figlio’, ella rispose, ‘Io non pensavo che il prete sarebbe stato così crudele da portarci via l’ultima risorsa che Dio ci aveva lasciato. Ah! se io avessi creduto che lui sarebbe stato così spietato io non gli avrei mai parlato come ho fatto. Come tu dici, mio caro figlio, che sarà di noi? Ma non mi hai tu spesso letto nella tua Bibbia che Dio è il Padre della vedova e dell’orfano? Noi pregheremo a quell’Iddio che è disposto ad essere tuo Padre e il mio; Egli ci ascolterà, e vedrà le nostre lacrime. Inginocchiamoci e chiediamogli di essere misericordioso verso di noi, e di restituirci l’aiuto del quale il prete ci ha privato’. Ci inginocchiammo. Ella prese la mia mano destra con la sua sinistra, e alzando l’altra mano verso il cielo, ella offrì una tale preghiera all’Iddio delle misericordie per i suoi poveri bambini che io non ho mai più udito da allora’ (Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, [Cinquant’anni nella Chiesa di Roma] London 1908, pag. 39-42).
Le parole di Chiniquy fanno chiaramente capire che questa diabolica dottrina del purgatorio e del suffragio ha portato molti preti a divorare persino le case delle povere vedove. E che cosa ci si poteva aspettare di buono da essa? by evangelofabrizia