C'è chi crede in un duplicato, in una copia. E' come se ci fosse uno specchio che custodisce una realtà talmente concreta e opposta da sembrare far parte ed originare da un mondo parallelo. Spesse volte i nostri passi calcano terreni aspri, duri, fantascientifici ogni tanto, ma sempre ci arrendiamo al presupposto che ogni singola pressione delle nostre piante su quel sentiero, sconosciuto ed affascinante, possa rivelarsi a noi per quello che nessuno si aspetta. Desiderio, forse, maggiormente, comunque fantastico. Le sabbie del tempo, del resto, ci raccontano storie che prima di tutto celano, granello dopo granello; ognuno di essi trasportato dal vento e condotto a coprire qualsiasi cosa. La sabbia è il principale soggetto, chiude dentro la sua massa, mutevole e continuamente in trasformazione e spostamento, interi millenni di assoluta eternità. Quando le sue porte si dischiudono è però sempre una scoperta realmente incredibile ed edificante. Templi, piramidi, statue; tutti soggetti che è come se crescessero da quell'inerte che viene innaffiato dall'aria e dalle gocce della memoria. Crescono e si rivelano, ed è come uno spettacolo incredibile ogni volta, ogni singolo momento. Vibrano nello spazio circostante e risuonano come una melodia dalla quale non si può prescindere e che crea, con ciò che già si è emanato, una musica universalmente soave e gentile; affascinante. Non se ne può fare a meno, come quando ancora non si sa su che territorio ci si sta muovendo. Ed è proprio dalle sabbie mobili che, spesse volte, siamo attratti; i terreni stabili ci danno sicurezza, ma sono le sfide che ci affascinano realmente. E guardando con attenzione qualche sassolino nel deserto in cui ci imbattiamo potremo scoprire che in realtà esso non è un semplice rimasuglio di agenti atmosferici su depositi vulcanici e simili pietrificati. Muovendoci tra le sabbie dell'antico Egitto ci possiamo scontrare continuamente con questa realtà, e chiederci cosa altro ci sia. Chissà cosa avranno pensato gli archeologi quando, di fronte all'imponenza del tempio di Aschepsuth, una delle donne che hanno guidato il Regno Egizio, hanno scelto di provare a scavare anche di fronte ad esso, scoprendo, quindi, una botola. La scala rinvenuta conduceva ad una piccola stanza, totalmente intonacata; un sepolcro. Ma togliendo la patina del tempo e qualche strato di intonaco è emerso un affresco sul soffitto: un cielo stellato, visto con gli occhi dell'astronomia. Era il luogo d'eterno riposo dell'architetto di corte Senenmut; amante del faraone donna. Lì, due stelle, proprio di fianco alla costellazione più nota: le tre stelle della Cintura di Orione. Stessa posizione delle piramidi della Piana di Giza, per le tre stelle, stessa posizione di una delle altre due per la Sfinge, poi una, fuori
C'è chi crede in un duplicato, in una copia. E' come se ci fosse uno specchio che custodisce una realtà talmente concreta e opposta da sembrare far parte ed originare da un mondo parallelo. Spesse volte i nostri passi calcano terreni aspri, duri, fantascientifici ogni tanto, ma sempre ci arrendiamo al presupposto che ogni singola pressione delle nostre piante su quel sentiero, sconosciuto ed affascinante, possa rivelarsi a noi per quello che nessuno si aspetta. Desiderio, forse, maggiormente, comunque fantastico. Le sabbie del tempo, del resto, ci raccontano storie che prima di tutto celano, granello dopo granello; ognuno di essi trasportato dal vento e condotto a coprire qualsiasi cosa. La sabbia è il principale soggetto, chiude dentro la sua massa, mutevole e continuamente in trasformazione e spostamento, interi millenni di assoluta eternità. Quando le sue porte si dischiudono è però sempre una scoperta realmente incredibile ed edificante. Templi, piramidi, statue; tutti soggetti che è come se crescessero da quell'inerte che viene innaffiato dall'aria e dalle gocce della memoria. Crescono e si rivelano, ed è come uno spettacolo incredibile ogni volta, ogni singolo momento. Vibrano nello spazio circostante e risuonano come una melodia dalla quale non si può prescindere e che crea, con ciò che già si è emanato, una musica universalmente soave e gentile; affascinante. Non se ne può fare a meno, come quando ancora non si sa su che territorio ci si sta muovendo. Ed è proprio dalle sabbie mobili che, spesse volte, siamo attratti; i terreni stabili ci danno sicurezza, ma sono le sfide che ci affascinano realmente. E guardando con attenzione qualche sassolino nel deserto in cui ci imbattiamo potremo scoprire che in realtà esso non è un semplice rimasuglio di agenti atmosferici su depositi vulcanici e simili pietrificati. Muovendoci tra le sabbie dell'antico Egitto ci possiamo scontrare continuamente con questa realtà, e chiederci cosa altro ci sia. Chissà cosa avranno pensato gli archeologi quando, di fronte all'imponenza del tempio di Aschepsuth, una delle donne che hanno guidato il Regno Egizio, hanno scelto di provare a scavare anche di fronte ad esso, scoprendo, quindi, una botola. La scala rinvenuta conduceva ad una piccola stanza, totalmente intonacata; un sepolcro. Ma togliendo la patina del tempo e qualche strato di intonaco è emerso un affresco sul soffitto: un cielo stellato, visto con gli occhi dell'astronomia. Era il luogo d'eterno riposo dell'architetto di corte Senenmut; amante del faraone donna. Lì, due stelle, proprio di fianco alla costellazione più nota: le tre stelle della Cintura di Orione. Stessa posizione delle piramidi della Piana di Giza, per le tre stelle, stessa posizione di una delle altre due per la Sfinge, poi una, fuori
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