“Ascoltandola mi è sembrato di essere davanti a una puntata di Ballarò”. Roberta Lombardi, capogruppo M5S alla Camera, ha ragione. Bersani parlava come se davanti avesse Floris e non due persone con le quali collaborare in vista di un possibile governo. È il brutto della diretta, che in questi casi rende un servizio peggiore di quello proposto. Quella delle consultazioni in streaming non è trasparenza, è l'esatto opposto. È l'impedimento legittimato dalla presenza dalle telecamere a un discorso chiaro, alle trattative, agli scambi, agli accordi. In questi casi trasparenza è l'essere schietti tra persone che parlano la stessa lingua: non facciamo di tutta un'erba un fascio. Detto questo, esistono leader nati per stare all'opposizione. O meglio: che sanno stare, bene, all'opposizione e che non saprebbero minimamente sguazzare tra i mille rivoli del compromesso una volta al governo. Che al governo devono confrontarsi con i problemi reali della gente, gli stessi che in precedenza affermavano di conoscere al dettaglio trascurando però le ragioni di Stato o della politica. Lombardi e Crimi si sono definiti, conversano con Bersani, “gli insani di mente” disponibili a guidare il Paese in questo momento di difficoltà. Ma non ne vogliono sapere di indicare una via certa o un nome. Spingono costantemente in direzione dei venti punti del loro programma – alcuni condivisibili, altri poco chiari – che tuttavia non contemplano una “ricetta”. Bersani, invece, l'avrebbe individuata nella teoria del “doppio registro” di cui in pochi hanno reale percezione di cosa sia. Si sostiene, in soldoni, che un conto è il governo e un conto sono le riforme istituzionali. Ma da una base toccherà pur cominciare e se tutti chiudono all'ipotesi, Bersani non può fare altro che prendere tempo e posticipare (a quanto pare) l'incontro con Napolitano. Eppure dovrebbe essere più semplice di così. Basterebbe presentare alle altre forze politiche un programma che abbia un inizio e una fine e ricordare loro che restiamo una democrazia parlamentare.