“Meglio un generale fortunato di un generale bravo” diceva Napoleone. E c’è da scommettere che il mantra dei sindaci si arricchirà di questo motto: non posso riparare in un fine settimana i danni di anni di incuria, è stato un evento eccezionale, la protezione civile non ha avvertito in tempo per prendere provvedimenti, e adesso probabilmente si aggiungerà la rivendicazione “sono uno sfigato”.
E dire che invece tutti saremmo inclini a pensare che ci sia una massiccia dose di buona sorte nella carriera di un medico che dopo una avventura americana con qualche ombra riporta in Italia il suo cervello fuggito e si trova già allestito un centro trapianti sponsorizzato dalla potente curia palermitana, che si conquista una certa credibilità grazie a esternazioni di laicità subito riposte di qua del Tevere appena collocato in Campidoglio, dove viene insediato grazie alla latitanza di competitor forse preoccupati dalla pesante responsabilità o forse già rassicurati dal configurarsi locale del partito unico, così che uno vale l’altro.
Nel frattempo però il sindaco marziano e rivoluzionario, come si è definito, ha già introdotto un elemento di innovazione nella sceneggiatura che viene consegnata insieme alle chiavi della città al momento dell’elezione, aggiungendo alla discolpa il j’accuse. Ma non limitandolo ai suoi predecessori come da copione, no, estendendolo ai cittadini, quelli che stavano appollaiati sopra il tetto come cicogne incazzate, apostrofati, in occasione della visita pastorale, con l’epiteto di “abusivi”. Sorpreso una pioggia “eccezionale, Marino si è mostrato anche stupito che alcuni romani abbiano scelto illegalmente di abitare in costruzioni abusive, o in scantinati che non possiedono le condizioni di abitabilità, o in baracche sugli argini del Tevere e dell’Aniene.
Si sa i poveri sono davvero una piaga sociale perché mostrano sempre una colpevole inclinazione a trasgredire, a tutte le latitudini e anche quando si presentano da ospiti ingombranti nel nostro Paese. E comunque viene più facile prendersela con gli straccioni che si accontentano di una casa irregolare magari pagata a caro prezzo, che con gli amministratori che secondo le regole altre del malaffare hanno concesso le licenze a amici costruttori.
Ma non abbiate paura, su questo Marino sceso dalla bicicletta per inforcare il pedalò, sarà irremovibile: ha già annunciato che, con i tempi necessari, bloccherà le nuove richieste di concessioni in aree a rischio. E per quanto riguarda il passato la situazione sarà sanata. Come non si sa, ma ci conforta la Repubblica edizione romana, con un quadretto stilistico a dir poco agiografico: il sindaco marziano ma anche mistico ha una “visione”. E dire che di aspettavamo una delibera, un provvedimento, un programma, no, lui ha una “visione” come le sante in estasi e altrettanto estetiche sono le due entusiaste redattrici rendendoci noto che Marino, forte della sua esperienza professionale, è aduso a essere mattiniero, così saputo che pioveva si è subito messo in azione, facendosi informare tempestivamente dai suoi collaboratori, per poi decidere con dinamica determinazione e sfidando con coraggio l’inevitabile dissenso di recarsi sui “luoghi” dell’emergenza romana prevedibilissima, ma non abbastanza se ad esempio in nove mesi non è stato partorito il più semplice degli interventi non di prevenzione, ma di semplice manutenzione: ripulire i tombini. Ma si sa gli addetti sarebbero stati gli “scopini” dell’Ama e i nove mesi sono stati dedicati alla ricerca fortunosa e largamente sfortunata del nuovo vertice.
A differenza di Repubblica, fervente mariniana, le interviste di tutte le televisioni ai malcapitati e malconci romani colpiti dall’evento eccezionale, hanno illustrati i contenuti forti del “sistema” Marino, largamente mutuati dai governi nazionali che si sono succeduti in occasione di catastrofi altrettanto prevedibili e riassumibili nell’icastico slogan: sono cazzi vostri. E infatti unanimemente hanno raccontato di non essere stati allertati, di essersi salvati arrampicandosi sui tetti, di aver dovuto lasciare le case e ripararsi da vicini o parenti, di non aver visto nessuno, di essersi dovuti arrangiare, che a nessuno piaceva la tardiva soluzione in salsa cilena del sindaco, ficcarli tutti in una palestra del Foro Italico. E dire che a spiegare l’abbandono sarebbe bastata la verità: non so che fare e anche eventualmente non ho un soldo per farlo.
Sempre dalla stampa sappiamo che l’intraprendenza tempestiva del sindaco è frutto del suo modello organizzativo: tratta la città e i suoi problemi come se fosse in una sala operatoria. Purtroppo proprio come in una sala operatoria, a volte si dà che il paziente muoia.