Il termine download, nel senso stretto del termine, è la migliore parola chiave che potremmo utilizzare per definire quanto ormai il mondo del web faccia parte non solo della nostra esperienza culturale ma anche della nostra intera sfera personale nei rapporti con il mondo; Internet entra nelle nostre case e ci offre innumerevoli servizi, alcuni contestatissimi come i social network, altri apprezzati come i servizi di home banking.
Inutile dire che però l’attività che ci impiega per la maggior parte del tempo e che ci tiene incollati allo schermo del pc è quella di scaricare, ovvero fare il download di qualsiasi cosa ci venga in mente di procurarci dal videogioco per la nostra console al libro universitario. Ad oggi sono veramente pochi i contenuti che non si trovano pubblicati in una pagina web o uploadati, come si dovrebbe dire in gergo, in immensi archivi virtuali disponibili per chiunque abbia tempo e voglia di cercarli. Ci piace un particolare album del nostro artista preferito, un film di cui tutti parlano o anche solo un informazione? Basta collegarsi ai servizi giusti e avremo tutto a portata di mano in pochi click con buona pace di chi (il Governo Americano in particolare) si affanna da anni per limitare questo enorme flusso di contenuti che invade la rete e ne costituisce il pilastro fondamentale per quanto riguarda la caratteristica fondamentale del World Wide Web: la condivisione.
Condividere è infatti il verbo su cui si fonda tutta la struttura del web 2.0 e pazienza se spesso i contenuti condivisi, cioè diffusi in rete, sono protetti da ferree leggi sui diritti d’autore che l’FBI sta cercando di difendere strenuamente: avrete certamente sentito parlare della chiusura di Megavideo e Megaupload, due siti che sul concetto di condivisione avevano creato un vero e proprio impero economico. Ebbene questi siti sono stati chiusi in seguito alla parziale approvazione della tanto discussa ed odiata SOPA, acronimo che sta per Stop Online Piracy Act, un decreto legge che si sta cercando di approvare in USA che taglierebbe fuori dal mercato di Internet tutti quei siti che violino il copyright, questi siti verranno puniti con dure sanzioni economiche, con offuscamenti di parti del sito o addirittura con la definita chiusura. Manco a dirlo l’ondata di protesta contro quest’ennesimo tentativo di imbavagliare Internet e legalizzarlo, come piace dire ad alcuni, è montata velocemente guidata da diverse comunità di hacker (tra cui la notissima e temibilissima Anonymous) che hanno provveduto immediatamente ad attaccare i siti del Governo USA, del Boureau e delle più note case di produzione americane bloccandoli per diverse ore, per ora solo come avvertimento. (A tal proposito vi sarete accorti della strisciolina nera in alto a destra con cui Post Scriptum si dichiara contrario alla SOPA).
In realtà tutta questa faccenda dei download illegali non si differenzia molto dalle “cattive” abitudini che avevamo negli anni 90 e che, sicuramente, c’erano anche nei decenni precedenti.
Scaricare di straforo (per usare un eufemismo) se ci pensate non è molto diverso dal registrare un film in tv o una canzone dalla radio oppure dal fotocopiare un libro; in realtà in questo senso non era molto difficile avere tutto ciò che desideravamo, bastava solo avere la pazienza di aspettare che quel film in particolare venisse trasmesso in televisione, registrarlo ed aggiungerlo alla videoteca personale; la stessa cosa accadeva per le famose compilation in cassetta (di queste ne avrò fatto a centinaia) per cui bastava avere uno stereo con sintonizzatore FM e lettore CD per effettuare quello che oggi è stato sostituito da termini più complicati come streaming audio e ripping. Si chiamava l’emittente radio regionale, si chiedeva un brano in particolare e poi si stava tutto il pomeriggio in attesa che lo trasmettessero col dito sul tasto rec; oppure ci si faceva prestare il cd da un amico e si andava giù a selezionare brani e a registrarli come dei novelli tecnici del suono.
Quindi possono anche cambiare i tempi e le tecnologie ma ci sarà sempre qualcuno che scoprirà una via più breve per spendere poco ed avere tutto quello che vogliamo; certo, capisco che quando deve essere un terzo ad arricchirsi sfruttando questa situazione si vada incontro a problemi di natura più complessa di quanto io possa immaginare ma poichè spesso è proprio dal problema che viene la soluzione occorrerebbe che chi di dovere analizzasse meglio tutte le variabili in gioco.
Si potrebbe, ad esempio, evitare di spendere soldi per distribuire un disco sul supporto CD e commercializzarlo (ovviamente a cifre molto più basse) direttamente via download in formato digitale adatto ai moderni lettori musicali portatili e la stessa cosa si potrebbe dire dei film su DVD o su costosissimo Blu-Ray: al limite il cd si potrebbe realizzare e spedire in casa solo per chi ne facesse espressamente richiesta. In questo modo si abbatterebbero gran parte delle spese di produzione di un lavoro e il ricavo per l’artista sarebbe di sicuro maggio che non quei quattro soldi che attualmente ne cavano.
Sarò anche polemico ma io dubito che i grandi attori o i grandi cantanti si preoccupino così tanto della pirateria poichè i maggiori guadagni li li ricavano dai contratti pubblicitari e, nel campo della musica, dalle apparizioni live; semmai chi ci andrà di mezzo sarà proprio la casa produttrice, questo assurdo intermediario che deve per forza strafogarsi di soldi frapponendosi tra un artista e i suoi fan, e poco importa se fin troppo spesso questi intermediari siano delle vere e proprie bestie incapaci di distinguere tra buoni prodotti e merda d’artista, ovviamente non come quella di Piero Manzoni.
Quindi, e chiudo, credo proprio che ci saranno problemi finchè l’unico terzo che guadagnerà non siano proprio e solo le case di produzione. Bella prospettiva davvero