Il dragone veste "rosso esperto"

Creato il 05 novembre 2012 da Webnewsman @lenews1

Il drago, storico simbolo della Cina

Italia 1977. Senza storia e senza età, eroi di un sogno, non si sarebbero fermati per niente al mondo e si sarebbero incontrati per poi perdersi nel tempo. Erano i "figli delle stelle" di Alan Sorrenti. Cina 2012. Sono personaggi noti, talvolta arroganti echoosy. Sono cresciuti nel lusso e hanno studiato in costose università americane. Saranno forse i figli dei VIP cinesi? No, sono i figli dell’aristocrazia rossa. Figli che vengono chiamati "principini": denominazione bandita dai social network e dai motori di ricerca in Cina. Le loro escalation creano spesso malumore fra i comuni cittadini, i quali denunciano su Internet (nei limiti del possibile) una realtà evidente: la maggior parte dei concittadini che gestisce gli affari più lucrosi è figlia di vecchi o attuali astri della politica cinese. I rampolli del gotharosso siedono nei posti chiave delle guoyou qive, ovvero le "imprese a proprietà statale". Telecomunicazioni, finanza, energia e sicurezza sono i settori in cui i principini sono più attivi. "Quando c’è qualcosa di redditizio che emerge in economia - spiega Minxin Pei, professore di Government presso il Claremont McKenna College - sono in cima alla coda". Il caso forse più esemplare è quello di Wen Yunsong, conosciuto anche come Winston Wen, figlio del premier Wen Jiabao. Classe 1972, esperto di hi-tech e finanza, Wen Yunsong vanta un master in Business Administration alla Northwestern University, un MSc in Engineering Materials presso la University of Windsor e un BSc in Mechanical Engineering al Beijing Institute of Technology. Una gavetta (da project manager con Siemens Canada Mechanical asoftware engineer per la Chinese Academy of Space Technology) coronata con la nomina a chairman (presidente) di China Satellite Communications, un’importante impresa a proprietà statale. China SatCom è uno dei sei operatori che offre servizi di telecomunicazione in Cina, e secondo le stime della stessa impresa dal 2015 avrà a disposizione 15 satelliti operativi con ricavi per 16 miliardi di yuan, pari a circa 2 miliardi di euro. Non dimentichiamo che il giovane Wen è CEO (chief executive officer ovvero amministratore delegato) di Unihub Global Networks, azienda produttrice di dispositivi per le telecomunicazioni. In passato è stato uno dei fondatori della New Horizon Capital, società leader del private equity in Cina. Hu Haifeng, figlio del presidente della Repubblica Hu Jintao, è stato chairman di Nuctech, un’impresa statale che negli anni '90 deteneva il monopolio degli scanner per la sicurezza usati negli aeroporti, nei porti e nelle stazioni della metropolitana. Nel 2006 Feng Shaodong, genero di Wu Bangguo (un big del Partito comunista cinese), ha aiutato la banca d’investimento Merrill Lynch a concludere un accordo da 22 miliardi di dollari (circa 17 miliardi di euro) con la Industrial and Commercial Bank of China, un colosso del credito cinese. Li Huidi è il figlio di Li Changchun, un altro golden boy del PCC. Classe 1968, consegue una laurea in Electronic Engineering presso lo Harbin Institute of Technology nel 1990, e poi nel 1994 si trasferisce a New York per perfezionare i suoi studi al Polytechnic Institute. Entrato come presidential assistant, e poi promosso a vice president , il 27 febbraio è stato nominato vice CEO di China Mobile. Li Xiaolin, 51 anni, figlia dell’ex premier Li Peng (1988-1998), è CEO di China Power International Development, un’impresa a proprietà statale che si occupa di energia. Suo fratello Li Xiaopeng, 53 anni, è stato dirigente di Huaneng Power International, azienda produttrice di energia elettrica e amministrata dal Consiglio di Stato cinese. L’ultimo caso in ordine di tempo è stato riportato dal New York Times e riguarda DreamWorks. Il colosso del cinema di animazione ha annunciato un accordo da 330 milioni di dollari (circa 254 milioni di euro) per creare a Shangai uno studio capace di competere con le produzioni di Hollywood. Fra i partner del business fa capolino Jiang Mianheng. Classe 1952, un PhD in Electrical Engineering alla Drexel University, Jiang Mianheng il figlio di Jiang Zemin, presidente della Repubblica dal 1993 al 2003. È stato cofondatore della Semiconductor Manufacturing International Corporation, una fonderia con sede a Shangai e uffici in Italia, Giappone, Taiwan e Stati Uniti. Victor Shih, professore di Political economyalla Northwestern University ed esperto di élite cinesi afferma: "Dopo poco tempo capisci come siano davvero tanti i principini. Ci sono i figli dei funzionari in servizio, in pensione, locali, centrali, dell’esercito e della polizia. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone che cercano di usare le loro connessioni per fare soldi". I principini possono dormire sonni tranquilli grazie ad un sostanziale vuoto legislativo in materia di conflitto di interessi, per non parlare poi del sistema di informazione che manovra pesantemente (fino alla censura) le notizie che riguardano la vita dei familiari degli alti dirigenti politici. Una principessa azzurra del calibro di Nicole Minetti, figlia di papi Silvio (il Drago di Arcore by night), direbbe: "Questi figli dei comunisti cinesi spaccano di brutto!". Secondo un cablogramma reso pubblico da Wikileaks nel 2009, questa logica nepotista ha prodotto una spartizione delle attività economiche più redditizie fra i leader politici e, di riflesso, una serie di vantaggi competitivi per le aziende che possono annoverare nel proprio organigramma il nome di un principino. È il caso di Xidelong, azienda produttrice di capi di abbigliamento sportivo, che nei mesi scorsi ha annunciato di avere fra i propri azionisti Wen Yunsong, una nostra vecchia conoscenza. L’impossibilità di attuare riforme strutturali del sistema è una diretta conseguenza di questo ingranaggio. "È una delle sfide più ardue che la Cina deve affrontate, poiché ogni volta che si intendesse mettere mano alle riforme - precisa il professor Minxin Pei - i figli dei leader potrebbero dire: papà, e per quanto riguarda il mio settore?". È come se i padri fossero al servizio dei propri figli, e non il contrario. Nel 2011 la Cina ha riportato una crescita del PIL senza precedenti (+ 9,2%), e il Fondo Monetario Internazionale ha di recente rilevato che continuerà a crescere negli anni 2012 (+ 7,8%) e 2013 (+ 8,2%). Qual è il segreto del Dragone, la potenza economica che contende agli USA la leadership globale del secolo? Basta combinare totalitarismo politico e liberismo economico. A partire dagli anni '80 e '90 la Cina ha assistito all’introduzione dei meccanismi di mercato e concorrenza nel sistema economico. Gli stessi meccanismi hanno assunto un ruolo predominante nell’allocazione delle risorse sociali e produttive, in precedenza affidata alla pianificazione centralizzata. Si è passati ad un’azione di controllo, esercitata dallo Stato, mediante gli strumenti di politica economica. Il punto di maggiore rottura con l’ortodossia maoista è stata la creazione di "zone economiche speciali": aree geografiche dotate di una legislazione economica differente da quella in atto a livello nazionale. Questa mossa è stata adoperata ai fini di un simultaneo sviluppo di tutti i settori economici. Il termine "speciale" designa politiche e misure più flessibili, quali: incentivi fiscali per gli investimenti esteri e una maggiore indipendenza per la conduzione delle attività legate al commercio internazionale. Gli ingredienti per una ZES efficiente sono: strutture per attrarre investimenti esteri, joint ventures fra imprese cinesi ed estere, prodotti per l’export e attività economiche regolate dal sistema di mercato. La Cina ha anche assistito ad una riforma del sistema delle imprese statali, soprattutto tramite la trasformazione di queste ultime in società per azioni. Allo stato dei fatti il diritto di proprietà di tali imprese spetta allo Stato, mentre la responsabilità della gestione spetta alle imprese stesse, dotate di personalità giuridica (da cui la dicitura "imprese a proprietà statale" all’art. 8 Cost.). Capiamo come tali riforme non abbiano comportato una generale privatizzazione: la proprietà è rimasta in prevalenza pubblica, nel quadro di un’economia mista in cui è riconosciuta la supremazia del settore statale (da cui la dicitura "economia a proprietà statale" all’art. 5 Cost.). È qui che entra in gioco il totalitarismo politico e il deficit democratico. Lo Stato coincide sempre di più con il Partito comunista cinese, in particolar modo con il Politburo (ufficio politico) o il Comitato centrale del partito. Se pensiamo che questi due organi constano rispettivamente di 25 e 9 membri, e la Cina conta più di 1,3 miliardi di abitanti, capiamo come il potere sia nelle mani di un’oligarchia politica che sta cercando di lottizzare i settori economici più proficui. Il precursore dell’economia di mercato socialista (o "socialismo con caratteristiche cinesi"), che ha permesso l’apertura della Cina al mercato estero, è stato Deng Xiaoping, espressione dell’ala riformista del PCC. Famoso il suo detto: "Non importa se il gatto sia nero o bianco, purché acchiappi i topi". Ciò significava che quel che contava erano i risultati, anche qualora i mezzi per conseguirli fossero stati devianti rispetto all’ortodossia socialista. Tale ideologia contrastava con quella del Presidente Mao Tse-tung, il quale era solito dire: "Essere rosso è più importante che essere esperto". Nella Cina del XXI secolo pare che sia in auge il motto: "È importante essere rosso esperto".


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