Il duello dello spread

Creato il 24 luglio 2012 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

La crisi spagnola è molto profonda ma  deve farcela, la Bce deve stampare moneta, i governi devono mettersi d’accordo e l’Europa deve smettere di sprecare tempo: questi in sintesi gli argomenti trattati dai telegiornali serali che, mettendo il dito nella piaga, informano i cittadini dell’attuale situazione, presentando  le “ricette” di cui hanno bisogno i paesi europei per tornare a guardare al futuro e dimenticare lo spread alle stelle e la disperazione che si respira ogni giorno.

Dopo il recente venerdì nero, sapevamo già che avremmo iniziato con un lunedì da rialzo, e infatti, la settimana in Borsa è iniziata proprio come era terminata quella precedente: con crolli da allarme rosso. Il tutto mentre sono nuovamente lievitate le tensioni sui titoli di Stato dei paesi ritenuti più a rischio nell’area euro. Il rendimento dei titoli di Stato dell’Italia è schizzato alle stelle. La Spagna vacilla attirando su di sè il faro degli operatori, mentre si porta dietro l’Italia e la parte sud dell’Europa. Tutti sott’acqua. Perfino la solida  Germania non è immune dalla paura legata all’euro.

Nuovi elementi di incertezza per i mercati che in questa fase sono a caccia di stabilità. Se questa situazione permane ci si chiede: come si farà a raffreddare i numeri? Del braccio di ferro con la Merkel che aveva portato allo scudo non c’è più traccia, mentre procede spedito il trend negativo con lo spread che continua a crescere in modo preoccupante. Eppure l’Italia ha varato in pochi mesi riforme pesanti fra le quali anche un nuovo taglio alla spesa pubblica. Iniziative forti che dovrebbero avere effetti positivi sullo spread.

Il contagio che proviene dalla Spagna non fa distinzioni sottili sull’entità dei compiti a casa svolti dal governo italiano e l’intera valutazione del valore effettivo dei nostri titoli è ampiamente arbitraria. Il principale fattore che alimenta lo scetticismo dei mercati è schiettamente politico: ovvero l’incertezza sul dopo-Monti dalla primavera 2013. Per chiunque voglia speculare sul futuro italiano, la scena che i partiti e il parlamento producono quasi ogni giorno non è delle migliori. L’impressione è che troppa parte della classe dirigente italiana non abbia capito l’urgenza e la serietà dei fattori in gioco.

In effetti, in questo clima tensivo, i partiti nostrani propongono elezioni anticipate. Lo spread sopra i 500 e le borse in picchiata spingono i partiti a riaprire un confronto sulla legge elettorale. Ci sarebbe bisogno di un governo politico che collabori con il lavoro “sporco” del governo tecnico, dicono; in realtà, il timore che le manovre “lacrime e sangue” facciano perdere voti li induce a mordere il freno. La gente comune è preoccupata dai problemi da affrontare nel quotidiano e teme per i propri risparmi. Piazza Affari fa battere il cuore agli ex risparmiatori. La Spagna  e lo spread sono la nostra dannazione, siamo ritornati da dove eravamo partiti, dopo Berlusconi.

I partiti sono sempre più irrequieti. La crisi ampia e profonda alimenta la volontà politica di riprendere le redini del Paese per ripristinare un governo politico. La drammatica crisi fa capire che il tempo per Monti è scaduto. I partiti guardano alla situazione e accelerano i tempi per le elezioni. L’allarme spread, la pesante recessione in cui ci troviamo e le ricadute sociali mettono la frenesia per sbararre la strada all’avversario. L’Italia paga in parte le conseguenze di una crisi complessiva dell’unione monetaria europea, dovuta alla mancanza di un meccanismo istituzionale in grado di assorbire le crisi di liquidità degli Stati. Ma noi stessi abbiamo contribuito a questa crisi per la perdita di competitività, la mancata crescita della produttività ed un debito pubblico eccessivo.

E se tutto precipita, lo sbriciolamento del Paese a colpi di sperad è assicurato. L’unica certezza per noi italiani è che si andrebbe a votare con il “Porcellum” perché non si farebbe in tempo a fare alcun’altra riforma. Sinceramente non so quale dei due mali è peggiore.