Il fallimento di Bersani auspicio per un nuovo inizio

Creato il 28 marzo 2013 da Pausilypon
Interessante scambio di battute l'altra sera a Ballarò tra il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini e l'economista Lidia Undiemi, esperta  in problemi inerenti la crisi del debito sovrano in Europa, su cui è da tempo viva l'attenzione dei sostenitori del Movimento 5 Stelle. In particolare sul meccanismo del fondo salva stati (ESM) e del fiscal compact che impegnerà l'Italia in un esborso finanziario complessivo di 125 miliardi sul quale il silenzio dei media è stato sin dall'inizio  assordante, praticamente facendo trovare gli Italiani con le spalle al muro, di fronte al fatto compiuto. In primis, la reticenza di Repubblica che pure avrebbe potuto svolgere nell'occasione un insostituibile ruolo informativo, come ha subito sottolineato l'economista aggiungendo che è stato proprio il blog di Beppe Grillo a veicolare questo tipo di informazioni al grande pubblico. 125 miliardi per i quali l'Italia ha già iniziato a pagare le prime quote di adesione: siamo già a 43 miliardi di euro, fuoriusciti dall'Italia: altro che IMU! Giannini ha cercato inizialmente di contrastare la Undiemi dicendo che si trattava di una bugia ma è dovuto ritornare sui suoi passi e cambiare tono nel momento in cui la stessa economista ha insistito sulla fondatezza e giustezza delle sue osservazioni, avendo studiato a lungo il documento europeo istitutivo di tale fondo e per averci realizzato sopra un apposito dossier e varie altre pubblicazioni. A smentire sfortunatamente Giannini, il Corriere della Sera, in un pezzo a firma di Antonella Baccaro del 16 marzo a pagina 51, che così titolava a cinque colonne: «Debito oltre quota duemila miliardi / Il conto (salato) del fondo salva Stati»; dove ad un certo punto si dice: «Sempre nel mese di gennaio, il sostegno dei Paesi dell'area dell'Euro in difficoltà, cioè la quota di competenza dell'Italia dei prestiti erogati dall'Efsf (fondo salvaStati) è costata 0,4 miliardi, portando complessivamente tale contributo a 43 miliardi Ma rivelatrici dell'assoluta inconsistenza e labilità, persino sul piano ideologico e programmatico, dell'attacco forsennato che la corazzata mediatica Repubblica-L'Espresso muove da sempre al M5S sono proprio le ultime parole di Giannini. Ve le riportiamo sia per iscritto che in video: «Tanto per essere chiaro io penso che il M5S ha avuto un ruolo importantissimo anche in questo ultimo passaggio politico così delicato.  Faccio un esempio: Piero Grasso e Laura Boldrini non sarebbero mai stati eletti se non ci fosse stata la spinta del M5S. Oggi avremmo probabilmente in quei due posti due esponenti della, tra virgolette, vecchia politica, rispettabilissimi ma comunque non nuovi come sono stai quei due. Da questo punto di vista io non mi sogno di criticare assolutamente il ruolo positivo del M5S.  Dove però non ci siamo proprio, non ci siamo proprio, è quando questo movimento, pur essendo così innovativo e così utile da questo punto di vista, assume atteggiamenti spocchiosi rispetto all'esistente. D'accordo? Allora, benissimo che ci sia questo rinnovamento in Parlamento, lo chiediamo da tempo tutti quanti e ci fa piacere che ora ci sia, però vedere persone che entrano in Parlamento e intanto trattano i giornalisti dicendo: "Voi siete spalamerda", organizzano conferenze stampa la cui premessa è: "Però non si possono fare domande", poi.. una deputata non stringe la mano a Rosy Bindi, perché non ha piacere di stringere la mano a Rosy Bindi: quando avessimo avuto tutti i politici... Poi la si può pensare in maniera diversa da Rosy Bindi, io la penso in modo diverso su tante cose, ma avessimo avuto in questi decenni politici con la passione di Rosy Bindi, oggi non ci troveremmo dove ci troviamo. Tanto per dirne una.  Ma vado avanti, vado avanti. Poi sentiamo le critiche al sistema bancario ed abbiamo deputate grilline che, di fronte alla Camera, interrogate dalle Iene, non sanno che cos'è la BCE, n1on sanno chi è Mario Draghi...». Interviene Floris: "Quello diciamo... purtroppo succede in tutto lo spettro parlamentare compreso [...]" . Prosegue Giannini:    «Però dov'è  la differenza? Se poi arrivano con l'atteggiamento di chi dice:  "La ricreazione è finita, adesso levatevi tutti di mezzo perché ci siamo noi", allora lì c'è un cortocircuito. Io dico umiltà, perché l'umiltà la dobbiamo avere tutti, e senso di responsabilità perché c'è un paese da governare.... facciamoci carico di questi problemi, tutti quanti.».
Insomma, dopo un inaspettato e sperticato elogio al movimento di Grillo, Giannini gli avanza critiche, tutto sommato, assai deboli. Riassumiamole: 
1. la 'spocchia' dei nuovi parlamentari. La critica ci può stare, da parte di chi per carriera ha più dimestichezza e confidenza con la vecchia Casta, ma è evidentemente un rilievo di carattere meramente stilistico, insomma più di forma che di sostanza. Fra l'altro, con un'attenuante enorme: l'attenzione aggressiva e morbosa dei media verso questi nuovi deputati e senatori, osservati e descritti con circospezione quasi se su Montecitorio e Palazzo Madama fossero calati i marziani;
2. il linguaggio scurrile e l'atteggiamento di diffidenza nei confronti dei giornalisti italiani i quali, ad onore del vero, se lo sono meritato pienamente per essersi distinti in queste settimane proprio per la faziosità dei loro resoconti, spargendo disinformazione a mani basse anche quando si trattava semplicemente di riportare le parole pronunciate da Beppe Grillo in interviste a testate straniere, travisando pesantemente e sistematicamente il suo pensiero.  Tant'è che in più di un'occasione è dovuta addirittura intervenire la rettifica dell'intervistatore per smentire il senso delle affermazioni che gli venivano attribuite dalla stampa di casa nostra.  Insomma una costante e per certi versi inspiegabile delegittimazione del Movimento 5 Stelle ed in particolare del suo leader da parte dei principali organi di informazione, soprattutto non di partito;
3. la presunta 'ignoranza' dei nuovi parlamentari a 5 stelle. Se ci riferiamo alla conoscenza del diritto parlamentare, ciò è vero analogamente alle new entry degli altri partiti: si tratta di una normale e prevedibile iniziale difficoltà legata al nuovo ruolo acquisito che, evidentemente, non deve far gridare allo scandalo. Tanto più se coinvolge i neoeletti di tutti gli schieramenti. Quanto alla presunta incompetenza tecnica o alla scarsa cultura generale dei neoeletti, l'88% dei 5 Stelle è laureato, molto di più delle altre forze politiche. Circa l'intervista delle Iene di qualche giorno fa, basta andarsi a rivedere il video completo per rendersi conto di chi ha fatto la figura più barbina: non a caso Repubblica.it ha inizialmente pubblicato, provocando clamore nella rete, un video che tagliava proprio le risposte imbarazzanti dei parlamentari del PD. Possibile quindi che Massimo Giannini, in un'occasione ghiotta come quella di Ballarò in cui avrebbe potuto squadernare di tutto contro il M5S, particolarmente in un momento tanto cruciale per la vita istituzionale del nostro Paese, si sia limitato a rilievi di dettaglio, solo di natura estetica?  Come fa a giustificare allora una linea editoriale del giornale che dirige tanto aggressiva e negativa contro Beppe Grillo e il suo movimento?
Perché essere così a corto di argomenti fa sorgere più di un sospetto; cioè che, in fondo, dietro la guerriglia mediatica di Repubblica, ci sia probabilmente solo una bassa questione di potere, intesa non come disputa sui massimi sistemi ma come opaca questione di poltrone e di assetti organizzativi.  Probabilmente quello che più spaventa almeno una parte dell'intelligentia che fa riferimento al Partito Democratico è quella di restare fuori dai giochi, dalle spartizioni prossime venture, dalle future cordate, dai nuovi business, da inedite aree di influenza.  Insomma un problema di ricambio della vecchia nomenklatura democratica che verrebbe spazzata via dall'onda d'urto degli attivisti di Grillo e che impone ai vecchi centri di potere una ricompattazione immediata. Ad esempio sulla questione Tav, la preoccupazione sembra essere non quella di rinunciare ad una infrastruttura strategica per l'Italia (a cui, ormai è chiaro, non crede più nessuno), ma di vedersi mancare gli  appalti per le cooperative e le imprese amiche col conseguente inaridirsi di una preziosa fonte di consenso, così necessario in tempi di emorragia di voti! Il problema cioè non è la politica ma è il binomio politica-affari, non è la buona amministrazione, lo sviluppo economico, uno stato che funziona bene, offrire servizi sociali di avanguardia, un fisco equo, una giustizia giusta: no, ciò che conta è piazzare i propri uomini nei gangli del potere. Se poi questi politici, come è successo negli ultimi vent'anni, fanno il contrario di quello che hanno promesso al loro elettorato, per Giannini e c. la cosa è irrilevante: l'importante è che restino dei referenti affidabili per le esigenze dei gruppi di potere, per le lobby multicolore. Lasciare che della cosa pubblica si occupino direttamente i cittadini senza cooptazioni di sorta, senza debiti di riconoscenza verso chicchessia, ecco questo è un grosso pericolo da evitare.  La riorganizzazione della democrazia prefigurata dal movimento di Grillo attraverso la partecipazione diretta dei cittadini, senza l'intermediazione organica e strutturata dei vecchi partiti, significa la ristrutturazione di tutte, ma proprio tutte, le strutture di formazione, concentrazione e conservazione del consenso: dalle banche alle municipalizzate, dai giornali agli apparati ministeriali, ai partiti, agli enti locali, ai sindacati. Ecco perché la ricetta di Pierluigi Bersani, uomo dell'apparato partitocratico che si candida a guidare un millantatato governo del cambiamento,  è quella tipicamente del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare nulla. Non si capirebbe altrimenti come egli stia insistendo tanto, malgrado l'evidenza dei numeri, a voler ancora tentare di costruire un'improbabile alleanza di governo, dopo ben sei giorni di consultazioni infruttuose. E' invece cruciale che Giorgio Napolitano già stamane gli ritiri il mandato esplorativo e proponga finalmente un nome di vero cambiamento: a quel punto, una volta che la partitocrazia targata PD-PDL avrà fatto il sospirato (da tanti Italiani) fatidico passo indietro, i giochi si riapriranno. E forse tutti gli Italiani, anche quelli che si sono spinti in questi giorni a formulare accuse tremende e isteriche contro Grillo, lo dovranno ringraziare perché lui e il suo movimento, con la loro trasparente inflessibilità, avranno reso possibile finalmente l'avvio della rottamazione della vecchia classe dirigente di destra e di sinistra. E l'Italia potrà finalmente ripartire.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :