19 NOVEMBRE – Quasi sessant’anni fa, Orson Welles proclamava in una trasmissione radio che gli alieni stavano per arrivare sulla Terra, suscitando il panico in tutto il paese americano. Quando ci si pensa si sorride. Eppure oggi assistiamo quasi ogni giorno a fenomeni di questo tipo. Quante notizie false, quante voci di attori affetti da tumori, di morti, di sparizioni, di politica, che poi vengono smentite e si rivelano false. Gli studiosi dell’informazione l’hanno ormai messo in chiara luce: l’informazione, oggi, non è più sicura.
Risulta impossibile tracciare una distinzione rigida fra narrative naturali e artificiali; il narrare un evento comporta, già di per sé, la modificazione, l’influenza dell’intentio auctoris sul testo. In un mondo come quello contemporaneo, nel quale le informazioni sono un continuo flusso che passa da telefono a telefono, da blog a blog e da social network a social network, è impossibile distinguere fra un’informazione che denota un fatto reale e uno fittizio.
E il fenomeno non è certo così recente; si pensi ai falsi scoop: quello compiuto per gioco o per scommessa da Minoli su “Mixer”, il 5 febbraio 1990, e poi confessato dall’autore, a proposito del presunto broglio sui risultati del referendum per la repubblica del 1946; o quello, ancora più esilarante, della radiocronaca dello sbarco dei marziani, una trasmissione fantastica di Orson Welles, che fu erroneamente interpretata come vera, suscitando il panico fra il pubblico. All’epoca, questi falsi scoop facevano notizia: oggi, sono nell’ordine del giorno. Si pensi a cosa accadrebbe oggi se una qualsiasi persona pubblicasse su FB, supponiamo, una notizia a proposito dell’arrivo dei marziani: susciterebbe ilarità e forse sarcasmo (tranne per coloro che credono ai marziani). Mentre, fino a mezzo secolo fa, era fonte di panico: perché? Perché oggi la notizia ha perso la sua importanza. Fino all’arrivo di internet – o, anzi, dei social network – diffondere notizie era un “privilegio” di alcuni, che era preposti a quel compito. Oggi chiunque, in qualsiasi parte del mondo, può pubblicare quello che vuole. Tanto meglio per la libertà di espressione, ovviamente; ma con la triste o forse ironica conseguenza che non esiste più la possibilità di accertare, per il lettore, la veridicità della notizia.
Un altro fattore importante è lo stile comunicativo; non più conferenze stampa, non più notizie ufficiali e ufficiose, ma una cronaca, televisiva e non, che unisce il pubblico e il privato, le voci e i punti accertati. Il pubblico, formatosi ormai su una televisione composta principalmente da soap-opera, da trasmissioni dove i protagonisti vomitano le loro esperienze personali sul pubblico, da notizie di gossip che entrano nella vita privata di personaggi più o meno noti (addirittura la casa vaticana è diventata oggetto di trasmissioni su come vive il Papa), non è più in grado di recepire la verità di certe notizie; forse, addirittura, gli stessi telegiornali non possono più distinguere. E così esplodono le false notizie, gli annunci catastrofici, la mania del complotto. Sì, la mania del complotto: proprio perché incapaci di distinguere fra ciò che descrive la realtà e ciò che cerca di inventarla, siamo giunti a dubitare di ogni notizia, a cercare, spesso in modo ridicolo e inconsistente (basandosi su costruzioni mentali di bassa lega), spiegazioni complottistiche che lasciano il tempo che trovano. E, con una breve ricerca a partire da Google, si può trovare di tutto e di più, su qualsiasi fatto; ipotesi metafisiche, divine, capitalistiche, socialiste, massoniche, corporative, diplomatiche e chi più ne ha più ne metta. Si crea, così, la notizia spazzatura. Non tutta, certamente. Anzi: ben venga questa libertà di espressione, che ha portato a rivolte, cambiamenti e che porterà ad ulteriori cambiamenti in seguito. Ma pensare di fare affidamento alla notizia in generale, risulta di fatto assurdo; si avverte un malessere generale, in questi tempi, una sensazione di segreti che non possono fuoriuscire. Ebbene, forse una delle cause è proprio questa instabilità della notizia; una sorta di butterfly effect della rete.
Enrico Cipriani
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