"Il fantasma di Canterville" di Oscar Wilde

Creato il 24 maggio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Andrea V.

Titolo: Il fantasma di Canterville Titolo originale: The Canterville Ghost Autore: Oscar Wilde Editore: Einaudi Collana: Einaudi Tascabili (Testo a fronte) Prezzo: 8,00 euro Data uscita: marzo 2012 Trama: Che cosa può spingere un vecchio fantasma, Sir Simon de Canterville, sull'orlo della depressione? Forse i nuovi abitanti del suo antico castello, l'ambasciatore americano Otis e la sua portentosa famiglia, che non si lasciano certo spaventare e mettere in fuga da catene scricchiolanti, ululati sinistri e macchie di sangue. Stampato per la prima volta nel 1887, Il fantasma di Canterville è una favola semplice e accattivante, un po' macabra un po' amorosa, leggera e ironica, capace di conservare il sapore fondamentale dell'opera di Wilde che, come diceva J. L. Borges, «è la felicità».

RECENSIONE

[…] al giorno d’oggi abbiamo tutto in comune con l’America, fuorché, naturalmente, la lingua.

Cari lettori,  Einaudi pubblica, in edizione economica, i grandi classici della letteratura straniera con testo a fronte. Il nome di Oscar Wilde è storicamente legato a Il ritratto di Dorian Gray, ma il testo qui pubblicato – Il fantasma di Canterville – è un racconto giovanile dell’autore irlandese, che contiene però in nuce tutti gli elementi propri della sua poetica: paradosso intellettuale; capacità di elementi perturbanti di fungere da svelamento delle ipocrisie; idea dell’amore e dell’immaginazione artistica di fungere da controcanto e riscatto di meschinità e cecità intellettuale; vita come teatro, contraffazione, artificio, con una chiara anticipazione dell’estetica camp.
Il protagonista è difatti un fantasma, condannato ad una non-morte per aver ucciso in un feroce attacco di gelosia la propria consorte, Eleanor di Canterville (un tema che in qualche modo può ricordare l'Otello di Shakespeare). Incapace ormai di generare qualsiasi tipo di terrore, suscita pietà e derisione; il suo tempo viene speso nel ricordo delle antiche glorie – di stampo chiaramente teatrale: dame impazzite e cavalieri spinti al suicidio. Questo tempo è finito. 
Il fantasma di Canterville è favola umoristica, racconto amoroso, parodia del romanzo gotico, ma soprattutto riflessione sui limiti del concetto di verità; e poi ancora confronto e scontro tra due visioni del mondo. Da una parte, gli inglesi, che non possono che credere alle storie che hanno udito fin dalla loro infanzia e che, così radicate sul territorio, ne costituiscono lo stesso immaginario collettivo. Di contro, gli americani, così rinchiusi nel proprio materialismo e razionalismo (rappresentato dal linguaggio pubblicitario) da non credere nell’esistenza di creature e realtà che non rispondono a leggi razionalmente descrivibili. Gli spettri, anzi, sarebbero stati importati come merce da esibire; con un chiaro riferimento al feticismo delle merci di cui parlano Marx e Benjamin, anche ectoplastiche, se solo ci si credesse:

[…] sono certo che se in Europa ci fosse qualcosa come un fantasma, ce lo saremmo subito portato via, e sarebbe già in uno dei nostri pubblici musei, o a dare spettacolo per le strade.

Come non fare riferimento dunque a un film che costituisce una versione vagamente pop-adolescenziale del racconto di Wilde, ma che in alcuni punti amplifica, rendendoli più chiari, alcuni passaggi cruciali del testo: Fantasma per amore (1996):

FRANCIS: […] In realtà non sono più venuto qui da quando i Canterville se ne sono andati, ma non è cambiato niente.ADAM: Allora sai anche del fantasma!
OTIS: Adam!FRANCIS: Non si preoccupi! Anch’io so del fantasma, come tutti del resto qui intorno.
OTIS: Noi prendiamo questa storia con le dovute riserve.
[…]OTIS: Io credo che ogni luogo viva le sue superstizioni, le sue allucinazioni collettive.

Nel film di Sydney Macartney il contrasto tra credere e vedere, e tra fede razionalistica e cecità viene amplificato: il signor Otis non può vedere lo spettro di Sir Simon de Canterville perché le sue categorie mentali non lo ammettono come tipologia di realtà. Questo fa sì che si perda parte della carica ironica del testo di Wilde: la famiglia Otis vede da subito il fantasma, ma lo tratta con sufficienza, si fa gioco di lui, non se ne lascia minimamente intimorire. In un gioco di ruoli, il fantasma, da creatura perturbante e spaventevole, diventa oggetto delle angherie di una famiglia di iper-scettici stranieri. E la beffa, che pur tocca il culmine con il fantasma-feticcio costruito dai gemelli (Sir Simon in un primo tempo crede all’esistenza di un collega, al punto da volerlo come alleato contro gli indesiderati ospiti della tenuta), non si ferma a questo. L’ironia maggiore è data infatti dal materialismo pubblicitario degli americani, atteggiamento che cancella la fede inglese per le storie di spettri. I due esempi più eclatanti sono la terribile macchia di sangue e le catene del fantasma. Nel primo lo smacchiatore diventa il distruttore – anche se momentaneo: la macchia difatti tornerà – del simbolo del delitto per cui Sir Simon è condannato ad una non-morte, e di conseguenza di tutto ciò che costituisce il bagaglio di memoria collettiva inglese.

- […] La macchia di sangue è ammiratissima da turisti e altra gente, e non può essere rimossa.- Che assurdità, - esclamò Washington Otis. – Il detergente Pinkerton, il Campione-contro-le-macchie, la pulirà in un baleno. […] Qualche istante dopo della macchia di sangue non si vedeva più alcuna traccia.
[…] Ma non fece in tempo a pronunciare queste parole che uno spaventoso lampo illuminò la stanza buia e un terribile boato di tuono li fece balzare tutti in piedi. […]- Che clima orrendo, - disse l’ambasciatore americano in tutta calma.

Ma se la carica terrificante è diminuita dall’atteggiamento degli Otis, anche il fantasma condanna se stesso al ridicolo, cedendo ai consigli degli ospiti della tenuta. Davanti all’aspetto terribile del fantasma – occhi ardenti, aspetto terrificante, catene e tutto ciò che l’immaginario gotico consegna alla tradizione, Otis non fa altro che dire:

- Mio caro signore, […] sono costretto a insistere: deve oliare le sue catene. Per questo le ho portato un flacone del Lubrifante del Sol Levante Tammany.

Dopo lo svelamento delle ipocrisie americane, Wilde usa il personaggio di Virginia come redenzione e canale di dialogo: se il resto della famiglia entra in contatto con Sir Simon senza però comunicare, la ragazza crede e soffre insieme allo sventurato fantasma. Sarà infatti lei a pregare per lui e a condurlo nel viaggio nel regno della morte, permettendo alla profezia di salvezza e perdono di avverarsi. 
La tragedia è, infatti, estranea a Il fantasma di Canterville: Wilde dimostra una fiducia nell’amore; questa fiducia invece sfocia nella morte ne Il ritratto di Dorian Gray. Ma il perdono dei peccati non è mai definitivo: è un atto di negoziazione irrisolto. Difatti, le belle speranze di Virginia si infrangono contro il non-rimosso materialismo del padre. Questi, infatti, si mette a disquisire sull’opportunità o meno di accettare i gioielli che gli eredi di Sir Simon le hanno offerto come ricompensa per i suoi servigi al loro antenato. 
In definitiva: una bella edizione del racconto di Wilde, con ottime introduzione e note. Il testo a fronte permette di godere della complessità e bellezza della lingua di Wilde; caratteristiche che, nell’opera di ogni traduttore, vanno in parte perse. Le note – che in parte discutono le scelte traduttive – permettono al lettore di comprendere la polisemia del testo e, soprattutto, il profondo reticolo intertestuale (romanzo gotico, letteratura romantica inglese, teatro) che rende un racconto umoristico un’anticipazione estetica della produzione maggiore dell’autore.


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