Il fantasy dalla parte delle donne

Da Fant @fantasyitaliano

[Per celebrare l'8 marzo, invece della solita mimosa, ripropongo un articolo pubblicato tempo fa su Finzioni. Mi rassegno anche a passare per persona poco ironica. Pazienza, me ne farò una ragione. Ci sono cose più importanti nella vita.]

Non c’è nulla di male nell’interessarsi a qualcosa — in questo caso la letteratura di genere — solo perché si ha voglia di farlo, senza per questo dover trovare scuse che ci facciano sembrare occhialuti intellettuali al cospetto di amici e parenti. A volte,  però, capita che qualcuno giudichi la letteratura fantastica come minore, e ci si trovi costretti a pescare buoni motivi per difenderla. Approfittando della Giornata internazionale della donna, mi sentirei di ricordare che nessun genere, negli ultimi anni, ha dato maggior importanza alle figure femminili, sapendo raccontare come le donne, in qualsiasi società, debbano lottare contro norme sociali – purtroppo molto reali – per guadagnarsi il diritto di vivere la vita che vogliono. Penso allora che è bello smentire i pregiudizi. E per dire, uno vuole che la letteratura fantasy sia considerata più inutile di tutti gli altri generi messi insieme. Piena di personaggi stereotipati, bidimensionali e trame scontate. Personalmente, tornado a quel che dicevo prima, una delle cose che più ho imparato ad apprezzare nei romanzi fantasy è la visione positiva delle donne. E scusate se non ho dato per scontato che una tematica che riguarda il 50% della nostra società debba rientrare necessariamente in un genere considerato minore o d’evasione; questo rispetto alla letteratura “alta” che tratta più spesso di cose come il blocco dello scrittore, l’alcolismo, o l’andare a donnine allegre. E sì, lo so che sto ragionando anch’io per stereotipi di genere letterario, ma a volte un ribaltamento di prospettiva può essere utile.

Citare Marion Zimmer Bradley o Ursula Le Guin è troppo facile, ma tiro comunque fuori dallo scaffale (il mio e-reader) il Signore degli Anelli, capostipite indiscusso del sotto-genere cavalleresco. Spunta una figura su tutti, Eowyn. La fanciulla che ammazza niente meno che un Nazgul. Uno dei personaggi più articolati del libro di Tolkien, scritto in anni in cui il femminismo non era ancora propriamente di moda. Magari è passato in testa a qualcuno che per un adolescente del 1945 leggere di una donna che sfida le convenzioni sociali potesse essere meglio di leggere di un giovane sboccato che prova ad andare a donnine ma non ci riesce? Sì, Giovane Holden, sto parlando con te e con i tuoi emuli.

Al di là dell’ironia, il punto vero è che il mercato, a lungo, ha giustificato una visione “di parte” del genere, soprattutto in Italia, dove, con l’eccezione dei pochi romanzi Young Adult, di veramente rappresentativo è arrivato pochissimo.

Ci sono poi gli esempi di personaggi più conosciuti, come Daenerys Targaryen, che, dopo essere letteralmente venduta ad un barbaro a capo di un popolo di selvaggi e stupratori, riesce a guadagnarsi la sua libertà e, forte della sua esperienza negativa di “donna resa oggetto”, decide di liberare dalla piaga dello schiavismo un intero continente. Niente male come disimpegno. C’è poi la terribile regina Cersei, odiata da grandi e piccini. Avida, cinica e certamente uno dei personaggi meno empatici di tutte le Cronache. Nonostante questo, in più di un caso, si solidarizza con un personaggio così complesso. La regina, si scopre, è vittima del maschilismo dei tempi (solo quelli di uno pseudo medioevo o anche i nostri?) che le impone di sposare un marito che non la ama e sfornare tanti “principini biondi”.

Sempre in tema Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, fa molto riflettere che uno dei pochi cavalieri scelti da Martin per rispettare gli ideali cavallereschisia Brienne. Ancora, una donna.

Altra degna rappresentante della categoria è la protagonista di Hunger Games, Katniss Everdeen, che abbiamo già visto essere esempio di empowered woman.

Infine, per citare qualche titolo sconosciuto ai più, Karen Miller ha sviluppato una trilogia fantasy, ancora inedita in Italia (editori in ascolto, non sarebbe il caso di farci un pensierino, vero?), quasi completamente al femminile. Il primo capitolo, Empress, parla di Hekat, una bambina abbandonata dai genitori che riesce a farsi strada fino ai piani più alti della società. Mentre il libro, The Riven Kingdom successivo narra dell’erede al trono di un reame che lotta per occupare il posto del padre in una società che da scarsissimo peso alle donne e che farà di tutto per toglierle quel che ad un uomo sarebbe spettato di diritto.

Davvero, fosse anche solo per questi pochi esempi, non mi sentirei di considerare la letteratura fantastica come un comodo rifugio dalla realtà. E voi?


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