Il fascino epico del western: “Il destino attende a Canyon Apache”

Creato il 18 gennaio 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Ossimoro Non è mistero il mio amore per le inconsuetudini: se un romanzo possiede una trama, un’ambientazione e un punto di vista particolare è solo questione di tempo prima che lo faccia mio. Così è andata con Il destino attende a Canyon Apache, un western edito dalla giovane casa editrice Las Vegas Edizioni (giovane perché, se fate un giro sul loro sito, scoprirete che i redattori hanno la mia età: si aggirano intorno ai venticinque anni). Ho letteralmente adorato questo romanzo: è un libro dalla trama avvincente, arricchita da uno stile curatissimo e dalla presenza di personaggi vivi e scolpiti a tutto tondo.   
E le autrici chi sono? Laura Costantini e Loredana Falcone scrivono insieme dall’adolescenza e questa è solo l’ultima delle loro tante, coinvolgenti e variegate storie. Seguiteci e vi proporremo, oltre alla recensione, anche una ricca intervista alle autrici. Autori: Laura Costantini e Loredana Falcone Titolo: “Il destino attende a Canyon Apache” Editore: Las Vegas Edizioni Collana: i jackpot Genere: western, avventura, romanzo di formazione Pagine: 328 Prezzo cartaceo: 15 euro Prezzo ebook: 3,99 euro Trama: È il 1870 e la giovane Kerry Roderyck, abituata al lusso e ai privilegi ma a cui la Guerra di Secessione ha tolto tutto, è in viaggio per lande desolate e praterie sconfinate: un uomo che disprezza la aspetta per fare di lei sua moglie. Shenandoah, la giovane squaw dai grandi poteri, è in attesa di scorgere una visione sul futuro della sua tribù, ma anche sul passato e su ciò che la differenzia dalla sua gente. Le loro piste sono destinate a incrociarsi e allacciarsi, e con esse quelle di David "Coda che Suona", l'amico degli indiani, e di Daniel "Occhi d'Inverno", lo spietato assassino di pellerossa. Mentre la guerra tra bianchi e rossi incombe, le vite dei protagonisti, così diverse e lontane tra loro, finiranno per unirsi e cambiare profondamente e dolorosamente.

RECENSIONE Io ho dei profondi pregiudizi nei confronti del genere avventuroso: spesso a un’azione tanto serrata quanto inverosimile si accompagnano personaggi “fumettone”, positivissimi i protagonisti e sadici gli antagonisti (penso soprattutto agli storici bestselleroni di Clive Cussler e Wilbur Smith). Non sono facile agli entusiasmi, ma vi confesso che questo romanzo mi ha fatto rivalutare un intero genere: se qualcuno mi domanderà, da oggi in poi, se sia possibile imbastire una storia d’avventura che catturi senza grondare stereotipi e assurdità, potrò rispondere “sì”.

Che cosa rende “Il destino attende a Canyon Apache” un libro tanto speciale? Innanzitutto si tratta di un western storico e la sua ambientazione è quanto mai affascinante e profondamente in controtendenza rispetto alle mode odierne, nonostante tutti gli archetipi del genere western siano minuziosamente onorati: lotte tra cowboy e pellerossa, personaggi divisi tra i due mondi, conflitti identitari, vendette e ricerche di verità, lunghe marce nelle praterie bruciate da sole, duelli, rese dei conti a fuoco, redenzioni e resurrezioni a sorpresa. 

A queste tematiche classiche si aggiungono novità interessanti, prima fra tutte il punto di vista inconsueto di due donne, l’indiana meticcia Shenandoah e la nobile sudista decaduta Kerry, entrambe impegnate in un viaggio interiore alla scoperta di se stesse e delle proprie possibilità in un mondo ostile. Altrettanto particolare è la comprimarietà delle figure maschili, comunque centrali, nei personaggi di David “Coda che suona” Cassidy, funzionario governativo amico degli indiani, e di Daniel Pinkerton, feroce cacciatore di taglie e massacratore di “musi rossi”: figure problematiche, verosimili ma imprevedibili, che compiono una maturazione interiore notevole e a tratti davvero intrigante (penso soprattutto alla parabola di Daniel). In questo libro ce n’è davvero per tutti i gusti: anche l’elemento sentimentale è magistralmente gestito e le due storie d’amore sono coinvolgenti e assolutamente non scontate. 

Insomma, un romanzo che tiene il lettore incollato alla pagina senza le solite strategie furbette e ruffiane che infestano i best seller, ma conquista con la sola forza del suo intreccio ben congegnato, scandito da uno stile meticoloso ed evocativo, di una qualità altissima, che ben di rado (purtroppo) si trova nei romanzi d’intrattenimento. Eccone un esempio, una scena drammatica che vede protagonisti Kerry e Daniel: Come di consueto, aggiungo anche qualche nota tecnica: l’editing e la cura dei riferimenti storici sono ottimi, così come i materiali di cui è fatto il libro (una brossura praticamente indistruttibile, che non si sfalda alla prima apertura e quindi vale tutti e 15 gli euro che costa). Una notina negativa la faccio invece sul titolo scelto: pur essendo molto in stile western, non trovo che “Il destino attende a Canyon Apache” riesca ad esprimere tutto l’immenso mondo che cela questa storia, non resta impresso e non è particolarmente accattivante; forse sarebbe valsa la pena di lavorarci di più. 

Aggiungo che non sarebbe stata una cattiva idea proporre un cartina che mostrasse il luoghi dell’azione e (della serie: ora sto esagerando) una mini cronologia essenziale con gli eventi storici che hanno avuto luogo in quella parte di mondo. 

In definitiva, una storia a più livelli di lettura, densa come la vita vera, che appagherà la vostra voglia di epicità ed evasione insieme al vostro desiderio di riflessione, introspezione e bellezza stilistica. Tanto che mi domando come sia possibile che due autrici tanto talentuose e convincenti non siano famosissime.  
Peraltro vi segnalo che, se leggerete questo libro, potrete partecipare al concorso letterario Un destino per Shenandoah: trovate tutte le istruzioni qui e avete tempo fino al 31 marzo 2013. E ora veniamo all’intervista! Scopriamo insieme chi sono e cosa scrivono Laura e Loredana, le autrici di questo splendido libro.  1) Benvenute Laura e Loredana su Diario di Pensieri Persi! Confesso con una certa incredulità che non ero al corrente della vostra esistenza prima della lettura di Canyon Apache, nonostante sia solo l’ultimo della vostra lunga e variegata lista di romanzi. Il vostro sodalizio risale all’adolescenza: cos’è cambiato da allora? Quando e come scrivete insieme a quattro mani? Da allora è cambiata l’età, purtroppo. L’entusiasmo e la voglia di “giocare” con le parole sono rimasti intatti. Il nostro appuntamento settimanale è il lunedì nell’ormai mitica e famosa (sul web) cucina di Loredana. E’ lì che sforniamo i nostri tomi. 2) L’ambientazione del vostro romanzo è affascinante quanto inconsueta: perché un western? E, a parte Tex Willer (accreditato dalla quarta di copertina), quali sono i vostri modelli di riferimento? Siamo figlie di una programmazione televisiva a suon di film western, americani e non, che hanno fatto storia. E di fiction come “Alla conquista del west”. Quelle atmosfere ci sono rimaste dentro e noi le abbiamo arricchite con il nostro amore per la ricerca storica e per le ambientazioni lontane. 3) I personaggi di Canyon Apache sono multiformi e spesso contraddittori (i miei preferiti sono senz’altro Shenandoah e Daniel): una delle tematiche più evidenti è il conflitto di identità, una tematica sempre attuale. Quale messaggio per la contemporaneità veicolano i personaggi, con il superamento – spesso doloroso – dei loro conflitti identitari? Il rispetto reciproco, il riconoscimento dell’altro pur nella sua diversità, la consapevolezza che sotto il colore della pelle il sangue è lo stesso. Andare oltre le apparenze, riuscire a capirsi. La tolleranza. Crediamo che mai come in questo periodo storico sia importante ricordare che uno dei peggiori difetti della natura umana è cercarsi dei nemici e identificarli in chi appare, in qualche modo, diverso. Oggi tutti diamo per scontato che la civiltà dei nativi americani avrebbe meritato un miglior destino. E, nello stesso tempo, siamo prontissimi a rifiutare quelli che consideriamo i “selvaggi” contemporanei. È di questi giorni la notizia della proposta di un autobus riservato agli immigrati. 4) Le protagoniste della vostra storia sono soprattutto Kerry e Shenandoah, due donne alla ricerca del proprio posto del mondo, che non si tirano indietro dinanzi a situazioni difficili, reagendo spesso con un’indipendenza d’azione che precorre i tempi, specie vista l’epoca in cui si svolge la storia: com’era la vita della donna negli anni e nei luoghi in cui è ambientato il vostro libro e in cosa le due protagoniste sovvertono l’ordine vigente? Di donne che si sono ribellate alla morale imperante nei loro tempi ce ne sono sempre state. Nel nostro romanzo, quella che compie il viaggio più difficile è sicuramente Kerry. Lei appartiene a una cultura razzista, dove i bianchi sono e devono rimanere l’elite. Dove una donna non può mai accettare di amare qualcuno che le sia inferiore. Inoltre, vive in un’epoca dove il destino delle donne è sposarsi e mettere al mondo dei figli. Una donna che non appartenga a un uomo, davanti a Dio e alla società, è ipso facto una donna perduta o, nella migliore delle ipotesi, un essere umano che ha fallito la propria missione. Kerry è convinta che ciò sia giusto e cerca la propria realizzazione attraverso l’amore per un uomo. Ma in questo è rivoluzionaria, perché decide di seguire i propri sentimenti oltre ogni barriera sociale e morale. Accetta, contro le sue stesse radicate convinzioni, di amare chi, ai suoi occhi, appare totalmente indegno. Il suo viaggio verso Canyon Apache è un viaggio verso una maturazione che la renderà una donna diversa, una persona migliore. 5) Venendo al discorso editoriale, ho notato che negli anni avete cambiato un buon numero di case editrici, per cui mi sembrate le persone più adatte ad esprimere un parere che di solito in pochi hanno il polso della situazione per argomentare: che cosa ne pensate dell’editoria in Italia? Com’è stata la vostra “parabola editoriale”? L’editoria in Italia è campo di difficile accesso. E forse non è del tutto sbagliato che così sia. Sebbene noi si stia ancora tentando di fare il salto di qualità, sebbene si abbia sotto gli occhi la realtà di scritture che accedono alle grandi major editoriali senza alcuna garanzia di qualità, riteniamo che gli ostacoli per accedere alla pubblicazione (una pubblicazione non a pagamento, sia chiaro) siano in qualche modo necessari. Perché sono troppi oggi gli autori che si ritengono degni di pubblicazione senza avere la benché minima preparazione, culturale e stilistica. Detto questo (che non ci renderà particolarmente simpatiche) veniamo a noi. La nostra parabola parte dalla decisione di evitare come la peste qualsiasi proposta editoriale che comportasse l’esborso di soldi. Pochi o tanti che fossero. Abbiamo sempre avuto una grandissima fiducia nella nostra scrittura. Una fiducia ricambiata dalle piccole case editrici con le quali abbiamo collaborato e continuiamo a collaborare. Col tempo ci siamo rese conto che accedere alle grandi, fatte salve le leggende metropolitane dell’esordiente assoluto che per sbaglio spedisce un tomo da 1200 pagine che viene letto e diventa la trilogia bestseller del secolo, è possibile solo con un certosino e paziente lavoro di crescita, di contatti, di collaborazioni giuste. Indispensabile arrivare a un agente letterario che creda nell’autore e in ciò che scrive. Ma ci si arriva solo dopo tempo, delusioni, cadute e risalite. Noi, forse, ci stiamo per arrivare. E teniamo le dita incrociate. 6) Ho letto nella postfazione del vostro romanzo che la storia editoriale di Canyon Apache è particolarmente interessante e passa attraverso un sito di fan fiction: Loredana Lipperini ha scritto nei suoi saggi che queste creazioni finiscono per essere il contenitore di tutte le aspirazioni, umane e sentimentali, degli scrittori, fungendo da fucina per alcuni contenuti estremamente innovativi. Che cosa ne pensate? Il nostro western è stato scritto in anni in cui Internet era ancora una cosa da pionieri. Gli editori ci dicevano che un genere così poco frequentato in Italia non avrebbe avuto alcuna chance. Non frequentavamo i siti di fan fiction, ma fu la scoperta dei bellissimi romanzi di Lara Manni che ci condusse al sito www.efpfanfic.net Ci consultammo e decidemmo di dare al nostro romanzo una possibilità. Lo abbiamo fatto più volte. Anche la nostra collaborazione con Historica Edizioni è nata grazie alla pubblicazione online dell’inedito Le colpe dei padri. Francesco Giubilei lo lesse a puntate su un nostro vecchio blog splinder e ci chiese di pubblicarlo. Tornando al western, su EFP fu amore immediato tra i lettori e i nostri personaggi. Migliaia di contatti, recensioni e commenti entusiastici. Incoraggiate lo sottoponemmo al blog Starbookscoffee che lo rese scaricabile gratuitamente. Il download fu altrettanto incoraggiante. E così Las Vegas Edizioni ci ha fatto una vantaggiosa proposta editoriale. 7) Approfitto della vostra consuetudine al tema delle fan fiction per porvi la domanda dell’anno, in merito al successo della ex fan fiction twilighteriana Cinquanta sfumature di grigio. L’avete letto? Che cosa ne pensate? Qual è secondo voi la ragione di questo successo? Premesso che entrambe abbiamo amato la saga Twilight, tutte e due ci siamo lette le Sfumature. Ci è piaciuto? No, ma la curiosità ha funzionato. Non vogliamo dire che si possano vendere milioni di copie alimentando la curiosità morbosetta dei lettori e delle lettrici, ma resta il fatto che le Sfumature sono una lettura elementare, studiata per mettere insieme tutti i luoghi comuni possibili, tutte le ambientazioni che funzionano, tutte le banalità che hanno fatto la fortuna delle soap-operas. La scrittura è basica, i colpi di scena prevedibili, il deja-vù funzionale perché segue pedissequamente l’evoluzione del rapporto tra Bella e il vampiro Edward aggiungendo quella componente erotica che Twilight aveva saputo sublimare alimentando l’attesa per ben quattro libri. Insomma, la signora E.L. James ci ha saputo fare e l’effetto domino ha completato l’opera. Ma crediamo che l’onda lunga dell’erotico soft stia già per esaurirsi. Un fuoco di paglia con buona pace dei grandi editori che hanno messo i ghost-writers a sfornare trilogie dai titoli improbabili e sempre più colorati. 8) La vostra produzione, più ancora che vasta, è variegata: stando alle notizie che ho reperito in rete, avete scritto fantasy, gialli, thriller, romanzi introspettivi, epopee storiche dalle ambientazioni più diverse e anche diari di viaggio. Adesso avete affrontato anche il western. Qual è il segreto della vostra multiformità creativa? Non mi riferisco solo a un’indole, ma anche a qualche informazione di carattere tecnico su come vi preparate a ogni nuova sfida (forse sarò poco romantica, ma sono una seguace della teoria newtoniana della traspirazione che vince sull’ispirazione). E qual è il vostro romanzo di cui siete maggiormente orgogliose? Non ci piace essere confinate in un contesto. La nostra scrittura si alimenta di fantasia e di ispirazione, le più variegate. Senza mai dimenticare un certosino lavoro di documentazione che spazia dalle ambientazioni storiche (la nostra passione) alle curiosità geografiche, dalla consultazione della cadenza dei pleniluni agli archivi meteo, dallo spulciare i cataloghi di abbigliamento intimo di epoche passate allo studio di tradizioni, credenze, leggende. Ogni romanzo è un viaggio e chi ha avuto modo di leggerci, spesso si chiede se abbiamo realmente frequentato determinati luoghi. In questo siamo molto salgariane. Se Emilio Salgari avesse avuto a disposizione i mezzi tecnologici di oggi, chissà cosa sarebbe riuscito a fare… O forse no, forse aveva il mezzo più potente di tutti, la fantasia. Non esiste un romanzo di cui siamo più orgogliose. Ma di sicuro siamo affezionatissime a una piccola storia, la prima che sottoponemmo alla lettura di un editore: “Eibhlin non lo sa…” Non è un fantasy vero e proprio. E’ la storia di una ragazza non vedente nell’Irlanda degli anni ’90. Una ragazza che viene creduta una strega, perché custode del sapere magico delle donne celtiche. E’ la storia dello scontro tra la civiltà rampante e consumistica di una famiglia americana di petrolieri che approda sulle coste irlandesi e un sapere antico, legato alla natura. Eibhlin ci ha portato fortuna e continuerà a portarcene. Nella speranza che quel romanzo, ormai esaurito, possa tornare a essere pubblicato con più visibilità. Se la merita. 9) Tra i nostri lettori si celano numerosi scrittori (anche chi vi sta intervistando non fa eccezione!), per cui, vista la vostra esperienza, vi chiedo che cosa consigliereste a un esordiente che si trovi a fare i conti con il desiderio di pubblicare il proprio lavoro. Che cosa avreste voluto sentirvi dire quando avete cominciato a intraprendere questa strada? Di cominciare a crederci prima. Nel senso di farci leggere, di metterci in gioco. Di non avere paura. Oggi è più facile, la Rete offre questa possibilità a tutti. Non che l’apprezzamento della Rete sia garanzia di qualità, però. A chi inizia ora consigliamo di leggere. Leggere tanto, scrivere verrà dopo. Leggere. Ascoltare. Carpire il ritmo delle parole, della punteggiatura. Evitare i maledettissimi puntini di sospensione, sono il marchio di fabbrica dell’esordiente. Evitare i punti esclamativi. Evitare la sovrabbondanza di avverbi e aggettivi. Scrivere, poi leggere a voce alta e sfrondare, asciugare, togliere. Sempre. Se proprio si vuole, frequentare qualche corso di scrittura ma più per i contatti che per altro. Noi non ne abbiamo mai frequentati. Leggere qualche manuale, ma senza prenderlo per oro colato. Noi consiglieremmo solo “On writing” di Stephen King. Essere umili, accettare le critiche. Ma al tempo stesso, credere nelle proprie parole. Difficile? Altroché. Però crediamo che la perseveranza sia la dote più importante di uno scrittore vero. Chi si arrende non ci credeva abbastanza, ed è bene che lasci spazio a chi invece ritiene di avere veramente qualcosa da dire. 10) Provando a fantasticare sul vostro ultimo lavoro: immaginate che Canyon Apache si appresti a diventare uno “spaghetti western”. Chi vedreste nei ruoli dei quattro protagonisti? Ci abbiamo provato a mettere insieme un cast, anche sul gruppo Facebook dedicato al romanzo. Ma non è facile, soprattutto individuare l’attore adatto per Daniel “Occhi d’inverno” Pinkerton. Il bello dei romanzi è che ogni lettore può crearsi il proprio film, le proprie inquadrature, il proprio cast. Lasciamo allora che siano i lettori a dare volti ai nostri personaggi. E se un giorno il nostro western approderà sui grandi o piccoli schermi, siamo certe che ci sarà più di qualcuno scontento delle scelte. Perché la fantasia del lettore è un regista che nessun premio Oscar potrà mai eguagliare.
Tantissime grazie a Laura e Loredana! E voi, lettori, cosa pensate del genere western? Vi fareste attirare da una storia così particolare?  

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