Viaggare non è solo questo, l'altro grande viaggio dell'uomo è la memoria: tornando indietro nel tempo, rivivendo il passato nutriamo il presente.
Manuela Copercini, giovane poetessa fidentina, nel suo “Mon Paris”, prendendo per mano Baudelaire, poeticamente s'immerge nella Parigi, "amata e trasognata", la ville lumiere dei primi decenni del secolo scorso: un viaggio appassionante, quasi un pellegrinaggio laico, alla ricerca di se stessa in un paese delle meraviglie tra pittori, scultori, poeti, eclettici, istrioni e luoghi della memoria come il Bateau Lavoir, la Ruche, o nei bistrot, al Lapin agile, il Café du Dome, la Rotonde e Père-Lachaise. Loro, i protagonisti di quegli anni, fumano oppio. Bevono molto. L'assenzio li distrugge. Non mangiano quasi mai. Alcuni di loro si arricchiranno velocemente, altri morranno prima di vedere decollare le quotazioni delle loro opere. Tutti insieme scrivono una pagina fondamentale della storia dell’arte e della cultura del xx secolo.
"Mon Paris" ultima fatica della poetessa fidentina Manuela Copercini contiene tutto questo; è un libro a sé, è poesia, è racconto di una saga, "chi bussa alla mia mente?", è un appassionato tributo reso alla memoria di schiere di pionieri che hanno sofferto l’indigenza e l’emarginazione per una sola causa: l’arte. Ed ecco, fuori dal tempo -"ricordati che il Tempo è un giocatore avido"- , a seguire "nell'universo miracoloso", ecco materializzarsi Dalida e Edith Piaf, Luigi Tenco e i Door, Oscar Wilde e Serge Gainsbourg.
Altro? Si, la parola a Baudelaire, da "Consigli ai giovani scrittori", Passigli Editori: "Quanto a quelli che si dedicano o si sono dedicati con successo alla poesia, consiglio loro di non abbandonarla mai. La poesia è una delle arti che fruttano di più; ma è una specie di investimento di cui si ricavano gli interessi solo tardi, in compenso molto consistenti.
Sfido gli invidiosi a citarmi buoni versi che abbiano rovinato un editore.
Dal punto di vista morale, la poesia determina una tale separazione tra le menti di prim’ordine e quelle di second’ordine, che il pubblico più borghese non sfugge a questa dispotica influenza. ...
... Che cosa c’è da meravigliarsi, d’altra parte, dal momento che ogni uomo in buona salute può fare a meno del cibo per due giorni, della poesia, mai?
L’arte che soddisfa il bisogno più imperioso sarà sempre la più onorata."
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