Machado lo è un po’ di più? Obiezione accolta. Lui inventa coscientemente la sua Macondo e la colloca nell’estremo nord del Portogallo, la ribattezza Lagares, ci mette due strade per collegarla al resto della civiltà, ma una è incompleta e l’altra spesso interrotta dal maltempo; poi non gli resta che popolarla di esseri viventi la cui storia privata attraversa diagonalmente la storia portoghese degli ultimi cent’anni (o giù di lì, si sa che le cronologie bibliche vanno prese col beneficio dell’inventario). C’è un parroco traffichino e reazionario, don Augusto, onnipotente ma ormai prossimo alla pensione; un giovane prete che è anche figlio del primo e della di lui perpetua; e poi, come in ogni paese che si rispetti, c’è un medico, un oste, gli avventori dell’osteria, il matto... Ma la molla del romanzo è l’arrivo a Lagares di Thomas, un antillano alto alto come i papaveri, sposato con Eunice, donna minuta e tenace come il rosso dei suoi capelli. Ecco... nella cosmogonia di Lagares sono gli ultimi ad arrivare, ma sono loro i veri Adamo ed Eva. Personaggi ben più fecondi del sensuale don Augusto. E non solo per i due gemelli che danno alla luce.
Thomas ha girato il mondo ed è un brillante narratore. Un giorno cade in un sonno profondo che durerà per anni e da lì, dagli estremi confini onirici del suo lettone, continuerà a raccontare storie che verranno meticolosamente trascritte dalla moglie. Al risveglio, ignaro di tutto, scambierà la gente del paese per i personaggi avventurosi dei suoi sogni. E rieccoci, appunto, a Cervantes (più ancora che al Calderón di La vida es sueño). Thomas è un chisciotte che le storie se le canta e se le suona da sé. Quando si risveglia, il rapporto con gli altri è proprio quello di uno scrittore con i suoi lettori: Eunice deve andare a rileggersi ciò che ha scritto negli ultimi anni per capirlo, interpretarlo; fino all’idea folle di assecondare il marito e costringere i compaesani a recitare nei panni del personaggio per cui Thomas lo ha scambiato. Nasce così quel favoloso teatro che scuoterà la vita sonnolenta di Lagares. Nessuno riuscirà più ad abbandonare il ruolo attribuitogli dal gigante affabulatore e dalla sua piccola e autoritaria regista: dal dottore, costretto a darsi alla macchia in quanto libraio cileno perseguitato dal regime, fino alla guardia, che gira travestita da playboy della Riviera Francese.
Questo libro, pubblicato a Lisbona nel 2006, prima della crisi economica mondiale (anzi, occidentale), mi pare la descrizione letteraria più riuscita di un quindicennio di euforia portoghese (e non solo) che allora già si avviava verso una brusca frenata. La lettura in chiave economicistica sarà indotta dal risvolto di copertina, ove si apprende che David Machado è laureato in economia, ma non è del tutto pretestuoso considerare questo allegro teatro della crudeltà come la trasfigurazione onirica dei cicli maniaco-depressivi dei mercati finanziari e di chi, per amore, per dovere o per inerzia, gli corre appresso.
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