Il film, tuttavia, non è solo un'avventurosa fuga verso Roma, zigzagando le insidie, non è neanche una semplice commedia retta sull'alternarsi rapido di battute e risposte; soprattutto è l'incontro tra due italiani all'opposto in un paesaggio scarnificato dalla guerra e reso aguzzo dai bisogni, povero e triste nell'abbandono. L'incontro tra i gusti colti del professore da un lato, che se non riescono a corrompere il miliziano, di certo toccano il nostro cuore, in momenti di incredibile lirismo poetico, e la semplicità del soldato dall'altro. Di certo non è difficile scegliere da che parte stare, il difficile, ce ne accorgiamo nella finale, è riuscire a essere umani nella parte giusta.
E l'insegnamento del professore è tutto qui, con le sue letture poetiche e la sua ricerca di vita: "in mano a un cretino, anche Leopardi non è più un poeta, ma un gobbo rancoroso". E il senso del film, tra un'educazione letteraria e politica, è un consiglio, quello di cercare di non essere cretini: la guerra fa male a tutti.