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Il femminile nelle culture native americane. Introduzione (parte 3)

Creato il 04 maggio 2015 da Davide

Presso gli spagnoli e i francesi i supremi arbitri del sesso erano precisamente quelli che, in teoria, ne avevano meno esperienza: i preti e i frati. Gesuiti e francescani assunsero un interesse attivo e vociante riguardo le attività sessuali degli europei e degli indiani. Gutierrez acutamente osserva come i Pueblo guardassero con sospetto e infine con timore delle persone che osservavano la castità rituale tipica dei guerrieri non per il periodo della spedizione di guerra, ma per tutta la vita e giunsero correttamente a identificare Cristo con il dio della guerra.
Richard White precisa che le tribù di lingua algonchina dei Grandi Laghi guardavano il celibato dei gesuiti francesi con un misto di curiosità e repulsione, poiché nulla del genere esisteva tra loro; era lo stesso sentimento con cui i francesi consideravano gli omosessuali indiani, che formavano una categoria integrata nel tessuto sociale indiano. Ma se gli Algonchini alla fine giunsero ad accettare il celibato dei gesuiti, questi non accettarono mai i costumi sessuali indiani. Alcuni osservatori videro le donne semplicemente come gente che sfacchinava e “schiave” (JR 2 :77, 4 :205) ma quelli che giunsero a conoscere i Montagnais più intimamente videro le donne come detentrici di “grande potere” (JR 5 :181) che avevano “quasi in ogni esempio  la scelta dei programmi e imprese, sui viaggi e i luoghi dove svernare” (JR 68 :93). In realtà l’indipendenza delle donne era considerata un problema dai gesuiti, che sgridavano gli uomini perché “permettevano” alle loro donne libertà sessuale e altre libertà (JR 5 :181, 6 :255). Come nel caso dei capi, i gesuiti cercarono di introdurre principi europei di obbedienza. I Montagnais convertiti al cristianesimo presero dul serio le esortazioni dei gesuiti e predicarono alle donne di obbedire si loro mariti, ai bambini di obbedire ai loro genitori e alla gente di obbedire ai loro nuovi capi eletti formalmente.
Nonostante i diversi scopi tutte le testimonianze francesi sembrano univocamente incapaci di riconoscere lo status femminile se non in termini di rapporto coniugale e di riconoscere gli atti sessuali se non tramite la divisione su due poli di condotta opposti: matrimonio e prostituzione. Questa incapacità impediva agli europei di vedere come il rapporto con il marito, effettivo o potenziale, fosse molto più debole per la donna indiana del rapporto con la madre, la famiglia materna, le altre donne con cui formava gruppi di lavoro in casa o nei campi o con cui formava società politico-religiose. Le donne degli agricoltori dell’Est derivavano il loro status e il loro potere dalle loro cariche politiche e religiose oppure dall’eredità materna o paterna e non dallo status del marito. Tra le tribù della costa atlantica le donne sachem (capo) si contano a dozzine; tra queste la Sunsquaw (Donna Capo) dei Narragansett, Magnus, che venne giustiziata insieme agli altri capi dopo la sconfitta, mentre le mogli e i figli dei capi furono venduti come schiavi dai puritani. In Virginia la prima “regina” indiana nominata dagli inglesi, Appamatuk, si trova nel giornale di John Smith della fine del 16° secolo ed è presente nel consiglio che decideva la morte dell’inglese, una decisione che Pocahontas, figlia di Powhatan, rovesciò esercitando le sue prerogative, come fecero la moglie e le figlie di un capo della Florida, Hirrihigua, salvando la vita a uno spagnolo della spedizione del conquistador de Soto (1539-43): gli raccontò (al capo Mocozo) che ultimamente il suo signore era deciso a ucciderlo, per divertirsi con la sua morte e celebrare la festa che presto vi sarebbe stata. E che la moglie e le figlie del capo tribù, suo padrone, sebbene molte volte gli avessero salvato la vita, non osavano allora parlare in suo favore perché il signore glielo aveva impedito, con la minaccia della sua ira: e che la figlia maggiore del suo signore, desiderando che non morisse, quale ultimo e miglior rimedio, gli aveva ordinato e lo aveva incoraggiato a fuggire, dandogli una guida che lo indirizzasse al suo paese e alla sua casa e dicendogli che a suo nome si presentasse dinanzi a lui . E’ evidente in questo caso che stiamo assistendo alla lotta per il potere tra il capo, comprensibilmente desideroso di vendicarsi degli spagnoli, che gli avevano fatto sbranare la madre dai cani e gli avevano tagliato il naso nella precedente spedizione Narvaez, e le donne regali, che vogliono esercitare le loro prerogative fino in fondo, anche se la bilancia comincia a pendere a loro sfavore e devono ricorrere a un sotterfugio. Tra le figure indimenticabili di regine indiane abbiamo la famosa “signora” di Cofachiqui, nel territorio che poi sarà noto come quello della Confederazione Creek: giovane, bella e molto intelligente andò incontro all’esercito del conquistador de Soto e, comprendendo che egli voleva fare prigioniera anche sua madre, la “vedova”, regina del paese, come egli aveva fatto con lei, lo fece girare senza scopo per il paese finché non riuscì a liberarsi insieme alle sue dame.
Nel New England la storia nomina varie “regine” della Confederazione Wamponoag e ricorda che all’inizio del 17° secolo la Confederazione Massachusetts era governata dalla “regina Massachusetts”. Vi è anche la “regina” dei Pocasset, Wetamoo, che servì come capo di guerra al comando di 300 guerrieri contro gli inglesi nella cosiddetta “guerra di Re Filippo” dei Wamponoag. Alla fine del 17° secolo regnò la “regina” dei Sakonnet, che combattè anch’essa nella guerra di Re Filippo, ma fu costretta ad arrendersi. La Confederazione Esopus ebbe come “regina” importante Mamanuchqua, uno dei 5 sachem della confederazione. Tra le donne capo più famose tra le Algonchine della Costa Atlantica vi sono la semi-leggendaria Pocahontas e Cockacoeske.
Pocahontas era una dei 20 figli del grande capo Pohwatan che dà il nome alla confederazione Algonchina omonima, ma secondo una tradizione indiana che resiste ancora presso certe tribù, era la figlia preferita e per questo godeva di uno status speciale (c’era anche un figlio preferito). E’ una delle “principesse” più famose della storia americana perché salvò John Smith, capo della colonia inglese della Virginia, dalla condanna a morte durante le guerre del 16° secolo e poi fu fatta sposare a John Rolfe. Chiamata con il nome cristiano di Rebecca andò in Inghilterra, fu ricevuta a corte come una aristocratica, ebbe un famoso ritratto e qui morì di malattia nel 1617. Suo figlio Thomas le sopravvisse senza macchia nè lode. Vi sono controversie sul nome indiano, perché alcuni dicono significasse in Powhatan “puttanella”, mentre la traduzione letterale è “pene”. A mio parere, quello che in realtà il nome indicava era la completa libertà sessuale che le spettava come donna, riconosciuta dai membri della sua tribù. E’ interessante osservare che ella creò scalpore a corte perché come aristocratica “principessa” figlia di un “re” indiano aveva sposato un borghese come Rolfe. Una sua nipote, Cockacoeske, “regina” dei Pamumkey, indossò il mantello di Powhatan, come capo principale della Confederazione Powhatan della Virginia nel 1656 e lo portò per 30 anni, tentando di ricostruire l’importanza perduta del suo popolo e dimostrò grande acume politico. Fu vittima della cosiddetta Ribellione di Bacon, dal nome di uno schiavista che si ribellò al governatore della Virginia perché non gli lasciava mano completamente libera nel razziare schiavi indiani e liberare il territorio dalla popolazione indigena, ma riuscì a fuggire. Come risarcimento la Corona Inglese le inviò doni preziosi fatti fare su misura dagli artigiani reali. Alla sua morte le successe la nipote, la “regina” Anna, che governò nel primo quarto del 18° secolo.
Anche le Cherokee godevano di grande prestigio politico. Facendo riferimento al Consiglio delle Donne, John Adair nel 18° secolo affermava che i Cherokee erano stati per un considerevole periodo di tempo sotto il governo delle “sottane” e stavano emergendo, come tutti i popoli irochesi, dal loro periodo matriarcale. Adair poteva già osservare ai suoi tempi il processo di mascolinizzazione in atto a causa delle guerre e del commercio delle pelli e degli schiavi. Il Consiglio delle Donne aveva a capo la Donna Amata della Nazione, la cui voce, secondo Adair, era considerata quella del Grande Spirito che parla attraverso di lei; le donne del Consiglio avevano il potere di decidere la sorte dei prigionieri, come accadeva in tutto l’Est; la decisione era presa dalla Donna di Guerra con il voto del Consiglio e trasmessa tramite staffette all’intero distretto. Le Donne di Guerra portavano il titolo di Donna Venerabile (Beloved Woman) e il loro potere era così grande che potevano liberare un disgraziato condannato dal consiglio e già legato al palo della tortura con un cenno del ventaglio di ala di cigno. Un meticcio Cherokee nato all’inizio del 19° secolo disse di aver conosciuto una vecchia che si chiamava Da’nawa-gasta, Guerra Tagliente, cioè “feroce guerriero”. Altrettanto potere avevano le donne di lingua irochese più settentrionali, appartenenti alla confederazione Urone o alla Lega degli Irochesi. Un gruppo di donne aristocratiche era a capo dei clan matrilineari e possedeva la riserva dei nomi importanti, cioè i nomi-titolo che davano accesso a prerogative e potere politico: La linea di discendenza del popolo delle Cinque Nazioni scenderà per linea femminile. Le donne saranno considerate i progenitori della nazione. Esse possiederanno la terra e il suolo. Gli uomini e le donne seguiranno lo status delle loro madri. Le donne eredi dei titoli di capo della Lega saranno chiamate Oianer o Otiianer (Nobili) per il tempo a venire. Le donne delle 48 (ora 50) famiglie nobili saranno le eredi dei Nomi Autorizzati per il tempo a venire Nella Lega esse nominavano i candidati alla carica di capo all’interno del clan e, salendo di importanza, all’interno della tribù e all’interno della Lega, potevano far dimettere i capi “indegni”, decidevano , almeno all’inizio, della sorte dei prigionieri e potevano scatenare o far ritirare i guerrieri nella “piccola guerra” (mourning war o guerra per estinguere il lutto) a caccia di prigionieri o bottino. Il processo di adattamento alla cultura europea disgregò il potere femminile, mentre la sua base economica, l’agricoltura, veniva quasi distrutta dalle guerre e dalla caccia commerciale in mano ai guerrieri. Il Seneca Handsome Lake promosse una riforma religioso-politica all’interno della Lega degli Irochesi, il cui scopo principale consisteva nel tenere il governo tribale fuori dalle mani delle “vecchie intriganti”, le Madri delle Lunghe Case, su modello patriarcale cristiano. Le tribù del Sudest, tra cui i Cherokee, adottarono il cristianesimo e la schiavitù dei neri e all’inizio del 19° secolo tracciarono una costituzione che toglieva il diritto di voto alle donne, ottenendo così la qualifica di Tribù Civilizzate. L’ultima Donna Amata dei Cherokee, Nancy Ward, diede le dimissioni nel 1817, a favore della legge costituzionale scritta e dell’accettazione del sistema parlamentare; solo dopo più di un secolo i Cherokee hanno ritrovato una donna capo: Wilma Mankiller, capo per due legislature.
Parlando delle Algonchine dei Grandi Laghi il francese Lahontan dichiarava che le donne Algonchine nubili godevano di libertà sessuale virtualmente completa: “Una giovane donna, dicono, è Padrona del proprio Corpo e per suo Diritto Naturale di Libertà è libera di fare quel che le piace” . La sola barriera sociale ai rapporti prematrimoniali era la gravidanza, ma questo non rappresentava un problema; un figlio concepito in questo modo avrebbe impedito matrimoni aristocratici. La maggior parte delle donne finivano con lo sposarsi e, anche se il divorzio era estremamente facile, esisteva l’adulterio, che poteva provocare gravi conseguenze, soltanto per la donna. Questo era più vero per le società algonchine socialmente stratificate: tra gli Illinois la donna poteva essere mutilata in faccia, uccisa o stuprata a morte in gruppo dagli amici del marito offeso. Tuttavia, dato che le testimonianze sono contraddittorie, è possibile che questo uso si sia stabilito e rinforzato con il commercio delle pellicce, in cui lo status femminile cominciò progressivamente a decadere. Nelle società algonchine del 17° e 18° secolo esistevano anche donne che non si sposavano affatto: erano le Ickone ne Kiowssa o Donne Cacciatrici, che accompagnavano i cacciatori nelle loro spedizioni, erano padrone del loro corpo e i loro figli erano integrati nella famiglia, con l’unico neo di non poter entrare nelle famiglie dei grandi guerrieri o capi. Le Donne Cacciatrici e altre ragazze nubili furono fondamentali nello stabilire rapporti di consuetudine sessuale tra francesi e indiani, tanto che i francesi giunsero a considerare questi legami consuetudinari nel commercio delle pellicce, anche se i gesuiti lanciavano strali contro queste “prostitute”. Tuonava il gesuita padre Carheil: Mi riferisco a donne nubili, donne senza marito, donne che sono padrone del proprio corpo, donne che possono disporre di sé per questi uomini (i cacciatori) e che questi ultimi sanno che lo vogliono, in una parola, esse sono tutte le prostitute di Montreal. Ma il gesuita aveva torto: queste Donne Cacciatrici non sollecitavano clienti e non vendevano atti sessuali; il sesso accompagnava un accordo in generale a fare il lavoro che la società indiana si aspettava dalle donne. Non era neppure un matrimonio temporaneo, come ce n’erano molti à la façon du pays, secondo l’uso locale, dato che una moglie non era libera come una Cacciatrice di dissolvere così facilmente un rapporto e non era neppure un contratto tra famiglie.
Il contatto e in seguito il dominio delle culture cristiane per parecchi secoli hanno influenzato le culture indigene in vario modo e in particolare ne hanno prodotto la patriarcalizzazione, spostando la struttura socioeconomica da egualitaria a dominata dall’uomo. Uno degli effetti della patriarcalizzazione è stato il cambiamento di un vocativo rivolto agli spiriti, dove “Grandfathers” (Nonni) viene usato per spiriti maschili e femminili, mentre un tempo gli indiani si rivolgevano ad essi in modo distinto, Nonni e Nonne, (Grandfathers e Grandmothers), un’uso ancora conservato in Columbia Britannica dove il cristianesimo è giunto molto tardi. Vi è anche la tendenza ad adottare il concetto di un Creatore a causa dell’influenza del Dio della Genesi, per contrastare l’accusa di essere “senza Dio” fatta dai missionari. Un’altra conseguenza della mascolinizzazione della religione indiana fu che i rituali femminili diventarono ancora più esoterici di quelli maschili, in particolare quando le varie religioni indiane vennero dichiarate illegali negli Stati Uniti e in Canada. Digiuni femminili, rituali della pubertà (tranne che per gli Athapaska), cerimonie della Luna Piena e riti per le mestruazioni sono virtualmente privi di documentazione nella letteratura etnografica, anche se continuano ancora oggi. L’effetto più importante di tutti fu però che gli spiriti femminili vennero intesi, seguendo il modello della Eva biblica, come malvagi. Il declino della spiritualità femminile fu parallelo al rapido declino del ruolo sociopolitico e di status delle donne indiane. (J. Paper, op. cit. p. 16-17) (segue)
Riferimenti
R. White, The Middle Ground, Indians, Empires, and Republics in the Great Lakes Region, 1650-1815, Cambridge 1991 pag. 60-65.

Eleanor Leacock, Seventeenth-Century Montagnais Social Relations and Values, Handbook of North American Indians, vol. 6. Subartic, Smithsonian institution, Washington, D. C. 1981, p. 191.
Inca Garcilaso de la Vega, Storia della spedizione di Hernando de Soto, Governatore e capitano generale del Regno di Florida (1539-43), Verona 1986, p.119
The Great Law of Peace of the Longhouse People (Kaianerekowa) pubbl. Akwesasne Notes, Mohawk Nation, 1977


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