Intervistato da Il Sussidiario, ha dichiarato: «Oggi la conoscenza scientifica è in così rapida evoluzione che non è possibile fare seriamente filosofia della scienza se non attraverso un costante rapporto con gli scienziati al lavoro. Oggi la “modernità” si presenta come figlia legittima della scienza, vista come indissolubilmente legata al razionalismo sul piano filosofico e al meccanicismo su quello fisico; e poiché la scienza è per noi un orizzonte intrascendibile, la “modernità” si presenta anch’essa come intrascendibile, una sorta di destino fatale a cui saremmo definitivamente consegnati». Il paradosso di questa posizione sta nel fatto che «tutto ciò non ha niente a che vedere con la scienza reale, ma piuttosto con quella sua caricatura che è lo scientismo, nato dai filosofi e che solo in seguito ha contagiato anche gli scienziati. I quali, peraltro, quando sono al lavoro non possono fare a meno di essere anti-scientisti nei fatti: perché l’autentico metodo scientifico sperimentale, codificato in maniera insuperabile da Galileo, si basa su un’idea di ragione strutturalmente aperta alla realtà, all’esperienza, all’imprevisto e al mistero. Mentre lo scientismo si basa su un’idea chiusa di “ragione-misura-di-tutte-le-cose”, che, se messa in pratica, distruggerebbe per prima cosa proprio la scienza».
L’epistemologo contrasta anche il mito secondo cui Cartesio sarebbe un vero e proprio co-fondatore della scienza moderna, al pari (e a volte addirittura al di sopra) di Galileo. Cartesio invece «non capì mai nulla del metodo galileiano, che anzi criticò apertamente, e per tutta la vita continuò a far scienza (cioè, pseudo-scienza) a priori, ovvero secondo il metodo deduttivo tipico dei filosofi aristotelici che a parole tanto disprezzava». Egli fu abilissimo in filosofia e matematica ma non ebbe nulla a che fare con la scienza naturale. Perché l’esistenza di questo mito? Secondo Musso «è stata un’operazione intenzionale, voluta. E il motivo mi pare evidente: tale mito infatti permette di spacciare indebitamente per fattori costitutivi della scienza il razionalismo e il meccanicismo, che sono consustanziali al metodo cartesiano, ma per niente affatto a quello galileiano». L’obiettivo dunque è sempre e comunque l’anti-teismo. Certo, Cartesio era cristiano, e «non fu certo meno “sincero credente” di Galileo, e dal punto di vista della coerenza morale gli dava perfino dei punti. Ma ciò che gli mancava del tutto (e che invece Galileo aveva in massimo grado) era il senso del mistero, cioè la capacità di stupirsi davanti alla realtà». Invece Galileo aveva un «nuovo (e formidabile) modo di usare la ragione. Che, se ben capito, è l’esatto opposto del riduzionismo. E che al contempo rappresenta uno degli ultimi punti di resistenza al relativismo e all’irrazionalismo dilaganti».
Il filosofo accusa molta dell’epistemologia contemporanea (troppo relativista e antirealista) e anche molti autori cattolici che la difendono. Dovrebbero capire invece, continua, che «non solo la scienza non è nemica della fede, ma anzi è, almeno potenzialmente, la sua migliore alleata, dato che è ormai l’unico settore della cultura che difenda ancora l’idea che l’esperienza possa condurre alla verità, la cui negazione aprioristica e immotivata costituisce invece il vero “dogma centrale” della modernità. E comunque, come ripete in continuazione Benedetto XVI, la fede non si difende restringendo la portata della ragione, bensì allargandola, cioè aprendola a un orizzonte più grande».