Il fondamentalista riluttante, di Mira Nair

Creato il 18 giugno 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il fondamentalista riluttante di Mira Nair è uno di quei film che bisogna guardare senza preconcetti. E’ vero, è difficile e come ben

La locandina del film

sappiamo una conoscenza oggettiva è pressappoco impossibile, ma bisogna sforzarsi di sgomberare la mente e saper ascoltare.
Come dice il protagonista, il giovane pakistano Changes Khan, interpretato da Riz Ahmed, rapper e attore londinese vera rivelazione del film, “Ascolta tutta la storia fin dall’inizio, mai fidarsi delle apparenze”.

La storia di Changes è infatti avvincente e particolare, e può avere qualcosa di ambiguo: raccontata minuziosamente ad un giornalista (Liev Schreiber, attore molto conosciuto e regista del bellissimo Ogni cosa è illuminata) si divide tra il sogno americano-pakistano di Changes, che dopo aver conseguito la laurea trova subito lavoro come operatore finanziario e viene accolto a braccia aperte dal capo Jim, Kiefer Sutherland (Melancholia; Codice d’onore; I tre moschettieri) e da tutti i suoi colleghi, e tra i fatti del dopo ’undici settembre, che lo vedono catapultato in una dimensione di violenza e soprusi che lentamente lo sfiniscono. Nemmeno la sua storia d’amore con Erica, interpretata da una Kate Hudson che si dimostra all’altezza di un ruolo così drammatico, riesce a frenare la sua crisi di valori, e ne è anzi il motore.

E’ un film coraggioso e forte che parla di una nevrosi statunitense che ha portato anche chi l’amava profondamente ad allontanarsi dalla sua influenza. Dopo l’11/09, infatti, gli Stati Uniti hanno dimostrato di non saper reagire veramente ad una crisi, e di non saper gestire la propria immigrazione in maniera soddisfacente, facendo dilagare incomprensione e xenofobia ed una sfiducia tra i suoi cittadini che non ha fatto altro che indebolirne la trama sociale.

Si può parlare di Stati Uniti senza essere politicamente scorretti o palesemente di parte, senza ferire nessun orgoglio e senza puntare più di tanto il dito? Credo che questo film ci abbia provato, come ci aveva provato l’omonimo romanzo da cui è tratto. Mira Nair ha cercato di affrontare un tema spinoso e dibattuto dipanando con garbo una trama avvincente e mai scontata; come indiana emigrata negli Stati Uniti conosce la straordinaria spinta e carica che può dare la morale americana ad essere il migliore, il vincente; ma al contempo conosce anche quanto possa diventare violenta una nazione così potente, se si sente in pericolo.
In conclusione, è un film consigliabile, e non solo dal punto di vista della vicenda. E’ girato con intelligenza: la musica e le melodie tipiche della zona del panjab che accompagnano tutto il film proiettano in un mondo dai colori brillanti che affascina lo spettatore, insieme ad una fotografia pulita e molto d’effetto.

Articolo di Silvia Cannarsa.


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