Il furbo Corrado Augias e la confusione sull’eutanasia

Creato il 18 luglio 2013 da Uccronline

Chi non ha argomenti convincenti per sostenere le sue posizioni è costretto a denigrare chi non la pensa come lui. Accade ogni volta che si definiscono “anti-gay” gli oppositori al matrimonio omosessuale o “contro le donne” chi è contrario all’aborto.

Per l’eutanasia, invece, l’obiettivo è dipingere i suoi oppositori come sostenitori dell’accanimento terapeutico e del mantenimento in vita dei pazienti ad oltranza. Lo sa benissimo Corrado Augias, che non perde occasione per cimentarsi in questa mistificazione della realtà.

Ancora una volta, infatti, ha confuso (o voluto confondere) il rifiuto all’eutanasia con la volontà di imporre l’accanimento terapeutico al paziente. «La cosiddetta “fine naturale della vita” ormai non esiste più. Afferma Veronesi che un paziente ricoverato in una buona terapia intensiva può essere tenuto “in vita” quasi a tempo indeterminato», ha scritto recentemente. «Ma è lecito, è morale, definire in vita quella povera carcassa trafitta da aghi e sonde?». Per mostrare che anche i cattolici ormai la pensano come lui, il furbissimo Augias chi va a citare? Ovviamente Vito Mancuso (ecco perché i laicisti gli danno così spazio!), apologeta a sua volta dell’eutanasia. Il giornalista di “Repubblica” ha quindi concluso: «Credere in una vita eterna al di là di questa dà certo enorme consolazione. Però anche l’idea di ridiventare un pugno di polvere perso nell’immensità non è male. Purché lo Stato non si metta di mezzo per renderci più lunga l’agonia, più doloroso il passaggio».

Non vogliamo entrare nel merito dei gusti esistenziali di Augias, tuttavia come lui si appoggia al sedicente cattolico Mancuso vorremmo appoggiarci al sedicente agnostico Umberto Veronesi il quale, noto oncologo, ha spiegato: «Nessuno mi ha mai chiesto di agevolare la sua morte. Ho posto da sempre un’attenzione estrema al controllo del dolore e, per mia fortuna, nessuno dei miei pazienti si è mai trovato in una condizione di sofferenza tale da chiedere di accelerare la sua fine».

Come ha spiegato Veronesi, il problema del dolore oggi, fortunatamente, appare completamente superato grazie alle cure palliative, e parlare di  ”povera carcassa”, “agonia”, “atroci dolori” o di “sante torture” significa ingannare i propri lettori, anche perché chi è in fase terminale può legittimamente chiedere di essere sottoposto a sedazione palliativa (o “farmacologica”), come ha legittimamente fatto il card. Carlo Maria Martini (e come è disposto a fare il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita), attendendo la morte dormendo. Ovviamente senza accorciare la vita del paziente, anzi addirittura allungandola.

Occorre anche ricordare che il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: «L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’”accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente». Dunque si rifiuta sia l’eutanasia che l’accanimento terapeutico, tutto si basa sulla proporzionalità tra gli oneri che un certo trattamento impone a un malato, ai suoi familiari e alle istituzioni sanitarie che accudiscono il paziente e i benefici che esso promette di fornirgli.

Augias si metta il cuore in pace, questa continua mistificazione non potrà mai favorire un vero dialogo e non può essere accettata come modalità onesta di argomentare le proprie convinzioni.

La redazione


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