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Nella Via Costantinopoli c’era una antica fonderia, Avolio, che aveva tutta la mia fiducia poiché avevamo lavorato spesso con loro anche quando la gestione della gioielleria era affidata a mio nonno e mio padre. Ci demmo appuntamento fuori il portone per il giorno dopo. Puntualmente il gruppetto arrivò e ci addentrammo nel portone. Nel cortile una porta polverosa conduceva alla fonderia.
Volutamente non avevo annunciato il nostro arrivo proprio perché doveva essere per loro una sorpresa.
Entrai, avvertendo subito dopo i convenevoli: “ Questa non è una giornata molto fortunata per voi perché probabilmente dovrete eseguire un lavoro molto bello ed il guadagno non sarà sullo stesso livello.” Li misi a parte di tutto quello che era successo e così cominciammo a sfogliare il catalogo fotografico di tutte le corone che avevano eseguito negli anni per tutte le Chiese, in speciale modo della Campania, oltre che in tante altre regioni. Rimanemmo attoniti per la quantità e la bellezza dei manufatti e tutti mi sorridevano con gratitudine.
In una mezz’ora riuscimmo a tirare fuori tre o quattro foto e dopo discussioni un po’ atee che rassomigliavano a quelle che si fanno in un atelier quando si sceglie ad esempio un cappello per una signora e l’interessata non è presente. Ognuno diceva la sua immaginando la Madonna in processione con una corona che per Lei era la più adatta.
Si giunse infine ad un accordo e si cominciò a parlare di prezzo e di tempo necessario per l’esecuzione. Devo dire che il proprietario della fonderia ci venne incontro con amicizia e professionalità; anche il costo rientrava nel “budget” previsto per cui si dette il benestare per il via. Ci lasciammo con grandi strette di mano.
Dopo qualche giorno mi arrivò la notizia che un gioielliere di Positano si era ribellato all’idea che uno “straniero “ fosse stato incaricato di una cosa così delicata riguardante il Paese e che quindi avrebbe voluto subentrare a me. La cosa però finì lentamente come in genere accade nei paesi ed il fatto fu dimenticato.
La telefonata mi arrivò annunciandomi la fine del lavoro grezzo che la fonderia, orgogliosa, voleva mostrare al comitato. Il giorno dopo eravamo seduti intorno al tavolo su cui era posata una bellissima corona. Non era ancora stata lucidata ma si immaginava facilmente come sarebbe diventata. Tutt’intorno alla base c’erano dei piccoli rigonfiamenti e suggerii di eseguirli in oro bianco e riempirli di brillantini. Mi guardarono un po’ perplessi e Don Rafele confessò che il “ budget “ era terminato e non si sarebbero potute apportare né modifiche né migliorie. Allora per gratitudine per quello che Positano aveva dato a me ed alla mia famiglia, mi offrii di regalarli io alla Chiesa, e così si fece.
La corona finita fu trasportata a Positano e posta al sicuro. Me ne tornai ai miei affari e pensavo che tutto fosse ormai terminato ma, purtroppo, non fu così!
Una settimana dopo passando sul sagrato della Chiesa, Don Rafele mi chiamò e mi chiese di entrare in Sagrestia. Mi guardò con i suoi occhi sorridenti e scusandosi della Sua povertà che non gli permetteva di farmi un regalo più importante mi porse un quadretto di Positano che avevano regalato a Lui personalmente pregandomi di accettarlo con tanta riconoscenza.
Il quadretto lo tengo da conto nel salotto di casa mia e quando lo guardo…
Qui finisce il racconto di una strana avventura che mi ha legato ancora di più a Positano. La scrivo poiché sono ormai vecchio e non vorrei che fosse dimenticata, spero che insieme a lei forse, tra qualche anno, qualcuno si ricorderà anche di me."
Fabrizio Knight
Positano 4 luglio 2012