audizione pubblica per programmare lo sviluppo rurale 2014-2020
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Innanzitutto buona sera a tutti, benvenuti nel nostro Istituto Agrario, Presta Columella. Grazie per aver accolto l'invito a partecipare a questa iniziativa concordata con l'Assessorato alle politiche agricole della Regione. Ringrazio in modo particolare la presenza dell'Inea nella persona della dottoressa Valentino, che è qui al mio fianco, e del dottore Pallara. Prima di introdurre i lavori, volevo passare la parola al preside Livraghi dell'Istituto che vorrà porgere il suo saluto e io approfitto per ringraziarlo la disponibilità per la concessione dell'aula magna di questo Istituto. Abbiamo ritenuto opportuno svolgere questo incontro all'interno dell'unico Istituto Agrario di questa città proprio perché è nell'interesse dell'incontro di questa sera fare in modo che i giovani siano presenti e sentano più da vicino la problematica di cui discuteremo e che rappresenterà sicuramente una opportunità per il loro futuro. Per cui la scelta di una scuola viene dettata da questo, dalla necessità di avvicinare il mondo della scuola con il resto della società sulle tematiche che chiaramente riguardano gli aspetti di ogni famiglia. Per cui, ringraziando nuovamente il Presidente gli passo la parola per il suo saluto. Grazie.
Preside LIVRAGHI (Istituto Agrario Presta – Columella) – Sono Walter Livraghi, da qualche anno sono il dirigente di questo Istituto. Uno degli obiettivi che ero posto all’inizio, e per questo abbiamo composto un Comitato Tecnico Scientifico, era quello di aggiornare un po' tutta la didattica all'interno della scuola. Gli argomenti che verranno trattati, ne discutevo con i docenti, sono veramente interessanti. Queste priorità di intervento per lo sviluppo saranno oggetto di discussione nell'ambito del Comitato Tecnico Scientifico per introdurre una nuova didattica all'interno e per collegarsi maggiormente al territorio. È uno sforzo perché poi bisogna passare attraverso le problematiche dell’insegnamento. I ragazzi delle classi quinte, in questi giorni in particolare, si sono interessati a un problema che è stato trattato sui giornali, il Quotidiano, che riguardava l'olivo. Quest'anno, se non erro, abbiamo scelto come coltura particolare da trattare all’interno delle classi terminali la coltura dell'olivo. Era stato già scelto da noi attraverso il Comitato Tecnico Scientifico. Ci siamo interessati di questa problematica. C'è un docente della scuola, il professore Mello, che vorrebbe avere un piccolo spazio che esporre queste osservazioni che abbiamo fatto sul campo, giusto per comunicare che la scuola si muove sul territorio e cerca di stare al passo con le problematiche dello stesso. Vi ringrazio per la presenza. Spero che venga segnalata anche per altre occasioni, sarò sempre disponibile perché l'apertura al territorio è anche questo. Stanno intervenendo i ragazzi, stanno entrando in aula, li farò venire tutti su. Me ne aspettavo un po' di più, però al pomeriggio è un po' più pesante anche per loro. Vi ringrazio anticipatamente di questa presenza. Diamo inizio ai lavori. Ci sarà la possibilità che venga l'assessore Del Vino, solo che era impegnato a Bari questa mattina, non sa se riuscirà a venire. È affezionato anche lui alla scuola, ci tiene.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, Preside. Chiaramente noi cogliamo l'invito di realizzare altri incontri ed altri eventi all'interno della vostra scuola perché ritengo che sia fondamentale questo coinvolgimento. È il caso di entrare nel merito dell'incontro di questa sera. Molto probabilmente arriveranno altre persone. Vedo una buona presenza. Vedo la presenza in modo particolare delle organizzazioni di categoria, che ringrazio per aver colto questo invito, ma ritengo che il mondo dell'agricoltura oggi stia attraversando un momento importante che è quello di doversi presentare in maniera coesa per imprimere coraggio, speranza, in modo particolare alle nuove generazioni che saranno il futuro delle programmazioni su cui tra l'altro andremo a discutere da qui a breve. Dicevo un incontro importante voluto chiaramente nell'ambito della programmazione regionale proprio per evitare nello specifico quelli che sono stati gli errori del passato, nonché ancora attuale programmazione, per ragionare su quelli che sono stati i punti di debolezza e di forza e quindi affrontare la nuova programmazione con quelle che sono le reali esigenze che abbiamo qui nel territorio salentino. Per questo abbiamo invitato le associazioni a contattare i loro aderenti per fare in modo che ci sia una buona presenza di produttori in sala, mi auguro che ne arriveranno altri, perché è fondamentale. Capisco che farlo su Lecce non è sempre facile. Lecce è il nostro capoluogo, abbiamo pensato di trasferirci qui non solo per l’aspetto del coinvolgimento della scuola, ma per aspetti logistici. Molto spesso se si fa nel centro della città si ha difficoltà ad arrivare per le problematiche relative ai parcheggi. Molta parte del mondo della produzione, che magari si trova nel Capo di Leuca, spesso ha difficoltà a raggiungere il capoluogo. Si era pensato di fare l'incontro in un'altra località, ci auguriamo di poterlo fare in una seconda fase. Oggi abbiamo organizzato presso l'Istituto Presta, ci auguriamo che buona parte del centro e del nord Salento possa essere qui presente. Come mi auguro che ci siano i produttori della zona che in giorni sono preoccupati, ma credo che sia una preoccupazione di tutto il mondo agricolo salentino, con riferimento alla zona di Parabita, Taviano, Alezio, Matino, che vede sotto i propri occhi una estensione preoccupante di circa 8.000 ettari di oliveto attaccato da un “male oscuro”, così viene definito. Siccome chiaramente quest'oggi avevamo già programmato questo incontro perché questo era un incontro che deve, mi auguro, soffermarsi nello specifico nella nuova programmazione, non è un caso che abbiamo qui con noi i rappresentanti dell'Inea, che è l'Istituto che in avuto l'incarico da parte dell'Assessorato regionale insieme allo Iam di Valenziano di redigere il documento. È un documento che dovrà essere condiviso con i territori. Loro hanno creato il layout, la cornice su cui chiaramente noi dovremmo in qualche maniera dare dei nostri suggerimenti, mettere in evidenza quelle che sono le nostre esigenze, quello che noi vogliamo nel prossimo futuro nel comparto olivicolo e non solo, del Salento. In questi giorni siamo sotto pressione, sotto tensione. Con grande ansia molti produttori vivono questo momento con riferimento al problema di questo killer che sta si fatto distruggendo buona parte della nostra olivicoltura, che rappresenta per questo territorio una ricchezza. Quest’oggi abbiamo ritenuto opportuno produrvi un libro sul lavoro che abbiamo svolto nell'ufficio statistica della nostra Provincia insieme all'Istat durante l'ultimo censimento, il sesto censimento dell'agricoltura del 2010. Da questo censimento si evincono dati importanti da cui partire per la discussione eventuale di quello che questo territorio si auspica con la prossima programmazione. Questi dati evidenziano che la Provincia di Lecce continua a investire in olivicoltura. Il 92% circa del nostro territorio è olivetato. Il che significa che i produttori ci credono, la Regione ci crede altrettanto, non è un caso che la Regione partecipi con circa 50 milioni di proprie risorse, oltre alle altre risorse provenienti dai fondi comunitari, per far sì che questo prodotto non soltanto rappresenti una presenza del nostro paesaggio, del nostro territorio, sia per la salvaguardia dello stesso ma anche per quello che rappresenta in termini di economia del Salento stesso, ma questo settore, questo comparto necessita in qualche maniera di avere maggiori attenzioni sulla base di quella che potrà essere la prossima programmazione. I dati del censimento evidenziano questo aumento in controtendenza da altre parti anche della stessa Regione Puglia. Ulteriore dato che evidenzia il censimento è chiaramente la conduzione familiare per la maggior parte dei casi. L'altro elemento preoccupante a mio avviso che mette in evidenza il censimento è che l'età media dei nostri agricoltori è di circa 65 anni. Questo è un ulteriore elemento su cui dobbiamo ragionare per capire quale direzione dare a un comparto che è fondamentale per questo nostro territorio. Un ulteriore aspetto che viene messo in evidenza in questo lavoro che abbiamo prodotto è quello che è quasi totalmente assente la zootecnia, c'è una molto lieve produzione di ortaggi. A mio avviso questo territorio deve iniziare a ragionare sullo sviluppo coeso, cioè quello di creare un sistema imprenditoriale che diventa necessario e fondamentale per lanciare quel messaggio alle nuove generazioni di credere nel settore, nel comparto, di avere coraggio nell'investire per sperare di poter insieme a un altro segmento fondamentale del Salento, che è rappresentato dal turismo, creare i presupposti per una opportunità occupazionale e di tranquillità per quanto riguarda le famiglie stesse. Questa problematica del male oscuro. In questi giorni, vi do le notizie dell'ultima ora, la preoccupazione è condivisa un po' da tutti, chiaramente sapete che l'assessorato regionale ha istituito un tavolo, una cabina di regia, che sta lavorando insieme all'Osservatorio Fitosanitario della Regione, insieme alle Università di Foggia, a quella di Bari, so che è stata coinvolta l'Università del Salento nella persona del professor De Bellis. Hanno già avuto degli incontri in tal senso, però dai dati e dalle notizie dell'ultima ora so che hanno fatto diversi prelievi, non soltanto ma di rami e quant'altro. Sono venuti circa due settimane fa sul territorio colpito da questo problema e stanno vagliando le diverse ipotesi. A quest'ora vi posso dire che ancora non si è certi di quello che può essere, né di si sa da che cosa sia provenuto e come si potrà eventualmente affrontare il problema. Molto probabilmente - l'unica cosa che mi hanno detto - potrebbe essere un aspetto fitopatologico, con riferimento a insetti e quant'altro, però di questo ancora non hanno certezza proprio perché vogliono confrontare i vari dati che i vari a laboratori stanno elaborando. Mi hanno detto pure che il 3 ottobre l'assessore Nardoni ha convocato qui su Lecce, e sta facendo in queste ore le convocazioni, il tavolo per ragionare sui risultati delle analisi perché per quella data dovrebbero avere una idea più chiara e quindi potrebbero esprimersi in maniera più trasparente. Questo è quello che posso dirvi con riferimento a questa materia. Capisco benissimo che molti sono qui presenti anche per questo problema. È un aspetto molto serio di cui dobbiamo chiaramente tenere conto su quelle eventualmente saranno le nostre ipotesi per quanto riguarda la nuova programmazione con riferimento a queste problematiche. In tutti questi anni le varie Op hanno avuto opportunità di combattere contro le varie malattie (lebbra, mosca), di questo fenomeno ci si è accorti solo di recente. Va capito esattamente quello che è accaduto e come mai di questa problematica non si sia avuto riscontro in maniera immediata, evidentemente è un qualcosa che è sfuggito al controllo. Saranno gli esperti che ce ci diranno esattamente il problema e di come poterlo affrontare. L'unica cosa che mi hanno detto è che dai loro primi riscontri sanno già come poter prevenire. Questa è l'unica notizia positiva che ho avuto per cercare di tranquillizzare un po' l'ambiente perché in questi giorni sicuramente si è creato allarmismo, non dico che non vada creato, per carità, il problema è abbastanza serio, ma prima di poter esprimere, prima di poter dire che cosa è aspettiamo che la scienza ci dica quello effettivamente è per poter fare congetture o interventi vari che nel mondo del commercio suggerisce in maniera errata. Da questo punto di vista io ritengo e riterrei, poi chiaramente i vari interventi entreranno su questo aspetto, ma per quanto mi riguarda questa sera non voglio aggiungere altro, anche perché non ho altro da aggiungere a quello che vi ho detto poco fa. Entro nel vivo dell'argomento di quest'oggi. Sapete benissimo che la programmazione futura rappresenta sicuramente una grossa opportunità per quanto riguarda il rilancio dell'agroalimentare salentino. È il momento di creare quel governo necessario che spesso ha caratterizzato una azione non poco efficiente del comparto agricolo. Dico questo proprio perché comunque nel passato ci sono stati ritardi, eccessi di burocrazia, mancanza di strategie. È fondamentale, invece, puntare e fare delle scelte per la crescita e la ripresa del settore, che chiaramente le linee, le priorità che vengono evidenziate dal documento programmatico, su cui meglio di me si soffermeranno i rappresentanti dell'Inea, individua in sei priorità. Sei priorità che sono fondamentali e che nascono da una necessità di coinvolgimento territoriale per poter elaborare le opportunità. C'è la necessità di perseguire una strategia di sistema basata su una visione più ampia, più lungimirante che consenta un utilizzo ottimale delle risorse, non più quella necessità di erogare le risorse a pioggia. Quello che dobbiamo comprendere come territorio è che dobbiamo puntare su quello che può favorire lo sviluppo di una intera filiera che deve puntare al mondo della produzione nello specifico, all'aggregazione del mondo della produzione. Quello che abbiamo visto e che vediamo tutt'oggi con le risorse della programmazione in atto è aver favorito opportunità importanti, molto spesso il singolo ma non il comparto per quello che rappresenta nella sua complessità, nella sua unicità. Da qui nasce la possibilità di individuare forme diverse di progettazione che possono creare queste opportunità. C'è stato un limite di visione nella programmazione precedente su cui chiaramente questa programmazione deve puntare. Quando dico un limite di previsione è perché effettivamente sono mancate le strategie di sviluppo dell'intera filiera, dell'intero comparto agricolo, che non è esclusivamente il settore olivicolo. Noi dobbiamo iniziare a ragionare su tutto quello che rappresentano i prodotti di questa terra e ce ne sono tanti, molti sono in via di estinzione, ma c'è un richiamo fortissimo a un ritorno di alcuni prodotti, anche perché, non è un caso, molti dei nostri ristoratori o dei nostri istituti alberghieri e agrari propongono come prodotto importante di questo nostro territorio. La necessità, quindi, di creare una efficienza, di fare in modo che l'intera filiera del comparto agricolo possa ottenerne dei vantaggi. Purtroppo ciò non è avvenuto nella passata programmazione, tutto si è tradotto nella consueta corsa alla spesa, soprattutto dei residui delle risorse. Noi sappiamo che a fine anno ogni anno chi ottiene dei finanziamenti viene sollecitato, sia il privato che i gruppi di azione locale, che gli enti pubblici vengono sollecitati a fare spesa. Questo purtroppo a scapito della qualità della spesa. Ecco su questa tematica a mio avviso vi è una necessità di soffermarci per far sì che la spesa possa essere efficace e che possa produrre risultati al territorio nel suo complesso. Altro aspetto. Nell'ambito delle priorità vengono intraviste quella della competitività che passa attraverso l'innovazione, attraverso l'organizzazione delle filiere e attraverso gli investimenti produttivi. Questo è fondamentale perché nella sfida in cui ci troviamo della globalizzazione questo è un territorio che deve dialogare non soltanto con i vari segmenti e con i vari addetti ai lavori, ma deve puntare su quello che oggi viene richiesto in modo specifico dal mercato. Purtroppo siamo in un mercato libero e dobbiamo ragionare in questi termini, dobbiamo ragionare chiaramente anche in termini di profitto. Sicuramente è un territorio vocato a far sì che si salvaguardino molte parti nel nostro territorio, che ci sia una difesa del nostro paesaggio. Nell'ambito di questo dobbiamo trovare delle politiche innovative che non soltanto salvaguardino questo nostro territorio ma che creino quelle opportunità, quelle politiche di sostenibilità per poter chiaramente creare e profitti e delle opportunità. La necessità di trovare sistemi organizzativi, commerciali, comunicativi, quindi innovare questi stessi sistemi con una visione integrata, con ricerca, formazione e conoscenza diventa oggi un aspetto su cui chiaramente dobbiamo puntare per rilanciare il nostro territorio. Come anche la riorganizzazione delle filiere per avere opportunità di sviluppo in quello che oggi definiamo tutti internazionalizzazione, diventa un altro obiettivo e scopo. Ma questo lo si raggiunge se il mondo della produzione volta pagina, punta a un ricambio culturale e quindi all'aggregazione. Non è un caso che le priorità del PSR finanziano nello specifico le organizzazioni di produttori, gli organismi interprofessionali. Per cui sono aspetti su cui sicuramente questo territorio è chiamato a ragionare per poter avere una opportunità. L'altro aspetto è il ruolo dei giovani. Abbiamo visto nella scorsa programmazione circa duemila imprese di giovani sono nate grazie ai Pif. Chiaramente vi è la necessità per i nostri giovani di avere facilitazioni per acquistare terreni. Purtroppo non molti sono proprietari. Volendo investire in agricoltura hanno difficoltà perché non sono proprietari di terreni. Per cui l'invito, la necessità degli enti, dei Comuni di mettere a disposizione di giovani che si costituiscono in cooperative delle aree dismesse. Può essere anche questa una opportunità per fare in modo che le politiche e il ruolo dei giovani possano essere determinanti nello sviluppo dell’agricoltura regionale e salentina nello specifico. Ho parlato di ambiente e ho parlato di paesaggio. Non è un caso che la tematica che ci vede questa sera con riferimento al male oscuro diventa fondamentale. Vediamo da troppo tempo un abbandono delle nostre campagne a causa sicuramente dell'età nei nostri agricoltori che hanno difficoltà a continuare quel lavoro di manutenzione che nel passato riuscivano a fare e a portare aventi, sia difficoltà di età che difficoltà economiche, con riferimento alla notevole parcellizzazione del nostro territorio, che quindi non produce reddito. Da qui la necessità delle aggregazioni per creare economie di scala nell'ambito della produzione perché il mondo della trasformazione è riuscito ad ottenere dei risultati. È il mondo della produzione che ha difficoltà e su quello credo e ritengo che vadano fatti tutti gli sforzi per scommettere sulla possibilità di coniugare produttività e sostenibilità valorizzando le filiere agricole del nostro Salento. La diversificazione è un'altra priorità su cui chiaramente già qualcosa si è visto, ma molti aspetti della diversificazione non sono stati di successo. Gli aspetti che riguardano l'aspetto sociale dell'agricoltura. Io ritengo che bisogna insistere, ma questo può ottenere un certo risultato se si parla, si dialoga, si fanno vedere e best practice che ci sono in questo ambito. Abbiamo avuto uno sviluppo enorme di masserie didattiche, importanti sicuramente, ma che qui da noi non hanno attecchito come hanno attecchito in altre parti della Regione Puglia. Abbiamo avuto un exploit straordinario di agriturismi. Anche su questo io ho notevoli perplessità, è una mia opinione personale chiaramente, non abbiamo una legge regionale sugli agriturismi, tutti lo sanno, molti agriturismi non sono del tutto agriturismi, nel senso che la legge che è ancora in commissione regionale prevede la necessità che gli agriturismi per almeno una buona percentuale diano da mangiare prodotti che di fatto vengono prodotti all'interno dell'azienda agrituristica, ciò che come tutti sappiamo non avviene. Anche su questo concetto dobbiamo iniziare a ragionare e fare in modo che questi interventi possano produrre risultati reali, concreti che possano fare bene e diano valore aggiunto al produttore e non a chi crea agriturismo per fare esclusivamente ristorazione o ricettività, perché è diverso dal discorso di una struttura aziendale che punti nello specifico a creare valore al suo lavoro della terra. Questo è un mio pensiero su cui non voglio soffermarmi oltre perché capisco che posso creare qualche difficoltà a chi ascolta. Un altro aspetto sul quale voglio soffermarmi è quello che in questi anni nel mondo agricolo, grazie anche alle Op, abbiamo avuto risorse importanti per quanto riguarda la difesa della qualità, la difesa delle malattie; risorse ingenti sono state investite su questo territorio. Noi ci auguriamo che anche su queste si possa fare una analisi, una verifica sul reale utilizzo, sui benefici che hanno prodotto e se ciò è avvenuto cerchiamo di chiedere un aumento di quelle risorse; se ciò non è avvenuto ritengo che vada rivisto e quindi puntare su quello che è necessario per questo territorio in termini di investimento. Attraverso le associazioni di categoria, il Consorzio di difesa con i vari professionisti, gli agronomi di questo territorio, si possa tessere questa necessità di aggregazione per fare in modo che tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo. Su questa continua frammentazione, non soltanto nel mondo della produzione ma anche nel mondo delle organizzazioni e delle professioni, credo sia giunta l'ora che dobbiamo metterci una pietra per cercare di dare un rilancio - questo è il messaggio e l'auspicio che voglio lanciare a conclusione del mio intervento di introduzione ai lavori di quest'oggi – proprio perché io credo che questa terra abbia sotto mano una ricchezza importante, che è rappresentata dal prodotto agricolo e dal prodotto turistico. Ma per far sì che il Pil aumenti per coloro che investono in questo settore vi è la necessità che il territorio dialoghi, che ci sia una visione più ampia, più omogenea tra i vari attori per creare questo connubio importante che possa dare valore a quello che questi due comparti rappresentano per il Salento. Finisco qui, semmai cercherò di intervenire dopo. Volevo ancora una volta ringraziarvi per la vostra attenzione. Mi auguro che i lavori di questa sera possano produrre risultati tangibili, importanti che possano servire al gruppo di lavoro dell'Inea e dello Iam per concretizzare quello che questo territorio vuole per quanto riguarda la nuova programmazione. In questo mi avvarrò non soltanto del contributo che le organizzazioni tutte vorranno darmi. Come sapete abbiamo un tavolo agricolo in Provincia dove avremo modo di incontrarci e di ragionare su questo. Ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni che mi daranno un contributo molto valido. Ho voluto coinvolgere come consulente gratuito – lo voglio specificare – il dottore Ferro, che tutti conoscete essere stato il dirigente dell'assessorato regionale di recente. Insieme elaboreremo un documento. Mi auguro che qualcosa possa uscire fuori da questa sera soprattutto perché ho ritenuto fare assistere ai lavori la nostra società che lavora per la Provincia per quanto riguarda i nostri Consigli provinciali, una società di stenotipia, quindi vi informo già che tutto quello che sto dicendo e che direte voi sarà elaborato attraverso un verbale stenotipato che sarà a conoscenza di tutti noi. Ancora una volta grazie. Cedo la parola alla dottoressa Valentino.
Dott.ssa VALENTINO (Inea) – La ringrazio, Assessore, per averci chiesto di partecipare a questo momento di incontro. A tengo a precisare che il nostro, come Inea, è un ruolo di facilitatori di un processo che evidentemente deve nascere e svolgersi assolutamente sul territorio con i soggetti del territorio. Aggiungerei poche cose a quello ha detto in modo abbastanza efficace l'Assessore. Siamo in un momento di programmazione delle politiche agricole relativamente al periodo 2014/2020. Il soggetto a cui è delegato questo è la Regione, che ha inteso dare avvio a questo momento di inizio programmazione con una metodologia partecipata, che evidentemente vede le province come soggetti di assoluta importanza e quindi da ascoltare e con i quali condividere anche eventualmente una identificazione di strategie rispetto alle quali andare ad orientare gli strumenti di attuazione. Detto questo noi come Inea diamo semplicemente supporto alla predisposizione di questa metodologia, di questo momento partecipato. Pertanto possiamo trasferirvi l'esperienza fatta dalla Regione fino a questo momento. La Regione fino a questo momento che cosa ha fatto? Una serie di incontri a livello regionale su alcune tematiche che sono quelle di cui parlava anche l’Assessore prima, quindi la competitività, la diversificazione, il ruolo dei giovani in agricoltura, l’ambiente, la governance, e rispetto a queste tematiche ha organizzato dei momenti di incontro attraverso la metodologia del workshop, quindi ha sollecitato diversi soggetti che in qualche modo lavorano in agricoltura, quindi danno una partecipazione diversa al comparto sia perché imprenditori, sia perché istituzioni, sia perché soggetti, comunque quelli che vengono più generalmente definiti stakeholder, ha ascoltato le diverse esigenze relative anche a una situazione esistente sul territorio e abbiamo fatto sintesi rispetto ad alcune questioni. Il prodotto di questi momenti di incontro è stato un documento strategico regionale, a cui faceva riferimento l'Assessore, che è consultabile, si può scaricare dal sito dell’attuale PSR, quindi sul link Programmazione 2014/2020. Questo documento sostanzialmente vuole essere l'avvio di una discussione da fare a livello territoriale, quindi con il coinvolgimento dei soggetti più specificatamente locali. Questo documento si articola nelle tematiche di cui vi parlavo ed elabora alcuni obiettivi, elabora alcune modalità di risolvere questi obiettivi e dà degli spunti di riflessione in termini di strategie da attuare. È una proposta, quella Regione, che andrà articolandosi, lo speriamo tutti, noi che lavoriamo su questo processo ma probabilmente anche la Regione Puglia che ha in qualche modo dato avvio al processo, si andrà ad arricchire con le specificità che proverranno dai territori, quindi attraverso questi momenti di incontro. La Regione Puglia oltre a redigere questo documento strategico, che è un po' propedeutico a tutto quello che dovrà essere inserito all’interno del prossimo programma di sviluppo rurale, in questo momento sta elaborando il capitolo iniziale del prossimo programma, che è quello di definizione del contesto, cioè dello stato dell'arte che riguarda il comparto agricolo e più in generale il sistema agricoltura in Puglia, che è poi il punto di riferimento da cui partire per stabilire una serie di bisogni, una serie di esigenze le quali dovranno portare alla definizione di strategie. Siamo a questo punto e anche in questo momento è evidente che l'apporto che può avvenire da parte di soggetti locali è assolutamente arricchente, assolutamente importante. In questo momento io procederei a un inizio di discussione sull'argomento perché per noi è fondamentale comprendere le esigenze del territorio, quindi capire po' quali sono i fabbisogni che probabilmente tante volte non emergono neanche dai dati statistici. Quando si procede a una messa a punto di contesto rispetto al quale l'unico riferimento sono informazioni statistiche, tante volte non riescono a emergere i fabbisogni più importanti per il territorio. Io penso, quindi, che l'avvio di una discussione in questo momento possa essere di assoluto interesse. Non so se il dottor Pallara intendere aggiungere qualcosa rispetto alla metodologia che come Inea abbiamo adoperato per questo tipo di intervento.
Dott. PALLARA (Inea) – Grazie. Buona sera a tutti. La cosa su cui vorrei concentrare un attimo l’attenzione, oltre alla metodologia partecipata, l’ascolto, la condivisione è soprattutto il confronto perché la condivisione intesa come eguaglianza di pensiero non arricchisce nessuno. Il confronto nell'analisi di contesti dei problemi e l'individuazione anche di livelli nuovi per superare le problematiche diventa l'elemento distintivo di questo processo partecipato. Considerando che noi stiamo facendo un percorso logico nella costruzione del PSR, che è un percorso logico elementare: “Chi sono?” l'analisi di contesto; “Quali sono le cose che posso far meglio? Quali sono cose che mi posso dare problemi?” Punti di forza e punti di debolezza; “I rischi che corro per un serie di elementi e le opportunità che il mondo mi propone” a questo punto, considerate queste cose, “quale fabbisogno di intervento?”. Attenzione, il fabbisogno di intervento non è il bisogno del soggetto o del territorio in senso stretto inteso come elenco della spesa di interventi a farsi, ma il fabbisogno per rispondere a questa tipologica di problematiche. Se la problematica “il killer dell'olivo” è il sintomo di una problematica, però ancora che la risposta è la commercializzazione dell’olio di oliva, banalizzo il concetto, per arrivare a una riflessione di identificare obiettivi, strategie e strumenti pratici che siano coerenti con questo percorso logico. In qualsiasi momento di confronto che noi abbiamo attivato, indipendentemente dalla tradizionale e assolutamente legittima lista dei fabbisogni o bisogno di, ecc., spostare l'attenzione su un momento di autocoscienza per avere anche la capacità di proporre delle soluzioni alternative rispetto a quelle che ordinariamente abbiamo messo in piedi sino ad ora. Anche per uscire dei meccanismi cui faceva riferimento ottimamente l’Assessore, quello della logica qualità/quantità come elementi antitetici rispetto all’utilizzo delle politiche pubbliche di sviluppo, ma sono politiche pubbliche di sviluppo che in questo momento obbediscono più a logiche di bilancio e di finanza piuttosto che a logiche di sviluppo effettivo. Però è anche l'elemento torbido che non aiuta, in questo tipo processo, nello spendere bene, non è solo l’efficienza amministrativa o la capacità di spesa o andare in banca a prendere i soldi, ma proprio quello che stiamo facendo qui oggi. È lo sforzo grande su cui misurarsi: fare delle cose che servono e che qualcuno utilizzerà. Se si pensano a priori delle cose che servono, di cui qualcuno effettivamente ha bisogno e che gli danno un bisogno effettivo di impresa, di territorio, di paesaggio e di ambiente, quelle cose si faranno anche nei tempi debiti. Se quelle cose non servono e c'è poca risposta, ci sono tanti numeri che ci raccontano di cose a cui si rispondono in questo PSR più facilmente perché c'è un contributo al 100%, perché sono meno impegnative, ma non è detto che siano più efficaci, e altre cose cui non si risponde non perché siano difficili ma perché non importa nulla a nessuno, quindi alcuni difetti concettuali di programmazione, di comunicazione a monte. La qualità della programmazione. E ricordo come fatto importante che questo processo lo concluderemo ragionevolmente entro l’estate prossima, quello della definizione del Programma di Sviluppo Rurale, quindi non stiamo facendo un lavoro sine die che finirà nel 2050. A novembre dovrebbero uscire i regolamenti del Parlamento sul nuovo sviluppo rurale, che è semplificato rispetto a quello che abbiamo avuto in passato in termini di lacci e lacciuoli, che ci consente libertà di azione. Ma per assurdo la libertà di azione non ci dà neanche gli alibi che ci sono delle regole che qualcun altro ha scritto e che noi dobbiamo rispettare, ci dà la possibilità di scegliere con più libertà. Probabilmente qualcun altro ci porterà in strade un po' più strette. Comunque ci dà l'opportunità di fare delle scelte migliori possibili rispetto alla strumentazione che abbiamo. E là c'è lo sforzo di creatività, di fantasia, ma soprattutto di cogliere le problematiche essenziali. Il discorso dell’integrazione di filiera - la mia esperienza nasce nel 1985 – sono una reiterazione la sua riproposizione dà l’idea che tutti questi anni o non si è fatto niente o quello che si è fatto non è stato efficace e si continua ragionevolmente a discutere, giustamente a discutere. Forse, a ogni inizio di programmazione è l’autoprovocazione che ci si fa, questa è la volta buona per parlare di questo così come di tante altre cose. Mai, forse, come questa volta questo approccio partecipato e condiviso, questo venire in giro per le Province, non fare il solito tavolo di pochi in un luogo centrale, un lavoro dietro la scrivania, il fatto che siamo qui a prendere appunti, diciamola in maniera banale, su quello che si dirà qui dentro, diventa veramente importante. L'importante è, appunto, anche condividere il fatto che non dobbiamo fare la lista della spesa, ma individuare le cose che più di ogni altra ci servono. Grazie.
Dott.ssa VALENTINO (Inea) – Volevo aggiungere una cosa. Continuando il discorso di Pallara, è evidente che noi qui stiamo lavorando per una programmazione regionale e stiamo in un contesto più locale. Dobbiamo, quindi, tutti avere nella testa che poi bisognerà fare sintesi rispetto a quello che verrà dalle Province. Da qui l'esigenza di individuare - questo era stato un passaggio che avevo sottolineato dell'Assessore - di individuare i fabbisogni davvero importanti, quelli che possono diventare volano di sviluppo. Non possiamo immaginare, infatti, che tutte le esigenze, tutti i bisogni legittimi, perché l'agricoltura è fatta di tanti comparti, in tutte le nostre province abbiamo una rappresentatività di questi comparti che hanno le loro eccellenze, però non si può immaginare che tutte queste esigenze possano trovare spazio all’interno di un programma regionale, che tra l’altro ha risorse che sono comunque limitate. Il concetto di riuscire a identificare problematiche, emergenze e interesse porta poi a capire come concentrare queste risorse e fare in modo di aumentarne l'efficacia nel momento della spesa. Questo era un passaggio che Lei aveva detto, ma che mi premeva sottolineare anche per dare una indicazione. Non ci raccontiamo favole, non diciamo che tutto quello che verrà qui poi sarà inevitabilmente trasferito all'interno del programma. Se lavoriamo in modo concreto, probabilmente molto di quello che questo tavolo riuscirà a produrre potrà trovare una corrispondenza, se non altro in termini di strategie accolte all’interno del PSR.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Credo che possiamo iniziare questo dibattito-dialogo. C’è un signore che ha alzato la mano per primo. Se gentilmente si avvicina e si presenta per fare in modo che tutti sappiamo chi sia.
Ivano GIOFFREDA – Mi chiamo Ivano Gioffreda e sono il portavoce di Spazi Popolari, che tra poco diventeranno cooperativa. Abbiamo avuto il piacere di avere l’assessore Pacella a Sannicola insieme a Paolo De Castro e tanta bellissima gente perché c'erano delle idee nuove. Spazi popolari non nasce dalle associazioni di categoria, nasce da un gruppo di giovani, dall'esigenza di voler dare a questa terra e da questa terra ricevere. L'anno scorso abbiamo iniziato a fare un seminario di agricoltura organica, che non è il biologico va oltre in biologico. Abbiamo detto: “Mettiamo in pratica quello che l'amico Jairo ci ha insegnato”. In questi giorni, oggi, c'è un corso di formazione a Tuglie, in quelle sale accreditate dalla regione. Ma, attenzione, io voglio fare un lieve passaggio sulla formazione. Noi abbiamo circa 9 o 10, tra cui il qui presente, che si è assentato dalla formazione, come operaio agricolo perché ho potuto accedere alla formazione perché il mio datore di lavoro mi ha consentito di accedere alla formazione. Alla formazione così come è stata nel passato, la misura 111, possono accedervi soltanto imprenditori agricoli e coltivatori diretti e soltanto se il padrone vuole, cioè con delega e al di fuori dalla scuola ci sono circa 40 ragazzi che stanno spiando delle finestre perché vogliono imparare queste nuove tecniche che noi stiamo pubblicizzando sul territorio. Come diceva Luigi Veronelli “I saperi vanno diffusi”. Noi non riusciamo a cacciare via i ragazzi. Capisco che sono leggi comunitarie a escludere. Vi parlo di studenti, vi parlo di giovani che studiano nelle facoltà di agraria e che non hanno accesso solo perché sono disoccupati, studenti o semplici cittadini che vogliono imparare. L'anno scorso il corso lo abbiamo fatto privatamente, cioè dalle tasche nostre. Abbiamo appreso queste bellissime tecniche, abbiamo avviato un percorso. Abbiamo trovato un amico che ci affittasse il terreno. Abbiamo fatto un bellissimo orto. Agricoltura organica rigenerativa. Ci siamo staccati completamente dalla chimica e dalle multinazionali. Abbiamo dimostrano che i nostri prodotti, lo stiamo dimostrando… lavorano già due ragazzi, il terzo ha iniziato a lavorare la settimana scorso, a gennaio da cinquemila metri passeremo a tre ettari perché le richieste sono tantissime. Alle 7 e mezza di mattina finisce già tutta la bancarella. Perché questa tecnica ci consente a sano, naturale e a prezzo popolare come dice il nostro slogan, quindi diamo da mangiare sano a tutti, non soltanto all'elite così come accade con il biologico perché noi andiamo oltre il biologico. Molto oltre. La nostra tecnica ci consente di produrre quantità e qualità. Il dottore Antonio Bruno è stato uno dei primi amici a venire a visitare il nostro orto. Dall'anno prossimo noi saremo in cinque, escluso il sottoscritto, a lavorare in quella terra. Già dalle scuole, da quelle scuole steineriane, ci chiedono di poter accedere, di poter dare un supporto. Ci chiedono i nostri prodotti per fare mangiare sano i figli che vanno in quelle scuole. La tracciabilità non è quella che ci chiedono le istituzioni. Noi abbiamo fatto delle proposte a De Castro, Lei lo ricorda benissimo, la tracciabilità deve essere partecipata. Deve essere una tracciabilità insieme alle università, perché lì si è competitivi. Se io devo dare cento euro non le voglio dare a un ente privato, ma a una istituzione pubblica, a una università e poi magari sulla mia etichetta ci metto “Prodotto controllato dall'Università del Salento”. Così si fa grande un territorio. Ritorno alla competitività. Noi abbiamo dimostrato e lo stiamo dimostrando tutti i giorni: la gente viene perché vuole mangiare sano. Peccato, non riusciamo al momento a soddisfare tutti. Ma c'è gente che viene perché ci guadagna in salute e in denaro. Poi mi sono acquistato tutte le antipatie di tutti fruttivendoli, è fesseria perché il nostro progetto è togliere la speculazione del cibo. Il cibo è come l’aria, è come l’acqua. Sulle mie fatiche, sulle nostre fatiche, sulle fatiche dei ragazzi non ci deve speculare nessuno perché noi distribuiamo salute. La Regione Puglia, che spende tanto in sanità, queste cose le dovrebbe prendere sul serio perché la sanità è materia e il meeting non a caso lo abbiamo intitolato “Terra e salute”. Ripristinando che cosa? La biodiversità. Anche lì il mio seme non lo compro. Il seme me lo faccio come me lo ha insegnato mio nonno. Non vado a comprare il seme F1 ibrido dal quale non posso estrarre altro seme. La vita di un contadino, la libertà di un contadino è finita davanti a un seme. Un contadino senza semi è un contadino morto, senza libertà. Semi, prodotti autoctoni, semi naturali, sovranità alimentare. Questo è il nostro slogan. Ma non è uno slogan, è quello che stiamo applicando, è quello che noi vi chiediamo. Noi vi chiediamo attenzione nei confronti dei giovani, non solo degli imprenditori agricoli, sennò lì finirà che ci lavoreranno i figli degli imprenditori agricoli. Venite insieme a noi, noi vi invitiamo nel nostro Spazio Popolare. Quando noi clicchiamo su facebook si mobilita una provincia. Perché questo? Perché stiamo offrendo un indirizzo. La gente ci segue perché abbiamo offrendo degli indirizzi. E in un periodo di crisi siamo in grado di creare lavoro, di creare occupazione. Ma da una agricoltura sana, naturale, oltre il biologico. Stiamo dimostrando che con quello che facciamo, con le sostanze organiche che usiamo produciamo quantità superiori al convenzionale e stiamo rigenerando il suolo. Qui avrei da dire qualcosa sulle facoltà di agraria, ma lasciamo stare perché questi sono abituati a fare i seminari nella Bayer. Questi vanno a fare i seminari nella Bayer, non nelle campagne. Si seminari si fanno nella Bayer. Abbiamo studenti che stanno dietro la porta a Tuglie, dove il corso finirà alle otto di questa sera. Domani sera si farà la parte pratica. Ragazzi che studiano all’università mi dicono: “Ivano, quello che mi hai insegnato in dieci minuti all'università ci ha impiegato sei mesi e ancora non siamo usciti dalle aule. La terra ancora non la conosco. Mi hanno fatto un seminario alla Bayer”. Vogliamo veramente uscire dalle stanze della burocrazia e fare i seminari all'aperto? Conoscendo non soltanto le associazioni di categoria, non solo le associazioni di categoria che, per quanto siano rappresentative, non lo sono nei confronti dei giovani. I giovani nostri escono dalle scuole, dalle università. Quando a Sannicola ho lanciato quell’appello, il primo anno – mi dispiace che avevi forato la gomma, mi dispiace, e ci credo che avevi forato la gomma - quando abbiamo presentato il primo progetto Spazi Popolari invitando l'ex assessore regionale Stefàno, io ci sono rimasto male, i ragazzi ci sono rimasti male. Quando abbiamo presentato il progetto abbiamo detto: “Noi non vogliamo dei soldi, gestite tutto voi. Noi vi diciamo che ci serve questo, questo e questo. Non vogliamo niente”, eppure erano venute professionalità, che ci sono ancora, Stefano Pepe, Word Foot Program, a sostenere il nostro progetto. Università della Sapienza di Roma, Facoltà di Biologia Molecolare, non quella del Salento, ma da Roma addirittura sono partiti per sostenere questi progetti. Intanto vi ringrazio per l'invito e vi ringrazio per le modalità, di come questa sera sia partita questo accogliere proposte. Io non voglio dilungarmi, vorrei lasciare la parola agli altri, però chiedo attenzione verso i giovani. A Sannicola nessuno ci credeva, ma come Sannicola tutti i paesi, i giovani alla terra non si avvicinano, tranne qualcuno che è figlio di imprenditore che ripiega usando sempre la solita pompa alla spalla dimetoato per le olive, lifosate a quantità. Quello hanno imparato. A Sannicola siamo riusciti, attraverso i social network, abbiamo fatto un piccolo progetto, cinquemila metri di terra, seimila metri, ci servono una ragazza e un ragazzo possibilmente giovani, ne sono venuti due. L'altro giorno è entrato Carlo, ha bussato alle porte Luca, Federico entrerà a gennaio. Ci servono altri tre ettari di terra perché quello non ci basta. Adesso stiamo aspettando che il Comune di Sannicola finisca il Farmal Market, cioè l'area mercatale, per mettere un altro punto vendita. I Presidi delle scuole bussano alla nostra porta, quelle persone più sensibili. Vogliamo dare da mangiare sano ai bambini, ai figli nostri. Io ho detto: “Non siamo una cooperativa, non possiamo partecipare ai bandi. Nel momento in cui saremo cooperativa lo faremo”. La Preside ci ha risposto: “Lo vincerete senz'altro, basta che io metta che i bambini devono sano e naturale, qui non produce sano e naturale”. Vi ringrazio, ma accettate queste proposte. Vi invito a visitare i nostri orti, vi invito a vedere cosa facciamo nel nostro terreno, vi invito a vedere cosa sono i biofertilizzanti, vi invito a vedere quali sono le nostre soluzioni che non uccidono l'insetto. Noi nutriamo il suolo, nutriamo la pianta e dove la pianta è ben nutrita è come un bambino che cresce mangiando genuino, gli anticorpi rigettano tutto. Noi di questo abbiamo fatto un patrimonio e abbiamo chiamato Jairo Restrepo Rivera il nostro maestro perché ci insegni come si fa la cromotografia del terreno. È proprio quello che stavamo facendo oggi. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie per questa testimonianza. Credo che sia stato un ottimo inizio come possibilità di ampliare un po' tutto il discorso. Abbiamo visto un esempio di innovazione e di capacità di diversificazione, per cui è una proposta su cui possiamo lavorare. Altri interventi? Giulio Sparascio, Presidente provinciale della Cia
Giulio SPARASCIO (Presidente provinciale Cia) – Buona sera a tutti. Grazie per la magnifica opportunità che ci date per cercare di contribuire, perché ognuno di noi è portatore di qualcosa di buono in questo periodo tragico che stiamo vivendo. È un periodo in cui dobbiamo cercare, non di essere più seri, ma di comprendere il momento difficile che stiamo vivendo e cercare di dare delle soluzioni. Soluzioni che non portino a guardare la luna, ma delle soluzioni che stiano con i piedi per terra e che ci permettano di creare ricchezza in una economia sostenibile dal punto di vista sia ambientale e sia economico. Io rappresento una organizzazione professionale. È da 40 anni che sono in una organizzazione professionale, non me ne vergogno perché so che Le organizzazioni professionali negli anni, dai primi anni del Novecento, dell’Ottocento, da sempre, hanno cercato di lavorare per migliorare le condizioni di vita degli agricoltori e delle comunità. Questo è stato l’insegnamento. Hanno fatto delle conquistate. Ogni giorno stiamo in trincea per cercare di conquistare sempre il meglio per gli agricoltori e per le comunità, anche se non sempre ci riusciamo. Stare in una organizzazione significa stare insieme agli altri e insieme agli altri cercare di risolvere i problemi. Non penso che ci siano organizzazioni che stanno insieme, a meno che non siano organizzazioni malavitose, mafiose, che le organizzazioni di carattere sociale che hanno una storia, che hanno degli uomini che sono morti per cercare di migliorare le condizioni di vita delle comunità vanno rispettate. Come le organizzazioni professionali e non rispettano tutte le innovazione che possono venire dai territori, tutte le innovazioni che secondo noi sono ottime. Magari le raggiungiamo con modalità diverse, con organizzazioni diverse, certamente. C'è il gruppo dei giovani che sceglie una organizzazione libera da norme, da regolamenti, da strutturazioni, c'è l'organizzazione che è strutturata negli anni, che ha una modalità sua di regolamentazione e lo stesso porta avanti gli interessi delle comunità. In Provincia di Lecce mi sembra che dobbiamo raccogliere un po', dobbiamo staccarci dalle diversità di piazzare le bandierine e cercare di dire “la mia è la migliore di tutti” perché non è questo il momento. Io sono un operatore agricolo, pratico l'agricoltura biologica da venti anni, sono un coltivatore diretto, quindi nessuno mi può venire a dire che se appartieni a una organizzazione bisogna che qualcun altro ti guardi in modo diverso. Le organizzazioni sono indispensabili e vi dimostro che lo sono perché questa politica agricola comunitaria l’abbiamo conquistata noi, l’hanno conquistata le organizzazioni professionali. Non dimentichiamo l'inizio di Ciolos che ci presenta una politica agricola 2014/2020 che forse avrebbe portato alla chiusura dell'agricoltura nel Mediterraneo. Avrebbe portato alla chiusura con tutte quelle misure, perché lui pensava che tutte le agricolture dovessero essere dei pascoli nordici. Con dei documenti unitari dell'organizzazione, con una lotta giornaliera, quotidiana, laddove non abbiamo neanche avuto il conforto del Ministero, non c’erano i Ministri, i Ministri cambiavano, abbiamo avuto Zaia che diceva che andava in Europa e non ci andava, abbiamo avuto serie di Ministri che non ci rappresentato a Bruxelles. Abbiamo avuto una assenza, quindi. In questa assenza le organizzazioni professionali hanno trovato il coraggio, anche nelle diversità di vedute, anche nella diversità di impostazione, ma hanno avuto il coraggio insieme alle centrali cooperative di presentare nel 2011 un documento unitario che ha sbloccato che ha fatto capire che in Italia, anche se c'era una assenza di governo che non ci rappresentava in quel momento di negoziati, c’era un mondo agricolo che comunque cercava di stare insieme e di presentare in modo unitario uno sbocco a una politica agricola che potesse essere chiamata politica agricola dignitosa, che potesse continuare a dare quei risultati che l'agricoltura italiana ha sempre dato. Meritavamo questo. Le organizzazioni hanno compreso questo, nei momenti difficili riusciamo a metterci insieme. Questo dobbiamo farlo oggi che abbiamo ottenuto questa bella… devo dire che non è la nostra politica agricola comunitaria, avremmo voluto altre cose, ma comunque sempre c'è il desiderio di avere cose nuove. Abbiamo raggiunto un ottimo risultato, è una politica comunitaria che diventa più equa. Non dimentichiamo che abbiamo avuto una politica agricola comunitaria che ha fatto beneficiare con il discorso della quota storica gente che non meritava di beneficiare, che meritava altri posti; gente che non solo non avrebbe dovuto prendere quei finanziamenti, ma avrebbe dovuto essere denunciata per altre cose. Sappiamo tutti questo. Abbiamo avuto con il principio della progressività perché nel 2019 dobbiamo cambiare perché c'è la convergenza interna e quella esterna. Come Italia siamo chiamati a dire come arriviamo a un intervento diverso per quanto riguarda il finanziamento agli agricoltori perché viene superata la quota storica. È un grande risultato questo, quindi, che è stato ottenuto dalle organizzazioni professionali. Lo abbiamo voluto noi. È una Pac più verde per gli ambientalisti. Io sono ambientalista, anzi sono il primo quando sto in campagna. Infatti non c’è più ambientalista dell’agricoltore. Per noi è indispensabile un ambiente sano per produrre. Non penso che ci sia un agricoltore che voglia produrre cibi che facciano male alla salute. Non ci credo proprio. Io penso a mio padre che coltivava con il metodo del contadino, ma che poi da una serie di input è stato portato a usare un certo tipo di diserbanti, di fitosanitari, dal commercio però. Dobbiamo sempre stare attenti a cercare di interrompere questa consulenza che c'è stata da parte dei commercianti e cercare di fare delle buone consulenze che siano dalla parte degli agricoltori con la ricerca e l'innovazione. La ricerca deve avvicinarsi al mondo agricolo. Abbiamo avuto una ricerca che è rimasta chiusa sulle sue stanze. Abbiamo bisogno, lo chiediamo con forza come agricoltori, abbiamo bisogno di una ricerca ci stia accanto nelle campagne. L'innovazione è stata intesa in questi ultimi anni come cambiare le macchine, di togliere una macchina obsoleta per metterne un'altra. L’innovazione è pure utilizzare in modo diverso la ricerca, di utilizzare in modo diverso la formazione, fare una formazione diversa. L’informazione deve avvenire in un modo diverso. In Provincia di Lecce è una Pac che per certi aspetti dobbiamo guardare come grande opportunità. Signori miei, è l'ultimo treno che abbiamo. Non penso che in questi anni nei convegni, negli incontri possiamo cercare di autoreferenziarci. L'autoreferenzialità ci porta alla distruzione, ci porta a rimanere marginali. Ognuno di noi deve cercare di togliersi qualcosa di suo e cercare di andare incontro all’altro altrimenti non ci salviamo. O ci salviamo tutti o non si salva nessuno. Io penso che dobbiamo salire su questa riforma Pac con convinzione e cercare dal di dentro di cambiarla. Questa riforma della politica comunitaria dà una grande opportunità che non dava negli anni passati, dà i poteri al nazionale, al regionale di cercare di individuare meglio, di puntualizzare le cose. Che cosa significa essere coltivatore attivo? Quello che noi diciamo, ed è la conquista della nuova Pac, è che i contributi devono andare a chi lavora. Togliamocelo della testa, dobbiamo eliminare chi fino a oggi è vissuto di rendita. Dobbiamo eliminarlo. Se c’è qualcuno accanto a noi, andiamo a denunciarlo. Se non si coltiva la terra non bisogna dare aiuti perché sono soldi della collettività. Questo è principio sacrosanto: dobbiamo dare i soldi a chi produce. Qualcuno dice “a chi produce beni alimentari” giustamente, perché il compito dell'agricoltore è quello di produrre beni alimentari sani e salubri, di produrre cibo e non produrre materie prime. Fino ad oggi, infatti, siamo stati abituati a produrre materie prime e non cibo. Il concetto dell'alimentazione sana. Dobbiamo essere consapevoli che dobbiamo dare aiuto oggi perché l'agricoltura si sta ammodernando a chi produce beni comuni. L'agricoltura oggi non è solo il soggetto che produce beni alimentari, ma il settore che produce beni comuni, con la diversificazione, con l’agricoltura sociale, con le masserie didattiche, con il presidio del territorio, con la vendita diretta, con tutta alla serie di attività che sono servizi pubblici per i quali dobbiamo chiedere come agricoltori alla comunità una remunerazione. Infatti se vero che svolgiamo un compito pubblico, dobbiamo cercare di avere una remunerazione. Finisco per non allungare troppo, magari ci riserveremo come Confederazione di presentazione un documento da affiancare all’ottimo lavoro che ha fatto l'Inea. Inea è riuscita a sintetizzare bene le varie priorità. Vanno bene le priorità, quelle sono tutte belle enunciazioni che facciamo ogni volta: le filiere, l'integrazione delle filiere, però io dico che tutti questi begli obiettivi, tutte queste belle priorità, siccome dobbiamo realizzarle, per realizzarle qualsiasi artigiano, qualsiasi agricoltore, chiunque pratichi delle attività ha bisogno della borsa del mestiere, ha bisogno della strumentazione, perché se non ha la strumentazione, i ferri del mestiere. Noi intanto abbondiamo in strumentazione e in ferri del mestiere, non ci manca niente dalle Op alle cooperative, alle associazioni dei produttori, ai Sac, ai Gal, ai Parchi. Teniamo già tanta strumentazione, l'unica cosa che ci dobbiamo chiedere con molta onestà è se questa strumentazione è ancora valida per attuare una politica agricola sostenibile economicamente, socialmente e culturalmente. Se con questa strumentazione riusciamo ad andare avanti o se non dobbiamo rivoluzionare questi strumenti, nel senso che le Op devono essere strumenti che commercializzano i presenti. Dobbiamo avere Op che vengono finanziate se commercializzano i prodotti. Le organizzazioni professionali devono essere finanziate per la formazione, per l'informazione se dimostrano di fare quel mestiere. Le cooperative devono essere degli strumenti che servono alle aziende aggregarsi. Quando io sento la parola “aggregazione”, io vengo da anni di aggregazione, ogni agricoltore, ognuno di noi se va a casa e fa un monitoraggio vede che è aggregato a 10 associazioni, quindi l'aggregazione non manca, manca l'organizzazione per aggregarsi. Dipende sempre dagli uomini se riusciamo a fare funzionare queste cose. Io penso che abbiamo bisogno di coordinamenti, abbiamo bisogno di trovarci e di cercare di studiare delle strategie che ci portano insieme a risolvere i problemi. L'altra cosa che è importante per la Provincia di Lecce è ritornare a produrre. Io non so più che cosa produciamo in Provincia di Lecce. Produciamo il 3% dei prodotti lattiero caseari in Provincia di Lecce. Produciamo ortaggi. Ma quanti ne produciamo. Produciamo le patate. Producevamo 1.300 quintali di patate Sieglinde, ne produciamo sì e no 200.000. Angurie, ortaggi. Bisogna concentrarsi a spostare un po'. Le filiere hanno una appartenenza. Tu stai in una filiera se tutti hanno il senso dell'appartenenza. La filiera è un percorso che fa avanti e indietro dalla produzione alla tavola, però è un percorso che fa avanti e indietro da tutti i soggetti. Le filiere non è che non hanno funzionato, secondo me non hanno funzionato perché non è nello spirito della filiera. Se sulla filiera chi produce prende il 16% e l’altro va tutto agli altri, è chiaro che nella produzione… Nelle mie zone vedo il deserto, quindi dobbiamo cercare di andare a canalizzare i maggiori soldi della Pac alla produzione, a chi produce olive, a chi produce uva, a chi produce pomodori. Poi vediamo la trasformazione. Dobbiamo cercare di migliorare sempre di più per quanto riguarda l’internazionalizzazione, ma in questi anni abbiamo visto non è mancato il contributo alle cantine sociali. Se noi andiamo nelle cantine vitivinicole sono diventate sale operatorie, hanno di tutto, quindi c'è stato un grosso investimento. Hanno di tutto per fortuna e abbiamo visto pure i risultati. Noi abbiamo dei frantoi in Provincia di Lecce, sono diventati tutti sale operatorie, quindi a livello di attrezzature, a livello di macchine, a livello di macchine di trasformazione stiamo bene. È la produzione che non ha avuto il reddito giusto e lì è mancato. Perché è mancato? Perché se vi guardate intorno non c'è più chi produce. Poi ci lamentiamo se abbiamo il 3% del latte. Nella mia zona, nel mio territorio vedo il deserto intorno, quindi è li che dobbiamo intervenire. Dobbiamo cercare di dare più soldi a chi produce le materie prime. Non è che tutti possono, dove sta scritto che tutti devono fare l'olio. Tutti devono fare le olive. Ma chi ha detto che tutti devono fare l'olio anche perché non è detto che tutti sappiamo fare l'olio. Però a quello che fa le olive devi dare il giusto reddito. A noi serve questo. Tutti devono fare i pomodori. Ma non è che tutti quelli che fanno pomodori devono fare la salsa. Però noi abbiamo l'obbligo di garantire, perché sennò la produzione se la vanno a fare in altri Stati. Noi non dobbiamo perdere la produzione. Attenti perché stiamo perdendo la produzione, stiamo perdendo gli agricoltori, quindi maggiori sforzi vanno alla produzione. Cerchiamo di sforzarci tecnicamente come fare ma noi dobbiamo incentivare la produzione e incentivare i giovani. Dobbiamo cercare di muovere il mercato della terra con delle premialità e con delle negatività. Non solo guardare all'ente pubblico che deve cercare di inserire i suoi terreni. Che poi c'è la bella proposta che abbiamo fatto noi come Cia, ma che è stata fatta da tutte le organizzazioni, la Banca della terra per attingere. Andiamo a punire e a premiare dei proprietari che hanno la terra incolta e non la danno. Andiamo a premiare quel proprietario che la terra l'affitta ai giovani. A quello dobbiamo dare i soldi della Pac o ci inventiamo un meccanismo: se tu affitti la terra un a giovane per cinque anni, per tre anni avrai un premio. Io vi racconto la mia esperienza: non riesco a trovare cinquanta are di terra perché ho avuto la sfortuna di avere un pozzo che è diventato salato perché stiamo vicino al mare e quindi tiro acqua salata. Sto andando alla ricerca di 50 are di terra con un pozzo che abbia l'acqua buona. Non me la danno. Non c’è speranza perché i tutti i proprietari, grandi e non, la danno i contoterzisti per seminare perché stanno tranquilli: “Me la ara, me la tiene pulita, mi prende il contributo o comunitario e sto tranquillo”. Noi, invece, dobbiamo invertire le cose: dobbiamo dare premialità al proprietario e dire: “Se tu l'affitti al giovane…”. Altrimenti spiegatemi come un giovane può accedere all'agricoltura se non ha la terra. Mettiamo quelle premialità a chi dà la terra ai giovani. Io vi ringrazio, scusate il tempo che ho preso.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Benedetto De Serio, direttore di Coldiretti. Prego.
Benedetto DE SERIO (Direttore Coldiretti) - Grazie, assessore Pacella. Un saluto a tutti gli amici intervenuti, agli amici dell’Inea, al Preside dell’Istituto e a tutti i presenti. Credo l’oppurtunità che ci viene dall'incontro di questa sera ci deve dare la spinta a voler individuare soprattutto le necessità che questa provincia avverte come elemento di criticità. Credo che la fase di ascolto che la Provincia ha aperto all'interno di una progettualità di ascolto che è nazionale, se non europea per intenderci, è chiaro che merita anche un entrare nel merito di quei fattori di criticità che fino a oggi hanno in buona sostanza impedito alla nostra agricoltura di diventare efficace, efficiente, competitiva, soprattutto in grado di pervenire alla soluzione di annosi problemi che si trascinano da tempo. Credo che quando si fanno incontri come questi sarebbe stato anche utile dare uno spaccato significativo, sintetico di quelle che sono le situazioni ad oggi raggiunte e i risultati ex post raggiunti, se non altro non definitivi perché siamo ancora con una programmazione non conclusa, relativamente al programma settennale della precedente programmazione. Sostanzialmente questa pratica anche di analisi di ciò che è stato eludere ed evitare i punti di caduta rispetto alla precedente programmazione per intraprendere nuovi momenti organizzativi per affrontare la futura programmazione credo che sia un aspetto, anche dal punto di vista metodologico, che occorrerà realizzare. Se non sarebbe male se a un tavolo agricolo realizzato, consentimi assessore, su basi un po’ diverse, perché è bello aprire a tutte le componenti della società civile, a tutti i portatori di interesse, gli stakeholder come tu li hai definiti, però credo che sia altrettanto importante selezionare perché a ognuno deve essere affidato un compito. Le organizzazioni di rappresentanza devono evidentemente far fermentare al proprio interno un momento di verifica, un momento di confronto per poi poter rappresentare la sintesi di questo confronto. La stessa cosa farà il mondo accademico, la stessa faranno gli Ordini a professionali, la stessa cosa dovranno fare tutti i rappresentanti di organizzazioni che vogliono dare un contributo ponderato all'attività che siamo chiamati a svolgere. Partendo più semplicemente dai punti che noi riteniamo, anche alla base della precedente programmazione, che hanno generato qualche problema, credo che sicuramente non vi è stata una integrazione fra i fondi, in modo particolare in questa provincia, sicuramente in grado di superare il deficit di dotazione infrastrutturale di cui questa provincia soffre. Ci siamo riempiti tutti la bocca nelle precedenti programmazioni parlando di mettere in piedi formule di integrazione fra i fondi europei, in modo particolare il Fesr e il Feasr, di fatto questo non si verificato. Se facciamo una analisi del dato relativo agli esiti di questa programmazione, verifichiamo che ancora ci sono ritardi di spesa importanti soprattutto in quegli altri fondi che non hanno nella effettività generato possibilità di realizzazione di quella dotazione infrastrutturale di cui siamo carenti. Questo credo che sia un elemento sul quale si deve riflettere. Quando parlo di infrastrutture parlo di acqua, parlo di CT, parlo di tutto ciò che significa anche quelle infrastrutturazioni che fanno rivivere i territori rurali, ma soprattutto danno opportunità alle imprese. Il Presidente della Cia poco fa diceva: “stanno sparendo i produttori, stanno venendo meno i momenti di realizzazione delle produzioni”, quindi vediamo addirittura abbandono, troviamo situazioni che cominciamo a fare preoccupare chi si occupa queste cose, ma credo la società nella sua interezza perché credo che l’agricoltura ha un valore estremamente importante per tutta una serie di implicazioni, che non sto adesso a ribadire. Un fatto è certo, che la zootecnia è sparita in Provincia di Lecce perché questa provincia difficilmente è riuscita a accedere a quei meccanismi della 125 perché una serie di criteri di selezione, molto, lo ribadisco, molto inibenti non hanno consentito alle aziende agricole e non solo zootecniche, ma le zootecniche hanno sofferto di più e quindi hanno abbandonato, di poter avere l’acqua potabile nelle aziende. Signori, qui lo dico, noi siamo molto spesso in presenza di falsi. Diciamolo perché dobbiamo raccontare queste storie. Abbiamo situazioni in cui si ci arrangia per dimostrare di avere l’acqua potabile nelle aziende, ma l’acqua potabile non c’è. Questo è un deficit sul quale abbiamo il dovere di riflettere come coloro i quali svolgono una funzione di governo delle vicende problematiche, ultime criticità e soprattutto trovare le soluzioni su questo territorio. Altro aspetto. Mi riferisco in particolare alle opportunità di rendere attrattivi i territori. La precedente programmazione ha speso 126 milioni di euro per i muretti a secco. Io mi chiedo quanti sono arrivati in questo territorio che abbiano potuto controbilanciare, non dico realizzare le stesse cose, ma controbilanciare in quelli che sono i sistemi di arredo territoriale, di miglioramento dell'attrazione paesaggistica di un territorio? Anche qui abbiamo delle situazioni che vanno denunciate. Credo che su questo la Provincia di Lecce, se vuole svolgere un ruolo importante, si debba particolarmente ripiegare nel trovare anche elementi che possano sviluppare in questa provincia situazioni che abbiano più equità nella distribuzione delle risorse e delle opportunità. Non dimentichiamo che questa è la provincia che, guarda caso, basa il suo principale elemento di attrattività dal punto di vista paesaggistico proprio sugli oliveti. L'olivo secolare, il paesaggio di questa realtà che vive di grande attrattività legata alla suggestione, a questa commozione che genera vedere un olivo di duemila anni capace di dare 6,20 quintali di olive, come è accaduto nel discorso di Michelle Obama, che insieme condiviso come esperienza. Sugli ulivi oggi stiamo piangendo le conseguenze di una scarsa attenzione che si è purtroppo registrata. Qualche tempo fa Coldiretti aveva chiesto alla Regione Puglia di intervenire sul discorso degli ulivi del Salento perché vi erano altre patologie che avevano creato situazioni di abbandono e situazioni di disseccamento delle piante, ma soprattutto situazioni in cui il paesaggio dal punto di vista ambientale stava subendo una azioni devastante da parte della antracnosi, la lebbra dell’olivo per intenderci. Vogliamo cominciare a riflettere che gli elementi del paesaggio, gli elementi che contraddistinguono e configurano in termini di bellezza un paesaggio, vuoi che si chiamino muretti a secco o vuoi che si chiamino oliveti secolari, devono avere eque opportunità di ottenere interventi dalla mano pubblica, che non deve regalare soldi ma deve creare opportunità di conservazione e di rilancio di queste attività? È un aspetto che credo sia opportuno sottolineare. L'altro aspetto è quello relativo a distinguere, leggo nel documento, sempre parlando di azione di sviluppo locale, “la possibilità di intravedere una nuova ripartizione di opportunità per i gruppi di azione locale basata anche sulla diversificazione delle azioni”. Capiamoci, prendo a prestito le parole dell'assessore Pacella, questo è un territorio in cui il 92% è interessato dall'olivicoltura, il 60% e più della Sau (superficie agricola utilizzata) è olivo. Allora stiamo attenti, non dico che dobbiamo giocare in maniera assolutamente omologa, ma perlomeno teniamo conto che la diversità sta proprio nella unicità che questa provincia ha. Per cui non deve essere una regola generale, deve essere una regola che va adattata intelligentemente realtà per realtà, non possiamo dare un diktat in base al quale regolarsi. Per quanto riguarda l’esperienza precedente della programmazione e ovviamente le proposte che riguardano il futuro, io credo che l'intervento o, meglio, le scelte strategiche compiute dalla Regione Puglia nella precedente programmazione Relativamente alla concentrazione degli interventi siano una esperienza da ripetere, non è una esperienza da bocciare, soprattutto perché abbiamo avuto una concentrazione tematica che sostanzialmente ha fatto in modo che convergessero su determinati argomenti e su determinate ipotesi di sviluppo una serie di misure. Questo va bene perché avere più misure e quindi chiudere il cerchio intorno a una ipotesi di sviluppo locale credo che sia un elemento estremamente positivo. Dobbiamo semplicemente stare attenti a non scambiare la strategia con il contenitore. Noi abbiamo avuto la strategia dei PIF (progetti integrati di filiera) che è una strategia che invece alla fine è diventato un contenitore. Su questo dobbiamo stare molto attenti perché credo che sia la strategia che dobbiamo valorizzare, poi le formule attraverso le quali riuscire a realizzare il programma nella sua completezza e nella sua diversità prevede debba avere altre possibilità che utilizzino i contratti di rete come elemento di innovazione dal punto di vista organizzativo, ma, perché no, la possibilità di utilizzare meglio le organizzazioni dei produttori. È inutile dire che questa è una provincia in cui il livello di organizzazione dei produttori è molto basso, addirittura assente in alcuni settori. Ovvero si sono fatte le esperienze nel passato più o meno recente, in alcuni casi un po' più remoto. Queste realizzazioni sono venute meno, noi abbiamo oggi un mondo agricolo che chiaramente a quella che era la seconda scelta strategica della precedente programmazione, che era quella di qualificazione mirata delle produzioni agricole, non riesce ancora decollare. La qualificazione mirata delle produzioni agricole non può che avvenire nel momento in cui si realizzano delle compagini, delle aggregazioni in grado di far rispettare delle scelte di qualificazione delle produzioni in maniera abbastanza orizzontale. Sostanzialmente creare un substrato di conoscenza, sapere a chi trasferire questa conoscenza, avvalendosi, perché no, ne sono convinto, del lavoro intelligente che si può fare e si deve fare con il mondo universitario. Noi abbiamo delle esperienze in questo che devo dire gratificano molto sia i ricercatori ma anche gli operatori agricoli che su questo stanno lavorando. L'altro aspetto che è questa provincia deve cercare di introdurre quanto più possibile un elemento di diversificazione delle produzioni. Sono d'accordo con l'assessore. Dobbiamo non incanalarci del tutto verso la monocoltura. Stiamo attenti, stiamo per orientarci verso una monocoltura e questo non va bene. È chiaro che se questo è avvenuto sappiamo anche le cause, è avvenuto perché non c'è stata redditività per alcune produzioni, non c'è stata capacità di commercializzare determinate produzioni, sono mancati gli strumenti. E torniamo al punto di prima. Ma queste sono le vicende che ci fanno rimanere al palo e che non ci fanno crescere, rispetto a questo dobbiamo capire come intervenire. Benissimo la creazione del sistema dei servizi alle imprese, su questo dobbiamo continuare a scommettere, però in maniera un po' diversa, cioè la 114, per intenderci, parlo un po' contro quello che può essere l'interesse di una associazione di categoria come Coldiretti, credo che debba essere allargato ad altri elementi della strumentazione agricola presente in questa regione. Io mi chiedo perché oggi dobbiamo parlare di situazioni di difficoltà dei consorzi di difesa e poi, guarda caso, ci troviamo il dilagare del nuovo killer, e non pensiamo come valorizzare il ruolo dei consorzi di difesa, delle associazioni di allevatori come strumenti per cercare non solo di curare ma di prevenire le situazioni che si sono realizzate su questo territorio e che costantemente sono elementi di debolezza di questo territorio. Il discorso della banca della terra. Non mi basta parlare di una struttura di servizio di informazione su quelle che sono le disponibilità dei terreni. Credo che la regione debba alzare la voce e chiedere un ritorno alle funzioni, quelle nobili, che hanno caratterizzato Ismea, anzi la cassa per la proprietà coltivatrice nel passato perché ha generato tante situazioni di vantaggio competitivo per le imprese. Oggi non c'è più. Credo che su questo, al di là di dare l'informazione o il servizio di informazione che, credetemi, sarà pure utile ma non credo risolva i problemi, noi dobbiamo creare le condizioni perché un organismo fondiario possa attendere al superamento delle criticità di questa provincia come di altre province pugliesi. Questo in modo particolare perché la superficie agricola aziendale di questa nostra provincia è sicuramente ancora proprio bassa, sicuramente ci sono terreni che si perdono, che restano incolti, sicuramente c'è la necessità di creare un momento forte che spinga alla ricomposizione fondiaria, all’aggregazione fondiaria, perché no, al rilancio del mercato degli affitti. Non solo la proprietà ma anche l'affitto può essere un elemento che in prima battuta può essere utile per tendere a aumentare la maglia aziendale delle imprese agricole. Sono alcuni piccoli spunti, mi fermo qua perché credo, lo ribadisco, che questo processo di programmazione meriti, con le sei priorità che avete individuato in questa vostra sintesi che ci avete presentato, meriti approfondimento sia sulla governance, perché non ne abbiamo parlato ma credo che così come posta non può essere affrontata in un incontro come questo, dobbiamo avere la possibilità di avere anche il tempo per poter scrivere qualcosa, non solo ma giungere a un documento quanto più condiviso a livello provinciale. Ovviamente l’innovazione organizzativa va bene. È un imperativo che ci dobbiamo dare tutti. Tutti coloro i quali svolgono attività sia economica che di assistenza in questo settore devono scommettere sull'innovazione organizzativa. Il ruolo dei giovani dipende essenzialmente da quanto noi saremo in grado di rendere appetibile ancora la volta nelle aree rurali e sicuramente la redditività alle imprese. Noi stiamo facendo una esperienza come Coldiretti, ho visto che l’avete sottolineata, noi stiamo cercando di creare quanto più possibile filiera corta. Credo che quella sia una frontiera che non riguarda solo la vendita del mercatino del contadino, per intenderci, filiera corta è qualcosa di più complesso che tende a abbattere quelle strettoie che finiscono per ridurre il valore aggiunto che resta in agricolture a, magari a vantaggio di altre componenti della filiera. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, direttore. Mi aveva chiesto la parola dottore Antonio Bruno. Cerchiamo di stringere eventualmente con delle proposte. È chiaro che per quanto mi riguarda, ma credo anche per voi, questa sera con il rappresentante dell'Inea sarebbe stato opportuno venire con delle proposte. Capisco la difficoltà, i tempi, la convocazione. Sarà opportuno che come territorio ci si ri-incontrasse e ci ragionasse su quello che stiamo dicendo questa anche sera se ci stiamo mantenendo molto su grandi linee, dovremmo entrare nel merito, entrare nel particolare partendo da una analisi della programmazione precedente, nonché quella attuale, e quindi chiaramente fare delle proposte che mi auguro, così come ho detto all'inizio del mio intervento, siano condivise. È finito il tempo di chi si inventa una organizzazione, si inventa una cosa e poi l'altro per fare concorrenza a quell'idea ne inventa un'altra. Questo dobbiamo iniziare ad evitarlo e quindi proporre qualcosa che possa andare bene per il territorio, a vantaggio (vedo che tutti gli interventi condividono) del mondo della produzione.
Dott. Antonio BRUNO (Presidente Associazione Dottori in Agraria e Forestali) – Grazie, assessore. Saluto le organizzazioni professionali, saluto i colleghi, le realtà produttive presenti e l’Inea che ha attenzione su questa problematica del Salento. Io sono il Presidente dell'Associazione Dottori in Agraria e Forestali della Provincia di Lecce. Abbiamo un centro studio che si chiama Centro studi dottori agronomi e dottori forestali di Lecce. Prendo spunto da quello che dice l'assessore per dire che qua dobbiamo continuare un discorso già in atto, che è quello del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di questo territorio che ha caratterizzato l’intero territorio come a vocazione parco. C'è uno strumento, è una visione del territorio. La provincia ha questo visione, è condivisa dalla struttura fondiaria di questo territorio. Il territorio di questa provincia ha 220.000 proprietari di paesaggio rurale che non corrispondono ai diecimila imprenditori agricoli a titolo principale presenti in questo territorio, anzi novemila, tutti con partita iva, di cui emettono fattura forse un quarto, forse di meno. Di questo stiamo parlando, di una realtà che ha queste caratteristiche. Però stiamo parlando di un territorio che in termini di autoconsumo rappresenta 850.000 abitanti, territorio grande l'Umbria dal punto di vista della densità abitativa, un territorio che è visitato ogni anno da due milioni di persone venute da lontano, non quelle le vengono dal sud del mondo ma dal nord del mondo, a iniziare da Bari. Un territorio che ha nel turismo un'alta vocazione. Ci vengono a trovare perché se Francis Ford Coppola ha la casa in Ugento, se altri attori presenti territorio hanno fatto casa qui da noi l'hanno fatto perché il Salento rappresenta qualcosa di incontaminato, qualcosa di silvestre, di selvatico, perché nessuno si va a fare la casa dove c'è inquinamento. Questo è il target, così ci conoscono, questo quello che ha registrato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Che governance e quali strumenti di coerenza con questa visione di questo territorio che ha queste caratteristiche? Capisco che la dottoressa Valentini dica: “Noi dobbiamo fare sintesi”, ma facciamo sintesi tenendo bene presente che il Salento è questo. Non facciamo sintesi facendo del Salento i soli tremila che emettono fatture. Noi dobbiamo fare un discorso di prospettiva per questo territorio a cominciare da un servizio eco sistemico che rende l’agricoltura, che è quello dell’acqua. Questo territorio ha due paradigmi, uno dell'impianto di affinamento di Gallipoli, affinamento dell'acqua a fini irrigui, che è un impianto chimico, e uno (stanno venendo da Bari, il 27 verranno dei miei colleghi da Bari a visitare questa realtà) il fitodepuratore di Melendugno. Qual è il servizio di eco sistemico? Mi ha chiamato il sindaco di Melendugno e mi ha chiesto: “non possiamo fare un impianto di irrigazione collegato con il fitodepuratore?”. Sì. Ci sono cento Comuni in questo territorio con i loro impianti di depurazione. Ci sono 75.000 pozzi censiti, ma chissà quanti altri. Il mio amico Giulio Sparascio ha l'acqua salata perché ci sono 75.000 pozzi che emungono acqua dalla falda, che è bene comune, che è un bene di tutti noi, che rappresenta anche l'acqua che beviamo, perché il Salento si dissesta e ha l’acqua potabile grazie alla falda non all’acqua che viene dalla Basilicata. Che cosa c’entra l’agricoltura? C’entra perché l'agricoltura è un servizio eco sistemico a questi due beni, alla falda, all'acqua che noi dovremmo portare dove? La dovremmo portare per minacciare il nostro sistema turistico, che è basato sul turismo balneare, che è quello che tira di più, e sul turismo culturale. La città di Lecce è città d'arte. In mezzo c’è uno spazio enorme per il turismo enogastronomico, il vino ne è la dimostrazione. Ho sentito dire: “Abbiamo riempito le sale di enoteche”. Però il vino è una realtà vera, è una realtà economica. È una realtà che, grazie anche a Giuliano Sangiorgi che ha fatto un complesso che si chiama Negroamaro, è una realtà internazionale. E il negroamaro è conosciuto più del primitivo. L'olivo ha lo stesso destino se noi seguiamo le indicazioni che ci vengono, anche se in maniera spumeggiante e folcloristica, dal mio amico Ivano. Basta vedere questi dati: l'1,29% ha meno di 29 anni. Questo 1,29% sono i figli di quelli che hanno lasciato ai figli la proprietà. Gli altri figli non intendono fare l'agricoltore, però ci sono tanti che non hanno papà agricoltori che sono disposti a fare l'agricoltore. A questi dobbiamo parlare. E con quale linguaggio si può parlare se non quello del turismo balneare, del turismo enogastronomico, del turismo culturale? Parlando di quello enogastronomico, quindi una filiera cortissima, in cui c'è un autoconsumo 850.000 che non devono andare più alla GDO, ma devono fare come i giapponesi e incominciare con le donne che dicono: “Consumiamo quello che producono i nostri figli”, ma devono essere i nostri figli a produrre, ci deve essere una motivazione per consumare quello che produciamo, ma anche un discorso di andare a intercettare gli interessi dei due milioni di turisti che ci vengono a trovare ogni anno. Questa visione non la sto inventando io è quella del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Lecce. Se questo strumento di programmazione non viene preso in considerazione, è stato fatto qualche anno fa, e si fa un'altra Pac, che parla di altre cose; se le infrastrutture non sono servizi ecosistemici ma sono servizi all’impresa che non c'è… Facciamo i servizi all’impresa che c'è. L'impresa che c'è è l'impresa turistica. E quali servizi dobbiamo fare? Vedo qui presente il dottore Ferro. Il dottore Ferro si è fatto promotore di un discorso di consorzio di tutti gli olivicoltori. Può essere intercettato dai giovani non da un sessantacinquenne o da un settantenne. Perché dovrebbe un settantenne? Io a 65 anni andrò in pensione. Ho detto queste cose in una manifestazione fatta dall’amico Ivano, ho detto: “Non ho capito, se io a 65 anni me ne vado in pensione, perché l'agricolture a 75 sta ancora lì ancora a fare l'agricoltore? Dove sta la logica?”. Scusami, direttore De Serio, io ti stimo molto, però la cosa naturale non si cambia. Io sono per assecondare la natura. La struttura fondiaria di questo territorio è frammentaria allora noi dobbiamo intercettare degli interessi con l'affitto, con il comodato gratuito, che facciano tornare all'agricoltura i giovani. Ma tentare il discorso di accorpamento con un mercato drogato in cui se vai a comprare un ettaro di terra ti devi vendere la moglie ai beduini, è questa la verità, non rendono nulla ma se tu vai a comprare un ettaro di terra ti arrendi perché dici: “Io non ce la faccio, mi devo indebitare per tutta la vita fino alla settima generazione”. Dobbiamo trovare una strada perché il capitale terra diventi produttivo senza mettere a rischio la proprietà. È un bel rompicapo, ma Inea è stata creata per risolvere rompicapo. Io ve lo sto proponendo, aspetto le soluzioni. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – La parola al dottore Giuseppe Ferro.
Dott. Giuseppe FERRO - Prima di tutto devo salutare il padrone di casa, il Preside Livraghi, che mi ricorda che mio padre ha frequentato questo Istituto. Quando sento che bisogna aprire una facoltà di agraria a Lecce e che comunque in Italia gli iscritti alle facoltà di agraria aumentano, siamo a più 44%, immagino che prima di tutto bisogna fare formazione prima di iscriversi a una facoltà di agraria e quindi riscoprire nella sua pienezza l’Istituto Tecnico Agrario Presta, che magari adesso è un po' soverchiato dall'Alberghiero Columella. Io sento, infatti, dappertutto l’istituto Columella non sento più l'istituto Presta, mi viene un nodo allo stomaco. Devo salutare la dottoressa Valentino che mi ricorda tempi eroici, il dottore Pallara che non vedevo da due anni e l'assessore Pacella che ha avuto la bontà di invitarmi questa sera. Prima di dire quello che intendo dire e che avrei fatto se avessi continuato la mia esperienza regionale, perché siamo arrivati al punto in cui ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità e deve attuare momenti di coraggio pure andando contro corrente, come abbiamo fatto noi sei, sette anni fa. Quello che si dice adesso a proposito di ricambio generazionale, Pif, poi lasciamo stare come le modalità di attuazione sono andate avanti, oppure dare maggiori risorse ai Gal per intercettare meglio le esigenze del territorio, quindi una programmazione dal basso che è tanto cara all’amico Pier Paolo, è evidente che questi gradini ci devono fare riflettere e immaginare di salire altri gradini per arrivare a un qualcosa, non dico che si possa migliorare l'agricoltura in questi cinque, sei anni, ma almeno dare una speranza, un obiettivo per i nostri giovani, ma anche per chi giovane come noi ancora si interessa di agricoltura. Volevo soltanto, Benedetto, non per difendere me stesso o chi ha immaginato la vecchia programmazione, perché fra l’altro è stato un percorso difficilissimo di confronto sia a livello regionale sia a livello comunitario quando ci furono messi dei paletti per cui se non andavamo al di sopra del 35% sull’Asse 2 non ci sarebbe stata nessun Psr della Puglia , mentre le organizzazioni professionali tendevano a immettere risorse sull'Asse 1. Sul problema della 125 tu sfondi una porta aperta. Come tu sai sono vissuto in zone di riforma agraria, quindi chi più di me sa quanto fossero importanti, allora come oggi, le strade rurali e gli acquedotti rurali. Poiché siamo persone perbene, nel momento in cui le autorità di gestione vengono convocate a livello regionale dalla giunta e gli si dice “dobbiamo fare un documento unico, con le famose demarcazioni degli altri fondi (Fesr e Fse), quindi vediamo di non fare duplicazioni e quello che non può essere raggiunto con il fondo più povero - che era il nostro - vediamo di raggiungerlo con il fondo più sostanzioso - che era il Fesr”. Per strade rurali e acquedotto facemmo riunioni partendo dall'esperienza della 4.10. C’era l’amico Toma che diceva: “Ci stanno progetti pronti, ci stanno i Comuni che stanno aspettando”. Mi pare che raggiungemmo una cifra di 170 milioni. Questi dati furono ufficialmente comunicati. Ci fu la delibera. Mi ricordo che furono 8 o 9 Assi. Fu identificato l’Asse dove allocare queste risorse. La delibera andò con queste risorse. La delibera uscì senza queste risorse. Questa è verità. Il dirigente firma la proposta e l’assessore la delibera. L’assessore firmò questo importo, quando la delibera uscì dalla giunta regionale i 170 milioni non c’erano più. Il sottoscritto fece una nota lamentando a, b, c, d, non ci fu nessuna risposta. Ero un dirigente, non ero la parte politica che si deve assumere certe responsabilità. Anche per quanto riguarda il ripristino dei muretti a secco, al di là delle priorità che furono individuate, quando ci sono stato io mi pare che erano 25 milioni su quell’azione. Non so che cosa è accaduto successivamente e dove sono andate a finire queste risorse. Non per difendere me stesso, ma questa era la realtà. Per quanto riguarda il killer. Io non sono un fitopatologo, mi sono formato dal punto di vista economico estimativo, ma un po' di esperienza nel settore olivicolo penso di averla acquisita in tutti questi anni. Mi sono fatto una mia convinzione, fermo restando che non ho fatto nessuna indagine, che non ho prelevato campioni del terreno o delle acque, ma qualche dubbio mi era venuto sapendo che mio cugino Antonio Bruno – è mio cugino purtroppo - è direttore tecnico del Consorzio Ugento Li Foggi, quindi ero preoccupato sui canali che intersecavano i Comuni interessati. Dalle notizie che ho assunto pare che non sia un problema di acque e neanche di terreno. Però se fate un momento di attenzione in questi ultimi cinque o sei anni stanno uscendo patologie che negli anni precedenti si erano perse. La lebbra l’abbiamo studiata, ma negli anni eroici, anni Settanta, anni Ottanta, anni Novanta, non mi risulta che siamo stati chiamati in causa per cose di questo genere. Il parassita principale che bisognava combattere era la mosca con le cose che abbiamo sempre detto a tutti. In queste cinque o sei anni stanno uscendo fuori queste patologie. Guarda caso In contemporanea con una superficie notevole di olivicoltura abbandonata, per ovvi motivi perché più l’olivicoltura è marginale e più il produttore è allettato dal premio comunitario e non investe nulla, non sopporta nessun costo, tenuto conto che nella maggior parte dei casi l'azienda non produce reddito. Quello che arriva dall’Unione Europea, quindi, è l’unico sostegno che può arrivare a quell’azienda. Mi sono fatto questa convinzione: il disaccoppiamento totale in un settore come quello olivicolo, che abbiamo sempre detto che era una casa, nella maggior parte dei casi stiamo parlando di una casa antichissima, perché ci sono alberi duemila anni, di mille anni, che ha bisogno di una manutenzione ordinaria e straordinaria, quindi ha bisogno di più di una pianta giovane, quindi è più soggetta, nel momento in cui non fai l’ordinaria e la straordinaria, agli attacchi parassitari di qualsiasi tipo siano. Mi sono fatto quest’idea, non vorrei che quello che sta accadendo in quella zona specifica, e sono curioso di capire perché in quella zona specifica, se è vero che non ci sono influenze esterne ambientali o del terreno, per verificare se quello può essere un campanello di allarme. Mi devo preoccupare nel momento in cui leggendo i giornali - ho raccolto tutto la rassegna stampa – vai a vedere che il primo campanello è stato dato nel marzo 2012. Stiamo parlando di più di un anno e mezza fa. Forse la Regione è mancata, non so chi è mancato in questo momento, bisognava attivare alcune cose circa un anno e mezzo fa. Per quanto riguarda il signore di Sannicola che mi piace perché parla in maniera appassionata. In questo anno sono Presidente del Rotary, non lo sto dicendo per autoqualificarmi perché è soltanto un peso, però mi sono avvicinato a un progetto mondiale che sta portando avanti il Rotary per quanto riguarda la lotta non solo alla fame nel mondo, ma a quello che sfugge a tutti noi: la lotta agli sprechi alimentari. Sono numeri incalcolabili. Vi devo leggere due righe perché vi possiate rendere conto di cosa stiamo parlando. “I paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo dissipano – questo è un documento della Fao – quasi la stessa quantità di cibo. I consumatori dei paesi ricchi sprecano quasi la stessa quantità di cibo dell'intera produzione totale dell'Africa sud sahariana. Frutta e verdura sono gli alimenti che vengono sprecati maggiormente. L'ammontare del cibo che va perduto o sprecato ogni anno è equivalente a più di metà dell’intera produzione annuale mondiale di cereali”. Questi sono i numeri che ci devono fare riflettere, al di là che nel 2050 saremo 9 miliardi, che l'agricoltura dovrà produrre più del 70% di quello che produce adesso per soddisfare tutti e per dare da mangiare a tutti. Tornando allo scopo di oggi. Cerco sempre di partire dai numeri perché sono comprensibili da tutti. Banca Italia a giugno scorso ha presentato il report nazionale e il report Puglia. I dati. La Puglia soffre meno rispetto ad altre regioni del Mezzogiorno però sono dati negativi. Stiamo parlando del 2012 sul 2011. L'agricoltura meno 5,5%, l'industria in senso stretto ha un fatturato di meno 2%, investimenti meno 10%, esportazioni più 7,3%, costruzioni meno 7,3%, servizi meno 1,9%, occupati più 0,1, ore lavorative meno 3,2%, credito più 0,1. L'unico positivo è la raccolta bancaria più 4,9% perché la crisi determina un momento di inflazione da parte di tutti i cittadini. Questi sono numeri. Commercio estero, quindi abbiamo detto più 7,3 l’intera esportazione della Puglia. Agricoltura soffre, meno 5,0%. Naturalmente stiamo parlando del settore primario, agricoltura, silvicoltura e pesca da non confondere con l’alimentare, perché l'alimentare comprese le bevande e il tabacco, non so che cosa esporta di tabacco la Puglia, sta a più 12,9%. Il PIL 2012, agricoltura 3,6%, contribuiamo al Pil regionale con il 3,6%, meno 2, 3% rispetto all'anno precedente. Il valore aggiunto dell'industria alimentare e delle bevande è 15,5% in Puglia. Se poi andiamo al credito, i primi tre mesi di quest’anno il Mezzogiorno sconta in meno 45% rispetto a un più 11 e più 15% del centro-nord. Questi sono i dati di Ismea. Questi sono i numeri. Che cosa ci dicono? Che una produzione amorfa, una produzione primaria che non viene trasformata, che non viene valorizzata, che non ha la sua identità e che non viene esportata è perdente, ancora più perdente quando il settore è marginale come il nostro olivicolo. Io sono qui questa sera per gettare un grido di allarme sul settore olivicolo. O immaginiamo con questo programma di dotarci degli strumenti giusti per rimettere in carreggiata il settore olivicolo o, come hai detto tu, siamo ormai alla monocoltura, è evidente che non saranno più altre possibilità di recuperare perché non fai in tempo, lasciando il settore olivicolo, a investire. Anche perché non puoi immaginare di estirpare 95.000 ettari della Provincia di Lecce per dedicarci a altro. Sarebbe un danno ambientale enorme. Veniamo a quelle che potrebbero le strategie. Benedetto ha parlato delle Op, delle associazioni. Guardiamoci negli occhi. Quante di queste funzionano realmente? Quante effettivamente applicano l’ex 102? Quante vivono soltanto di progetti di miglioramento della qualità dell’oliva? Anche questo discorso collegato a quello che sta avvenendo a Gallipoli e dintorni,
La Regione ogni tre anni dispensa 22 milioni di euro per finanziare le Op e le associazioni di produttori che presentano programmi di miglioramento della qualità dell’olivicoltura secondo le varie misure e varie azioni, però la maggior parte per la difesa e la prevenzione delle malattie nel settore olivicolo. Noi abbiamo una rete formidabile di tecnici sull'intero territorio regionale che dovrebbero essere le sentinelle di tutto. Ma non mi risulta che questo avvenga. Evidentemente c'è qualcosa che non funziona, evidentemente anche lì non c'è nessun coordinamento. Ogni orgasmo viene finanziato secondo il grado di rappresentatività, il numero dei soci, che voi sapete essere un retaggio storico perché la maggior parte di quei soci non sanno nemmeno di quale associazione fanno parte. Sarebbe intelligente fare un coordinamento e fare sì e che non ci siano sovrapposizione sul territorio e che attraverso le Op e le Associazioni si possa raggiungere l'intero territorio e monitorarlo. Servirebbe almeno questo minimo momento di coordinamento. Questo secondo me potrebbe essere chiesto dalla Provincia e dalle organizzazioni professionali. Per quanto riguarda l'aspetto economico, abbiamo fatto grandi passi per andare ad aggregare il prodotto, il prodotto trasformato. Nessuno di noi si è posto la domanda: “ma com'è che il vino va che è un treno?”. A proposito è arrivata l’agenzia Agra Press, il Ministro De Girolamo ha dato i dati dei primi sei mesi di quest’anno il settore vinicolo ha un più 8% di esportazioni e partiva già da un dato importante. Questo cosa vuol dire? Che quella rivoluzione nata a metà degli anni Ottanta sta producendo effetti positivi. Tutte le aziende che esportano stanno producendo effetti positivi per sé e per gli altri, per l'intero comporto. Devo dire che anche l’OCM del settore vinicolo è importante, specialmente per le azioni dell’internazionalizzazione dei progetti che vengono presentati. L'olivicoltura soffre. È completamente diversa dal settore vinicolo. Loro hanno scelto una strada di valorizzazione della produzione ritornando al passato, alla tradizione, però investendo sull'innovazione ed esportando questa produzione. Ci sono centinaia di etichette. Ci sono etichette che noi qui a Lecce non conosciamo. Non c’è una bottiglia di quel vino. Faccio un nome: Apollonio, non si trova nei ristoranti di Lecce perché il 95% della loro produzione viene esportata e non hanno nessun interesse perché ogni anno loro aumentano sia in quantità che in valore questa esportazione. Il settore olivicolo perché non riesce? Sicuramente stiamo parlando di superfici completamente diverse, 8/9000 ettari il settore vitivinicolo, 94.000 quello olivicolo, ma quando si è troppi bisogna essere organizzati. Abbiamo sempre immaginato che l'organizzazione fosse al momento in cui bisognava mettere insieme il prodotto e commercializzarlo. Le cooperative, gli oleifici sono sorti per questo. Lasciamo stare che la maggior parte non rispetta le regole. La maggior parte degli oleifici cooperativi sociali non svolgono le attività per cui sono sorti, sono dei frantoi perché svolgono delle attività conto terzi. Il produttore porta le olive, non conferisce le olive, ricava l'olio, in quel momento decide cosa lasciare all'oleificio e cosa portarsi a casa. L'oleificio o anche l’Op che dovesse recuperare quel prodotto non sa mai ogni anno su che quantità e su che qualità di prodotto potrebbe fare affidamento. Questo non va. Siamo stati in Spagna. La lavorazione massale è normale, non esiste una differenza negli oleifici spagnoli se vuoi fare la partitaria o la massale. La lavorazione massale è una. D'altronde qual è il concetto? Io metto insieme le olive, naturalmente devono essere omogenee come qualità, trasformo insieme queste olive, ricevo l’olio e commercializzo l'olio. Che senso ha, con il vecchio Pop, con il Por, con il programma della provincia di 10 anni fa, che senso di avere dato a tutti gli oleifici di avere linee continue perfette e innovative, che con due operai sostituiscono gli otto operai di una volta, quando ancora sono oggi costrette a lavorare a livello partitario? Faccio un esempio, è come se la FIAT fa il miglior stabilimento di questo mondo, tutto automatizzato e fa la Cinquecento, poi si ferma e fa la Punto, poi si ferma e fa la Delta. Quanto costerebbero pro capite queste macchine? Non riusciamo a far capire che la massale deve essere una condizione prioritaria. Questa può essere una condizione di accesso, cioè chi veramente concentra il prodotto primario non l'olio che uno decide dopo quale deve essere conferito e quale mi porto a casa. L'altro aspetto fondamentale a cui tengo molto, facemmo un convegno quattro o cinque anni fa a Bari alla Fiera del Levante: la conduzione associata delle aziende agricole. Laddove non esiste una dimensione economica dell’azienda per stare da soli sul mercato, siccome abbiamo detto che si è vincenti esportando, ma non puoi esportare se non sei nelle condizioni di essere innovativo al momento della produzione e di avere la dimensione economica giusta per andare a esportare se vuoi farlo da solo, devi raggiungere una dimensione economica x, che può essere comodamente individuata grazie all’Inea, grazie a chi meglio credete, per ogni filiera, partendo da quella olivicola che a noi interessa di più in questa provincia, e dire: “per accedere a un programma, alla competitività del sistema alimentare favorendo l’innovazione organizzativa e tecnica delle filiere”. Penso che quello che vi sto dicendo si inquadra in questo punto due delle priorità, perché se tu costringi, ma veramente costringi la gente a mettersi insieme, creando tutte le sinergie possibili… In quel convegno vennero fuori la società minima (tre persone), quella fatta da cento persone e quella fatta da chi produceva latte in Sardegna, che erano 350 soci. Tutti espressero, perché furono gli attori di queste attività, tutti espressero la condizione economica come fosse migliorata rispetto al passato, non solo sommando idealmente i fatturati delle precedenti attività, si superava di gran lunga la somma di questi fatturati. Spiegavano, specialmente quello le tre società: “Io sono stipendiato dalla società, sono salariato per certi aspetti, conduco il trattore e vengo pagato per le ore che metto a disposizione, fermo restando che il capitale fondiario rimane in capo ai legittimi proprietari”, si mette insieme la gestione. Se andiamo avanti che dobbiamo mettere insieme la produzione trasformata senza aver prima immaginato un discorso a monte, perché si possono fare i salti mortali in questo mondo ma voi sapete meglio di me che il dato iniziale è quello che sviluppa la possibilità di raggiungere il valore aggiunto, cioè se il costo della materia prima è già elevato tu puoi fare i salti mortali nella fase di trasformazione e andare a trovare il mercato più ricco di questo mondo per recuperare i tuoi costi di produzione, ma è evidente che devi partire da un costo della materia prima, il più basso più possibile, con la qualità alta. Questa è l’innovazione. Se si decide su questa strada, tutti noi ci dobbiamo spendere su questa strada al di là degli steccati che in questo momento esistono fra organizzazioni professionali, organizzazioni dei produttori e associazioni. Questa può essere una priorità, può essere una modalità di attuazione e poi si vedrà. Capisco benissimo, si cambia il modo di agire a 360 gradi, ma se un produttore di dieci ettari, venti ettari da solo non ce la fa, anche nel momento in cui ha bisogno di uno scuotitore, dieci produttori da dieci ettari hanno la possibilità di acquistare, attraverso la conduzione associata, attraverso la società di gestione, lo scuotitore. È quello il primo anello che ci consente di arrivare più forti nella fase di trasformazione del prodotto, tenuto conto che l’agricoltura pugliese, non lo dico io ma sono i numeri che vi ho dato, e quella leccese in particolare, si salva soltanto con l'esportazione. I consumi stanno diminuendo. La filiera corta è importante per quello che riesce a recuperare sotto casa tramite la diversificazione. È importantissima, ma quanto del nostro olio, che ancora per la maggior parte è lampante, possiamo vendere con la filiera corta? Altro aspetto. Insieme a Unacoma a Bari stiamo organizzando Agri Levante. Mi sono confrontato con chi rappresenta Unacoma. Anche vivono di luce riflessa perché l'innovazione si è sempre pensato che fosse la macchina, perché la macchina innovativa ti consente di fare un lavoro in tempi più rapidi a un costo inferiore. Questo è vero. Mi ha detto che il settore non soffre molto rispetto alla crisi dell'agricoltura a carattere generale perché tutte le grosse ditte che sono ubicate a nord l'80-85% della loro produzione lo esportano nei paesi in via di sviluppo, nei paesi ricchi come quelli americani. Sta soffrendo la piccola e media industria, che è localizzata nel Mezzogiorno e in particolare le 200 imprese della Puglia, perché esportano solo il 20% della produzione. Anche da quel lato ci arrivano i segnali per dire: ci si salva esportando. Il settore vitivinicolo va avanti perché esporta, al di là della qualità che nessuno mette in dubbio. Se voi andate al nord, amici della Coldiretti e della Cia, nei ristoranti è difficile trovare vino pugliese. Mi sono posto questa domanda: perché? Evidentemente le più grosse etichette che abbiamo, le più importanti preferiscono esportare e lasciare la competizione al Barolo, al Barbaresco e così via. Sono a vostra disposizione per l'esperienza che abbiamo acquisito a Bari in questi anni. Eravamo sempre pressati sulla spesa, tante volte ci siamo inventati modalità di spesa perché bisognava raggiungere il target di fine anno, con il fiato della parte politica e delle organizzazioni, e questo è andato a scapito della qualità. Non c'è stato mai un momento per riflettere quali potessero essere le soluzioni migliori. Io penso che in questo momento bisogna ragionare in questa maniera se si vuole veramente salvare l’agricoltura pugliese e quella della Provincia di Lecce in particolare. Me ne andai da Bari, questo è l'altro paradosso che penso che gli addetti a lavori conoscono, a proposito, dottore Bruno, mi sento molto agronomo questa sera e non vedere questa sera il Presidente dell'Ordine e il nuovo Consiglio dell’Ordine che è stato eletto, non vedo i dottori agronomi… Abbiamo fatto due convegni coinvolgendo l’Ordine e poi i tecnici pretendono di essere considerati dalle istituzioni e dalle organizzazioni del mondo agricolo quando non sono presenti nel momento in cui devono fare sentire la loro voce? Con tutto il rispetto che ho per te, Antonio Bruno, mi pare che in Provincia di Lecce siamo 450, con tutto il rispetto che ho per te, che sei Presidente dell'associazione e non dell'ordine, mi sarei aspettato la presenza in un momento così particolare, tenuto conto che ieri c’è stata una riunione in cui non so di cosa avete parlato. Concludo dicendo che me ne andai per il problema dell'Iva. Ho capito che il problema dell'Iva non è stato risolto e qualcuno diceva che era un problema di Giuseppe Ferro. Hanno fatto il fondo di rotazione. Questa è un'altra cosa. Quando si istituisce un fondo, vuol dire che i soldi da qualche parte bisogna prenderli. Quello che non riesco a comprendere ancora oggi e non facciamo una battaglia tutti insieme, per quale motivo sul Fesr e sul Fse… Non più? Come non detto. Su una cosa ci stanno copiando in senso negativo. L'Iva è un costo che tu non puoi recuperare e te lo devi sopportare, tenuto conto che ci sono misure importanti, con la nuova programmazione ci saranno sulla forestazione che sono importanti per la Puglia e ci sono Comuni che devono mettere il 21, fra poco il 22%, e non hanno possibilità nel bilancio di recuperare questi importi. Questo è il paradosso quando si danno possibilità per fare investimenti, per creare sviluppo e dall’altro si mettono zavorre per tornare indietro.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, dottore. Il dottore Lezzi, prego.
Dott. LEZZI – Buona sera. Vi parlo da ex allievo di questo Istituto e soprattutto da esperto del settore agricolo territoriale perché sono nel campo da trenta anni. È un territorio che vive di contraddizioni. Abbiamo parlato molto di olio, ve ne dico subito una: grandi produzioni, grandi etichette, grandi premi, non c'è un supermercato, discount o ipermercato sul territorio che possa esporre una etichetta o una serie di etichette di oli per tutti i prezzi e per tutte le tasche. Questa è una contraddizione che spero possa durare il meno possibile. Tornando indietro, senza fare accuse, questa è una proposta, cioè bisogna che ognuno di voi, perché io non rappresento nulla, bisogna che ognuno di voi rinunci a una percentuale di se stesso per mettere su un tavolo coordinato questo tipo di discussione e arrivare nel più breve tempo possibile, ed è fattibile anche in soli 12 mesi, ve lo posso garantire, arrivare a trovare almeno 10 punti vendita. Il più piccolo discount, la più piccola catena o possono essere negozi che poi vanno pubblicizzati con pochi soldi perché qua i soldi non li ha nessuno però si spendono, quindi arrivare ad avere una etichetta che possa quantomeno evocare la produttività del territorio nella correttezza dei dati. Questo è un punto fermo. Un'altra contraddizione che stiamo vivendo in questo periodo è che tutti espongono prodotti dall'olio, prodotti ortofrutticoli, ecc., ma manchiamo di comunicazione, non quella costosa ma quella spicciola. Abbiamo, oltre a queste negatività, un pregio. Ha citato Antonio Bruno due milioni di presenze. Qualcuno ha detto: non è soltanto al discorso di turismo estivo, Lecce è piena tutti i giorni, non solo i fine settimana, tutti i mesi, tutto l'anno. C'è stato chi come docente di questo Istituto si è cimentato a presentare l'Istituto probabilmente e abbiamo notato che Lecce è frequentatissima. Senza andare a fare molti chilometri, fiere all'estero, che pure vanno bene, oggi se c'è una visibilità corretta, circostanziata, si può uscire con poco a due passi. E con chi, se non con gli studenti? Io sono venuto qua qualche mese fa a un convegno di Italia Lavoro si parlava dei voucher che sono uno strumento molto snello, molto praticabile. Io ho suggerito: oggi bisogna sapere fare comunicare il territorio con le produzioni del territorio a chi viene a casa nostra, saperlo comunicare correttamente. C’è bisogno di qualcuno che parli un paio di lingue. Non so quanto vengono praticate, studiate, ma anche utilizzate per quello che può servire nell’ambito studentesco. Io proporrei agli Istituti, tipo questo, ma vorrei citare per chi è assente gli egregi lavori che stanno facendo l'Istituto Costa e il Calasso, cioè unire ogni anno gli studenti delle quarte e quinte classi e dare un minimo di formazione su quelli che sono i prodotti agroalimentari, su quelle che sono le peculiarità turistiche di richiamo e come si comunicano. Chi spende qualcosa in più sull'agroalimentare, su una bottiglia di olio, di vino o di altro, non lo spende perché, sì, forse perché è pubblicità, ma quello lo fa la massa, ma il turismo culturale lo vende perché è c’è storia e questo Istituto ha storia da vendere deve essere soltanto portato nel giusto loco, praticamente a tre chilometri di distanza dal centro di Lecce e deve essere venduta costantemente non solo nell’occasione della fiera. Ci deve essere un presidio olivicolo-oleario salentino fisso su Lecce. Non si deve aspettare l’occasione. C'è stato il discorso della Mostra Permanente dell'Artigianato mi chiedo per quale motivo non ci può essere una mostra dell’agroalimentare tipico salentino, ma con soggetti che raccontino, presentino a turnazione. Questo significa fare tastare agli studenti degli istituti alberghiero, agrario, commerciale il mondo del lavoro. Se ci stanno 100/150 ragazzi che si diplomano all’anno significa che ci stanno 100 /150 soggetti che per motivi qualsiasi (lavoro, studio, viaggi) andranno fuori. Riusciranno più o meno a capire che cos’è olio e il vino del proprio territorio o la patata Sieglinda di Galatina. Il tutto legato a quel discorso salutistico, quindi non consumistico. Io so, poi me ne posso servire o meno, ma intanto sono uscito da un tipo di formazione tale che mi ha consentito di conoscere queste cose. Poi posso fare le scelte che voglio nella vita. La lancio come proposta, fare masticare nell'ultimo biennio a tutti i ragazzi di questi istituti che sono vicini al mondo economico (agrario, alberghiero, commerciale) questa tipologia ma anche altre esigenze di cui hanno bisogno le aziende. Le aziende non sanno come fare una etichetta. Sono tutti bravi a fare sanzioni e stanno rastrellando il territorio in questi giorni, ma nessuno sa come accogliere l’ispettore, che cosa gli deve esibire in maniera tale che quanto meno sta meglio è per tutti e due, sia per chi riceve la visita ispettiva sia per chi la fa. Ma anche il discorso delle etichette, della commercializzazione. Ogni tanto leggo delle critiche su chi vende dei prodotti agroalimentari per strada senza etichetta, senza un minimo di ricevuta, eppure vendono. Quando ne hanno parlato con me ho risposto: “Non devi dirlo al giornale, ma devi andare al tuo Sindaco perché penso che ogni Sindaco abbia la capacità di fare queste cose, se tu stai in regola perché se tu non sei in regola perché stai peggio di lui, è inutile che ti muovi”. Mi fermo qui perché non voglio entrare in toni polemici. Ho ricevuto la settimana scorsa dalla Monini – non so come siano arrivati a me, non ne ho idea, lo devo chiedere - un campione di olio 100% australiano per essere degustato. Olio 100% italiano che stava nella catena di Esselunga per solo per la scorsa settimana 16 /24. Questa è una operazione che per quello che può costare, se vi fate un po' di conti, potrebbe essere emulata da quella iniziativa che vi ho detto, di fare entrare il prodotto salentino etichettato correttamente, certificato perché oggi si può misurare tutto sull’oliva e sull’olio. Si possono misurare i lavori nutrizionali, la degustazione, il profilo organolettico. Partiamo dall’olio è il più diffuso. Vi invito anche a guardare le figure della 103 e 105, questa bella tipicità del territorio, 100 Comuni tutte queste varietà. Secondo voi quale etichetta, se non quella che evoca il territorio? Che vogliamo mettere Gianni Lezzi, Giuseppe Ferro? Io non ho voluto parlare di Dop, ma a questo punto sono tirato in ballo e ve ne parlo. La Dop ha insegnato negli anni che ci sono paletti. La Dop è servita a molte aziende per sapere come comportarsi anche sugli altri extravergini. Cioè tracciato un disciplinare chi si sognava l'azoto e la temperatura 10, 15 anni fa? Ma questo non è problema solo di Lecce, il 10 ottobre ci sarà un incontro a Roma proprio per vedere come modificare i disciplinari che sono un problema di tutte le Dop, però quello ti dà dei paletti su come comportarti. Vai come Dop Terra d'Otranto. Scegli una organizzazione che fa una Dop Terra D’Otranto. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie. Vi prego, massimo cinque minuti.
ANDREA PANICO – Sono un agronomo, collaboro con la Cia di Tricase e anche con il Parco Otranto Santa Maria di Leuca. Io sono stato un attore indiretto della realizzazione del Psr passato, ovviamente avendo a che fare con aziende direttamente ho raccolto oltre alle loro esigenze anche le loro critiche verso questo tipo di interventi. I giovani sono una realtà molto importante nel ruolo dell'innovazione dell'agricoltura nel Salento, nella nostra provincia, ma si deve dare loro l'opportunità, non solo tecnologica e finanziaria ma anche lo spirito, cioè questi giovani devono sentire nella loro avventura una innovazione, una innovazione anche di carattere culturale, devono sentirsi protagonisti. Questo è il punto debole, è stato un punto debole nell'intervento della 121. Sì, dà i soldi ma non dà lo spirito. Lo spirito che cosa significa? Significa che un giovane che si accinge a diventare agricoltore vuole in tutti i sensi essere protagonista. Essere protagonista significa girare i mercati, andare alle fiere, diventare internazionali, parlare qualche lingua, poter coinvolgere quanta più gente possibile, fare i percorsi della degustazione, fare visitare la loro azienda. Fare visitare la loro azienda significa, però, dare la possibilità a questo giovane di mettere in mostra la propria azienda. Mettere in mostra significherebbe la possibilità di fare la tracciabilità. La tracciabilità non solo quella documentale ma anche quella di interfaccia con i consumatori. Ricordo una esperienza, cioè il giovane agricoltore che aveva inventato l’azienda agricola con i soldi della Regione Puglia, quindi del Psr ha inventato il percorso, gli fa degustare i prodotti. È come una promozione diretta nell'azienda. Fare assaggiare i loro prodotti, fare vedere come si fanno. Questo tipo di cose non sono molto visibili, sembrano quasi tecnologiche, sono di carattere business, di carattere economico, però non è bene evidenziato questo aspetto del protagonismo. In più esistono all'interno della Provincia di Lecce diverse realtà caratterizzate dalle questioni ambientali, dalle questioni della sostenibilità. Le questioni ambientali fanno riferimento ai parchi. I parchi in qualche modo nella Provincia di Lecce si stanno attivando autonomamente per dire ai visitatori come è fatto l'ambiente, che cosa c'è nel parco e come dovrebbe essere fatta l’agricoltura nel parco. In più aiutare gli agricoltori a costruire il paesaggio. Sono stati fatti dei corsi di potatura che sembravano finalizzati a se stessi, però il corso di potatura dà la possibilità agli agricoltori di capire come viene costruita fisiologicamente la pianta, come dare un contesto naturalistico ma anche armonioso di tutta la risorsa. Questi elementi vanno visti come? Nel Psr vi prego di prendere in considerazione l'agricoltura dei parchi, l'agricoltura sostenibile, perché significa agricoltura sostenibile significa innovare, significa dare la possibilità ai giovani agricoltori di comprendere che cosa è l’innovazione. Fare l’agricoltura come convenzionalmente viene considerata l'agricoltura non è più stimolante. Questo è un dato di fatto. Non è più stimolante perché il giovane agricoltore si deve confrontare con le nuove realtà, l’informatica, l’internazionalità, le fiere di carattere elevato, gli assaggi, i prodotti, tutta la cultura che sta intorno al prodotto agricolo. Questa è una cosa molto importante perché la Provincia di Lecce è un avamposto. Qualcuno parlava di agricoltara intensiva. L'avamposto dell'agricoltura in Provincia di Lecce è il fatto che l'agricoltura in qualche modo o in qualche realtà è molto marginale, e questo non deve essere un fatto negativo ma può diventare un punto di forza perché l'agricoltura marginale si sposa bene con il concetto di sostenibilità, quindi abbattimento della produttività, abbattimento dell'uso dei fitofarmaci, anche dei concimi minerali, di tutto quel concetto che sta alla base dell'agricoltura convenzionale. Innovare significare dare la possibilità a questa agricoltura di fare il ruolo che gli può competere nel futuro in modo da dare questo spazio di carattere extraprovinciale, extralocale in modo da motivare le nuove generazioni.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie. Prego, professore De Bellis.
Prof. DE BELLIS – Buona sera a tutti, sarò molto breve, i giusti venti minuti del professore. Scherzavo, sarò veramente piuttosto breve. Io credo che in questa assemblea siamo andati fuori tema, nel senso che ho la deformazione del professore: prima c'è lo studio del contesto, cioè le basi, e spero che possa circolare in anticipo il lavoro del contesto che state evidenziando, però poi si passa agli obiettivi. Qui mi sono perso perché si è parlato di strategie, di tanti dettagli tecnici, anche se chiaramente negli interventi ci sono molte cose interessanti. Credo che per tutta l'agricoltura e l'agroalimentare pugliese e soprattutto salentino bisogna trovarsi alcuni pochi semplici obiettivi condivisi, che poi vengono decodificati nelle varie filiere o nei vari aspetti con diverse strategie sui diversi temi. Questo è il punto sostanziale perché la base di tutto secondo me è l'aumento del valore delle produzioni agricole e agroalimentari. Che questo aumento di valore sia una fidelizzazione o sia un aumento prezzo stessa cosa è. C'è stato un enorme successo di Italy che è sbarcato anche alla Fiera a Bari. Italy ha dei prezzi stratosferici, però tutti vanno lì e comprano perché hanno l'idea che quello è il prodotto garantito italiano. Possibile che ci dimentichiamo delle tipicità? Per questo l'altro obiettivo deve rimanere il rinsaldare il legame tra le imprese del territorio, i cittadini consumatori e le quelle che sono le imprese che producono i prodotti tipici del territorio. Questo è un qualcosa di importante. Poi naturalmente accanto a questo un altro obiettivo è la tutela del territorio e della sostenibilità ambientale che poi si coniuga nel controllo della falda, nell'acqua, magari bisognerà davvero fare un acquedotto che porti acqua potabile, però è un ovvio obiettivo. E poi naturalmente il ringiovanimento dell’imprenditorialità agricola. Questo è un ovvio obiettivo. Poi bisogna realizzare un efficiente trasferimento delle innovazioni e delle conoscenze. Magari è l'università che può fare questo lavoro. Ma questo deve essere organizzato bene. Non tutti possono insegnare. Altro obiettivo. Bisogna essere d’accordo. Vogliamo migliorare la massa critica delle imprese? Certamente, quindi organizziamo un sistema di cogestione con varie formule incentivando. Bisogna ripartire degli obiettivi, quindi, e qui di obiettivi ne ho sentiti citare pochi. Un altro che non è un obiettivo, ma una strategia, una metodologia, in questi ultimi anni io sono stato molto critico perché anche come università abbiamo partecipato a varie misure del Pif, per me è stata una tragedia. Ora sono anche direttore di un dipartimento e io non so la data di chiusura del Pif misura 124, quindi non so se posso spendere i soldi legalmente o no. Perché uno ha fatto la domanda di proroga e nessuno gli ha mandato la risposta. Sono stati fatti dei bandi lacunosi, poi le regole si sono sovrapposte, cioè al terzo Sal hanno chiesto dei documenti, al secondo Sal un altro tipo di documenti e al terzo Sal la liberatoria. Come la liberatoria? Se io compro dalla Germania, il tedesco non mi manderà mai la copia del documento di identità, quindi è importante che la burocrazia regionale cambi atteggiamento di controllo e diventi più efficiente. Questo comporta un risparmio di soldi perché credo che i ritardi dipendono moltissimo da questo. Ultimo commento. Molti lavori anche in passato sono stati fatti, in realtà, Pier Paolo Pallara lo sa, un paio d’anni fa l'assessore Stefano coinvolse tre docenti – io ero tra questi - per fare un piano per dare delle idee per lo sviluppo dell'agroalimentare pugliese. Questo documento è stato prodotto, però non è stato mai utilizzato. Spero che Pier Paolo Pallara che lo conosce lo utilizzi per l'elaborazione del Psr. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, professore. Lei ha evidenziato degli obiettivi che credo in qualche maniera vadano a coincidere con le priorità del documento programmatico della regione. Dottore Piccinno, prego.
Dott. PICCINNO – In questa serata in cui si è parlato molto di Psr, ma anche di tanto altro, forse sarebbe meglio concentrarsi su questa tematica, volevo portare l'esperienza della mia azienda agricola con i fondi comunitari. Conduco una azienda da circa venti anni e devo dire che ho cercato di sfruttare al massimo tutte le opportunità che dal 1994 con i primi Pop fino all’ultimo Psr sono state costruite per le aziende agricole. Giudico il mio rapporto con questi strumenti di finanziamento sicuramente positivo perché la mia azienda è potuta crescere in funzione della capacità di ottenere finanziamenti, quindi ha migliorato la propria strutturazione e ha potuto proporsi in maniera nuova e più efficace sui mercati. Però devo dire che probabilmente con altre modalità o con modalità in parte leggermente diverse, gli effetti sarebbero stati notevolmente più efficaci. Faccio un esempio. L'orizzonte temporale in cui si prefigura un investimento sostenuto con fondi dalla Comunità Europea è di cinque anni se non di più. Una azienda che ha un orizzonte temporale di questo tipo e che vuole investire si trova a dover predisporre programmi di investimento probabilmente al momento esuberanti rispetto a quello che servirebbe all'istante perché finito quel finanziamento per 3, 4 anni non può accedere a ulteriori finanziamenti. Questo comporta un allungamento della spesa. Quei 18 mesi diventano 24 e così via e ancora di più e un andare in difficoltà delle aziende agricole che rincorrono il finanziamento. Secondo me occorrerebbe, un po' come è stato fatto in questo Psr in cui c’era lo strumento del Pif che è uno strumento molto più complesso, non certo per colpa della regione, però tante volte è diventato più obiettivo ma veicolo, più che strategia veicolo per intercettare i finanziamenti, e il bando della 121 sulle singole aziende agricole. Voi pensate che una singola azienda agricola possa accedere su una 121 su un bando che viene fatto una volta nell’arco di 5 più 2 anni? Non è possibile. E poi deve aspettare gli esiti di una graduatoria o di eventuali scorrimenti che naturalmente ci saranno perché ci devono essere perché altrimenti non si spende. Probabilmente si potrebbero ipotizzare, se tecnicamente questo fosse possibile, due canali di finanziamento, un finanziamento ordinario che dovrebbe essere uno strumento agevole, magari addirittura senza istruttoria preventiva ma semplicemente a pagamento a fattura, cioè una azienda che sostituisce un trattore o acquista uno scuotitore in sostituzioni di macchinari obsoleti compie un atto di ammodernamento ordinario che non ha bisogno di una ipotesi di strategia di grande scala che comporta costi sia a carico della singola impresa ma anche a carico della regione che è costretta fare istruttorie pesantissime, valutare Pma che molto spesso sono icone da cliccare ma non c’è niente di sostanziale su questo tipo di investimenti. Se arrivano finanziamenti ogni sette anni è normale che dopo sette se uno ha un trattore per mantenere la competitività di esercizio deve cambiare trattore. Ma su questo non occorre una strategia grande. Ipotizzare un sistema di sostegno degli investimenti ordinari con una modalità di pagamento a fattura. Questo di fatto agevolerebbe la spesa perché mi configuro un investimento sulla mia azienda di 40000 euro in un anno, compio un investimento presento la fattura e vengo liquidato, se questo tecnicamente fosse possibile. Diversi sono gli investimenti sulle strategie più ampie di sistemi. Il Pif va benissimo e vanno benissimo le azioni traversali che si accoppiano agli investimenti singoli, però vanno anche queste qualificate. Va bene, anzi è opportuno che la ricerca rimanga su questo tipo di investimenti perché sarebbe una follia oggi che abbiamo capito che cosa vuol dire la ricerca, oggi che abbiamo capito che prospettive può dare una ricerca per l’agricoltura, abbandonare questo tipo di situazioni perché bisogna spostare i soldi su altri investimenti. L'altro giorno facevo un esempio presso un convegno che abbiamo fatto presso la Fiera del Levante sulla valorizzazione delle olive da mensa, la Cellina di Nardò. Noi possiamo chiedere alla regione o di stanziare 50 milioni di euro perché sostenga finanziariamente le anticipazioni di acquisto, di conferimento dai soci delle cooperative per l’acquisizione del prodotto oliva da tavola ogni anno, ovvero possiamo finanziare una tantum in maniera risolutiva un investimento in ricerca di 500.000 una tantum che consenta di abbreviare i tempi di deamarizzazione delle olive. In termini di valorizzazione delle risorse siamo su questi. Cerchiamo di mantenere la ricerca, quindi. Un'altra riflessione volevo fare. Quando fu annunziato che ai Gal si conferiva una disponibilità economica importantissima fummo tutti felici. Ritenevamo estremamente strategico questo. Dare il 21% delle risorse Del Psr ai Gal è stato un atto di coraggio che tutti abbiamo condiviso, però oggi va fatta una riflessione a posteriori che non vuol dire screditare quello che è stato fatto prima. Un ragionamento numerico lo faccio: se ai Gal affidi la diversificazione, tranne che per i primi insediamenti, e dai il 21% quando la legge di orientamento consente a una azienda di arrivare al 50% del proprio fatturato o poco meno sulle attività connesse, stai dando poco. Se poi i Gal, è inutile negarlo, hanno un comportamento gestionale completamente difforme sul territorio, destinano parte del proprio patrimonio a soddisfare ognuno un investimento sul Comune, poi c'è la misura per fare quello, di fatto alla diversificazione che rimane? Di quel 21%, se guardate bene i dati, alla diversificazione sarà andato un 5-6% che è una quantità ridicola rispetto alle potenzialità delle aziende del nostro territorio, in particolare del Salento. Attenzione, le aziende vanno bene sono quelle che hanno avuto la capacità di diversificare in attività connesse e l’agriturismo su questo diventa fondamentale. Senza screditare quello che è stato fatto, però alla luce dei risultati attuali un po' di onestà intellettuale per futuro va fatta, come anche la governance dei Gal va messa in discussione perché poi non possiamo pregiudicare lo sviluppo del territorio in funzione di un partenariato che chissà come è nato e non è più di fatto controllabile. Finite queste considerazioni fatte con la sensibilità di impresa, visto che comunque rappresento una organizzazione, volevo dare una interpretazione anche politica. Che cosa può essere questo nuovo Psr? Io lo inquadrerei in uno scenario globale. Le risorse comunitarie per quanto vengano ridotte sono sempre tante. Ma dove devono andare a finire queste risorse comunitarie? Qual è il settore economico che oggi è capace di intercettare gli investimenti? Può essere il manifatturiero? No. Può essere l'industria? Assolutamente no. Secondo me il nuovo Psr dovrebbe essere ideato con questa funzione, la capacità di catalizzare e di amplificare tutti gli investimenti che possono arrivare. Come diceva il direttore De Serio un intervento di manutenzione straordinaria dell’oliveto salentino va visto come intervento di sostegno all’agricoltura o va vista come un intervento di sostegno al turismo? Va visto come una palestra per ospitare le attività di formazione di una manodopera che non potrà andare avanti per casse integrazione prorogate, ma dovrà trovare una futura sistemazione. Su questa potenzialità dell'agricoltura, di diventare il settore economico trainante ma capace di dare equità sociale, occupazione, benessere economico, ma anche piacevolezza di ospitare la gente, di attrarre la gente, su questo ragionerei per il nuovo Psr, su questa capacità. Naturalmente occorre cercare di guardare in alto. Alla fine guardare in alto o guardare in basso costa la stessa cosa, quindi è meglio provarci. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Credo che non ci siano altri interventi. Dottoressa Monti, prego.
Dott.ssa MONTI – Mi presento sono Cristina Monti, attualmente sono consulente di Coldiretti. Mi sono occupata di programmazione in diverse regioni italiane. Una cosa molto veloce rispetto ad alcuni strumenti perché si è discusso di molte cose. Facevo solo un'osservazione. Rispetto alle difficoltà che ci sono state nella spesa e alla difficoltà delle imprese di poter accedere al credito, sarebbe interessante comprendere il fatto che gli strumenti di ingegneria finanziaria non sono partiti e non hanno funzionato per quanto riguarda il Psr in considerazione dei dati importanti che per gli altri fondi hanno rappresentato, dai dati che uscivano il Fesr ha lavorato per quasi 200 milioni di euro per quanto riguardava il fondo di garanzia, con un eccellente risultato per quanto riguarda le imprese. Credo che sia importante, viste tutte le problematiche di accesso al credito, riuscire a comprendere, visto che questo potrebbe essere uno strumento molto importante. Importante per due motivi, uno che disporre da subito delle risorse e non dover prendere aprire prima un mutuo in banca, poi vedere se te lo danno o non te lo danno, contrattare, non sempre riuscire ad avere una contrattazione, per cui averlo come conto interessi, avere tutti i soldi subito dell'investimento perché questo può essere anticipato, possono essere dati prima, si fa prima la spesa e poi nel momento in cui si realizza lo strumento si può utilizzare. Ne ho utilizzati e ne ho fatti diversi di fondi di garanzia. Teniamo conto di un'altra cosa, visto che ha funzionato per tutti gli altri settori, visto che questo strumento si può utilizzare, visto che ci sono esperienze in Italia che sono prime in Europa anche per quanto riguarda il fondo di garanzia nel settore agricolo e siccome vengo da una regione che ha fatto il primo fondo di garanzia. Ci sono vari modi, vari metodi per farlo, adesso si tratta semplicemente di capire qual è stato il meccanismo che non ha consentito di funzionare, guardare dove hanno funzionato e dove sono strumenti importanti visto che gli altri settori hanno avuto un’esperienza estremamente positiva, niente di più. Può essere importante, tante aziende l'hanno sottolineato, hanno ritenuto che questa fosse una esperienza da portare avanti e importante, credo che nella prossima programmazione questo sia uno degli strumenti più importanti da mettere a disposizione. Faccio un'altra osservazione che non credo sia irrilevante. Il fondo che viene messo a disposizione, una volta che ha svolto il suo esercizio, l'ha completato, non è che ritorna, resta. Per cui, una volta che ha svolto tutta la sua attività, quello rimane, ce lo troviamo. Se stanziamo 50 milioni, chiusa il programmazione sono lì per le prossime volte, per la prossima occasione. Quando ha esaurito la sua funzione, può essere anche destinato ad altra cosa. Questo è quello, e non è irrilevante tutto questo. Diventa patrimonio per il sistema. Sono risorse delle misure del programma, però una volta che hanno esaurito, che sono esaurite, che hanno svolto e completato tutta la loro attività, sono risorse che rimangono nel mondo agricolo, non mi sembra irrilevante, una volta che hanno esaurito la loro funzione. Questo è il sistema. Non ci inventiamo niente di nuovo, sono strumenti consolidati. Passo a un altro argomento. Misure agroambientali. Qui è stato fatto un trasferimento di 33 milioni dall'asse 2 all'asse 1. Ci sono state delle misure che probabilmente hanno funzionato poco, il biologico si era esaurito rispetto a questa esperienza, però se si fosse aperta la lotta integrata sarebbe stata una esperienza interessante, perché dal primo gennaio avremo ma lotta integrata obbligatoria, saranno le linee base, però ci troviamo tutta una serie di aziende. Se fossero state accompagnate a questo obbligo, oggi senza fatica non solo potrebbero avere un impatto più debole su questo, visto che tutti saltano con gli allarmi “come faremo”, “come non faremo a partire da gennaio con questa situazione”. Da gennaio non solo sarebbero stati accompagnati, ma potevano partire con il sistema di qualità nazionale che diventava un sistema di qualità certificato, che diventava un sistema di qualità rifinanziabile nella prossima programmazione, come tutti i sistemi di qualità. Per cui qualche volta quando si programma guardare un po' lontano, cercare di vedere le direttive che cosa imporranno domani. In fondo stiamo parlando di un provvedimento che nella sua base è stato approvato come atto legislativo due anni fa. Per cui non diciamo delle cose strane. Guardare un attimo con attenzione questo per mettere nelle condizioni gli operatori di essere aiutati in questi passaggi non sarebbe rilevante. Sono solo un paio di osservazioni, che però non mi sembravano indifferenti. Grazie.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie.
WALTER INGROSSO – Faccio un interventi carattere tecnico. Sono Walter Ingrosso, sono un agronomo e sono qui in veste di Presidente di una organizzazione di produttori nel settore ortofrutticolo. San Rocco è l'unica presente nel Salento. Tutti i continuano a ribadire il ruolo fondamentale che devono avere le organizzazioni dei produttori nel rilancio dell’agricoltura in Puglia. Effettivamente ce ne stanno poche e andrebbero incentivate. Nella scorsa programmazione non ho visto nessuna misura che andava in questa direzione. Si sono fatti i Pif, è stata incentivata la filiera con risultati che ancora non sono scaduti quindi non hanno dato del tutto i frutti, però credo che i risultati non siano soddisfacenti perché molto spesso si mettono insieme componenti a sé stanti che fanno un progetto soltanto per arrivare al finanziamento poi di concreto bisogna vedere che cosa si raggiunge. Anche in questo credo che si possa migliorare. Tornando all’organizzazione dei produttori, credo che si possa incentivare lo sviluppo dell'organizzazione dei produttori o finanziando, magari prevedendo dei bandi esclusivamente per le organizzazioni dei produttori, quindi per i soci, magari abbassando un po' i parameri per entrare perché non tutti i soci hanno la possibilità di fare investimenti di 50,000 euro oppure hanno delle aziende che riescono a raggiungere il monte ore necessario per accedere ai finanziamenti, e anche su questo ci sarebbe da dire perché credo che tabelle cui vanno riferimento per l’attribuzione del monte ore non sono molto veritiere. Ci sono esempi di coltivazione sotto serra dove credo che il fabbisogno di manodopera rispetto a quello indicato in tabella, quindi è difficile accedere. Così come è difficile che per un giovane che vuole investire e costruire una azienda ex novo (noi facciamo tutte produzioni sotto serra lo prometto), andare a investire su un terreno che attualmente è seminativo, magari vuole fare delle strutture serricole però non può farlo se con ha a disposizione una superficie adeguata per accedere al finanziamento. Sarebbe opportuno, quindi, arrivare al conteggio del monte ore necessario, cioè alle famose 2200 ore per raggiungere la piena occupazione una volta finito l'investimento, cioè a finanziamento già raggiunto. Non so se sono chiaro. Adesso viene fatto il conteggio in un pre-investimento mentre forse sarebbe opportuno nel post-investimento. Un'altra misura che potrebbe funzionare è quella di prevedere una percentuale di incentivazione maggiore per chi è socio di una organizzazione di produttori, così come è fatto con le zone svantaggiate - non so quanto possa essere vera questa suddivisione tra zone svantaggiate e non - a cui viene dato un 10% in più a fondo perduto. Potrebbe essere previsto per i soci di una organizzazione di produttori, non perché vogliamo vantaggi ma per favorire l’aggregazione. Incentivare cioè Le aziende che adesso non sono all’interno di una organizzazione di produttori a aderirvi. Un'altra cosa che mi sento di dire a proposito di quello che ho sentito finora e che ho visto anche nel documento di programmazione per il prossimo Psr è legato al fabbisogno di acqua. Noi siamo in una zona dove è vietato emungere, perforare e fare nuovi pozzi. Per cui diventa difficile o impossibile insediarsi in zone nuove per chi vuole fare agricoltura sotto terra. È praticamente impossibile, anzi con una restrizione ancora maggiore per il rinnovo dei pozzi già esistenti perché da quando la competenza è passata alla provincia è diventato veramente difficile riuscire a rinnovare la concessione di un pozzo. Intanto abbiamo questa seria difficoltà. Ci strozzano i pozzi, non riusciamo a soddisfare le esigenze delle aziende. Da quando è passata alla provincia sono cominciati i problemi, al Genio Civile erano molto più tolleranti. Credo che si potrebbero fare delle infrastrutture, come si è visto nel documento programmatico, come mi è capitato di vedere in Israele, a Tel Aviv, dove hanno un impianto di depurazione di tutta la fogna sia bianca che nera e portano l'acqua a 400 chilometri di distanza del deserto irrigare. In tutti i Comuni che abbiamo qui intorno credo che con un piccolo impianto di depurazione, tra l'altro ce l'hanno già, basterebbe, invece di smaltire l'acqua che si ottiene e sprecarla, utilizzarla per l'irrigazione con una rete adeguata. Vi ringrazio.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie.
Dott.ssa VALENTINO (Inea) – Dirò alcune cose che sono emerse finalizzando, cercando di finalizzarci all’ottenimento di un prodotto che è quello che penso prema a tutti arrivi alla regione. Oggettivamente ognuno di voi ha espresso alcune questioni, però si è andati da un discorso legato in alcuni casi agli obiettivi specifici da raggiungere, qualcuno ha parlato di strategie, in alcuni casi si è scesi addirittura non dettaglio di strumenti, in qualche caso sono emerse delle situazioni anche in contrapposizione, alcuni interventi sono andati nella direzione del sostegno quasi esclusivo alla produzione e altri, invece, hanno affermato il contrario. È evidente che la necessità di fare sintesi non può portare tutto all'attenzione, quindi andiamo a premiare i produttori e contemporaneamente facciamo anche dell'altro perché abbiamo bisogno di concentrare le risorse, quindi abbiamo bisogno di dire quali sono le strategie più importanti per questo territorio e sceglierle, quindi è qual è l'obiettivo che si vuole raggiungere. Si parte dall’obiettivo, dall’individuazione di una strategia. È chiaro che gli strumenti verranno in conseguenza. Molti degli interventi hanno messo in evidenza situazioni di debolezza dell’attuale Psr che sono generalizzate, che più o meno si conoscono, si sanno. Voi avete qui il dottore Ferro che, essendo stato autorità di gestione del Psr, probabilmente ne è molto più consapevole di tutti noi di queste debolezze, di queste difficoltà. Però se vogliamo finalizzare questo strumento di ascolto che si sta mettendo in atto è bene che si riesca a portare una posizione comune su alcune poche tematiche, neanche tutte. Consiglierei di non fare un documento che arrivi alla regione che sia traversale su tutte le situazioni che possono essere emerse oggi. Fermo restando che alcune delle questioni sollevate si andranno a risolvere perché l’attuale programmazione è diversa dalla precedente. Per esempio non esistono più gli assi, quindi esistono sei priorità e all'interno di queste sei priorità si ha la possibilità di giocare indipendentemente dall'obiettivo competitività o obiettivo ambiente. Possiamo insieme le cose, possiamo creare progetti integrati nella misura in cui questa parola non fa riferimento agli altri fondi, ma evidentemente soltanto al Fesr. Il consiglio mi sento di dare, piuttosto che trascrivere così come sono, cerchiamo, anche individuando, assessore, poi vedrà Lei quello che ritiene più opportuno, anche individuando un altro momento, un obiettivo più definito rispetto alla questione che poi secondo me è più opportuno porre all'attenzione della regione in termini di documento che la Provincia di Lecce vuole portare all'attenzione della regione e quindi vorrebbe che fosse inserito all'interno del prossimo programma di sviluppo rurale. Un'altra questione relativa alle priorità che ha elencato l’assessore e che sono parte del documento strategico che ha fatto la regione. Quello è un punto di partenza, non è detto che le riflessioni della provincia debbano articolarsi necessariamente su quei punti, su quelle priorità, ma possono essere una declinazione più specifica in alcuni casi o addirittura poter essere qualcosa che va ad aggiungersi rispetto a quelle.
Dott. PALLARA – Io faccio alcune precisazioni di merito che diventano fondamentali per una riflessione funzionale alla programmazione. Primo. Le dotazioni finanziarie che ci sono sembrano enormi ma in realtà, stemperate in così poco tempo, sono veramente molto modeste. Due. Stiamo finanziando investimenti, non stiamo finanziando sostegno al reddito. Ho sentito degli interventi in cui si parlava legittimamente di questo argomento, ma non lo possiamo affrontare con il Psr. Il Psr determina investimenti che hanno effetti ragionevolmente e in maniera speranzosa di lungo periodo. Tre. Il Psr non finanzia investimenti ordinari, quindi quella logica di uno sportello free per comprare il trattore è perdente perché, essendo poche risorse che si devono concentrare su tematismi forti e che devono essere il cavallo di battaglia di certi territori rispetto alle loro specificità, debbono concentrarsi su qualcosa che sia altamente qualitativo ma altamente efficace. È la ratio delle politiche di sviluppo. Questa è una valutazione di merito come tante altre che sono state fatte dal “facilitiamo le Op” è se vogliamo una segnalazione di inefficacia dello strumento che abbiamo utilizzato laddove pensiamo di fare competitività comprando un trattore. Non facciamo una competitività di lungo periodo in un sistema così complesso laddove si parla di abbandono di campagne, laddove si parla di valorizzazione il trattore ragionevolmente, ma non è una posizione ma è una posizione comunitaria molto forte, non è una risposta efficace, per alcuni sì, per altri no. Tra l’altro, proprio per principio regolamentato, noi non finanziamo la gestione intesa anche come acquisti. I teli di copertura dei vigneti da tavola molto tipici nel barese sono stati considerati dei costi di gestione. Non sono degli investimenti perché non generano ricchezza di lungo periodo e modifiche importanti di tecniche, processi produttivi, forme di impresa. Quindi ragionare anche in una logica sistemica, in una logica, sarà quelle infrastrutture, non so quanto sia plausibile, anche se in quest'aula è venuto “esternalizziamo le infrastrutture”, “internalizziamo le infrastrutture”, cioè c'è stata questa dinamica del tipo “le vogliamo e non le vogliamo”. Alcune chiavi logiche per riuscire ad affrontare una proposizione che sia efficace. La regione, e mi auguro che lo continui a fare con il nostro aiuto, sta facendo questo tentativo di concentrarsi sulle priorità forti. Siamo di fronte a situazioni diversificate, la logica, sia pure legittimissima, di volere tutti tutto non è ragionevolmente soddisfacibile con questo. Quand’anche, come sottolineava il dottore Ferro, l’obiettivo della spesa è una follia comunitaria di cui non frega niente se la cosa è efficace, ma l’importante è che si spendano i soldi entro termini prestabiliti, pagando pegno di inefficienza amministrative e che la storia ci ha portato come un marchio impresso a fuoco sulla pelle, quindi i tedeschi sono efficienti, i terroni sono inefficienti, quindi dobbiamo mettere questa regola capestro sennò non spenderanno mai i soldi. La qualità del progetto, la vocazione territoriale, la logica è che deve essere mirato e deve essere concentrato sennò alla fine non riusciamo a combinare niente. Op, non Op, trattori o non trattori. È una scelta che deve venire. Benedetto parlava di concentrazioni tematiche. È stato un tentativo, probabilmente naufragato in processi attuativi che hanno reso modesto, cioè grandi enunciazioni di principio, modesto strumento attuativo. Ci può anche stare, è nelle cose, ma il concetto di fondo è “concentriamoci”, perdonatemi se mi permetto di dare questo suggerimento insieme alla collega, per fornire un prodotto spendibile, concentriamoci su tematismi forti, su cavalli di battaglia che possono essere l’incrocio tra la valorizzazione dell’olio di oliva in una logica di vendita diretta, di incrocio con i gruppi di acquisto, sto dicendo delle cose tanto per dire, con una logica di etichetta unica differenziata sul bancale, con un forte collegamento paesaggistico, con lo start up delle imprese dei giovani. Le cose che si possono fare ci sono, l'importante è uscire dal giusto caos dei pensieri e riuscire a organizzarli dando anche una priorità. Il nostro sforzo è quello di fare una priorità di interventi, noi gerarchizzeremo le priorità perché a questo punto bisogna dire, non solo perché la Comunità ci ha detto che dobbiamo spendere tutto sull'ambiente, ma dobbiamo dire che in Puglia è prioritario fare i pozzi. Dire che è prioritario significa dare più soldi. Oppure soddisfare priorità. Poi pensare al resto come si fa in qualsiasi gestione familiare ordinaria.
ASSESSORE PACELLA (Provincia di Lecce) – Grazie, dottore Pallara. Credo che sia stata questa ultima parte dell'intervento abbastanza importante per consentire a noi di lavorare su un documento che dovrà dare queste indicazioni. Voglio chiudere questo incontro ringraziando per la pazienza per essere stati fino alla fine. Prima di dirvi ciao passo la parola al professore per questo documentario realizzato. Salutiamo la dottoressa Valentino e il dottore Pallara, che ringrazio. Prof. MELLONE – Sono Vincenzo Mellone docente di Fitopatologia all'Istituto Giovanni Presta di Lecce. Con i ragazzi e accompagnato anche dal dirigente scolastico, il Preside Livraghi, sabato scorso abbiamo deciso di fare un sopralluogo nei dintorni di Gallipoli per renderci conto di persona di quello che sta succedendo. I ragazzi giorni prima dicevano “ho letto che c'è la questione falda inquinata, questo batterio killer”. Effettivamente c’é un po' di disinformazione. Fin dall'inizio non ho mai creduto in queste cose e mi dispiace che vengano divulgate gratuitamente senza nessuna cognizione di causa. Hanno fatto delle analisi prima di sparare una cretinata del genere? Si rendono conto della responsabilità? Noi abbiamo parlato di olivicoltura. Sapete quante persone hanno pensato sentendo questa notizia: “E io ho comprato l'olio ad Alezio, che ho comprato l'olio a Gallipoli, chissà che olio ho preso, è avvelenato”. Abbiamo fatto questo sopralluogo con due classi, la quinta A e la quinta B. Abbiamo dedicato l'intera giornata. (indica sulle diapositive) In questa diapositiva si possono vedere i disseccamenti degli olivi. Questo è un olivo che comincia a mostrare i primi sintomi. Tenete conto che io venendo da Leuca questa manifestazione l'ho osservata almeno quattro anni fa. Quattro anni fa proprio quell'altezza vedevo questi olivi con queste zone di secco. Onestamente la prima impressione è stata che forse si trattava verticilliosi perché effettivamente dà una sintomatologia molto simile. Però, essendo oliveti asciutti, senza irrigazione, non ci sono ortaggi nei dintorni, né consociazioni né apprezzamenti di ortaggi, perché la verticilliosi attacca principalmente gli ortaggi (cucurbitacee e solanacee). Mi sono detto che era molto strano. Tre anni fa vedevo che questi alberi erano sempre più interessati da questi disseccamenti. Mi ricordo che era estate, avevano arato da poco. Ho pensato che avessero tranciato le radici e quindi le piante fossero andate in sofferenza. Però onestamente non mi sono mai fermato per cercare di capire. L'anno scorso la situazione è precipitata. Quest'anno è successo quello che sappiamo. La foto non rende, ma questa parte è secca. Queste sono parte secche delle piante. Siamo in località Li Sauli. Come vedete su queste piante il 50% della chioma è disseccata. Noi vedevamo questi disseccamenti che danno l’idea del disseccamento repentino, non è un disseccamento lento perché il disseccamento lento dà tempo alla pianta, alla foglia di formare il cuscinetto di abscissione e quindi cadere. Qui, invece, c'è stato un disseccamento abbastanza repentino. Le foglie sono rimaste appiccicate e si sono accartocciate a sigaretta. Questa è la situazione. Qui si vede abbastanza bene. Tutti e tre i rami partono dalla base unica. Questo ramo è del tutto apparentemente sano, qui a sinistra questo ramo comincia a seccare, ha un disseccamento apicale. Le olive sono già secche mentre queste si sono raggrinzite, quindi è una manifestazione che sta continuando, non è che si è avuta a giugno o a luglio, no, ora, a settembre, si sta ancora manifestando. Quello che abbiamo visto: olive secche con all'estremità questo disseccamento. Questo è un disseccamento basipeto. Ci siamo spostati in un'altra zona. Queste piante del tutto secche. Le persone hanno potato, hanno cercato di intervenire per cercare di aiutare la pianta con potature. La pianta reagisce bene perché i polloni si formano e si formano i succhioni. Questo vuol dire che cosa? Che non è questione né di acqua, né di terreno, né di niente, perché se veramente fosse questione di falda inquinata la prima a soffrire sarebbe la radice; una volta che la radice va in sofferenza fa seccare l'intera pianta. In questo caso è il contrario, il disseccamento parte dalla chioma e poi magari scende. Perché scende? Alla fine seccheranno davvero questi alberi perché logicamente se radice non viene nutrita dalla chioma anch'essa è destinata a morire. Poi abbiamo notato che in queste chiome quasi del tutto secche ci sono questi sono ciuffi verdi. È una cosa che abbastanza strana. Disseccamenti parziale. Poi abbiamo fatto un po' di prelievi e delle sezioni per vedere se notavamo degli annerimenti, degli imbrunimenti a livello dei fasci fibrovascolari legnosi perché la verticilliosi si evidenzia in questo modo. Siccome la verticilliosi è un fungo che vive nel terreno, penetra attraverso le radici, si insinua nei vasi legnosi e a un certo questi vasi legnosi si chiudono anche perché la pianta reagisce formando delle estroflessioni cellulari, quindi aggrava la sua situazione producendo queste estroflessioni cellulari e quindi chiude del tutto i vasi e allora questi rametti tendono a seccare. Però facendo diverse sezioni non abbiamo notato annerimenti apprezzabili. Questo che si vede fa parte del legno, non è un imbrunimento. Anche qui erano rami che stavano seccando, ma di imbrunimenti non ne abbiamo osservati. Siamo tornati con i ragazzi. Domenica mattina c’è stato un gruppo di volontari con i quali siamo andati domenica mattina e anche ieri pomeriggio. Infatti a volte non basta una sola osservazione. Qui abbiamo notato, laddove è partita la manifestazione che è località La Castellana, abbiamo notato questo apprezzamento di orto, questa è insalata. Peccato che non abbiamo trovato l’agricoltore per porgli delle domande. Questo potrebbe sempre fare pensare alla verticilli osi, però onestamente non credo alla verticilliosi perché essendo un fungo del terreno ha bisogno di piantagioni irrigue, ha bisogno di ortaggi e raramente si espande in questo modo. È molto più lento il dilagarsi della verticilliosi, poi non avendo trovato questi annerimenti la scarterei. Questione di funghi o perlomeno di verticilliosi la scarterei. Poi all'ascella dei rametti abbiamo notato queste rosure che sono rosure di alimentazione del fleotribo. Rosure di alimentazione che molto spesso, siccome si verificano in primavera, molto spesso queste aperture costituiscono ingresso da parte del batterio della rogna; molto spesso queste rosure vengono aggravate dalla formazione della rogna dell'olivo. Queste sono foto che abbiamo fatto ieri. Vedete, alla base di questi rametti c'è quasi sempre rosura di alimentazione del fleotribo e poi ho trovato anche dei fori di ilesino. Fleotrino e ilesino sono insetti molto simili, sono tutti e due coleotteri piccolissimi che forano, penetrano, fanno gallerie, il fleotribo fa gallerie di alimentazione su legno vivo o vi depone su legno potato morto, invece l'ilesino scava gallerie di alimentazione e scava anche gallerie di ovideposizione nel legno vivo. Questo penso che sia un foro di ilesino. Non voglio dire che siano uguali, poi ci saranno gli istituti di entomologia a dirci con esattezza se è l'uno o l'altro o tutti e due. Abbiamo fatto qualche sezione, vediamo che queste gallerie sono abbastanza profonde. Queste gallerie non fanno che tranciare i rami, tranciare i vasi. Siccome abbiamo avuto un’estate calda e siccitosa… La manifestazione grave, a detta pure dei contadini che abbiamo intervistato, è che l'anno scorso anno, infatti molti hanno potato, e quest’anno ancora di più. L’anno scorso abbiamo avuto un’estate calda e siccitosi così come quest’anno. Ecco che tranciando i vasi, buona parte dei vasi, non essendoci gran che acqua le piante sono andate maggiormente in sofferenza. Se avessimo avuto un giugno più piovoso o un luglio con un po’ di pioggia la manifestazione sarebbe meno evidente, meno grave. Tenete conto che questi insetti svernano da adulto e da larva non da uovo. Gli adulti e le larve sono sensibili al freddo. Teniamo presente che stiamo avendo degli inverni molto miti, le gelate quasi non ci sono più. Onestamente considerando che le gelate non ci sono, inverni miti, estati calde, siccitose, mi sono convinto che il responsabile di questa manifestazione non è altro che questo insetto, o meglio questi insettini fleotribo… Vi posso assicurare che se percorrete la Gallipoli Lecce, fra l'uscita per Galatina e Copertino e l'uscita San Donato – Copertino, se guardate a destra andando verso Lecce a destra ci sono molti olivi con questa manifestazione. Se andate a Copertino e percorrete la San Donato - Copertino, duecento metri prima del rondò grande, guardate sulla vostra destra ci sono molti olivi con questa manifestazione. Si sta allargando anche, ecco perché dico che non può essere verticilliosi, perché gli insetti volano e quindi si allargano facilmente. Il clima li sta facilitando, inverni miti ed estati calde e siccitose giocano a sfavore della pianta. Ecco che queste due componenti portano a questi dissesti tremendi. Questo è un insetto che nessuno si è mai sognato di trattare perché il fleotribo lo abbiamo sempre avuto, l'ilesino c'è sempre stato. Onestamente una volta mi è successo. Il fleotribo non è stato mai trattato, non abbiamo mai fatto trattamenti specifici. Al massimo le grandi aziende dopo la potatura, lasciati i residui di potatura in loco in modo che attirino le femmine in ovideposizione e poi bruciarle. Appena vedevano la rosura allontanati e bruciati. Chi non voleva bruciarli bastava coprirli con un telo, tenerli tutta l'estate con questo telo in modo che il sole seccasse i residui e non facesse sviluppare le larve. C'è stato qualcuno che ha parlato della zeuzera pyrina, il rodilegno giallo. Questi sono altri fori. Si vede il rametto, laddove c'è il foro c'è una parte verde, si vedono ancora le olive, e dall'altra parte secca e poi questo foro. Si vede molto bene, questa parte è verde, questa è parte secca e poi c'è foro. L'abbiamo sezionata, abbiamo delle piccole sezioni longitudinali. Vedete quanto è lungo, mangia il midollo. È sempre lo stesso, vedete quanto è lunga la galleria? Sono insetti piccolissimi. Sono insetti di due millimetri di lunghezza, 2, 2,5 però si posso assicurare che questo insieme di forellini distrugge la pianta. In quell'articolo che è uscito oggi “Disseccamento dei lecci”. Lungo i confini abbiamo trovati carrubi, abbiamo trovato essenze spontanee. Sabato c'era un gruppo di ragazzi, perché sono bravissimi nelle osservazioni, che mi hanno indicato delle piante. C'erano tre carrubi che avevano una sintomatologia molto simile: l'apparato fogliare verde con alcune zone secche. Ci siamo fermati con l’autobus, sono sceso, ho preso dei rami, praticamente il carrubo ha una corteggia molto dolce e viene rosicchiata dalle arvicole, quindi perdendo molti di questi rami vengono decorticati dalle arvicole, quindi quella parte terminale secca, tipo incisione anulare. Vedete, in tutte le zone secche noi abbiamo trovato fori, forellini. Io non farei una distinzione tra piante coltivate e piante abbandonate. Lì c’è gente che veramente sta piangendo. Io ho parlato con agricoltori, quelli che hanno potato, che dicevano “non so che fare, ho potato, sì, sono venuti fuori i polloni, sono venuti fuori i succhioni, il primo anno mi sono incoraggiato perché mi sono detto che la pianta non è seccata, ma l'anno successivo anche i polloni e i succhioni sono stati di nuovo attaccati”. Questa è la zeuzera. Di zeuzera abbiamo trovato pochi fori, quindi non possiamo dire che, onestamente non me la sento di dire zeuzera perché ne abbiamo trovati molto pochi. Queste sono foto che ho fatto nella zona dove si è manifestato per primo questo disseccamento, La Castellana. Foto fatta ora, la manifestazione è di due anni fa. La pianta ha reagito con i polloni, questo vuol dire che non è un veleno che sta nell'acqua o nel terreno. Le piante ricacciano con vigoria polloni e succhioni, però dopo un po' vengono attaccati anch’essi. Nonostante quello che ho sentito anche piante giovani vengono attaccate. Vedete, questo è un impianto giovane, sono piante giovani, innaffiate o non innaffiate possono essere attaccate. Magari la pianta irrigata e concimata reagisce meglio. Questa è la situazione. Io ho fatto delle foto.
Guardate, anche qui questi succhioni escono, però nello stesso anno in cui escono vengono attaccati. Questi insetti sono stati sempre presenti, soltanto che, siccome svernano da adulti, l'inverno li decima, le gelate invernali ne uccidono una buona parte. Grazie. Buona sera a tutti.