Cominciamo con l’Ansa, che in data 29 marzo 2012 in prima pagina ci informa che la spesa media di una famiglia di 4 persone, formata da due adulti e due bambini, è stimata mediamente in 2.500 €. per poter consentire una vita dignitosa. Non parliamo di auto di lusso e villeggiature esotiche, attenzione, parliamo di quanto consente di navigare senza incamerare troppa acqua a bordo: la spesa per i generi alimentari, per le tasse, per l’auto, per l’istruzione, per le cure mediche.
Torniamo indietro nel tempo di meno di un mese, e rileviamo le statistiche Eurostat, apparse più o meno su ogni sito di informazione: la media stipendi in Italia risulta essere di circa 1.200 €. La notizia era stata riveduta e corretta in quanto la media degli emolumenti del nostro paese era stata comparata a quella degli altri paesi, pare tuttavia venendo calcolata non sullo stesso anno, ma confrontando due periodi differenti sebbene vicini. Si faceva anche riferimento alla media Ue sottolineando come il Belpaese fosse in linea con essa. Peccato che dietro, a parte Spagna e Grecia, ci seguano solo i paesi frenati in passato nella loro espansione dal regime comunista, mentre tutti i restanti paesi ci precedano.
Non serve essere scienziati per fare un conto veloce: sommati per due gli stipendi, le entrate delle famiglie di 4 persone ammontano a 2.400 €., ovvero 100 euro al mese in difetto rispetto alle uscite necessarie, ribadiamo, non per concedersi il lusso ma solo ed esclusivamente per permettersi una vita dignitosa.
E’ chiaro che il freddo numero è suscettibile di mille obiezioni. In primis bisognerebbe andare a spulciare esattamente cosa componga il paniere che consta i 2.500 euro: potrebbe anche essere, figli del benessere degli ultimi anni, che si comprenda nell’universo della dignità anche beni che potrebbero essere considerati in verità superflui. Inoltre l’orizzonte temporale della comparazione sconta un anno di distanza: la spesa è stimata sul 2010, i redditi sul 2009. Sappiamo inoltre che il mercato nero è cospicuo, e che risulta difficilmente credibile che le entrate degli imprenditori siano effettivamente, come da dichiarazioni dei redditi, inferiori a quelle dei dipendenti. Per avere poi un quadro veramente omogeneo della situazione sarebbe necessario analizzare i redditi per fascia di età: sotto i 30 anni non è comune possedere già una famiglia di 4 figli, sopra i 60 è verosimile che spesso almeno un figlio si sia reso indipendente, oppure contribuisca almeno in minima parte ai guadagni della famiglia. Tuttavia se tutte queste eccezioni, e ce ne sarebbero altre, potrebbero stimare in difetto il dato dei redditi, il nocciolo della questione non muta: fondamentalmente si tira a campare.
Pensare alle medie, tra l’altro, può essere fuorviante: per un Berlusconi un tantinello sopra la media, infatti, ci sono migliaia di lavoratori che affondano al di sotto. La mediana è infatti fortemente spostata verso un’alta concentrazione del reddito complessivo nelle mani di pochi. E poiché non cambia il concetto medio di “dignità”, la traduzione in parole povere è che il numero delle famiglie che non pareggiano mai le uscite, mese dopo mese, è terribilmente preoccupante. Metà italiani, notizia del 30 marzo 2012, dichiarano meno di 15.000 €. l’anno. Uno su tre è sotto i 10.000. Se a questi dati aggiungiamo le percentuali disastrose sulla disoccupazione giovanile, e sulla precarietà della professione, non può certo stupire se i matrimoni diminuiscono ed aumenta l’età in cui si fanno i figli (quando si fanno!).
Le proiezioni future non aiutano a risollevare il morale: l’inflazione tendenziale è al 3,3%, le paghe aumentano del 1,1%. Morale: il potere d’acquisto continua a ridursi, il gap continuerà ad allargarsi, e ancora non si comprende quando (e come) la crisi potrà avere fine.
Meno di due anni fa, quando la crisi era già ampiamente in corso, Berlusconi invitava all’ottimismo e ci raccontava che i ristoranti erano sempre pieni. Mentre l’opposizione ci raccontava di Ruby e delle case di Montecarlo, ma di proporre qualche idea alternativa nemmeno l’ombra.
Oggi al potere ci sono i tecnici: nessuno li ha votati, ma in parlamento nessuno li osteggia e i media gli osannano come i professoroni che ci salveranno dall’inferno (nonno Mario che fa il bene per l’Italia).
Due anni fa i politici facevano dichiarazioni da marziani, mentre sulla Terra per qualcuno era già chiaro che eravamo in guai seri, e qualcun altro cominciava ad intuirlo. Oggi sono i media a vivere sulla Luna e riportarci ipotetici sondaggi di consenso verso i governanti, quando in strada, con chiunque uno parli, la gente è incazzata come una bestia. Di risparmiare sulla spesa pubblica ancora poco o niente si vede, mentre le tasse salgono vertiginosamente, il prezzo della benzina è paradossale, si minano le garanzie dei lavoratori e si accentrano nello stato alcune funzioni in passato delegate, magari con efficienza e che pertanto non necessitavano di alcun provvedimento di gestione ordinaria (poiché dell’ordinario dovrebbe occuparsi il governo tecnico…).
Il tutto con una qual certa brutalità. Di far indorare la pillola nemmeno l’ombra del tentativo. Nel mentre, la BCE emette nuova moneta prestata alle banche all’1%, per sostenere le imprese … che regolarmente vengono poi sostenute con prestiti al 6%…
Ora che anche Tonino Guerra ci ha lasciato, possiamo anche sottoscrivere che l’ottimismo sia il profumo della vita. Ma il futuro di questo paese puzza di guai seri. Stiamo assistendo alla fine di un ciclo, economico e forse anche sociale e politico. Nella più dolce delle previsioni in breve tempo il flusso migratorio all’interno dei nostri confini muterà di segno, e gli emigranti per motivi di studio o lavoro, sopravanzeranno gli immigrati. Nella più temibile invece, per i rischi ipoteticamente connessi, si stanno seminando i germi della rivoluzione.
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