Il Futuro delle Edicole: Generalismo o Specializzazione?

Creato il 09 maggio 2011 da Pedroelrey

Si è concluso ieri il 10° Congresso nazionale del SI.NA.GI., il principale sindacato dei giornalai, al quale, grazie alla cortesia e disponibilità, in particolare, di Amilcare Digiuni [Segretario Nazionale Responsabile Organizzazione] ho avuto occasione di presenziare come ospite.

Il pomeriggio della prima giornata ha rappresentato un’occasione importante per fare il punto della situazione sulla filiera editoriale con la relazione introduttiva del Segretario Generale Vito Michea e la tavola rotonda sul tema alla quale hanno partecipato, tra gli altri, Elisa Grande [ Capo dipartimento 'Informazione e editoria' di Palazzo Chigi], e il Direttore Generale della FIEG Fabrizio Carotti.

Temi trattati ampiamente, a più riprese, in questi spazi, rispetto ai quali, per i dettagli, rimando al “live tweeting” che ho realizzato nel corso di tutto il pomeriggio del 6 maggio e all’articolo pubblicato dal “Manifesto” unico quotidiano con la presenza stabile di un giornalista che ha effettuato una copertura dell’evento.

Dal convegno sono emersi, secondo la mia personale visione, tre elementi:

  • Inadeguatezza del “channel leader”, gli editori, e delle loro rappresentanze, la FIEG, la cui arrendevolezza agli eventi è disarmante.
  • Valore della rete sul territorio per capillarità
  • Riconversione parziale del business con spostamento nell’area dei servizi e dei giochi.

Dopo oltre 17 mesi trascorsi senza riuscire di fatto, per i motivi più svariati, a convocare gli stati generali dell’editoria, tavolo comune di confronto istituzionale per la filiera editoriale nel suo insieme, come è stato detto, se l’obiettivo non sarà raggiunto entro la fine del 2011 sarà evidente la non volontà di perseguire una strategia comune. Non si potrà dunque che prenderne atto ed agire di conseguenza.

Quale sia la mia visione sull’edicola del futuro ed il futuro delle edicole mi pare di averlo espresso con chiarezza quasi un anno fa. Opinione che complessivamente non ho cambiato in questo tempo.

L’informatizzazione delle edicole è, comunque vadano le cose, un must, un imperativo categorico sul quale è necessario intervenire con la massima sollecitudine. Non tanto per erogare i servizi ai quali hanno fatto cenno Elisa Grande e Vito Michea nei loro interventi, che possono realizzare l’obiettivo di “traffic building”, di attrazione [persa con il calo delle vendite dei quotidiani] verso il canale edicole dell’utenza, ma non quello di generare recupero contributivo per i giornalai stante le marginalità assolutamente irrisorie che assicurano [chiedete ai tabaccai che già erogano questi servizi il loro guadagno su ricariche telefoniche, pagamento bolli auto, bollette...etc], quanto per assicurare una comunicazione diretta tra parte terminale – le edicole – ed iniziale -  editori – che consenta di scavalcare il blocco dei distributori nazionali e locali garantendo miglior efficacia con particolare riferimento alla gestione del venduto, ed al fenomento delle micro rotture di stock,  nonchè alla gestione efficiente delle rese che presenta ampi margini di miglioramento della contribuzione per entrambi gli attori coinvolti.

Non è neppure la possibilità di offire il superenalotto, come trionfalmente annunciato dall’altro principale sindacato dei giornalai, lo SNAG, che può migliorare la redditività del canale, sia perchè, come ampiamente constatato con la parziale liberalizzazione della vendita di quotidiani, ad un incremento dei punti vednita non corrisponde necessariamente un aumento delle vendite, sia perchè [se eventualmente non fosse noto] il canone richiesto da Sisal per questo servizio erode molto spesso una grande fetta del ricavo.

Alla strada del generalismo privilegio quella della specializzazione. Grazie all’informatizzazione mi piace pensare alle possibilità esistenti che questo processo consentirebbe, a partire, per citarne almeno una, dalla possibilità di effettuare in edicola il servizio di print on demand, che consentirebbe la quadra tra desiderio di personalizzazione da parte del lettore e mancanza di redditività che questo ottiene online nella sua declinazione all digital.

Quando, com’è il caso delle edicole e del comparto nel suo complesso, le situazioni di difficoltà divengono strutturali sono richieste fondamentalmente due qualità, in ordine di rilevanza:

  1. Visione Strategica
  2. Pensiero laterale, così come definito da Edward De Bono

La specializzazione, con integrazione di servizi e offerta a monte ed a valle rispetto all’attuale modello, e non il generalismo sono LA scelta per il futuro delle edicole.

Word Cloud Relazione Vito Michea

Il testo completo, esclusiva ed anteprima nazionale del “Giornalaio”, della relazione del Segretario Generale del SI.NA.GI Vito Michea:

Care Delegate, Cari Delegati, Signori Invitati,

benvenuti al X Congresso Nazionale del Si.Na.G.I. aff.to SLC – CGIL.

Un sincero augurio di buon lavoro alle amiche ed agli amici qui presenti che saranno protagonisti di questo Congresso, ed un affettuoso abbraccio a tutti i colleghi che hanno lavorato intensamente perché i nostri percorsi congressuali si potessero svolgere su tutto il territorio nazionale.

Un ringraziamento particolarmente sentito ai tanti Ospiti che ci hanno onorato con la loro presenza, che è motivo di grande soddisfazione per noi tutti.

Svolgiamo i nostri lavori congressuali a poca distanza dal 17 marzo, che ha visto celebrare il 150° anniversario della costituzione dello Stato italiano, una data importante che ha ricordato a tutti le gloriose e drammatiche vicende che hanno portato alla nostra Unità. Il Presidente della Repubblica, autentico interprete della identità vera della nostra Nazione, ha fatto gli auguri a tutti gli italiani di ogni età, condizione sociale e idea politica, invitando tutti a festeggiare questo “grande compleanno, il meglio della nostra storia”; sottolineando che, noi italiani, “abbiamo avuto momenti brutti, abbiamo commesso errori, abbiamo vissuto momenti drammatici, ma abbiamo fatto anche tante cose grandi e importanti”. L’importante, ha aggiunto il Capo dello Stato, è che anche se ognuno ha i suoi problemi, i suoi interessi e le sue idee, e discutiamo e battagliamo, ognuno deve ricordare sempre che è parte di qualcosa di più grande che è la nostra Nazione, la nostra Patria, la nostra Italia; “dobbiamo avere l’orgoglio”, ha sottolineato il nostro Presidente, “per ricordare e rivendicare, perché solo così possiamo guardare con fiducia al futuro, alle prove che ci attendono. Ne abbiamo passate tante, passeremo anche quelle che abbiamo di fronte in un mondo forse più difficile”.

In questa cornice si inserisce il graditissimo saluto portato al Congresso dal Presidente della Repubblica, che ci onora e ci stimola al contempo, che individua in alcuni passaggi i temi che da tempo stiamo cercando di dibattere con i nostri interlocutori istituzionali.

Il Capo dello Stato, in sintesi, richiama a noi tutti “l’esigenza di una attenta riflessione sulle prospettive della nostra categoria nell’ambito di una nuova organizzazione del lavoro, delle relazioni con il mondo dell’Editoria e della Distribuzione, guardando alle nuove tecnologie che hanno aperto aggiuntivi canali informativi, alterando di conseguenza il tradizionale appuntamento quotidiano con il giornale”.

Questa relazione cercherà di offrire un contributo al dibattito che si aprirà domani mattina, e che ci porterà a decidere la linea politica che il nostro sindacato si assumerà il compito di svolgere nei prossimi quattro anni. Un dibattito che dovrà delineare le scelte strategiche sulle quali il Sinagi dovrà confrontarsi, per offrire il suo contributo per un nuovo progetto che ridisegni l’attuale quadro legislativo, con l’obiettivo di offrire una prospettiva di sviluppo alla nostra rete di vendita nell’ambito di una riforma dell’Editoria da tutti tanto auspicata, il cui cammino, tuttavia, sconta inaccettabili ritardi.

I temi congressuali saranno sviluppati seguendo un ragionamento che richiamerà posizioni già assunte sul tema della Riforma dell’Editoria, ed altre più recenti conseguenti a riflessioni sullo stato dell’arte dei rapporti con il mondo dell’Editoria e quello della Distribuzione, ed alle diverse posizioni che, rispetto a questi temi, appaiono anche nel modo sindacale.

In questo ambito, assume importanza strategica la definizione di nuovi equilibri all’interno della filiera editoriale, per rilanciare la vendita del prodotto editoriale attraverso l’utilizzo delle possibili sinergie che possono essere sviluppate all’interno della stessa.

Riorganizzazione strutture sindacali

Questo è un Congresso particolarmente atteso che si apre in una delicata fase della nostra storia sindacale, che non è mai stata appiattita o monolitica perché ha sempre sviluppato al suo interno posizioni diversificate nell’ambito di un dibattito democratico, sempre combattivo, ricco di interessanti contributi, che a volte offre immagini di divisioni alquanto strumentalizzate all’esterno.

Storicamente il nostro sindacato ha vissuto drammatiche scissioni, che hanno portato alla nascita di altre rappresentanze nel variegato mondo sindacale di settore, ma è anche vero che siamo sul campo dal 1948, anche se con vesti diverse, e che siamo ancora qui a svolgere il nostro X Congresso Nazionale con rinnovato spirito, per ribadire che non solo ci siamo, ma che vogliamo esprimere tutta la nostra capacità, la nostra cultura sindacale e la nostra professionalità a difesa dei diritti dei nostri iscritti, che sono tanti, e che siamo pronti, come sempre, a dare il nostro indispensabile contributo per tentare di trovare le adeguate soluzioni ai grandi temi che da tempo sono sul tavolo di tutti i componenti della nostra filiera. Siamo orgogliosi del nostro ruolo, della nostra appartenenza, delle nostre idee, ma non per questo chiudiamo le porte a mediazioni che possono portare a una riorganizzazione della nostra struttura organizzativa che tenga conto delle modificate esigenze del nostro Sindacato e della nostra rete di vendita, delle richieste che arrivano dalla base, e di tutto ciò che può portare a rafforzare la nostra azione politica.

Siamo orgogliosi del nostro modo di fare sindacato, della nostra piena e totale autonomia politica, amministrativa e patrimoniale; siamo orgogliosi di poter affermare che siamo in grado di farcela da soli, e che questi ultimi mesi hanno dimostrato che ce la possiamo fare con le sole risorse che ci offrono i nostri iscritti, senza peraltro rinunciare a manifestare ovunque il nostro pensiero ed a svolgere tutta la necessaria attività sindacale.

La cosiddetta fase di emergenza che si è aperta lo scorso ottobre, è stata brillantemente superata grazie al contributo di tutti voi colleghi, ma un grazie particolare va soprattutto ai membri della Segreteria Nazionale che negli ultimi mesi si sono impegnati allo spasimo, offrendo un contributo superiore alle più rosee aspettative. Una Segreteria Nazionale non omogenea ma compatta, che ha dimostrato la sua capacità operativa ed organizzativa nonostante la pesante eredità da gestire.

Adesso è arrivato il momento di riformulare e stabilizzare la nostra macchina organizzativa, attraverso una revisione ragionata del nostro Statuto che ponga le basi per realizzare un sindacato moderno dove, pur nel rispetto delle nostre regole democratiche, le risorse che vengono dagli iscritti devono essere utilizzate prioritariamente per fare attività sindacale; un sindacato moderno dove le decisioni sulle strategie, da tenere nel rispetto della linea politica, vengono assunte in tempo utile; dove i nuovi dirigenti fanno esperienza sul campo, assumendosi le proprie dirette responsabilità nella elaborazione delle idee e delle decisioni da assumere.

Un nuovo quadro organizzativo che guardi al futuro utilizzando le maturate esperienze, che si confronti in sedi ristrette utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione. Un progetto di riforma che domani sarà messo a disposizione del Congresso e delle competenti commissioni, che comprenderà anche una proposta per il Centro Studi.

Patto di affiliazione con SLC – CGIL

Formazione e servizi alle rivendite

Il patto di affiliazione con SLC non è in discussione, perché siamo consapevoli che è per noi strategicamente rilevante rimanere nella grande famiglia della CGIL che non ci ha mai fatto mancare il contributo, almeno quando richiesto, nella elaborazione dei nostri processi politici. Siamo altrettanto consapevoli che questo rapporto nel corso degli anni è stato inficiato da evidenti errori di metodo nella reciproca consultazione su temi che più avrebbero avuto necessità di essere approfonditi nei rispettivi organismi.

Con il documento sottoscritto il 9 settembre 2010, si sono gettate le basi per rendere più produttivo il raccordo tra il Sinagi e SLC, con il coinvolgimento diretto della stessa CGIL. I risultati prodotti in questi ultimi mesi hanno confermato che alle solite dichiarazioni di buona volontà, sono seguiti atti concreti con la partecipazione attiva di tutte le strutture della Confederazione che hanno prontamente risposto alle nostre richieste. Sono state messe a nostra disposizione le loro sedi sindacali, i loro dirigenti, e gli studi legali per affrontare con immediatezza gli interventi necessari.

Lavorando insieme si è potuto verificare che esistono tutte le condizioni per dare un reale contributo alle esigenze manifestate dalle strutture territoriali, e per rendere più presente ed operativo il nostro sindacato. Certo, si devono recuperare i ritardi che si sono accumulati in tanti anni a causa delle responsabilità che sono emerse più chiaramente di recente, che però non possono ora essere scaricate solo su chi ci rappresentava perché, almeno sul piano politico, siamo tutti responsabili di questi ritardi e delle conseguenze che gli stessi hanno avuto per i nostri iscritti. La storia la si racconta ogni giorno in modo diverso, ma si può affermare con certezza che molti problemi potevano essere evitati se ci fosse stata chiarezza nei rapporti e se gli impegni assunti sul piano personale fossero stati rispettati, almeno al fine di evitare imbarazzi ai nostri Organismi dirigenti.

Tuttavia, resta altrettanto evidente che siamo stati costretti a ragionare su alcuni aspetti del nostro modo di essere Sindacato, solo perché i citati impegni non sono stati rispettati; da ciò ne è conseguita una inammissibile forzatura su temi che invece sarebbe stato utile per tutti affrontare con assoluta serenità di analisi e di giudizio.

Scontiamo ritardi assurdi sulla informatizzazione, sulla formazione e, soprattutto, sui servizi da offrire ai nostri iscritti. Abbiamo iniziato a parlare di questi temi da più di un decennio, anzi, specificatamente per i servizi, sicuramente da quasi vent’anni.

Adesso è arrivato il momento di concretizzare. A tal proposito, è stata già sottoscritta una convenzione con UGF Banca per dare una prima importante risposta ad una delle prioritarie richieste che ci arrivano dagli iscritti, quella relativa all’accesso al credito. In questi giorni sarà dettagliatamente illustrata, e non mancherà certamente di suscitare il vostro interesse. Contestualmente è stata aggiornata una precedente convenzione con UGF Assicurazioni, concordando con la stessa altri prodotti assicurativi inerenti le nostre attività commerciali.

Sono stati anche avviati una serie di incontri con il Centro Servizi Nazionale e con il Coordinamento Nazionale dei CAAF della CGIL, e di altre società ad essa collegate, che sono serviti a comprendere come sia per i servizi che per i corsi di formazione ci sono diverse opportunità, e che le stesse possono essere realizzate anche per le nostre microimprese commerciali; è solo indispensabile la presentazione di progetti. L’Istituto Superiore di Formazione (ISF) ha già offerto la piena disponibilità per un esame comune delle proposte che sono state già avanzate, che dovrebbero concretizzarsi in attività formative il più rapidamente possibile. Si è pensato alla formazione riguardante salute e sicurezza (L. 626), informatica di base, marketing, formazione sindacale, a cui si potranno aggiungere altre proposte formative se utili per raggiungere i nostri obiettivi. A proposito della tenuta della contabilità delle rivendite, si segnala che è stato di recente avviato a Napoli un progetto con il contributo della SLC, che ha già messo a disposizione degli iscritti un servizio di questo tipo a prezzi competitivi; un progetto analogo è già stato sviluppato a Milano, mentre a Reggio Emilia sono in corso dei contatti per renderlo operativo.

Molto quindi si può fare, le condizioni ci sono, rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo insieme per realizzare i risultati che vogliamo; lo dobbiamo ai nostri iscritti. Abbiamo di fronte un vasto e variegato scenario con cui confrontarci; ma se ciò non dovesse portarci a conseguire ciò che desideriamo, sarà impegno comune ricercare le adeguate soluzioni con qualunque associazione o società di servizi. Non esisteranno mai pregiudiziali in tal senso, salvo che non si richieda la doppia iscrizione.

Informatizzazione

L’informatizzazione delle rivendite presenta una situazione paradossale. Da un lato è da anni il punto di arrivo di tutti per realizzare una rete moderna, dall’altro nulla è stato fatto per incentivarne la diffusione. Si registrano anche qui ritardi e qualche resistenza da parte di alcuni distributori locali; ma il dato reale evidenzia che le rivendite che utilizzano il software Inforiv sono relativamente poche e che molto deve ancora essere fatto per realizzare questo progetto. Un importante processo strategico che è propedeutico alla razionalizzazione del sistema distributivo e, quindi, appare assurdo che la sua realizzazione sia lasciata alla sola disponibilità dei singoli rivenditori, a cui è chiesto di investire nell’acquisto dell’hardware necessario, di pagare l’assistenza e la licenza d’uso e, inoltre, di assumere un costo oneroso per il collegamento con i distributori locali.

I nostri progetti per fornire assistenza tecnica alle rivendite a prezzi concorrenziali sono ostacolati, nonostante si presentino dettagliate proposte a garanzia dei servizi che si mettono a disposizione con personale qualificato. Lo Stato non interviene con adeguati strumenti economici di sostegno, e la informatizzazione delle rivendite continua ad essere una chimera per tanti, anche considerando i citati costi di accesso. Se occorre ripensare e ammodernare la rete di distribuzione, l’informatizzazione è la via obbligata per cogliere tutte le opportunità atte a realizzare una riduzione degli sprechi e la corretta trasparenza nei rapporti commerciali. Una grande opportunità che può essere colta solo attraverso adeguati investimenti e una riconsiderazione dei ruoli che sono stati sinora definiti.

Il Quadro Legislativo

La grave crisi economica e finanziaria, che ormai da tempo ha investito il nostro Paese, ha notevolmente aggravato lo stato di malessere economico e sociale del nostro settore che già dall’anno 2007, causa la discesa verticale delle vendite relative al fenomeno “collaterale”, aveva evidenziato l’inizio di una crisi di sistema, prima congiunturale, poi strutturale, del comparto editoriale.

La discesa libera dei profitti ha investito negli ultimi anni tutti i soggetti della filiera, manifestando però una gravità più accentuata per i giornalai, in quanto i loro ricavi sono determinati esclusivamente dalle vendite. La redditività delle rivendite è diminuita drammaticamente, registrando un calo medio dei fatturati di circa il 30% negli ultimi tre anni. Alla fisiologica chiusura annuale di un certo numero di rivendite con fatturati assolutamente marginali, si è registrata negli ultimi tempi anche quella di un crescente numero di rivendite con medi fatturati, che assumono valori diversi a secondo delle località. Alla quasi abituale chiusura per sopraggiunte difficoltà economiche di gestione, si è anche accentuato il fenomeno ricorrente di chiusura per disaffezione, o meglio ancora, per disperazione.

In quest’ultimo caso i motivi vanno ricercati nella grande mole di lavoro che il rivenditore affronta quotidianamente in un arco lunghissimo di tempo, ed al poco gratificante guadagno che ne ricava. L’aspetto più allarmante è che le edicole poste in vendita riscontrano molte difficoltà a trovare un acquirente, ed in molte circostanze si assiste alla drammatica cessazione dell’attività con il deposito della licenza; centinaia di famiglie, forse migliaia, che perdono l’unica fonte di reddito senza poter utilizzare alcun ammortizzatore sociale; una vita lavorativa praticamente distrutta, senza alcuna alternativa. I vistosi cali dei profitti delle aziende di distribuzione stanno ormai portando queste aziende fuori da una logica di mercato, dove i fallimenti sono diventati la norma e non l’eccezione. E questo non è solo un loro problema.

In questo irreversibile declino dell’intera filiera editoriale, emerge da tempo la indilazionabile necessità di una profonda e radicale ristrutturazione del comparto, partendo da una ragionata revisione delle norme legislative che disciplinano il nostro settore.

Nell’ambito delle audizioni promosse dall’On. Paolo Bonaiuti e dalla Dott.ssa Elisa Grande, i tre soggetti che rappresentano la nostra filiera, le associazioni degli Editori e dei Distributori e le OO.SS. dei Rivenditori, hanno separatamente espresso le loro valutazioni in merito alle possibili modifiche da apportare al decreto legislativo 170/2001 ed alla legge 47/48.

Successivamente sono stati consegnati dei documenti per meglio illustrare e motivare le proposte presentate.

Quasi certamente questi documenti, che sono ancora assolutamente riservati, esprimono valutazioni diverse su come affrontare i temi della Riforma dell’Editoria.

E questo appare, almeno dal punto di vista politico, come un gravissimo errore.

Le proposte presentate dalle OO.SS. lo scorso mese di novembre, sono certamente il frutto di una valutazione di parte, ma hanno sicuramente il pregio di indicare alcune strade che possono essere intraprese per dare una prospettiva alla nostra rete di vendita e, nel contempo, ridare slancio all’editoria, mettendo a disposizione della stessa, ma non in modo subalterno, una rete di vendita moderna ed informatizzata, anche con l’ausilio di incentivi economici ed una ragionata riduzione del carico fiscale. Con tale documento, le OO.SS., spiegandone le ragioni, richiedono la conferma delle garanzie sancite dal decreto legislativo 170/2001 (programmazione e autorizzazione amministrativa), pur esprimendo ulteriori valutazioni e proposte in merito alla necessaria diversificazione commerciale delle edicole. A tal proposito, è stata richiamata la necessità di garantire alla nostra rete di vendita l’accesso effettivo, a parità di condizioni, ai prodotti e servizi che fanno capo ai Monopoli di Stato.

Anche relativamente alla legge 47/48 sono state avanzate delle motivate richieste di modifica, per rendere più stringenti e vincolanti alcune norme che si ritengono fondamentali nell’individuazione della pubblicazione periodica.

In questo quadro è stata condivisa l’idea di introdurre un nuovo concetto di parità di trattamento delle testate editoriali, di chiedere l’applicazione del contratto estimatorio nei nostri rapporti commerciali, di limitare l’ammontare degli sconti nel canale abbonamenti con riferimento a quanto previsto per il mercato librario, e di consentire alle rivendite di rifiutare le forniture eccessive rispetto ai consolidati dati di resa delle singole pubblicazioni.

Una posizione certamente di parte, come già accennato, ma che consente di aprire un confronto serio sulle prospettive della nostra rete di vendita.

È inoltre utile fare una ulteriore valutazione sull’attuale quadro legislativo, richiamando la vostra attenzione sulle diverse interpretazioni che alcune Regioni e Comuni hanno inteso dare al decreto legislativo 59 del 2010 che, come ben noto, è il decreto attuativo della Direttiva Europea 2006/123/CE del 12 dicembre 2006.

Pur essendo chiaro a tutti che in tale decreto non c’è traccia di una liberalizzazione del settore, perché il Governo in fase di riscrittura dello stesso, accogliendo i pareri espressi all’unanimità dalle competenti Commissioni parlamentari, ha stralciato l’art. 71 che la prevedeva, in alcune aree del nostro Paese talune amministrazioni comunali operano come se per il nostro settore non esista più il vincolo autorizzatorio, consentendo a nuovi operatori di iniziare l’attività di rivendita di quotidiani e periodici, esclusiva e non esclusiva, con la semplice segnalazione certificata di inizio attività ( S.C.I.A.).

Questa preoccupante iniziativa, che sta aprendo costosi contenziosi, se non sarà arginata, andrà ad aggravare ulteriormente i noti problemi economici della rete, anche quelli in tema di diffusione e trasporto del prodotto editoriale. Per questo sarebbe utile una risposta corale di tutti i soggetti interessati al buon funzionamento del sistema.

E da questo Congresso non può che partire l’invito affinché a breve sia sottoscritto da tutte le associazioni di settore un “Avviso Comune” da inviare al Governo, ai Ministeri competenti, ed alle Amministrazioni Regionali e Comunali, per chiarire la piena validità delle norme sancite dal Decreto legislativo 170/2001.

Seguendo questi ragionamenti sul quadro legislativo e sulla percorribilità delle nostre proposte in merito alla sua ridefinizione, non si può non entrare nel merito delle valutazioni espresse riguardo “le anomalie del nostro settore” dal Dott. Antonio Catricalà, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che, ricordiamo, il 23 settembre 2009 ha concluso una indagine conoscitiva su “Editoria Quotidiana, Periodica e Multimediale”.

È indispensabile farlo per due fondamentali ragioni: la prima, perché da tempo sia gli Editori che i Distributori Nazionali e Locali guardano alle conclusioni del Garante come un punto di partenza, ovviamente di parte, per valutare come potrebbe essere possibile modificare gli equilibri economici e commerciali del nostro sistema; la seconda, perché pensiamo che l’Authority non abbia ben compreso, a nostro modesto avviso, il valore strategico di questa rete, ovvero quale rischio potrebbe comportare per la diffusione del prodotto editoriale una revisione impropria delle attuali regole legislative e contrattuali, se non propriamente commerciali.

Il Garante ha avviato questa indagine conoscitiva, nell’ambito della sua autorevole veste, perché ha intravisto nel nostro settore “una palese distorsione delle regole del mercato e della libera concorrenza”. Le sue conclusioni, note a tutti gli addetti ai lavori, sono state reiterate il 15 gennaio 2010 con una ulteriore segnalazione di richiamo ai Presidenti di Camera e Senato ed al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dalle conclusioni di questa indagine emergono alcuni aspetti, attentamente vagliati ed approfonditi, che ci hanno portato a fare alcune consequenziali riflessioni che sono state portate di recente all’attenzione, appunto, dell’Antitrust, dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il primo aspetto degno di nota è quello legato alla richiesta di liberalizzazione.

In via preliminare è stato osservato che non si comprende perché il Garante continui a richiamare l’urgente necessità di una liberalizzazione del nostro settore, pur avendo Egli stesso sottolineato che “l’attuale sistema autorizzatorio, che passa attraverso una programmazione comunale, ha evitato un sovraffollamento nelle aree a maggiore potenzialità, promuovendo, nel contempo, una sufficiente copertura delle aree meno appetibili”. Cioè, almeno ci pare, da una parte il Dott. Catricalà evidenzia la necessità di liberalizzare il settore; dall’altra certifica che l’attuale sistema ha garantito la crescita di una rete di vendita omogenea ed equilibrata in tutto il territorio nazionale, con una presenza di punti vendita in zone non appetibili economicamente per assenza di un mercato sostanziale.

Riguardo questo rilevante aspetto legislativo, è stato ritenuto utile segnalare che una liberalizzazione del sistema edicole porterebbe inevitabilmente ad una ulteriore desertificazione delle periferie, perché tutti penserebbero a trasferirsi nella aree più commercialmente appetibili; e che la prima conseguenza di ciò sarebbe una ulteriore frammentazione della rete di vendita ed un consequenziale drammatico calo della redditività della stessa, già peraltro fortemente intaccata dalla richiamata crisi del sistema. Riguardo “il naturale adeguamento dell’assetto distributivo” – richiesto dal Garante – è stato ritenuto utile informare l’Antitrust che, di fatto, quanto da Lui richiesto è già in atto, ed è documentato dalla chiusura di circa 5000 rivendite negli ultimi anni e dalla chiusura, per fallimento o altro, di numerose imprese di distribuzione, e che ulteriori adeguamenti sono in esecuzione a causa del drammatico calo dei fatturati, e non è certo con un mercato aperto che la crisi si risolve, anzi questo è certamente il modo, pensiamo, per dare un definitivo colpo di grazia al sistema.

Sull’esigenza della “piena fruibilità dell’offerta editoriale” richiamata dall’Antitrust, è stato segnalato che la stessa è garantita dall’attuale sistema, e che nessuna legge dello Stato potrà mai realizzare un sistema più efficiente dal punto di vista logistico e professionale, salvo con ingenti incentivi economici a sostegno degli operatori della distribuzione e degli stessi Editori. Questa è una semplice riflessione che consegue ad una attenta analisi del sistema, che evidenzia come è economicamente improduttivo servire punti di vendita i cui fatturati non riescono a coprire nemmeno le spese di trasporto delle pubblicazioni, per non parlare dei servizi correlati ad una corretta gestione del prodotto. Potrà mai una Legge dello Stato costringere le citate aziende a lavorare in perdita e magari, subito dopo, a dichiarare fallimento? Questa è la domanda che poniamo. Oppure si pensa ad un norma legislativa che permetta ai citati soggetti di scaricare tali costi sui rivenditori? La negativa esperienza maturata nella c.d. fase di sperimentazione non ha forse spiegato che con l’aumento dei punti di vendita non si produce automaticamente un aumento nelle vendite? Una semplicistica soluzione che storicamente è già stata smentita dai fatti.

In questo contesto, si dovrebbe meglio riflettere prima di assumere la decisione di eliminare i criteri in tema di programmazione richiamati dal D.lgs., e gli stessi parametri quantitativi – distanziometrici o similari -, perché senza questi essenziali vincoli si rischia di far saltare i meccanismi fondamentali atti a sviluppare una crescita omogenea e produttiva della rete di vendita. È nostra convinzione che il libero mercato, ovvero la libera concorrenza tra gli operatori del settore, si può sviluppare a favore del consumatore finale solo se ciò può realmente portare ad un aumento dell’offerta del prodotto e ad una possibile riduzione dei prezzi dello stesso.

Tutto ciò appare assolutamente irrealizzabile nel nostro settore perché i prezzi di copertina sono imposti dagli editori, e i rivenditori finali non li possono modificare; inoltre, quale beneficio reale verrebbe ai consumatori dalla collocazione in zone centrali di rivendite a pochi metri dalle altre, mentre in altre meno appetibili avrebbero difficoltà a trovarne una aperta?

Nel merito della Direttiva Europea ed il conseguente D.lgs. 59/2010, è stato altresì sottolineato che il nostro settore è stato escluso dalle disposizioni in esso contenute per il parere unanime delle varie Commissioni parlamentari, e che, inoltre, anche altri settori risultano esclusi dallo stesso, quali: medie e grandi strutture di vendita, taxi, autonoleggio con conducente, ecc; per non parlare delle farmacie, tabaccai e altro.

A riguardo di queste ultime attività commerciali, è utile ricordare che sussistono parametri limitativi per la loro apertura; e più specificatamente: per istituire una rivendita di tabacchi ordinaria nei Comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti deve essere certificata una distanza minima di 200 metri da quella più vicina, mentre in quelli da 10.000 a 30.000 abitanti la distanza minima è di 300 metri; e anche per ottenere il c.d. patentino, si deve rispettare la distanza minima di 100 metri, oltre ad essere in possesso dei requisiti richiesti. Inoltre, se un esercizio commerciale chiede di poter entrare nel circuito del Gioco del Lotto, si accorge che la regolamentazione di eventuali concessioni fa capo all’Aams, e che il sistema delle stesse è blindato da draconiane disposizioni oltre al classico parametro distanziometrico.

Anche per gli altri prodotti e servizi nella disponibilità dei Monopoli di Stato, i vincoli distanziometrici sono i primi presupposti per ottenere l’accesso agli stessi. Se si desidera vendere i Gratta & Vinci, ci devono essere almeno 200 metri di distanza dal punto vendita più vicino (questo almeno quando la richiesta è presentata dal titolare di una rivendita di giornali), e se si vuole entrare nel circuito Sisal, la distanza minima è di circa 150 metri, almeno per noi.

Eppure di recente, in relazione alla Gara per l’affidamento della concessione per i “Gratta & Vinci”, lo stesso Garante ha segnalato che la stessa “non ha garantito una adeguata concorrenza e ha favorito l’attuale concessionario, unico concorrente; va quindi modificata la normativa per assicurare maggiore concorrenza”. Eppure, nonostante ciò, una nostra segnalazione trasmessa nel merito all’Antitrust, lo scorso mese di dicembre, non ha sinora ricevuto alcun riscontro.

Sul tema dei parametri distanziometrici, è stato altresì osservato che nonostante gli stessi siano elementi certi per una valutazione preventiva all’accesso di altre reti commerciali dove, tra l’altro, sono richiesti pesanti oneri di attivazione, per il nostro settore, che dovrebbe essere maggiormente tutelato se si considera la particolarità e l’importanza del prodotto trattato, addirittura di “valore costituzionale”, (espressione usata dal Sottosegretario On. Gianni Letta lo scorso 14 aprile), lo stesso parametro, o altri di tipo quantitativo, è rappresentato come un ostacolo al libero mercato.

Ci chiediamo se tutto ciò non può apparire come una palese discriminazione nei confronti della nostra rete di vendita.

Anche sul suggerimento espresso dal Garante rispetto alla modifica dell’articolo 5 del D.lgs. 170/2001, “per introdurre una remunerazione delle rivendite sulla base di parametri oggettivi, che tengano conto della qualità delle prestazioni rese e dei risultati conseguiti dall’esercizio”, pur condividendo la filosofia della proposta, abbiamo espresso una forte preoccupazione in ordine ai criteri selettivi che dovrebbero definire il nuovo sistema remunerativo, è stato evidenziato che qualsiasi criterio scelto potrebbe essere utilizzato strumentalmente ai fini di interessi di parte, considerando le posizioni dominanti che esprime la nostra filiera editoriale.

È stata altresì segnalata la piena condivisione delle proposte suggerite dal Garante in ordine alla nuova formulazione del concetto di “parità di trattamento delle testate editoriali”, che sono il presupposto da cui partire per definire i nuovi rapporti di filiera e per conseguire l’obiettivo di dare tutta la necessaria visibilità alle nuove iniziative editoriali, sempre che le stesse abbiano i contenuti descritti nelle conclusioni dell’indagine conoscitiva. Se la nostra rete di vendita ha avuto un ruolo fondamentale nel far crescere la democrazia nel nostro Paese, e questo ci pare è da tutti riconosciuto, se è vero che la stessa ha sempre tutelato – e tutela – , con enormi sacrifici e grande professionalità, la libertà di stampa offrendo a tutti i cittadini la possibilità di acquistare ovunque il proprio giornale preferito senza incontrare alcun ostacolo di tipo ideologico, allora è giusto che questa rete di vendita sia valorizzata e non portata alla chiusura attraverso una liberalizzazione che non porterebbe alcun beneficio ai consumatori finali.

È probabile, anzi, che una liberalizzazione del sistema porti al rafforzamento sul mercato di alcuni grandi Gruppi Editoriali, attraverso una naturale esclusione della piccola e media editoria, come peraltro è già avvenuto nella GDO (grande distribuzione organizzata), negli aeroporti e nelle Grandi Stazioni dove, in molti casi, l’offerta del prodotto editoriale non è particolarmente pluralista, in quanto i gestori di queste grandi strutture operano una preventiva selezione dei giornali da esporre, o come di recente è stato fatto nella città di Roma dove, nel rispetto assoluto della “parità di trattamento”, sono stati attivati esercizi commerciali, provvisti di regolare autorizzazione amministrativa, che pongono in vendita 4 o 5 quotidiani; è questo che si delinea per la futura rete di vendita? È questo il libero gioco della concorrenza che si immagina per il nostro settore ?

Noi guardiamo invece ad una legge di riforma che certifichi un reale obbligo di parità di trattamento – esteso a tutti – per l’accesso al mercato delle nuove iniziative editoriali, per garantirne la piena visibilità e la necessaria promozione, purché tali testate abbiano una veste realmente editoriale con un accertato corpo redazionale, il cui contenuto sia veicolo reale di informazione e cultura. Non si vuole escludere nessuna pubblicazione periodica, o presunta tale, dall’accesso alla rete, ma si vogliono semplicemente eliminare le anomalie del sistema che hanno portato ad una crescita esponenziale di tutti i costi correlati alla diffusione ed al trasporto dei quotidiani e periodici, e a creare un assurdo ed insostenibile affollamento in edicola di prodotti che nulla hanno a che fare con il prodotto che i legislatori hanno da sempre voluto tutelare; testate che, utilizzando le smagliature delle attuali normative di legge, rivendicano un diritto, quello della parità di trattamento, che è assolutamente anacronistico.

Non può essere più tollerabile che una pubblicazione periodica, almeno così registrata, che intende distribuire alla nostra rete di vendita (iniziativa sempre apprezzabile) un ombrello piuttosto che una pistola ad acqua o una bambolina, applicando una semplice etichetta, possa essere trattata alle stesse condizioni economiche e commerciali, per esempio, di Panorama o l’Espresso.

Come non è più tollerabile consentire che la parità di trattamento sia richiesta anche per le pubblicazioni ridistribuite o ricopertinate, che sono ripresentate alle rete di vendita con reiterata determinazione, con una logica commerciale che si scontra con la realtà che esprime il mercato.

Tuttavia, pensiamo utile raccogliere l’invito che il Dott. Malinconico e il Dott. Carotti hanno rivolto alle OO.SS. lo scorso 5 aprile, perché un approfondimento del tema legislativo con uno sguardo ai rapporti di filiera è assolutamente necessario, se non indispensabile. L’apertura di un “tavolo progettuale” per tentare di ridefinire i nuovi equilibri di filiera, anche se proposto con colpevole ritardo, è un interessante percorso da esplorare con la dovuta responsabilità, pur nella consapevolezza che lo stesso si preannuncia irto di difficoltà, stanti anche alcune, non marginali, differenziazioni che si stanno delineando all’interno del mondo sindacale.

Su questo sempre delicato aspetto, sarebbe opportuna una preliminare discussione tra le stesse prima di affrontare il suddetto confronto.

Sostanzialmente, pare di capire, le differenze si stanno radicalizzando su due aspetti fondamentali:

  • l’articolo 5 del decreto legislativo: di cui una parte chiede una revisione sostanziale;

  • la parità di trattamento delle testate editoriali: le cui proposte divergono su punti fondamentali.

Tale radicalizzazione appare indiscutibilmente foriera di ulteriori divisioni che danneggerebbero coloro che abbiamo l’onore di rappresentare.

Il nostro Congresso sarà chiamato quindi ad esprimersi anche su questi rilevanti temi, esprimendo la linea politica che il nostro Sindacato dovrà seguire nel merito.

Tuttavia, al di là delle nostre legittime scelte congressuali, pongo all’attenzione dei Delegati e alle altre OO.SS. qui presenti, l’opportunità di avviare una consultazione con tutta la categoria sui temi che ci dividono, al fine di comprendere con chiarezza qual è nel merito la posizione di chi lavora in edicola. Sarebbe forse utile per capire se le nostre differenze possono trovare una sintesi politicamente sostenibile.

Una consultazione avviata unitariamente, dove ognuno esprime le sue dettagliate proposte e le motivazioni a supporto delle stesse.

Si può fare in tempi brevi.

Accordo Nazionale

L’Accordo Nazionale sottoscritto il 19 maggio 2005, entrato in vigore il 1° gennaio 2006, è scaduto il 31 dicembre 2009.

Abbiamo quindi un Accordo nazionale che è scaduto da 17 mesi, ed al momento non sono state presentate proposte organiche per la sua riformulazione.

È utile sottolineare, altresì, che le parti contraenti hanno concordato, da più di un anno, l’avvio di un preliminare confronto in sede di commissione ex art. 18, per intraprendere una “ragionata revisione dello stesso”, esaminando volta per volta gli argomenti che ognuna delle stesse poteva richiedere.

Questo impegno ha portato ad un numero molto limitato di riunioni, dove non si è fatto assolutamente nulla.

Se a questo si aggiunge che “la verifica della rispondenza delle attività previste dagli accordi, con le possibili evoluzioni del mercato” citata all’art. 18, non è stata nemmeno affrontata, abbiamo una prima idea del tipo di rapporti contrattuali che da tempo siamo costretti a sostenere.

Le OO.SS. sono una delle c.d. parti contraenti che dovrebbero avere pari dignità e pari diritti ad ogni tavolo contrattuale; dovrebbero, continuo ad usare il condizionale, trovare ascolto quando denunciano, con adeguata e corposa documentazione, le palesi violazioni contrattuali. Dovrebbero essere ascoltate solo per il fatto che sono rappresentative di una rete commerciale che cura la vendita del prodotto editoriale, ovvero cura anche gli interessi degli Editori.

Questo è il punto di partenza per fare un’analisi del nostro impianto contrattuale, della sua validità in ordine alle mutate esigenze del mercato e dell’offerta tecnologica delle nuove piattaforme multimediali che hanno già avviato la trasformazione epocale del prodotto editoriale.

L’Accordo Nazionale del 2005 offre l’immagine sbiadita di un rapporto commerciale che non esiste più; un impianto contrattuale obsoleto tanto vecchio quanto inutile per regolare i rapporti commerciali all’interno della c.d. filiera editoriale.

Ma, innanzitutto, è opportuno domandarsi se esiste ancora questa filiera; oppure se questa persiste solo nella nostra immaginazione, per dare un senso agli incontri che si fanno per non decidere nulla.

Un Accordo vecchio dalla nascita che appare come la semplice, reiterata rappresentazione, in chiave moderna, dei primi accordi del secondo dopoguerra.

Con una piccola differenza: gli sconti sono diminuiti, gli abbonamenti non più regolamentati, e i doveri per i rivenditori sono aumentati a dismisura.

Ai nuovi colleghi, forse anche per quelli meno nuovi, è opportuno ricordare che sino al 1994 avevamo il 25% per tutte le pubblicazioni con periodicità superiore al mensile, per le bustine (tutte), per le enciclopedie; e che sino al 1985 gli Editori potevano offrire in abbonamento le loro pubblicazioni con uno sconto massimo del 25%.

Ad ogni Accordo abbiamo perso un pezzo del nostro guadagno e, forse, anche della nostra dignità contrattuale e lavorativa.

Con l’ultimo Accordo, in nome della indispensabile trasparenza nei rapporti commerciali con Editori e Distributori locali, si è sottoscritto un articolato più esteso dove erano previste alcune novità: il Glossario, dove sono descritte le diverse tipologie di pubblicazioni per il riconoscimento delle percentuali di sconto e le modalità di pagamento (lettere a, b, e c), la bolla tipo di consegna e resa, la definizione della pubblicazione con periodicità mensile, i termini precisi della permanenza in edicola delle testate, ed altre ancora.

Nella lunga fase di contrattazione era stato esaminato il problema dell’esposizione finanziaria delle rivendite rispetto al contratto atipico indicato all’articolo 1, e ne era conseguito un condiviso documento, dove si esplicitava che l’equilibrio economico delle rivendite nei rapporti con i Distributori locali poteva essere raggiunto solo attraverso il totale rispetto delle norme sancite dall’Accordo; cosa, purtroppo, non realizzata. Si era parlato anche di possibili fideiussioni, a determinate condizioni, che dovevano però essere poi regolamentate da un protocollo a parte, di cui si sono perse le tracce.

Per la prima volta sono state stabilite le procedure da seguire nel caso di chiusura di una impresa di distribuzione; anche in questo caso è ben noto che quando è stato necessario richiamare il rispetto delle stesse, si è dovuto registrare un difforme atteggiamento da parte delle Amministrazioni editoriali interessate.

Il mancato rispetto di questi impegni contrattuali è una delle concause del gravissimo stato di sofferenza della nostra rete di vendita.

Già nel corso dei primi mesi di applicazione di questo Accordo si è avvertito un fenomeno stranissimo; erano aumentate in modo esponenziale le pubblicazioni mensili, anche se era chiaro che una consolidata statistica diceva il contrario. Per centinaia di titoli di questo tipo veniva richiesto il pagamento immediato rispetto al conto deposito che ci era stato garantito; la lettera a), quella che indicava la scontistica minore, era la lettera più vista in bolla di consegna – quasi l’unica -, venivano fuori altre denominazioni di pubblicazione (compiega – split, ecc.) che non si trovavano nel glossario, tutte pubblicazioni poste quasi sempre in pagamento immediato ed in lettera a); questa nuova tipologia di prodotto interessava particolarmente pubblicazioni con periodicità annuale, numeri unici, supplementi, ed ha consentito, per esempio, ai calendari di essere posti in vendita come periodici mensili. In aggiunta a ciò, le forniture lievitavano in modo esponenziale, specie per le pubblicazioni di non prima commercializzazione, e nascevano come funghi nuove iniziative editoriali che, con una semplice registrazione in tribunale, indossando l’abito di pubblicazione periodica pur non avendo alcuna veste editoriale, venivano scaricate, e continuano ad esserlo, in quantità industriali sulla rete di vendita con i più incredibili gadget e con titoli diversi da quelli rappresentati in copertina: ovviamente, anche in questo caso, gran parte delle stesse erano cedute con la scontistica più bassa, e richiedendone il pagamento immediato come pubblicazioni mensili; magari, poi, il n. 2 non si è più visto.

Le procedure per le fideiussioni, invece, sono state immediatamente attuate in varie forme, richiamando una norma non chiaramente esplicitata, come già precisato, e molti Distributori locali le hanno imposte anche in modo distorto; non tutti per fortuna.

Le OO.SS. hanno presentato decine e decine di denunce e qualche risultato ne è conseguito, qualche problema si è attenuato, per poi ripresentarsi subito dopo in forme diverse. Lo stesso Organo di Conciliazione e Garanzia ha più volte condannato questi comportamenti, ma sono state solo delle gocce di buon senso rispetto ad una situazione incontrollabile, ingestibile, una vera giungla, dove i più deboli subiscono delle posizioni dominanti che non hanno eguali in nessuna rete commerciale.

L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è quella incredibile storia che porta il nome ormai famoso in tutto il nostro settore di “oneri aggiuntivi”.

Sono semplicemente dei costi che sotto vari nomi, come trasporto, gestione contabilità, e altro – la fantasia non manca -, i Distributori locali hanno cominciato ad addebitare ai rivenditori; alcuni solo ai nuovi operatori, altri senza alcuna distinzione, e non si parla di quelli richiesti ai punti vendita non esclusivi.

Anche in questo caso sono state presentate denunce su denunce alla Fieg, senza alcuna presa di posizione da parte della stessa; anzi, quasi timidamente ci racconta che non è grado di intervenire se in modo blando; una telefonata, forse.

Una situazione paradossale, tenuto conto che l’Accordo nazionale è molto preciso su questo: nulla può essere richiesto se non previsto; una norma chiarissima che esclude che dalla rete di vendita esclusiva si possano pretendere costi aggiuntivi, particolarmente per il costo di trasporto delle forniture, considerato che i giornalai già pagano tale costo con l’1% dei loro fatturati, a partire dall’Accordo del 1994.

Gli inserti hanno assunto una veste diversa da quella che era in origine; il numero di pagine è cresciuto a dismisura aumentando i costi di trasporto e quelli inerenti la lavorazione; inoltre, è stata introdotta la novità della modifica del prezzo in fase di vendita. Ovviamente, a fronte dell’aumento dei citati costi e l’ulteriore impegno lavorativo richiesto alle rivendite, nulla è cambiato in tema di riconoscimento economico per il compiegamento o per l’abbinamento. Non a caso non si è voluta affrontare la verifica biennale.

La ormai consolidata gravissima carenza del prodotto editoriale che ha ancora una richiesta di mercato, unitamente all’annoso problema degli abbonamenti: sono questi i problemi più rilevanti che maggiormente disturbano (elegante eufemismo) la rete di vendita.

Si mettono insieme questi due delicati argomenti perché gli stessi appaiono stranamente correlati, in modo particolare quando si guarda al prodotto collezionabile.

È ormai noto a tutti che gli abbonamenti sono offerti a sconti che vanno dal 30% sino ad arrivare all’80% del prezzo di copertina, aggiungendo all’offerta anche dei graziosi gadget; come è altresì noto che le promozioni di queste “legittime” iniziative transitano dalle nostre stesse rivendite, in quanto i coupon per gli abbonamenti sono allegati alle stesse pubblicazioni che noi poniamo in vendita. Cioè, noi vendiamo ai nostri clienti le stesse pubblicazioni – con prezzo immodificabile imposto dagli editori – che, attraverso questi coupon, gli stessi possono avere direttamente a casa con le citate scontistiche. È concorrenza sleale? Le cronache dicono di no, perché è opinione comune che l’offerta è rivolta ad una clientela di tipo diverso; la nostra valutazione è di tipo opposto.

La correlazione che si immagina su questo percorso è conseguente ai vertiginosi tagli delle forniture di analogo prodotto alla rete di vendita. Si ipotizza, cioè, che i tagli facciano parte di una strategia che tende a rendere scarsa la presenza del prodotto in rivendita per far lievitare l’interesse per l’abbonamento diretto con l’Editore.

Il dato di fatto è che gli investimenti sulla rete sono vistosamente diminuiti e, di conseguenza, le amministrazioni editoriali guardano più a come non aumentare il rischio delle rese, che a tentare di vendere il prodotto in edicola.

Ai non addetti ai lavori, lascio immaginare che tipo di lavoro è chiamato a svolgere il rivenditore, quando ogni giorno si trova di fronte a problemi di questo tipo: si litiga con il Distributore, che il più delle volte è esente da colpe; si litiga con il cliente, a cui non si riesce a garantire la pronta consegna del prodotto richiesto, che in molti casi è un’opera collezionabile.

Senza contare, evidentemente, il danno economico che ne consegue, che in questi momenti di magra è particolarmente sentito.

Se guardiamo poi all’eccesso di fornitura di una moltitudine di prodotti che non hanno mercato, ma che comunque vengono sistematicamente riconsegnati alla rete di vendita, abbiamo il quadro completo del fallimento di un accordo di sistema, che non funziona più, come già detto, perché gli impegni assunti, sostanzialmente, sono stati disattesi.

Le responsabilità sono essenzialmente addebitabili agli editori per un verso e per l’altro ai distributori locali; anche se in molti casi sembra di assistere alla commedia dell’arte, dove ognuno scarica la responsabilità sugli altri.

L’unica difesa della rete di vendita in questo contesto, dove i diritti contrattuali risultano essere scientificamente calpestati, è la tanto criticata resa anticipata che, tra l’altro, non è attuata ovunque.

Tutti sono consapevoli che tale fenomeno è una sconfitta per il sistema, e che a volte esigenze di natura economica portano i rivenditori a rendere anticipatamente anche pubblicazioni che meriterebbero un trattamento diverso. Ma questo fenomeno, che non condividiamo, è l’unica forma di autotutela che è possibile attuare per arginare, non certamente per risolvere, il gravissimo problema delle anticipazioni finanziare.

Le Amministrazioni Editoriali, d’altra parte, nulla mettono in campo per livellare le forniture; si potrebbe dire che ciò, forse, non è nel loro interesse.

Fatta questa seppur limitata analisi della situazione dei rapporti di filiera, non si può non osservare che emerge da essa un primo dato inconfutabile che è la indiscutibile inaffidabilità dei nostri interlocutori nel rispettare i patti contrattuali, e ciò non può che portare a riflettere su quale valore possa avere un Accordo da sottoscrivere con gli stessi; ovvero, quali garanzie avrebbe la rete di vendita che le prossime norme contrattuali siano poi effettivamente rispettate da tutte le parti contraenti.

A questa domanda se ne può anticipare un’altra: ha ancora senso mantenere questo accordo di filiera; ovvero, è ancora produttivo avere un quadro contrattuale valido per l’intera filiera, oppure è ragionevole pensare ad un puro e semplice accordo commerciale con le singole Amministrazioni editoriali o, meglio ancora, con le Imprese di Distribuzione Nazionali?

Nessuno ha la verità in tasca, ma è certo che una liberalizzazione del sistema porterebbe inevitabilmente una rivoluzione in qualsiasi tipo di rapporto che le parti vorranno stabilire.

Per mantenere in piedi un accordo di filiera, si deve procedere ad un riequilibrio dei rapporti interni alla stessa a partire dal sistema di pagamento delle pubblicazioni. La nozione del “contratto atipico” indicato al primo articolo deve essere sostituita da quella di “contratto estimatorio”; questo è l’unico modo per garantire la presenza in edicola delle testate oggetto della parità di trattamento, e alla rete di vendita di regolarizzare i flussi economici e di cassa. L’applicazione del contratto estimatorio, inoltre, eliminerebbe tutti gli eventuali contenziosi conseguenti alla chiusura di una Impresa di Distribuzione, in quanto tutte le pubblicazioni in giacenza presso le rivendite sarebbero immediatamente riconducibili ai loro legittimi proprietari, escludendo le rivendite da qualsiasi tipo di onere o responsabilità. Con il riconoscimento di questo tipo di contratto, esplicitato da una norma del codice civile, si potrebbe discutere seriamente di eventuali garanzie fideiussorie a carico delle rivendite, attraverso un protocollo che ne identifichi le linee guida.

Partendo da questa condivisione si dovrebbero poi delineare di conseguenza le norme contrattuali, guardando ad un articolato meno complesso con regole certe ed applicabili.

L’ottimizzazione dei servizi distributivi deve essere garantita in modo diverso, considerati i fallimenti dell’attuale sistema, con l’obiettivo di porre un argine certo all’afflusso di pubblicazioni non a carattere informativo e di limitare, nel contempo, i costi derivanti dalle rese, che rappresentano un costo anche per i rivenditori stante l’enorme mole di lavoro cui sono sottoposti per cause altrui.

In tale direzione sarebbe quindi opportuno introdurre un criterio per il riconoscimento economico per la lavorazione delle rese da parte della rete di vendita, e pensare ad un accordo di sistema per la gestione degli abbonamenti in edicola, pur premettendo che sarebbe irricevibile una proposta che guardi ad una scontistica sul prezzo di cessione agli abbonati.

Le nuove esigenze delle Amministrazioni Editoriali, conseguenti alla perdita degli incentivi di Stato per l’avviamento postale degli abbonamenti, apre un nuovo scenario di riflessioni diverse dal passato; la bassa percentuale di abbonati nel nostro Paese, nonostante gli ingenti interventi statali e gli sconti praticati, segnala la necessità di guardare alla nostra rete di vendita per realizzare un progetto condiviso. Tutte le OO.SS. si sono già rese immediatamente disponibili a farlo; apriamo quindi immediatamente un tavolo di confronto con l’auspicio che si riesca a trovare un punto d’incontro tra la domanda e l’offerta. Si valutino attentamente i diversi interessi sul campo, prendendo atto sin da subito che la nostra rete di vendita non potrà più tollerare questo tipo di concorrenza, perché è opinione diffusa che la stessa è rivolta allo stesso cliente.

Per queste ragioni, da tempo ci viene chiesto di verificarne la legittimità sul piano giuridico, anche in relazione ai patti contrattuali in essere. Una richiesta che non può più essere disattesa.

Come è anche certo che si farà tutto il necessario per evitare che le nostre rivendite pongano in vendita le pubblicazioni che portano all’interno le proposte commerciali che appaiono in contrasto con i loro interessi; anche questa è una assurda anomalia del nostro settore.

Il concetto di filiera esprime una filosofia commerciale di tipo diverso, dove gli interessi sono comuni, e dove insieme si decide sulle migliori strategie per portare il prodotto al consumatore finale. Sia essa corta o lunga, l’obiettivo della filiera è quello di realizzare il contenimento dei costi, non quello di fare concorrenza ai diversi attori.

Non si può pensare ad una filiera dove le operazioni di marketing si fanno sulla pelle degli altri. Dove si distribuiscono prodotti i cui prezzi di copertina sono sensibilmente diminuiti per iniziative commerciali concorrenziali, che riducono sensibilmente il guadagno del giornalaio a parità di lavoro, chiedendo anche che queste iniziative promozionali siano appoggiate con entusiasmo. Tutta la rete sarà sempre disponibile ad appoggiare dette iniziative, purché i costi delle stesse non siano scaricati sull’ultimo anello della catena distributiva.

Sia dato un adeguato riconoscimento economico alla rete, e tutti saranno ben lieti di appoggiarle. Si fissi un prezzo base di copertina, cui riconoscere l’aggio, guardando magari al prezzo medio dei quotidiani.

Si guardi alle operazioni di marketing pensando anche ai danni che le stesse producono alla rete; che senso ha “scaricare” nei portoni condominiali migliaia di copie omaggio di una pubblicazione solo pochi giorni dopo l’ uscita in edicola della stessa, oppure regalare i quotidiani in tante altre analoghe operazioni?

Che senso ha continuare a regalare pubblicazioni abbinandole ad altre, riducendo le nostre prospettive di vendita e i nostri guadagni? Si vuole forse convincere i nostri colleghi dell’inutilità di porre in vendita certe pubblicazioni? Oppure è possibile che i giornalai possano essere gratificati economicamente da queste operazioni di marketing, dove pare evidente che gli Editori hanno una loro convenienza economica a porle in atto, mentre gli ultimi anelli della filiera ne subiscono solo le conseguenze?

Facendo queste considerazioni, è forse utopia chiedere l’aggio complessivo delle testate abbinate, visto che questo è assolutamente normale in una logica di rapporti commerciali di filiera, dove il costo delle promozioni è assunto da chi le mette in atto, salvaguardando l’utile destinato alla rete di vendita? È utopia pensare che sarebbe utile per tutti che la stessa rete sia economicamente incentivata al fine si sostenerle?

Si valuti seriamente quanto è anacronistica la defiscalizzazione rispetto all’attuale mercato, considerando anche la valutazione che della stessa ha fatto l’Antitrust; quanto sia inadeguato l’attuale sistema di remunerazione delle rivendite per la vendita del prodotto. Si guardi a questa rete professionale come parte integrante di un sistema che si adopera per un interesse comune: vendere il più possibile. La si incentivi com’è giusto che sia, evitando di cercare scorciatoie inutili.

Si faccia un ragionamento serio e produttivo sul compenso di lavorazione degli inserti, che non ha più alcuna attinenza con la realtà che rappresentano gli stessi; si faccia un’analisi del lavoro svolto dai nostri colleghi e dallo spazio che si deve occupare in edicola per immagazzinare i pacchi enormi degli inserti per pochi centesimi di euro. Si consideri il numero di pagine e si stabilisca un equo riconoscimento per la lavorazione e per lo stoccaggio.

Si offra ai Distributori locali la possibilità di gestire i prodotti editoriali in autonomia, concordando con la rete di vendita i necessari correttivi per rendere più funzionale il sistema. Distribuire al buio le prime uscite dei periodici collezionabili, blindare le uscite successive con i consolidati tagli alle forniture, in assenza di dati di vendita, è un errore commerciale che produce un danno a tutto il sistema. È solo un piccolo aspetto rappresentativo degli sprechi e del cattivo servizio di diffusione.

Gli impegni assunti con i precedenti accordi avevano un senso perché eravamo l’unica rete di vendita esclusiva. Poi è intervenuta la rete non esclusiva, adesso si stanno sviluppando i nuovi sistemi di comunicazione che permettono di leggere i giornali su internet, o utilizzando i nuovi strumenti tecnologici; l’edicola non è più l’unico luogo dove si può accedere all’informazione. Solo una rete altamente professionale può dare delle risposte convincenti a questa nuova sfida.

Una sfida avvincente che vogliamo affrontare insieme per disegnare il futuro della nostra rete di vendita e, possibilmente, di tutto il comparto editoriale.

Deve essere impegno comune creare le condizioni perché i fatti accaduti a Taranto non si ripetano, che quelli che si sono sviluppati in alcune aree conseguentemente a chiusure o fallimenti siano ricordi del passato. Non è nelle nostre intenzioni strumentalizzare fatti o atti che hanno creato grande imbarazzo a tutti, ma certamente non si può sottacere che una maggiore attenzione alle nostre preventive segnalazioni avrebbe, forse, potuto evitare i danni che sono stati registrati.

Il tavolo progettuale richiamato in apertura, l’invito formulato in extremis dal Presidente Malinconico, ci impegna nuovamente a confrontarci su tutto; non vogliamo sottrarci ad un ulteriore tentativo di ripartenza, ma questa ennesima apertura di credito non è illimitata.

Se entro la fine di quest’anno non dovessimo riscontrare segnali tangibili di una netta inversione di tendenza rispetto a quello che è stato più volte denunciato, e se non emergeranno volontà politiche certe di una nuova determinazione degli equilibri contrattuali, allora le nostre azioni non potranno che essere consequenziali. Una risposta politica forte che metterà in discussione gli attuali impegni contrattuali.

È dal concetto di filiera che devono partire i progetti di riforma del comparto editoriale, se si vuole effettivamente che questa filiera continui ad esistere realmente e non più solo nella fertile immaginazione di qualcuno. La professionalità della nostra rete di vendita non è in discussione, come non lo è la nostra determinazione di continuare a tutelare il pluralismo dell’informazione scritta nel nostro Paese; ma, certamente, non possiamo più continuare a pagare le conseguenze di una norma legislativa che ci obbliga al rispetto della parità di trattamento di tutte le testate editoriali che, com’è stato ampiamente spiegato, è una delle principali cause dei danni economici che da tempo sono denunciati dalla nostra categoria.

Per concludere in modo positivo questa relazione, desidero citare la frase pronunciata di recente dal Presidente del Gruppo Espresso, Carlo De Benedetti:

I giornali di carta non solo non moriranno, ma saranno sempre più un’infrastruttura portante delle nostre imperfette democrazie”.


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