Me ne stavo malinconico nell'aula professori con un panino al prosciutto, quando mi si avvicinò un maestro d'inglese. “Hola, Dario del Barrio, whatsapp?”, mi salutò poi vide la borsa termica che conteneva le cose da mangiare della giornata e commentò: “Ma come, tu mangi tutte quelle cose e sei magro come uno stecco mentre io che sono a dieta... guarda qui!”
In effetti Eduard (nome inventato), è piuttosto piccolino, con pancetta, mani paffute e gote carnose, possiede il fisico che sviluppano los fiesteros in anni di gozzoviglie.
Eduard è un messicano nato in California, la sua lingua madre è l'inglese e il suo spagnolo ha un accento vagamente U.S. Quando si stanca dello spagnolo passa all'inglese, tanto in tutti capiscono l'inglese.
Siccome la scuola in questione è di un certo livello, i professori sono tenuti ad incravattarsi come bancari. Eduard, abituato da sempre a magliette e bermuda, riesce a fatica ad indossare un paio di pantaloni formali ed un maglioncino nero ma ogni volta che può, viene con la maglietta della scuola e i suoi amati jeans.
Quella mattina Eduard decise che era tempo di parlarmi della sua biografia. Cominciò ad illustrarmi i suoi piani per il futuro. Avrebbe aperto una scuola di inglese efficientissima. Lui stesso avrebbe scelto i maestri: tutti madrelingua con spiccato senso comunicativo. L'inglese, diceva, si impara parlando, 'fanculo alla grammatica. Annuii con la testa.
Perché ero io, mi avrebbe fatto il quaranta percento di sconto con risultato assicurato. Altro cenno della testa da parte mia.
Quindi entrò nel vivo del discorso e raccontò la sua storia.
Eduard nacque in California, in un quartiere caldo e non solo nel senso climatico del termine. Suo padre era un influente agente di polizia.
Crescere in uno di quei quartieri, mi disse Eduard, vuol dire misurarsi quotidianamente con la violenza e non ci sono alternative. Non si può dire: “Non ci sto, cambio giro”; non c'è un altro giro.
Il bullismo, per esempio.
Il bullismo in Messico è quando un gruppo di ragazzini dà del gay a allo sfigato della classe, o gli strappano pagine del quaderno.
In California il bullismo è un'altra cosa.
Scendi dallo scuolabus arancione e un gruppo di ceffi ti si avvicina, senza dire una parola ti buttano a terra e ti prendono a calci. Quando si stancano, ti lasciano lì sul marciapiede mentre tu, in posizione fetale, ignorato da tutti, fai l'inventario delle contusioni.
Ecco in quei momenti, quando ti senti solo e indolenzito, capisci che vuoi essere parte di qualcosa. Vuoi un ambiente caldo e fraterno nel quale essere accettato, valorizzato e protetto; vuoi una gang.
Ma essere accettati da una gang non è cosa da poco. E' previsto un percorso formativo nel quale, come un monaco novizio, devi vivere nella comunità per comprenderne le regole.
In questa fase bisogna dimostrare obbedienza ma anche coraggio. Le occasioni non mancano. Fra le mansioni previste per l'apprendista gangster è previsto: fermare ed intimorire gli incauti passanti che passano sul marciapiedi sbagliato, insultare i gangster rivali, partecipare a corse in macchina e altre prove, non dico di intelligenza, ma di valore.
Finalmente arriva il grande giorno dell'iniziazione che prevede un rituale. Per prima cosa un gruppo di bulli in canottiera ti prende a calci e pugni per cinque minuti. Poi, con il sangue in faccia devi scoprire la spalla per permettere ad un altro bullo di applicarti un ferro incandescente al fine marchiarti con l'artistico logo della gang il quale, a detta di tutti, non ti darà nessun problema nel caso dopo ti servisse un lavoro onesto.
Il gioco è fatto. Ora vale il tutti per uno e uno per tutti. Vieni rispettato in strada e a scuola. Cominci a guadagnare qualche dollaro partecipando a delle attività commerciali che possiamo definire underground.
Nel corso degli anni si accumulano una serie di esperienze emozionanti quali sparatorie, fermi ed arresti, regolamenti di conti.
Fu proprio in quel periodo che Eduard si avvicinò alla musica. Non alla classica, bensì al rap. Mi confessa che ha inciso otto dischi, alcuni con collaborazioni di rapper famosi conosciuti su facebook che accettarono di duettare con lui a distanza.
Il padre di Eduard non era particolarmente contento dallo stile della vita del figlio. Decise che era meglio fargli capire che l'esistenza si poteva concepire in un altro modo. Gli fece fare un viaggio in Europa, viaggio che Eduard fece con le mani affondate nelle tasche di jeans extra large, ascoltando musica rabbiosa e guardando in cagnesco inglesi, olandesi, francesi, tedeschi ed italiani.
Visto che l'esperienza del viaggio si rivelò infruttuosa, il padre di Eduard prese una decisione più forte: mandarlo a vivere in Messico perché in Messico la gente cresce con i valori.
Lo spedì in un paesino polveroso popolato da agricoltori, ragazze che amano cucinare e cani randagi.
Per qualche mese Eduard si impose di essere un gangster ma poi capì di essere solo. In quel mondo semplice fatto di tacos, messe e sagre di campo non c'era spazio e nemmeno la soddisfazione di fare il bullo.
Sì avvicinò allora ai testimoni di Geova.
Qui Eduard si sentì in dovere di farmi una lezioncina di catechismo. Da come parlava doveva conoscere molto bene Dio. Mi spiegò che se facevi quello che Dio si aspettava da te, ovvero ciò che insegnavano i testimoni di Geova, lui ti approvava e le cose ti sarebbero andavate bene, in caso contrario, l'altissimo ti disapprovava con conseguenze nefaste.
Immaginai Dio vestito con jeans e maglietta extra large, una grande catena d'oro a penzolargli sul collo e occhiali da sole rovesciati sulla nuca nell'atto di approvare o disapprovare le persone.
Ok, ok, Eduard, non semplifichiamo troppo.
Allora riprese il suo racconto. Forte delle sue convinzioni religiose, dette un taglio con il passato, comprò qualche libro di grammatica inglese e divenne un professore.
Incontrò l'amore e si sposò.
Va detto che i ragazzi lo adorano.
Anch'io lo adoro.