Me lo sono sempre domandata - forse perché la montagna all'ombra della quale io invece sono cresciuta, quel Musiné spelacchiato ed un po' inquietante di cui vi ho raccontato qui, fra le tante leggende con un fondo di verità che lo vedono protagonista ha anche quella di essere stato, appunto, un vulcano...
E quindi - a volte lo guardavo, e pensavo a come sarebbe stato se, all'improvviso, dal suo profilo glabro e rossiccio avesse cominciato a vomitare fuoco e gas. Una notte credo anche di averlo sognato - uno di quei sogni adolescenziali un po' tumultuosi, un po' tormentati.
Ma com'è nella realtà?
Uno degli aspetti più interessanti del blog tour fatto a marzo con Turismo Slow nella campagna catanese attorno alle pendici dell'Etna è stato quello di trovare delle risposte a questa mia domanda, attraverso le parole di chi, all'ombra di un vulcano attivo, ci vive veramente.
La cosa che mi ha più colpita di questi racconti è il comune denominatore che ne traspare.
L'Etna viene descritto come un "vulcano buono", una sorta di drago sonnolento e a volte un pochino burbero, ma fondamentalmente pacifico.
Questo, da un lato, è ampiamente comprensibile - se nasci e cresci lì, con la sagoma del drago addormentato dietro a casa tua, che accompagna passo a passo la tua vita, che è sempre sullo sfondo dei tuoi momenti più importanti, dei tuoi affetti più cari, allora al drago ti finisci per affezionare. Il drago per te è casa: ovunque tu sia, quando chiudi gli occhi e ripensi all'angolo di mondo che più senti tuo, lui è indissolubilmente lì, da qualche parte sullo sfondo.
Però l'ho trovato anche coraggioso: un drago potrà anche essere buono, ma è pur sempre un drago - è nella sua natura essere letale.
E credo sia stata questa la cosa che mi ha colpita di più.
I botti e le lievi scosse che ti svegliano di tanto in tanto nel cuore della notte, la cenere nera che a volte cade dal cielo, fanno parte delle abitudini della convivenza con il drago.
Ma non si tratta di un coraggio incosciente.
L'altro denominatore comune dei racconti sul vulcano è la volontà di educare te, che lo incontri per la prima volta, al giusto approccio, nel rispetto della sua natura e della propria sicurezza: si tratta di un vulcano e non di una montagna qualunque, è un drago e non un animale domestico, ha del fuoco nelle viscere e il fuoco può anche significare morte, pericolo.
In questo senso, per la sua missione non solo didattica ma anche educativa, merita una menzione speciale il Museo dell'Etna di Viagrande (CT) - un museo piccolo ma ben curato che sorge proprio ai piedi del vulcano e che approfondisce non solo gli aspetti scientifici di questo fenomeno naturale, ma quelli storici, mitologici e strettamente intrecciati con il territorio.
E' un museo che si rivolge principalmente ad un pubblico in età scolare, ma che offre spunti e nozioni interessanti anche per gli adulti.
Non si parla solo dell'Etna ma di vulcanologia in generale: com'è fatto un vulcano, che tipo di materiale erutta, quali diversi tipi di vulcani ci sono, quali sono i principali vulcani attivi del pianeta - e come lavora un vulcanologo, avvicinandosi alle colate con una speciale tuta ignifuga che lo fa sembrare un palombaro o un astronauta.
E non si parla solo di vulcani ma del territorio dell'Etna, delle tradizioni agricole e delle eccellenze gastronomiche che nascono proprio qui, su questo terreno bruciato ma arricchito dalla lava.
E' questo il dono del drago alla sua terra.
Dove c'è un vulcano non possono non nascere delle leggende.
Se la potenza della sua rabbia infuocata incanta e contemporaneamente terrorizza noi, umani del XXI secolo con a disposizione tutti gli apparati scientifici per comprenderla e spiegarla, l'effetto prodotto sui nostri antenati non poteva che essere una meraviglia ed un terrore ancora più amplificati.
Tanto che i Normanni, quando arrivarono in Sicilia, decisero di stravolgere in onore di questo spettacolo bello e terribile le loro leggende con protagonista Re Artù, ambientando la mitica Avalon, il paradiso terrestre della mitologia celtica, proprio nel ventre del vulcano. Il fuoco, dunque, era solo un inganno per tenere alla larga vili ed indegni: il drago in realtà nasconde giardini verdissimi e lussureggianti.
E del resto sarà per questo che chi si è avventurato a cercarli poi non è più tornato indietro...
Ma la prima leggenda dell'Etna in realtà ce l'ha raccontata Omero, facendone la dimora di Polifemo e degli altri Ciclopi.
Quando Ulisse ingannò Polifemo, che aveva fatto prigioniero lui ed i suoi compagni, riuscendo non solo a sfuggirgli ma anche a rubargli il suo gregge di pecore, il gigante indignato tentò di affondare le sue navi scagliandovi contro degli enormi massi - che poi si sono incagliati saldamente sul fondale marino, creando i faraglioni di Acitrezza.
Ma i miti e le leggende spesso hanno un fondo di verità, come testimonia il ritrovamento, in alcune grotte scavate dalla lava sulle pendici del vulcano, di teschi di elefanti vissuti in epoca preistorica: non solo questo elefante in miniatura divenne poi il simbolo della città di Catania; ma probabilmente il suo cranio ispirò anche il mito dei Ciclopi - dal momento che il foro per la proboscide lo fa assomigliare ad un enorme teschio umanoide con un solo occhio al centro.
E, intanto, in lontananza, il drago sbuffa e borbotta.
Ma, in fondo, sorride anche un po'.
Perché, a modo suo, anche lui ama la sua terra...