Il Giappone, il mare, il cristianesimo e i segreti del Kyushu

Creato il 13 luglio 2013 da Milleorienti

Le “Rocce sposate” di Fukuoka nel Kyushu

Cari amici, ecco un mio articolo pubblicato tempo fa su Sette, il magazine del Corriere della Sera. Buona lettura, e attendo come sempre con interesse i vostri commenti. MR

«E’ un sapore tutto giapponese quello del sakè misto al profumo del pesce. Le seppie appena pescate vengono stese su di un filo ad asciugare al sole, come fossero panni in riva al mare. I pescatori le lasciano lì ad essiccare e poi, dopo averle svuotate, le usano a mo’ di scodellina: ci versano all’interno il sakè e lo sorseggiano lentamente. Seduti a gambe incrociate sulla spiaggia bevono con grande calma il liquore di riso fermentato, aspettando che il liquido ammorbidisca le pareti della “scodellina”; alla fine, dopo aver bevuto l’ultima goccia di sakè, si mangiano la seppia. Al termine fanno un breve inchino verso le Rocce Sposate – due piccoli faraglioni a pochi metri dalla spiaggia, legati da una grossa corda di paglia – e se ne vanno.

Ogni popolo ha un suo rapporto particolare con il mare e il Kyushu, la più meridionale fra le grandi isole del Sol Levante,  è un buon posto per capire il legame fra i giapponesi e l’oceano che li circonda. Sulla battigia sorge un torii, cioè un portale di legno, che tradizionalmente dà accesso a uno spazio sacro. Ma quale? Davanti al portale ci sono soltanto le onde del mare. Che qui è sacro, come può esserlo qualsiasi cosa – un albero, un fiore, un sasso – nella visione panteista della più antica religione del Giappone, lo Shintoismo. Una sacralità dovuta a ciò che si vede pochi metri oltre il portale: i due piccoli faraglioni legati fra loro, che i giapponesi chiamano Miyoto no seki,  “le Rocce Sposate”. Rappresentano Izanagi e Izanami, le due divinità che generarono le isole del Giappone e con esse la dinastia imperiale del Sol Levante, che oggi è la più antica dinastia regnante del mondo. Non a caso c’è un’altra coppia di Rocce Sposate nell’isola di Honshu, a Futamigaura nei pressi di Ise, il più sacro fra i santuari imperiali dello Shintoismo. Questa religione infatti ha legittimato per secoli l’origine divina del potere imperiale. Fino a quando, nel 1945, per la prima volta nella Storia l’Imperatore parlò alla radio per spiegare agli attoniti giapponesi che il Paese aveva perso la guerra e che lui stesso, l’Imperatore, non era un dio bensì un uomo.

Se il passare del tempo e l’avanzare della modernità hanno umanizzato la figura dell’Imperatore non hanno però affatto cancellato gli antichi culti shintoisti, compresi quelli sull’origine divina del Giappone. Ma non cercate le Rocce Sposate di Fukuoka nelle pagine di una guida: non le troverete. Questi sono considerati luoghi per giapponesi, non per turisti occidentali. Il Giappone dei grattacieli sfavillanti conserva un’anima segreta che non mostra facilmente (né tantomeno spiega) ai gaijin, cioè noi stranieri. Un’anima che è particolarmente viva nel Kyushu perché questa è la regione di nascita della civiltà giapponese, il luogo da cui essa si propagò in tutto l’arcipelago due millenni orsono.

Nel corso della sua storia il Kyushu ha poi seminato e fatto crescere alcuni elementi fondamentali della cultura tradizionale nipponica. Nella città di Saga oggi si può visitare l’Eremo di Yamamoto, dove il celebre maestro d’armi concepì e insegnò ai suoi seguaci lo Hagakure, il testo fondamentale sull’etica e il codice di condotta dei samurai. E ancora oggi alcuni abitanti del Kyushu praticano come forma di meditazione l’arte del combattimento con la spada degli antichi samurai, oppure il tiro con l’arco Zen. Nella prefettura di Fukuoka invece si trova il primo tempio Zen del Paese, lo Shofukuji, fondato nel 1195 dal grande maestro buddhista Eisai, di ritorno da un lungo viaggio in Cina. A Fukuoka è nata anche la Cerimonia del Tè (chanoyu), un rito che esprime  perfettamente lo spirito dello Zen, la sua raffinata estetica, il suo amore per l’armonia, il suo rispetto per gli altri, la sua attenzione al qui-e-ora, cioè alla presenza mentale nell’ “attimo fuggente”.

Dal mare sono giunti dunque i primi semi dello Zen. Ma anche genti di ogni genere, che in vario modo hanno fatto la storia del Kyushu. Come gli invasori mongoli di Kublai Khan: nel tredicesimo secolo minacciarono le coste del Kyushu con un’ immensa flotta che però venne spazzata via improvvisamente da un violentissimo tifone;  i giapponesi, riconoscenti, ribattezzarono quel tifone “vento divino”, cioè kamikaze. Di quella parola  si ricordarono poi, durante la Seconda Guerra Mondiale, i piloti giapponesi che compivano attacchi suicidi con i propri aerei contro le navi da guerra americane.

Dal mare sono arrivati anche audaci mercanti europei come l’inglese William Adams, che nel XVII secolo si mise al servizio del governatore militare, lo Shogun, diventandone un fido consigliere e ottenendo, dopo  mille avventure, un feudo come ricompensa dei propri servigi. Nel secolo scorso la figura di Adams – che i giapponesi chiamavano Anjin – ha ispirato al romanziere James Clavell il personaggio di Anjin, protagonista del celebre best seller Shogun. La tomba di Adams/Anjin  si trova oggi su una collina che domina il porto di Hirado, isoletta al largo della prefettura di Nagasaki, che per centinaia d’anni è stata la “porta del Giappone” sul mondo. E al luogo di sepoltura di Adams/Anjin vanno tuttora a rendere omaggio tanti occidentali innamorati (come lui) del Giappone.
Le onde dell’oceano hanno portato nel Kyushu anche una lunga serie di abilissimi ceramisti coreani che insegnarono ai giapponesi la propria arte: grazie a loro oggi il Kyushu pullula di laboratori artigiani e fabbriche di raffinate ceramiche, per la gioia degli appassionati di shopping. E ogni anno agli inizi di maggio nella città di Arita si tiene la più grande fiera di ceramiche di tutto il Giappone.

Infine, dal mare arrivò anche il Cristianesimo, che ha avuto una parte fondamentale nella storia del Kyushu. Girando oggi per l’isola infatti il visitatore può stupirsi nel notare la quantità di chiese cattoliche e di steli commemorative di eventi legati al Cristianesimo. Il Vangelo arrivò in Giappone nel 1549, su una nave spagnola che attraccò nell’isoletta di Hirado. Su quella nave spagnola viaggiava il gesuita missionario Francesco Saverio (poi proclamato santo) che con grande energia diede avvio all’evangelizzazione.
La comunità cristiana nel Kyushu crebbe velocemente ma ben presto cominciò ad essere perseguitata dallo Shogun, il governatore militare che vedeva la nuova religione come una minaccia all’autorità imperiale spogliata del suo valore divino. Fra il XVI e il XVII secolo la situazione prese una piega drammatica: prima la crocifissione di ventisei cristiani, poi il divieto assoluto di professare la fede, quindi una vera e propria guerra civile che sfociò nella grande repressione della città di Shimabara, dove vennero uccisi quarantamila cristiani, compresi i bambini.

Nel 1641, un secolo dopo l’arrivo di San Francesco Saverio, lo Shogun proibiva per decreto ogni contatto fra i giapponesi e gli stranieri – missionari, mercanti o altro – e chiudeva le porte del Paese al mondo esterno. Il Giappone rimase perciò completamente isolato per due secoli e mezzo (tranne che sull’isoletta di Hirado, aperta a mercanti e prostitute) fino al 1853, quando le navi da guerra americane imposero al Giappone di riaprirsi al mondo. Ma durante quei duecentocinquant’anni di chiusura il Cristianesimo non era scomparso; i cristiani giapponesi erano entrati in clandestinità continuando a professare la propria fede “sotto mentite spoglie”: per esempio esibivano le immagini della dea buddhista Kannon mentre in realtà veneravano la Vergine Maria.
Oggi ovviamente il Giappone riconosce piena libertà a tutte le confessioni religiose e nel Kyushu ci sono un po’ ovunque tracce del passaggio di San Francesco Saverio, come il parco a lui intitolato nella città di Kagoshima: all’ingresso del giardino c’è un arco romano con iscrizioni in latino e un busto del santo. Nel 2008 Papa Benedetto XVI nella città di Nagasaki, centro cristiano del Kyushu, ha tenuto una cerimonia di beatificazione di 188 martiri cattolici uccisi fra il 1603 e il 1639.

Nagasaki è un nome tristemente noto a causa della Seconda Guerra Mondiale: fu la seconda città del Giappone, dopo Hiroshima, ad essere cancellata da una bomba atomica lanciata dagli americani il 9 agosto del 1945. A Nagasaki c’era anche la più importante cattedrale cattolica del Giappone; spazzata via dall’atomica, è stata ricostruita. L’odierna Nagasaki è una città modernissima e affascinante che non sembra conservare traccia della propria tragedia. La sua memoria però è tenuta viva dal Parco della Pace; l’ipocentro dello scoppio dell’atomica (che si estese per un raggio di 240 kilometri) è indicato da un blocco di marmo nero. Intorno, ignari, oggi crescono ciliegi e pini.

Ogni anno, il 9 agosto, gli abitanti di Nagasaki si radunano intorno al Monumento della Pace per commemorare le settantamila persone uccise dall’atomica. E’, nonostante tutto, un giorno di festa, dedicato a tutti gli uomini e a tutte le religioni. E ogni anno a primavera a Nagasaki volano gli aquiloni: sono migliaia, a volte talmente grandi da richiedere dieci o venti persone per manovrarli. Tutta la città sta col naso all’insù, a osservare gli aquiloni in volo.

I giapponesi conoscono il valore della leggerezza.»
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Il Kyushu,  Giacomo Puccini e i cartoni animati giapponesi

Alcuni luoghi del Kyushu sono associati dalla popolazione locale (a torto o a ragione) a personaggi e opere famosi. E’ il caso del compositore Giacomo Puccini: nella città di Nagasaki c’è Casa Glover, la residenza di un mercante inglese che lì visse e amò una giapponese; gli abitanti del luogo, curiosamente, credono sia il luogo di ispirazione della celebre opera lirica Madama Butterfly.  C’è da chiedersi cosa ne penserebbe Puccini…

Ben più fondata pare invece l’associazione fra la maestosa foresta di cedri che si trova a Shiratani – sulla piccola isola di Yakushima – e un film d’animazione di Hayao Miyazaki, La principessa Mononoke. Sembra in effetti che il geniale regista e cartoonist giapponese (già premio Oscar a Hollywood e Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del Cinema di Venezia) si sia ispirato alla foresta di Shiratani per creare l’ambiente in cui si svolge la vicenda de La principessa Mononoke. Una meravigliosa fiaba ecologista, ricca di riferimenti alla spiritualità panteista dello Shintoismo, che ha confermato la fama mondiale di Miyazaki, al pari di altri suoi capolavori d’animazione come La città incantata e Il castello errante di Howl.

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 Acque termali e sabbiature, relax alla giapponese

 «Un buon bagno termale può curare qualsiasi cosa, a parte l’amore», dice un canto tradizionale giapponese. L’isola di Kyushu, come tutto il Giappone, ha una ricchissima tradizione termale  e un gran numero di splendide terme (onsen) in luoghi chiusi o in mezzo alla natura. Fra gli onsen più celebrati ci sono quello di Takeo, nella prefettura di Saga, e le sorgenti d’acqua termale del Parco Nazionale di Unzen-Amakusa. Ma il luogo più famoso è Beppu, nella prefettura di Oita, sulla costa nord-orientale del Kyushu: è uno dei centri termali più attivi del mondo, grazie alle sue 3.800 sorgenti d’acqua sulfurea. Beppu è una città che sbuffa, gorgoglia e ribolle, con nuvole di vapore ovunque, e dove si trova di tutto:  piscine termali all’aperto (rotenburo), fanghi caldi e geyser che vengono chiamati “inferni” (jigoku). In tanta abbondanza, non c’è da stupirsi che alcune donne del luogo approfittino delle sorgenti d’acqua calda per bollire le uova.

Gli abitanti del Kyushu non si negano neanche il piacere della sabbiature. Il luogo d’elezione di questi benefici trattamenti è Ibusuki, nella prefettura di Kagoshima. Sulla spiaggia, in un’atmosfera hawaiiana, ci si lascia ricoprire di sabbia con la testa che sbuca appena, e un ombrellone a proteggerla dai raggi del sole. In questi bagni di sabbia (sunayu)  si gode del calore prodotto dalle acque termali del sottosuolo: il vapore dell’acqua bollente filtra attraverso la sabbia riscaldandola. Bisogna stare attenti a non restarci troppo a lungo, se è la prima volta o se si ha una pelle molto sensibile.
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